Gai-Jin (23 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Il governatore è un amico personale della famiglia e la famiglia ha... ehm... è molto influente, e rappresenta una parte rilevante degli interessi commerciali di Sua Maestà in tutta l'Asia e in particolare in Cina.

Molto rilevante.”

“A me sembrano soltanto una genia di pirati, mercanti d'armi e d'oppio, speculatori senza vergogna.”

“Il commercio delle armi è legale esattamente quanto quello dell'oppio, mio caro ammiraglio. La Struan è una società commerciale molto rispettabile, ammiraglio, con appoggi importanti in Parlamento.”

La cosa non sembrò fare alcuna impressione sull'ammiraglio.

“Un mucchio di farabutti anche loro, per Dio, se me lo consentite. Nel migliore dei casi idioti che cercano di tagliare i fondi della marina e dell'esercito, una cosa molto stupida visto che l'Inghilterra dipende dalla sua potenza navale.”

“Convengo con voi sul fatto che per poter realizzare la politica dell'Impero sia necessario disporre della marina migliore e degli ufficiali più competenti” rispose sir William.

A Marlowe, ancora in piedi accanto all'ammiraglio, non sfuggì l'insinuazione.

Una veloce occhiata alla nuca del suo superiore gli confermò che il messaggio era arrivato anche a lui.

Si preparò al peggio.

“La politica dell'Impero? A me sembra” disse l'ammiraglio seccamente “che la marina passi la maggior parte del tempo a liberare le dita dei civili e dei mercanti dalle trappole insidiose nelle quali continuano a ficcarle quando la loro avidità o la loro passione per il doppio gioco li trascina in guai di cui non avrebbero nemmeno mai dovuto sentir parlare.

In quanto a quei bastardi laggiù” puntò un dito tozzo a sinistra, in direzione di Yokohama, “sono il peggior branco di delinquenti che io abbia mai visto.”

“Alcuni lo sono, la maggior parte no, ammiraglio.”

Sir William sporse il mento.

“Senza i mercanti e i loro commerci non ci sarebbero soldi e non esisterebbero l'Impero né la marina.”

Il collo già rosso dell'ammiraglio diventò paonazzo.

“Senza la marina non ci sarebbe commercio e l'Inghilterra non sarebbe la più grande nazione del mondo, la più ricca, con il più grande Impero mai visto sotto il sole, per Dio.”

Balle, avrebbe voluto ribattere sir William. Ma sapeva che se l'avesse fatto al suo interlocutore sarebbe venuto all'istante un colpo apoplettico, e Marlowe e tutti i marinai a portata d'orecchio sarebbero stati colti da malore.

Il pensiero lo divertì allontanando quasi del tutto il malumore procurato dalle notti insonni passate a preoccuparsi della faccenda della Tokaidò. Ritrovò la capacità di comportarsi come un buon diplomatico.

“La marina ha sempre la precedenza, ammiraglio, e sono in molti a condividere la vostra opinione.

Suppongo che saremo puntuali, non è vero?”

“Sì, lo saremo.” L'ammiraglio, più tranquillo, rilassò le spalle malgrado il capo gli dolesse a causa della bottiglia di porto che aveva bevuto dopo cena e di quella di chiaretto. La nave viaggiava a circa sette nodi col vento a favore.

L'ammiraglio se ne compiacque.

Controllò la posizione della flotta.

Adesso la Pearl era diligentemente a poppavia insieme a due piroscafi a ruote e dieci bocche da fuoco che si trovavano alla sua sinistra. L'ammiraglia francese, una fregata corazzata a tre alberi con venti cannoni, navigava a dritta con noncuranza.

“Il timoniere si meriterebbe d'essere messo ai ferri! Quella nave francese avrebbe bisogno di una nuova mano di vernice, di nuove attrezzature, andrebbe sottoposta a fumigazione per eliminare l'odore d'aglio e poi ripassata per bene con la pietra pomice. E ci vorrebbe anche una bella strigliata all'equipaggio, non siete d'accordo, signor Marlowe?”

