Gai-Jin (24 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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La nostra divergenza di opinioni riguarda questioni di protocollo.

“Si riprese, avendo ritrovato una certa tranquillità di spirito, “ma al tempo stesso dovremmo permettere ai giapponesi di industrializzare il paese e di varare delle navi, una o venti navi non possono costituire un problema per la Gran Bretagna.

Dovremmo anzi incoraggiarli.

Noi non siamo qui per colonizzare il Giappone. Ma ritengo che dovremmo essere noi a occuparci del loro addestramento, signor Marlowe, e non gli olandesi né i francesi.

Grazie per avermelo ricordato... più grande sarà la nostra influenza e meglio andranno le cose.”

Sir William si sentiva più ottimista.

Erano rare le occasioni in cui gli accadeva di esprimere delle opinioni sincere a un ufficiale, tuttavia Marlowe gli era sembrato un giovane diverso dagli altri già da quando l'aveva incontrato per la prima volta a Kanagawa.

“Proprio tutti i militari detestano i civili e i mercanti?”

“No, signore, ma credo che la maggior parte di noi non li capisca. Le nostre vite sono diverse, diversi i valori. Qualche volta per noi è difficile.”

Pur conversando con sir William, Marlowe non aveva mai perso di vista l'ammiraglio, intento a parlare con il capitano sul ponte e circondato da alcuni ufficiali apparentemente sulle spine.

Il sole squarciò le nuvole e all'improvviso la giornata sembrò più bella. “Essere nella marina è... be'... è quello che ho sempre desiderato.”

“La vostra famiglia è nella marina?”

Marlowe rispose con fierezza. “Sì, signore” disse e avrebbe voluto aggiungere: mio padre è un capitano attualmente in servizio in patria, come fu prima di lui suo padre, luogotenente di bandiera dell'ammiraglio Lord Collingwood della Royal Sovereign a Trafalgar e come tutti i miei avi che sono sempre stati in marina da quando ne esiste una.

E prima ancora, almeno così narra la leggenda, erano pirati al largo del Dorset, da dove viene la nostra famiglia.

E li sorge la casa che abitiamo da più di quattro secoli.

Ma non disse niente perchè sapeva che le sue parole sarebbero sembrate presuntuose.

Si limitò ad aggiungere: “La mia famiglia viene dal Dorset”.

“La mia dal nord dell'Inghilterra, Northumberland, da molte generazioni” ribatté sir William distrattamente, gli occhi fissi sul promontorio sempre più vicino, la mente alla Bakufu.

“Mio padre morì quand'ero giovane; era un membro del Parlamento e aveva interessi economici nel porto di Sunderland e a Londra, ed era anche coinvolto nel commercio baltico e in quello del pellame dalla Russia.

Mia madre era russa, così sono cresciuto bilingue e questo è stato il mio primo passo verso il Foreign Office.

Mia madre era...” si riprese appena in tempo, stupefatto d'essere stato sul punto di raccontare tanti particolari della sua vita a uno sconosciuto. Stava per aggiungere che sua madre, nata contessa Sveva, cugina dei Romanoff e ancora viva e vegeta, era stata dama di compagnia della regina Vittoria.

Devo stare più attento... come se la mia famiglia e le mie origini riguardassero questa gente. “E voi, Tyrer?”

“Io vengo da Londra, signore.

Mio padre è un procuratore legale come lo era suo padre.” Phillip Tyrer rise.

“Dopo essermi laureato all'Università di Londra gli dissi che volevo entrare al Foreign Office e quasi gli venne un colpo! E quando feci domanda per l'incarico di interprete in Giappone mi disse che ero impazzito.”

“Forse aveva ragione, avete avuto una grande fortuna a restare vivo e siete qui solo da una settimana. Non la pensate così anche voi, Marlowe?”

“Sì, signore. E vero.”

