Gai-Jin (59 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Chi sei? Da dove vieni? Non ti chiami Ukiya.” Hiraga sorrise e finalmente si sedette. “Ukiya significa giardiniere, Taira-san. Nome mia famiglia Ikeda.” Raccontò la bugia senza difficoltà.

“Nakama Ikeda, ufficiale samurai vuole me. Io ventidue anni.”

“Perché?”

“Perché io e mia famiglia, di Choshu, contro Bakufu. Bakufu ruba potere a imperatore e ...”

“Vuoi dire lo shògun?” Hiraga scosse la testa. “Shògun è Bakufu, capo di Bakufu. Lui...” Si fermò a riflettere, poi mimò una marionetta appesa a un filo. “Capisci?”

“Marionetta?”

“Si, marionetta.” Tyrer sgranò gli occhi. “Lo shògun è una marionetta?” Hiraga annuì, più rilassato ora che riusciva a comunicare, concentrandosi per trovare le parole. “Shògun Nobusada è ragazzo, sedici anni, marionetta di Bakufu. Vive Edo. Imperatore vive Kyòto.

Ora imperatore senza potere. Più duecento anni fa, Shògun Toranaga prende potere. Noi lotta per prendere potere di Shògun e Bakufu e restituire imperatore.” Tyrer, pur affaticato dallo sforzo di capire le parole storpiate di Hiraga, si rese subito conto delle immense implicazioni di quelle informazioni.

“Questo ragazzo Shògun, che età ha, per favore?”

“Shògun Nobusada sedici anni. Bakufu dice lui cosa fare” ripeté Hiraga controllando l'irritazione, consapevole di dover stare calmo. “Imperatore molto potere ma non...” non riuscendo a trovare la parola decise di spiegarsi in altro modo “Imperatore non come daimyo. Daimyo molti samurai, molte armi. Imperatore no samurai, no armi. Non può fare ubbidire Bakufu.

Bakufu, ha eserciti, imperatore no, wakatta?”

“Hai, Nakama, wakatta.” Tyrer, la cui mente era affollata da un'infinità di domande, capì che quell'uomo era un pozzo di informazioni ma che doveva usare molta cautela e che quello non era il luogo adatto. Notando il volto intensamente concentrato del giapponese, pensò che questi non avrebbe capito facilmente le sue domande e si ripromise di parlare adagio e con la massima semplicità.

“Quanti di voi combattono contro la Bakufu?”

“Molti.” Hiraga scacciò una zanzara.

“Centinaia, migliaia? Che tipo di persone, persone normali, giardinieri, operai, mercanti?” Hiraga lo guardò perplesso. “Loro niente. Loro serve samurai. Solo samurai combatte. Solo samurai ha armi. Kinjiru per altri avere armi.” Tyrer sgranò di nuovo gli occhi.

“Tu sei un samurai?”

“Samurai combatte. Io combatte Bakufu, si? Nakama samurai!” rispose Hiraga sempre più stupito dall'ottusità dell'inglese. Si tolse il cappello e il sudicio straccio sudato che gli faceva da turbante e mostrò la caratteristica fronte rasata e il codino. Ora che Tyrer lo poteva vedere bene in volto, per la prima volta senza il grande cappello da coolie e osservandolo con attenzione riconobbe i duri occhi obliqui di un samurai e la struttura ossea, così diversa da quella di un contadino.

“Quando shenso, capitano samurai, vede me così, io morto.”

Tyrer annuì sconcertato.

“Facile io scappa. Per favore, dammi vestiti soldato.” A Tyrer riuscì difficile non far trasparire l'agitazione e la paura, il conflitto interiore tra il disperato desiderio di fuga e la brama di ottenere quante più informazioni poteva dal samurai. Manovrato nel modo giusto, forse, anzi certamente, quell'uomo gli avrebbe aperto il mondo segreto del Giappone e il suo stesso futuro. Ma quando stava per accettare senza riserve la richiesta si ricordò dell'avvertimento di sir William e, grato, si concesse un pò di tempo per ricomporsi.

“Facile scappa, sì?” ripeté Hiraga impaziente.

“Non facile, possibile. Ma rischioso. Devo prima convincermi che valga la pena di salvarti.”

Tyrer notò negli occhi dell'altro un improvviso moto d'ira, o forse d'ira e paura insieme, non ne era certo. Cristo, un samurai! Come vorrei che sir William fosse qui, non so che cosa fare.

“Non credo di poter...”

“Per favore” implorò Hiraga, sapendo che quella era la sua unica possibilità di sfuggire alla trappola. Sbrigati ad accettare o altrimenti ti ucciderò e cercherò di mettermi in salvo scavalcando il muro. “Nakama giura su dei aiuta Taira-san.”

“Giuri solennemente sui tuoi dei che risponderai con sincerità a tutte le mie domande?”

“Hai” rispose subito Hiraga, stupefatto che Tyrer fosse così ingenuo da chiedere una simile promessa a un nemico. Non può essere così stupido. Quale dio e quali dei? Non esistono neppure.

“Giuro su dei.”