“Sissignore.”

Quando gli sembrò d'aver controllato la posizione di tutte le navi tornò a rivolgersi a sir William.

“Questa famiglia Struan e la loro cosiddetta Nobil Casa sono davvero tanto importanti?”

“Sì. Il loro giro d'affari è enorme e la loro influenza in Asia e in particolar modo in Cina è senza pari, se si esclude quella della Brock and Sons.”

“Ho visto i loro bastimenti, ovviamente. Belli, e molto ben armati.”

Poi, senza mezzi termini, l'ammiraglio aggiunse: “Spero davvero che non cerchino di importare oppio e fucili anche qui”, “Sono d'accordo con voi anche se il commercio di oppio e armi non è vietato dalle nostre leggi.”

“Ma sono vietati dalla legge cinese e da quella giapponese.”

“Si, tuttavia esistono alcune circostanze attenuanti” ribatté stancamente sir William. Aveva ripetuto la stessa spiegazione decine di volte.

“Sono certo che sappiate quanto me che i cinesi accettano solo denaro contante, argento od oro, in pagamento del tè che noi dobbiamo importare.

Nient'altro. E l'unica merce che a loro volta sono disposti a pagare in contanti, oro od argento, è l'oppio.

L'unica. Purtroppo la realtà è questa.”

“Perciò è compito dei mercanti e del Parlamento e dei diplomatici togliere il regno da questo pasticcio.

Negli ultimi vent'anni la marina britannica ha imposto norme illegali in Asia, ha bombardato porti e città cinesi e compiuto ogni sorta di vile atto di guerra, a parer mio soltanto per poter sostenere il commercio dell'oppio... una macchia sulla nostra bandiera!”

Sir William sospirò.

Gli ordini ricevuti dal sottosegretario permanente erano stati precisi: “Per l'amor del cielo, mio caro Willie, poiché è la tua prima volta come ministro in carica fai attenzione e non prendere mai una decisione precipitosa se non è assolutamente indispensabile.

Comunque hai un'incredibile fortuna, il telegrafo è già arrivato a Baghdad il che vuol dire che possiamo mandare e ricevere messaggi in soli sette giorni. Sette giorni ai quali devi aggiungere circa sei settimane perchè il vapore arrivi a Yokohama attraverso il Golfo Persico, l'Oceano Indiano, Singapore e Hong Kong.

Insomma riceverai le nostre istruzioni in soli due incredibili mesi, invece che in dodici o quindici mesi come una decina d'anni fa. Perciò se hai bisogno di un buon consiglio, e ne avrai sempre bisogno se sei saggio, dovrai aspettarlo soltanto per quattro mesi, e questa è l'unica cosa che protegge il tuo collo e il nostro Impero.

Chiaro?”.

“Sì, signore.”

“Regola numero uno: tratta i militari con i guanti di velluto e non decidere mai su di loro con leggerezza perchè la tua vita e quella di tutti gli inglesi nella zona dipende da loro. I militari sono portati ad avere la testa dura, il che è perfetto perchè ovviamente noi abbiamo bisogno di molte teste dure di quel tipo, che si buttano nella mischia e si fanno ammazzare per difendere il nostro... be'... la nostra politica imperiale. Non sollevare polveroni, il Giappone non conta niente ma è nella nostra sfera d'influenza e abbiamo speso tempo e denaro per scacciare russi, americani e francesi.

Non creare disordine nel nostro nido giapponese.

L'Impero ne ha già abbastanza di ribelli indiani, afgani, arabi, africani, persiani, caraibici e cinesi per non parlare di quei fetenti degli europei, degli americani, dei russi eccetera.

Mio caro, carissimo Willie, su diplomatico e non fare stronzate altrimenti saranno guai!”

Davanti all'ammiraglio sir William sospirò ancora.