Ritenendo che fosse finalmente giunto il momento giusto, chiese: “A proposito, Phillip, come sta il signor Struan?”.

“La risposta di George Babcott è stata: né bene né male.”

“Spero proprio che si riprenda presto” disse sir William con un'improvvisa smorfia di dolore.

Quand'era stato a Kanagawa, tre giorni prima, Marlowe era andato incontro alla sua lancia per dirgli tutto ciò che sapeva di Struan e Tyrer, dell'uccisione di un soldato, del suicidio dell'assassino e dell'inseguimento del suo complice.

“Pallidar e io abbiamo dato la caccia a quell'infame, sir William, ma era scomparso. Abbiamo setacciato palmo a palmo le case intorno ma niente. Secondo Tyrer erano i due della Tokaidò, signore, gli assassini.

Ma non è sicuro perchè si assomigliano tutti, voi non trovate.

“Ma perchè mai avrebbero dovuto rischiare la vita intrufolandosi nella Legazione?”

“La miglior risposta ci è sembrata che forse volevano impedire l'identificazione e finire il lavoro, signore.”

Avevano lasciato il molo dirigendosi a passo veloce verso le strade deserte e sinistre. “E la ragazza, signor Marlowe?”

“Sembra star bene, signore. E' solo scossa.”

“Bene, ringrazio il cielo per questo perchè il ministro francese è fuori di sé per il vile insulto all'onore della Francia e a una sua suddita, che per di più è sotto la sua tutela.

Prima tornerà a Yokohama e meglio sarà.

Oh, a proposito, l'ammiraglio mi ha chiesto di dirvi di tornare a Yokohama immediatamente.

Ci sono molte cose da fare. Noi... ehm... abbiamo deciso di fare una visita formale a Edo fra tre giorni con la nave ammiraglia.”

Marlowe aveva trattenuto a stento l'entusiasmo. Le azioni di mare o di terra erano l'unico modo per ottenere una promozione e a dispetto delle opinioni dell'ammiraglio lui questa volta l'avrebbe avuta.

Il mio vecchio sarà molto orgoglioso di me, e otterrò il grado di capitano molto prima dei miei fratelli minori, Charles e Percy, entrambi tenenti.

Ora, sul ponte dell'ammiraglia, con il sole che splendeva in cielo e sotto i piedi il potente frastuono delle macchine, la sua eccitazione crebbe ancora.

“Saremo a Edo in men che non si dica, signore. Il vostro ingresso sarà il più grandioso che sia mai stato visto, otterrete gli assassini, l'indennizzo e tutto quello che vorrete.”

Tyrer si era reso conto quanto sir William di quell'eccitazione, ma solo il ministro ne fu spaventato.

“Sì, bene, ora penso che andrò di sotto per qualche minuto. No, grazie, signor Marlowe, conosco la strada.”

I due giovani lo guardarono allontanarsi con grande sollievo. Marlowe cercò con gli occhi l'ammiraglio. “Cosa è successo a Kanagawa dopo la mia partenza, Phillip?”

“Be', è stata straordinaria, è una donna straordinaria se è questo che volete sapere.”

“Potete essere più preciso?”

“Alle cinque è scesa ed è andata direttamente da Malcolm Struan dov'è rimasta fino all'ora di cena. E' allora che l'ho vista: sembrava... sembrava più vecchia, no, non è la definizione giusta, non più vecchia, ma più seria di prima, rigida.

George dice che è ancora sotto shock.

Durante la cena sir William le ha detto che l'avrebbe riportata con sé a Yokohama ma lei ha ringraziato e rifiutato.

Perché prima voleva essere sicura che Malcolm si fosse ripreso e né lui né George né nessuno di noi è riuscito a farle mutare opinione.

Non ha mangiato quasi niente e poi è tornata nella camera di Malcolm dove si è fermata e ha persino insistito perchè le preparassero un giaciglio per potergli restare vicina, in caso di necessità.

