Gai-Jin (12 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Ciò non prova che ne esista uno anche oggigiorno” ribatté Seratard caustico.

“Tuttavia ritengo anch'io che uno shògun esista e la Francia è favorevole a un contatto diretto.”

“Idea meritoria, monsieur.”

Sir William era diventato paonazzo. “E come pensa di ottenerlo?”

“Si manda la flotta contro Edo” s'intromise il russo, “chiedendo un'udienza immediata e minacciandoli, qualora non la volessero concedere, di distruggere la città.

Se io disponessi di una flotta come la vostra innanzitutto raderei al suolo la città e poi domanderei udienza. Meglio ancora: ordinerei a questo indigeno tai-panshògun di venire a rapporto sulla mia nave ammiraglia domani all'alba e lo farei impiccare.”

Grida di entusiasmo accolsero la sua affermazione.

Sir William disse: “Questo sarebbe certamente un modo sbrigativo di risolvere la faccenda, ma ritengo che il governo di Sua Maestà preferirebbe una soluzione più diplomatica. Inoltre noi siamo quasi completamente all'oscuro di ciò che succede nel paese, e a questo proposito sarei grato a tutti i mercanti che volessero aiutarci a ottenere informazioni utili. Signor McFay, a nome di tutti i mercanti: voi dovreste essere bene informato, ne sapete qualcosa?”.

McFay rispose con cautela.

“In effetti alcuni giorni or sono uno dei nostri fornitori giapponesi di seta ha raccontato al nostro compratore cinese che alcuni dei regni, lui ha usato la parola “feudi” e chiamato i re “daimyo”, erano in rivolta contro la Bakufu, in particolare il feudo di Satsuma e di altre zone come Tosa e Choshu.”

Sir William notò l'interesse immediato degli altri diplomatici e si domandò se fosse stato saggio interrogare McFay in pubblico.

“Dove sono questi regni?”

“Satsuma è vicino a Nagasaki, nell'isola meridionale Kyúshú” rispose Adamson, “ma Choshu e Tosa dove sono?”

“Be'... ecco, vostro onore” gridò un marinaio americano con un gradevole accento irlandese.

“Tosa fa parte di Shikoku, che sarebbe la grande isola nel mare interno. Choshu è più lontano, a occidente, sull'isola principale, signor Adamson, oltre lo stretto. Lo abbiamo attraversato molte volte, in quel punto non è più grande di un miglio. Come stavo dicendo, Choshu è il regno oltre il punto più stretto, neanche un miglio.

E' la rotta più veloce e sicura da Hong Kong e Shanghai. Lo stretto Shimono-seki, lo chiama la gente del posto, e una volta abbiamo cercato di comprare pesce e acqua in città ma non siamo stati ben accolti.”

Altri confermarono di aver attraversato lo stretto senza sapere che appartenesse al feudo di Choshu.

Sir William disse: “Come vi chiamate, marinaio?”.

“Paddy O'Flaherty, nostromo della baleniera americana Albatross di Seattle, vostro onore.”

“Vi ringrazio” rispose sir William ripromettendosi di mandare a chiamare O'Flaherty e scoprire di più su quella zona e, nel caso non esistessero carte nautiche, di ordinare subito alla Marina di disegnarle.

“Continuate, signor McFay. In rivolta, ci stavate dicendo.”

“Si, signore. Questo commerciante di seta sulla cui affidabilità non sono in grado di garantire dice che c'è una sorta di lotta per il potere contro il tai-pan che lui chiama shògun e che la Bakufu e alcuni re, i daimyo, chiamano Toranaga.”

Sir William notò che il russo socchiudeva le palpebre imprimendo sul suo volto tratti ancora più asiatici.

“Ebbene, mio caro conte?”

“Nulla, Sir William. Ma non è questo il nome del sovrano menzionato da Kaempfer?”