“Aspetta qui. Spranga la porta, apri solo a me.” Tyrer si mise in tasca la pistola, uscì a cercare Pallidar e McGregor e lì chiamò in disparte. “Ho bisogno di aiuto. Ho scoperto che Ukiya è uno degli uomini ricercati dai samurai, sembra che sia un dissidente. Voglio travestirlo da soldato e farlo tornare con noi.” I due ufficiali lo fissarono sorpresi. Poi McGregor disse: “Scusatemi, signore, siete sicuro che non sia un grosso rischio? In fin dei conti la Bakufu rappresenta il governo ufficiale e se ci scopre...”.

“Non ci faremo scoprire. Lo vestiamo come un soldato e lo mescoliamo agli altri. Cosa ne pensi, Settry?”

“Sì, si può fare, Phillip, ma se lo vedono e ci fermano siamo nei guai fino al collo.”

“Hai un'alternativa da suggerire?” chiese Tyrer sempre più agitato, la voce incrinata dall'eccitazione e dalla paura. “Voglio portarlo fuori di qui. Senza il suo aiuto probabilmente ora saremmo tutti morti, e inoltre ci sarà molto utile in futuro.” Gli altri due si scambiarono un'occhiata perplessa e poi guardarono Tyrer. “Mi dispiace, è troppo pericoloso” disse Pallidar.

“Non è vero!” sbottò Tyrer esasperato. “Va fatto! E' una questione di estrema importanza per il governo di Sua Maestà e non si discute!” McGregor sospirò. “Si, signore, molto bene. Capitano, se lo mettessimo a cavallo?”

“Come, un dragone? E' un'idea ridicola, per l'amor di Dio, un giardiniere non sa cavalcare.

Meglio farlo marciare e circondarlo di soldati...”

“Cinquanta sterline contro un centesimo di rame che quella canaglia non tiene il passo, sarà riconoscibile come una puttana nei mutandoni di un vescovo!” Intervenne Tyrer: “Potremmo mettergli un'uniforme, bendargli il viso e le mani e portarlo in barella, fingere che sia malato”.

Gli ufficiali lo guardarono con un sorriso.

“Questa si che è un'idea!”

“Meglio ancora” concluse Pallidar tutto contento, “fingeremo che sia contagioso... vaiolo, morbillo, peste!” I tre risero tutti insieme.

 

L'ufficiale samurai e le guardie a cui concessero di entrare nella Legazione ormai vuota seguirono Tyrer, McGregor e quattro dragoni all'interno dell'edificio.

erquisirono con grande meticolosità ogni stanza, ogni armadio e persino la soffitta. Alla fine l'ufficiale si dimostrò soddisfatto.

Nell'ingresso giacevano due soldati in barella, entrambi febbricitanti, uno dei due bendato solo in parte, l'altro, Hiraga, completamente bendato, testa, piedi e mani, con l'uniforme grondante di sudore.

“Tutti e due molto malati” disse Tyrer in giapponese, ripetendo le parole che Hiraga gli aveva suggerito. “Questo soldato ha la malattia dei foruncoli.” Il samurai sbiancò e arretrò di un passo. Nelle città giapponesi le epidemie di vaiolo erano endemiche, anche se non gravi come in Cina, dove avevano causato la morte di centinaia di migliaia di persone. “Dobbiamo... metterlo a rapporto” mormorò l'ufficiale, coprendosi la bocca come stavano facendo i suoi uomini, convinto che l'infezione si prendesse respirando l'aria contagiata che aleggiava intorno ai malati.

Tyrer si limitò ad alzare le spalle senza capire. “Uomo molto malato.

Non avvicinatevi.”

“Non intendo davvero avvicinarmi, sarei pazzo!”

L'omaccione giapponese uscì sulla veranda.

“Ascoltate” disse piano ai suoi, “non dite niente agli altri fuori o sarà il panico. Fetenti cani stranieri. Nel frattempo tenete gli occhi aperti, Hiraga dev'essere qui intorno.”

Setacciarono il giardino e i dintorni, mentre tutti gli addetti della Legazione e i soldati restavano ammassati all'ombra impazienti di marciare verso il molo e le navi. Finalmente soddisfatto, l'ufficiale si inchinò con severità e a grandi passi uscì dal cancello per raggiungere i samurai che tenevano Joun ancora legato tra le prime file. I giardinieri, pietrificati in ginocchio, nudi e senza cappello, al suo passaggio abbassarono ulteriormente la testa sulla terra.

“Alzatevi!” gridò lui. Dopo aver dato ordine di spogliarli scoprì che nessuno di loro aveva la testa rasata, né ferite di spada o altro segno che lo identificasse come samurai. La sua preda doveva trovarsi ancora nascosta all'interno o era riuscita a scappare. Ora che anche la Legazione era stata perquisita, si parò inferocito davanti a Joun.

“Per mascherarsi il ronin Hiraga si è rasato tutta la testa o si è lasciato crescere i capelli come questa marmaglia di giardinieri. Identificalo!” Joun era in ginocchio, sfinito e morente. Era stato picchiato ripetutamente e fatto tornare in sé per ordine di Anjo. “Identifica Hiraga!”