In effetti per i due giorni successivi, cioè fino a ieri quando sono tornato a Yokohama, non ha mai lasciato il suo fianco e nessuno di noi è riuscito a scambiare con lei più di dieci parole.” Marlowe trattenne un sospiro. “Deve amarlo.”

“Qui viene la parte strana. Né io né Pallidar crediamo che questa sia la ragione. E' quasi come se fosse... be', incorporea è una parola troppo forte. E' più come se fosse ancora immersa in un sogno e con lui si sentisse al sicuro.”

“Cristo! E cosa dice Segaossa?”

“Si stringe nelle spalle e dice che bisogna essere pazienti e non preoccuparsi e che lei è il miglior tonico che Malcolm Struan possa trovare.”

“Me lo immagino. E lui come sta in realtà?”

“E' quasi sempre drogato, soffre molto, un sacco di vomito e di dissenteria, non so come lei faccia a sopportare quell'odore anche se tengono sempre la finestra aperta.”

La paura li assalì al pensiero di essere feriti in modo così grave.

Tyrer guardò davanti a sé consapevole che la sua ferita non era del tutto guarita, sapendo che poteva ancora incancrenirsi e che il suo sonno era turbato da incubi popolati di samurai e spade insanguinate e Angélique.

“Ogni volta che mi affacciavo per vedere Malcolm, ma a essere onesto soprattutto per vedere lei” continuò, “le sue risposte si limitavano a “si, no o non so” così dopo un pò ho rinunciato. E' sempre... è sempre bella.” Marlowe si chiese: se non ci fosse in giro Struan lei sarebbe davvero così inavvicinabile?

Tyrer potrebbe essere un rivale serio? Pallidar venne liquidato come appartenente a un'altra categoria, Angélique non poteva apprezzare un simile cialtrone.

“Bontà divina, guarda!” esclamò Tyrer.

Doppiato il promontorio videro la vasta baia di Edo, mare aperto a dritta, fumo dai focolari della città adagiata nel paesaggio dominato dal castello. La baia era deserta: i traghetti e i sampan e la miriade di barche da pesca che l'avevano affollata fino a poche ora prima erano scomparsi, tutti ad eccezione di poche imbarcazioni che si stavano affrettando verso la riva. Tyrer provò un forte senso di disagio.

“Ci sarà la guerra?”

Dopo una pausa Marlowe disse: “Sono stati avvisati. La maggior parte di noi pensa di no, non una guerra su grande scala, non ancora, non questa volta. Ci saranno scaramucce”.

Poi, siccome Tyrer gli piaceva e ne ammirava il coraggio, gli svelò i suoi pensieri.

“Ci saranno incidenti e scaramucce di varie entità, qualcuno dei nostri verrà ucciso, qualcuno scoprirà d'essere vile, qualcuno diventerà un eroe, la maggior parte resterà pietrificata e ogni tanto qualcuno riceverà una decorazione, ma alla fine naturalmente vinceremo”.

Tyrer rifletté sulle parole dell'ufficiale; ricordava la sua personale paura e come Babcott l'aveva convinto che la prima volta è la peggiore.

Ripensò all'ardimento con cui Marlowe si era lanciato all'inseguimento dell'assassino, a quant'era seducente Angélique e a quant'era bello essere vivi, giovani, con un piede sul primo gradino di quella scala che portava alla carica di ministro. Il calore del suo sorriso riscaldò anche Marlowe.

“In amore e in guerra tutto è lecito, non è vero?” disse.

Angélique sedeva accanto alla finestra nella stanza dell'infermeria di Kanagawa e fissava il sole pallido che di tanto in tanto s'apriva tra le nubi, soffici come piumini da cipria.

Teneva premuto sul viso il fazzoletto intriso di profumo.

Dietro di lei giaceva Struan, immerso tra la veglia e il sonno. Il giardino era battuto dai soldati di ronda.