“Lo è, lo è senz'altro.” Mi domando perchè tu non mi abbia mai detto di aver letto quei rari ma illuminanti diari scritti in tedesco, lingua che ufficialmente non conosci, pensò, diari che forse sono stati tradotti in russo.

“Forse “toranaga” nella loro lingua significa sovrano. Vi prego di continuare, signor McFay.”

“Questo è quanto il giapponese ha raccontato al mio compratore, ma mi incaricherò di scoprirne di più. Tornando a noi ...”

riprese con cortesia ma anche con grande fermezza, “sistemiamo il re satsuma a Hodogaya questa notte oppure no?” Soltanto il fumo delle sigarette e dei sigari mosse il silenzio.

“Qualcuno può dire ancora qualcosa... su questa presunta rivolta?” Norbert Greyforth, capo della Brock and Sons, la principale rivale della Struan, disse:

“Alcune voci sono giunte anche a noi. Ma pensavo che la cosa riguardasse il loro sommo sacerdote, quel “mikado” che dovrebbe vivere a Kyòto, una città vicino a Osaka.

Svolgerò anch'io qualche indagine.

Nel frattempo, per quanto riguarda stanotte, voto la proposta di McFay perchè prima sistemeremo questi infami e prima avremo ristabilito la pace”.

Greyforth detestava McFay.

Quando gli applausi si spensero sir William parlò con la gravità di un giudice che emetta la sentenza.

“Questo è quanto accadrà, innanzitutto stanotte non ci sarà alcun attacco e ...”

Nella sala si levarono urla di: “Dimettiti, lo faremo noi per Dio, avanti, catturiamo quei bastardi ...”.

“Non possiamo, non senza l'esercito ...”

“Buoni, ascoltate, per Dio!” gridò sir William.

“Se qualcuno è così stupido da attaccare Hodogaya stanotte dovrà rispondere alle nostre leggi oltre che a quelle giapponesi. VE LO VIETO! Domani domanderò formalmente, PRETENDERO', che la Bakufu e lo shògun porgano immediatamente le loro scuse formali, che ci consegnino immediatamente i due colpevoli affinché vengano giudicati e impiccati e che paghino immediatamente un indennizzo di centomila sterline oppure si preparino ad accettare le conseguenze del loro rifiuto.”

Qualcuno applaudì ma la maggior parte si astenne, e la riunione terminò al bar.

Si ubriacarono quasi tutti con il risultato di accendere ulteriormente gli animi.

McFay e Dmitri riuscirono a superare la calca e a uscire all'aria aperta.

“Mio Dio, così va meglio.”

McFay si tolse il cappello e si asciugò la fronte.

“Posso dirti una parola, McFay?”

Voltandosi McFay vide Greyforth.

“Certamente.”

“In privato, se non ti dispiace.”

Pur infastidito, McFay accettò di incamminarsi con il rivale verso la passeggiata semideserta, lungo il mare e i moli e lontano da Dmitri che lavorava per Cooper Tillman, una compagnia americana.

“Ebbene?” domandò.

Norbert Greyforth entrò subito in argomento.

“E Hodogaya? Voi avete due navi e noi tre e insieme disponiamo di un buon numero di attaccabrighe. La maggior parte degli uomini della flotta mercantile si unirà a noi, abbiamo armi a sufficienza e potremmo persino portarci un paio di cannoni, John Canterbury era un amico, il vecchio lo stimava e io vorrei vendicarlo. Che cosa ne pensi?”

“Se Hodogaya fosse un porto non avrei esitazioni, ma non possiamo invadere la terra ferma. Questa non è la Cina.”

“Hai paura di quelle mezze cartucce?”

“Non ho paura di nessuno” rispose McFay misurando le parole.

“Non possiamo organizzare un attacco senza truppe regolari e sperare nel successo dell'impresa Norbert, è escluso. Eppure io voglio la vendetta più di chiunque altro.”