Si controllò e ripeté ciò che già aveva avuto l'occasione di dire decine di volte, cioè la verità: “Molto di quanto dite è giusto, ammiraglio, ma per nostra sfortuna abbiamo il dovere di essere pratici.

Senza le tasse sul tè l'intera economia britannica crollerebbe; per il momento possiamo sperare che entro pochi anni i nostri campi d'oppio bengalesi saranno bruciati. Nel frattempo non ci resta che attendere”.

“Nel frattempo invece io suggerisco un embargo dell'oppio, di tutte le armi e navi da guerra moderne e degli schiavi.”

“Sono d'accordo con voi per ciò che concerne la schiavitù: è stata abolita nel '33!” La voce di sir William s'indurì. “E gli americani lo sanno. In quanto al resto le decisioni dipendono da Londra.” L'ammiraglio contrasse la mascella.

“Bene, sir William, io ho potere in queste acque. Potete considerare che da questo momento vige l'embargo.

Ho sentito voci inquietanti su ordinazioni di fucili e cannoni alla Struan; hanno già venduto a questi indigeni tre o quattro navi armate e i giapponesi imparano anche troppo in fretta per i miei gusti. Comunicherò ufficialmente all'ammiragliato con la posta di domani i miei ordini insistendo affinché diventino permanenti.”

Irritato, il ministro cercò di assumere una posizione ferma e minacciosa.

“Un'ottima idea” ribatté gelido, “scriverò anch'io. Nel frattempo voi non avete l'autorità di impartire tale ordine senza la mia approvazione e fino a quando non riceviamo la direttiva dal Foreign Office lo status quo resta lo status quo!” I due aiutanti indietreggiarono di un passo lasciandoli soli a fronteggiarsi.

L'ammiraglio guardò sir William, alto quanto lui. Quasi tutto l'equipaggio si sarebbe perso d'animo di fronte a quello sguardo, ma non sir William, che non battè ciglio.

“Io... rifletterò su quanto dite, sir William. Ora se volete scusarmi avrei alcune cose da fare.”

L'ammiraglio girò sui tacchi e marciò senza esitazioni verso la plancia. Marlowe cominciò a seguirlo senza troppo entusiasmo. “Per carità di Dio, Marlowe, smettetela di seguirmi come un cucciolo. Se avrò bisogno di voi vi chiamerò.

Tenetevi a portata di voce!”

“Sì, signore.” Quando l'ammiraglio fu abbastanza lontano Marlowe sospirò.

Anche sir William, tirò un sospiro, e asciugandosi la fronte mormorò: “Sono tremendamente felice di non essere nella marina”.

“Anch'io” rispose Tyrer ammirato dal coraggio del ministro.

Il cuore di Marlowe batteva all'impazzata perchè detestava essere redarguito, sia pure dall'ammiraglio in persona, e ciononostante non dimenticò la sua posizione.

“Io, ehm... scusatemi signore, ma la flotta è al sicuro nelle sue mani, signore, e anche la spedizione, inoltre tutti noi crediamo che abbia ragione in merito alla vendita di navi, fucili, cannoni e oppio.

I giapponesi stanno già costruendo delle navi e producendo piccoli cannoni, e quest'anno sono arrivati con il loro primo vapore in ferro, la Kanrin maru di trecento tonnellate, fino a San Francisco; era equipaggiata e capitanata interamente da indigeni.

Se la sono cavata bene nelle acque profonde. Una cosa notevole in tempi tanto brevi.”

“Sì, notevole, sì.” Sir William si domandò cosa fosse stato della delegazione giapponese che con quella nave era andata fino a Washington.

E quale inganno il presidente Lincoln avesse escogitato contro il glorioso Impero britannico. Non dipendiamo forse dal cotone dei Confederati per i nostri stabilimenti del Lancashire? Al tempo stesso non diventiamo ogni giorno sempre più dipendenti dal grano, dal mais, dalla carne e da altre merci che abbondano negli stati dell'Unione? Rabbrividì.