Dopo l'incidente dei due giapponesi, il servizio di sicurezza era stato raddoppiato e dall'accampamento di Yokohama erano state inviate nuove truppe al comando di Pallidar.

Un colpo alla porta la risvegliò dalla sua réverie. “Sì?” chiese nascondendo il fazzoletto nella mano.

Era Lim.

Lo seguiva un cameriere cinese con un vassoio. “Mangiare per padrone. Signorina volere mangiare, heya?”

“Mettilo lì!” ordinò Angélique indicandogli il tavolo. Stava per chiedere che le portassero anche il suo vassoio ma poi cambiò idea trovando una soluzione migliore. “Questa sera, questa sera signorina cenare sala da pranzo. Capito, sì?”

“Capito.” Lim rise tra sé sapendo che quando credeva di essere sola Angélique usava il fazzoletto. Ayeeyah, le altre parti saranno piccole e delicate come il suo nasino? Cattivo odore? Di quale cattivo odore si lamentano? Qui non c'è ancora odore di morte. Devo dire al figlio del tai-pan che ci sono cattive novità da Hong Kong? Heya, meglio se le scopre da solo. “Capito.”

S'inchinò e uscì.

“Chèri?” Offrì automaticamente a Struan la zuppa di pollo.

“Dopo, grazie, cara” rispose Malcolm Struan con un filo di voce come sempre.

E come sempre Angélique insistette pur sapendo che avrebbe ricevuto soltanto un rifiuto.

“Cerca di mangiarne un pò.”

Tornò al suo posto accanto alla finestra e ai sogni ad occhi aperti: immaginava di essere a Parigi, al sicuro, nella grande casa dello zio Michel e della cara Emma, l'aristocratica zia inglese che l'aveva allevata insieme al fratello quando tanti anni prima il padre li aveva lasciati per recarsi a Hong Kong.

Erano cresciuti nel lusso, con Emma che organizzava grandi pranzi e cavalcate al Bois sul suo pregiato stallone, l'invidia di tutti.

Incantava il bel mondo parigino con la sua grazia e per questo ne era onorata.

Quando si inchinava davanti all'imperatore Luigi Napoleone, nipote di Bonaparte, e all'imperatrice Eugénie, veniva riconosciuta e riceveva un sorriso benevolo.

Palchi a teatro, la Comédie Francaise, buoni tavoli al Trois Frères Provengaux, il momento dell'ingresso in società, i diciassette anni, i pettegolezzi della stagione, lo zio Michel che raccontava le sue avventure ai tavoli da gioco e alle corse e sussurrava storielle piccanti sul conto degli amici aristocratici e dell'amante, la contessa Beaufois, così bella e devota.

Tutti sogni a occhi aperti, ovviamente, perchè in realtà lo zio Michel era soltanto un vicesegretario aggiunto al ministero della guerra ed Emma un'attrice inglese venuta in Francia con una compagnia shakespeariana itinerante, figlia di un modesto contabile.

Gli zii erano troppo poveri per affrontare tutte le spese necessarie ad Angélique per vivere nella capitale del mondo, per acquistarle un bel cavallo o quella carrozza di cui aveva un disperato bisogno per entrare in società, nell'unico ambiente in cui avrebbe incontrato qualcuno che la sposasse e non che volesse soltanto dormire con lei e poi lasciarla per svolazzare su un nuovo fiore.

“Te ne prego, zio Michel, te ne prego, è così importante! “

“Lo so, cipollina mia” le aveva risposto con tristezza il giorno del suo diciassettesimo compleanno, quando l'aveva implorato per ottenere in dono un certo cavallo castrato e i vestiti da cavallerizza necessari.

“Non posso fare niente, non posso chiedere altri favori, non so chi pregare né quale usuraio convincere.

Non ho segreti di stato da vendere né principi da sostenere. Ho anche tuo fratello e nostra figlia a cui pensare.”

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