Greyforth si accertò che nessuno li stesse ascoltando.

“Poiché hai introdotto l'argomento, e non mi capita spesso di parlare con te, volevo informarti che abbiamo sentito dire che presto qui scoppieranno dei grossi guai.”

“La rivolta?”

“Si. Guai molto grossi per noi. Ci sono già segnali d'ogni tipo. I nostri fornitori di seta da un paio di mesi si stanno comportando in modo sospetto. Alzano il prezzo del carico grezzo, tardano con le consegne, pagano in ritardo e chiedono continuamente credito. Scommetto che si sono comportati nello stesso modo anche i vostri.”

“Si.”

Succedeva di rado che i due uomini discutessero d'affari.

“Non ne so molto di più ma è chiaro che i segnali sono gli stessi che in America hanno annunciato la guerra civile. Se qui succede la stessa cosa siamo fottuti per bene. Senza la flotta e le truppe siamo fregati e possono spazzarci via.”

“Che cosa proponi?”

“Di aspettare e vedere che cosa succede. E' chiaro che con il piano di zia Willie non andremo lontano. Il russo aveva ragione circa il da farsi.

Nel frattempo...”

Greyforth fece un cenno verso il mare dove due dei loro bastimenti erano alla fonda.

I velieri erano ancora il mezzo più veloce per tornare in Inghilterra, più veloci dei piroscafi a ruote o a elica.

“Noi teniamo i libri mastri e il denaro contante a bordo, abbiamo incrementato le scorte di munizioni, piombo e shrapnel e fatto un'ordinazione per due dei nuovissimi fucili americani a ripetizione con dieci canne che arriveranno appena pronti.”

McFay rise. “Al diavolo... anche noi li abbiamo ordinati.”

“L'abbiamo saputo, è proprio per questo che ho fatto un ordine doppio del vostro.”

“Chi te l'ha detto, eh?

Chi è la spia?”

“Un uccellino me l'ha detto” rispose Greyforth.

“Stai a sentire. Sappiamo tutti che queste invenzioni insieme a quella delle cartucce metalliche hanno cambiato la guerra e ne abbiamo già avuto una prova nelle battaglie di Bull Run e di Fredericksburg.”

“Impressionante, sì. Dmitri mi ha raccontato; mi ha detto che il Sud ha perso quattromila uomini in un solo pomeriggio. Terribile. Cosa dicevi?”

“Entrambi potremmo vendere ai giapponesi casse su casse di queste armi. Ma la mia idea sarebbe di concordare tra noi di non venderle, e di fare in modo che nessun altro bastardo le importi o le contrabbandi.

Vendere ai giapponesi navi a vapore e vecchi cannoni è una cosa, ma vendere fucili a ripetizione e mitragliatrici è un altro paio di maniche.

Non sei d'accordo?”

L'offerta sorprese e insospettì McFay. Era certo che Norbert non avrebbe mai mantenuto fede all'impegno che proponeva ma strinse ugualmente la mano che gli veniva offerta.

“D'accordo.”

“Bene. Quali sono le ultime notizie sul giovane Struan?”

“Un'ora fa non era in buono stato.”

“Morirà?”

“No, il dottore mi ha assicurato di no.” Un sorriso freddo. “Che cosa diavolo ne sanno i dottori? Ma se morisse, la Nobil Casa potrebbe esserne distrutta.”

“Niente potrà mai distruggere la Nobil Casa. Dirk Struan ha sistemato le cose in modo che non succeda.”

“Non esserne così sicuro. Dirk è morto da più di vent'anni, suo figlio Culum sta per raggiungerlo e se Malcolm muore chi prenderà il suo posto?

Certo non il secondogenito che ha soltanto dieci anni.” Nel suo sguardo scintillò una strana luce. “Il vecchio Brock ha settantatré anni ma è forte e intelligente come sempre.”