Dio maledica quella guerra, i politici, Lincoln. Nel suo discorso inaugurale di marzo non ha forse detto: “ ... Questo paese appartiene al popolo e quando il popolo si stancherà del governo potrà esercitare il diritto costituzionale, di emendarlo, o il diritto rivoluzionario di scioglierlo o travolgerlo ...”.

Una frase a dir poco provocatoria! Se quell'idea si diffondesse anche in Europa! Mio Dio! Spaventoso! Ci troveremmo in guerra da un giorno all'altro, e certamente lo scontro decisivo avrebbe luogo sul mare.

Abbiamo bisogno del cotone.

Cercò di ritrovare la calma.

Era grato di cuore all'ammiraglio per essersi ritirato e imprecò ancora contro se stesso per aver perso il controllo. Devi stare più attento, e non devi preoccuparti di Edo e dell'arrogante decisione di “andarci in tre giorni, per Dio, su una nave da guerra e incontrare lo shògun, per Dio!”. Non sei il generale Robert Clive in India.

Non lo sei. Questa è la tua prima volta in Estremo Oriente. Sei un novizio. Che follia mettere a repentaglio la vita di tutti questi uomini per qualche omicidio, che follia rischiare una guerra su grande scala.

Oppure no?

Purtroppo non è una follia.

Se la Bakufu la farà franca gli omicidi non avranno mai fine e saremo costretti a ritirarci fino a che una flotta alleata torni per imporre il volere dell'Impero con il sangue.

La tua decisione è giusta, sono i mezzi per realizzarla che sono sbagliati.

Si, ma è maledettamente difficile quando non si ha nessuno con cui parlare, nessuno di cui fidarsi. Grazie a Dio, Daphne arriva tra un paio di mesi.

Non avrei mai immaginato di sentire a tal punto la mancanza di mia moglie e dei suoi consigli.

Muoio dalla voglia di vedere lei e i ragazzi, dieci mesi sono lunghi e credo che uscire dalla tetraggine di Londra e da quella nebbia densa come una minestra di piselli la farà contenta e i ragazzi si divertiranno.

Potremmo ricorrere all'aiuto di qualche signora dell'Insediamento, faremo dei viaggi e Daphne trasformerà la Legazione in una vera casa.

Concentrò l'attenzione sul promontorio che si faceva ormai sempre più vicino.

Dall'altra parte c'erano Edo e la rappresaglia.

E' stata un'azione saggia da parte mia? si domandò per un ennesimo scrupolo di coscienza.

Lo spero. Poi scendiamo e andiamo alla Legazione. Dobbiamo farlo. E ci prepariamo per l'incontro di domani. Sei solo in questa storia.

Henri Seratard non aspetta e non spera altro che di coglierti in fallo. Per non parlare dei russi.

Ma il responsabile sei tu, perchè l'incarico è stato affidato a te, e non dimenticare che quello di diventare ministro era il tuo sogno, in qualsiasi angolo del mondo, dicevi, purché ministro.

E' vero, ma mai mi sarei aspettato di finire in Giappone! Dannato Foreign Office. Non mi sono mai trovato in una situazione simile: ho acquisito tutta la mia esperienza ai tavoli delle conferenze con francesi o russi, a Londra o alla corte di San Pietroburgo, nella sfolgorante Parigi e a Monaco, dove non si vedono mai navi da guerra né reggimenti.

“Spero che non vi dispiaccia, sir William, se ho espresso le mie opinioni sulle posizioni dell'ammiraglio” gli disse Marlowe con rigidità.

“Oh, niente affatto.”

Sir William si sforzò di allontanare le preoccupazioni: cercherò di evitare la guerra, ma se guerra deve essere che sia.

“Avete ragione, signor Marlowe, e naturalmente sono onorato di avere l'ammiraglio Ketterer come comandante della flotta.

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