“Ma noi restiamo sempre la Nobil Casa e Culum è ancora il tai-pan” ribatté McFay, e felice di poter fare una battuta aggiunse: “il vecchio Brock non è ancora diventato socio del circolo di Happy Valley e non lo diventerà mai”.

“Otterremo presto questo e altro ancora. Culum Struan non controllerà il voto del circolo ancora per molto, e se il figlio ed erede muore, contando i nostri amici avremo il numero necessario di voti.”

“Non succederà mai.” Greyforth s'irrigidì.

“Magari il vecchio Brock ci onorerà presto di una visita in compagnia di sir Morgan.”

“Morgan è a Hong Kong?”

McFay cercò di non sembrare troppo stupito.

Sir Morgan Brock era il figlio maggiore del vecchio Brock e dirigeva con grande successo l'ufficio londinese.

Per quanto ne sapeva Jamie, Morgan non era mai stato in Asia. Se è comparso all'improvviso a Hong Kong, a quale nuova diavoleria sono intenti quei due? si chiese provando un certo senso di disagio.

Morgan era specializzato nel finanziare le operazioni di altri mercanti e aveva abilmente allungato i tentacoli della Brock in tutta l'Europa, in Russia e in Nordamerica cercando sempre di intralciare i commerci della Struan e di rubarle i clienti.

Dall'inizio della guerra civile McFay e gli altri direttori della Struan avevano ricevuto preoccupanti rapporti sulle loro perdite nei vasti mercati americani sia al Nord che al Sud dove Culum Struan aveva investito molto.

“Se il vecchio Brock e suo figlio ci allieteranno con la loro presenza senza dubbio avremo l'onore di offrir loro la cena.”

Greyforth rise divertito.

“Dubito che ne avranno il tempo. Forse dopo aver ispezionato i vostri libri, quando ci saremo impossessati di voi.”

“Non ci riuscirete mai. Se otterrò altre informazioni sulla rivolta ve le comunicherò, e ti prego di fare lo stesso. Per ora buonanotte.”

Con esagerata cortesia McFay alzò il cappello e si allontanò.

Greyforth rise tra sé felice dei semi che aveva piantato.

Il vecchio sarà lieto di raccoglierne i frutti personalmente, pensò, e di strapparne anche la radice.

 

Il dottor Babcott percorse stancamente il corridoio semibuio della Legazione di Kanagawa.

Portava una piccola lampada a olio e sopra il pigiama di lana indossava una vestaglia.

Al pianterreno da qualche punto imprecisato un pendolo battè due colpi. Distrattamente estrasse dalla tasca l'orologio, sbadigliò, poi bussò a una porta.

“Signorina Angélique?”

Dopo un momento la voce assonnata della ragazza si fece sentire.

“Sì?”

“Volevate sapere quando si svegliava il signor Struan?”

“Oh, grazie.”

Passò un altro momento e la porta si aprì.

I capelli un pò scompigliati e gli occhi assonnati, la ragazza indossava una vestaglia sulla camicia da notte. “Come sta?”

“Ancora un pò stordito” rispose Babcott precedendola lungo il corridoio e le scale fino alla zona della sala operatoria e l'infermeria.

“La temperatura è alta e il battito cardiaco irregolare, ma ovviamente questo è normale. Gli ho dato un antidolorifico. Nel complesso è un uomo giovane e forte e tutto dovrebbe andare bene.”

Angélique rimase scioccata dal pallore di Malcolm e la puzza che aleggiava nell'aria la disgustò.

Non era mai stata prima in una sala operatoria o nella camera di un malato grave.

Non possedeva altra conoscenza diretta della malattia oltre a quella letta sui giornali e le riviste parigine che dedicavano articoli alle epidemie e ai virus assassini: morbillo, vaiolo, tifo, colera, polmonite, meningite, tosse asinina, scarlattina, febbre puerperale e altre malattie che di tanto in tanto si abbattevano su Parigi, Lione e altre città.

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