“Lui... non c'è, non è qui.” Preso a calci nelle parti più sensibili dall'ufficiale, il giovane gridò. I giardinieri tremarono terrorizzati.

“Non c'è... non è qui...” Un altro calcio spietato. Agonizzante Joun indicò uno dei giardinieri. Il ragazzo crollò in ginocchio gridando la propria innocenza.

“Fatelo tacere!” ordinò l'ufficiale. “Portatelo dal giudice, imprigionatelo e crocifiggetelo, prendeteli tutti, sono colpevoli di averlo nascosto, prendeteli tutti!” Mentre li trascinavano via tra urla di innocenza, il ragazzo gridò di aver visto Hiraga poco prima, vicino alla casa, che lo avrebbe identificato se lo avessero lasciato andare, ma nessuno lo ascoltò e ben presto le sue urla e quelle dei suoi compagni furono brutalmente soffocate.

L'ufficiale si terse il sudore dalla fronte, soddisfatto di aver eseguito gli ordini. Bevette un sorso d'acqua da una bottiglia, lo sputò per sciacquare la bocca e ne bevette dell'altra.

Eeeh, pensò tremando, il vaiolo! Una malattia che i gai-jin hanno portato da fuori! Tutto il marcio viene da fuori, i gai-jin vanno scacciati una volta per tutte.

Osservò furibondo la banda che si riuniva e i soldati impettiti continuando a pensare allo shishi a cui dava la caccia.

Non è possibile che quel giardiniere fosse il famoso Hiraga, lo shishi dello scontro. Karma che quel giorno io e i miei uomini siamo arrivati troppo tardi e lui e gli altri sono riusciti a scappare senza che li vedessimo.

No, non karma, Dio era sopra di me. Se li avessi visti non avrei dovuto fingere di farmi indicare Hiraga da quel Joun. Ma Hiraga dov'è? E nascosto da qualche parte. Dio, ti prego, aiutami, Eeeh, la vita è strana. Odio i gai-jin eppure, in segreto, credo in Gesù, il loro Dio, come mio padre, il padre di mio padre e i miei antenati dai tempi di Sekigahara. Sì, credo in questo Dio Gesù, l'unico bene prezioso portato da fuori, i principi maestri gesuiti non dicevano forse che la Fede aumenta il nostro potere e che quando abbiamo un problema lo dobbiamo affrontare come un cane affronta un osso?

Hiraga si nasconde da qualche parte. Ho cercato con cura. Eppure è riuscito a travestirsi, da cosa, da albero, da che altro?

All'interno delle mura continuavano i preparativi per la partenza.

Venne ammainata la bandiera. Ora la banda suonava, i cavalieri montarono in sella e le barelle furono posate su un carro. Il cancello si aprì, i soldati a cavallo si schierarono guidati dal gai-jin con il nome giapponese, sfilarono, scesero la collina e...

Le bende! L'intuizione fulminò la mente dell'ufficiale. Non c'è nessuna epidemia! Furbo, pensò eccitato, ma non abbastanza!

Adesso cosa faccio, lì affronto e lì costringo in un vicolo? o incarico le spie di seguirlo e lo tengo sotto controllo, così mi porta dagli altri?

Lo tengo sotto controllo.

Capitolo 19


 

Martedì, 14 ottobre

 

La festa di fidanzamento di Angélique era al suo apice.

Mille lampade a olio illuminavano a giorno il sovraffollato salone del circolo.

Malcolm Struan aveva affittato per la speciale occasione l'intero palazzo e tutte le sale erano state addobbate a festa. Erano stati invitati tutti i membri rispettabili dell'Insediamento ed erano presenti anche gli ufficiali che si erano potuti allontanare dai loro posti.

Davanti all'ingresso del palazzo su High Street pattuglie della Marina e dell'Esercito erano pronte a impedire a ubriaconi e indesiderabili della Città Ubriaca di importunare.

Angélique non era mai stata più bella: crinolina, acconciatura con piume di uccello del paradiso e un anello di fidanzamento abbagliante. Il ballo era un nuovissimo vibrante valzer di Johann Strauss, appena arrivato da Vienna con una valigia diplomatica, e André Poncin lo stava suonando con gusto al pianoforte abilmente sostenuto da un gruppo scelto della banda della marina in alta uniforme.

Angélique volteggiava fra le braccia di Settry Pallidar che era stato scelto per rappresentare l'esercito tra grida di consenso e gelosia generali.

Anche Victoria Lunkchurch e Mabel Swarin danzavano il valzer rispettivamente in compagnia di sir William e Norbert Greyforth, e avevano i carnet di ballo già esauriti fin dall'inizio della festa. Malgrado le loro ampie circonferenze erano due buone ballerine. Entrambe sfoggiavano abiti nuovi con la crinolina seppure non paragonabili a quello di Angélique né per ricchezza né per profondità di scollatura.

“Sei uno schifoso spilorcio, Barnaby” sussurrò Victoria al marito.

“Mabel e io ci faremo fare dei fronzoli nuovi anche se ti dovessero costare tutta la compagnia, per Dio! E vogliamo un'acconciatura come la sua, per Dio!”

“Cosa?”

“Sì, cosa, cosa! Acconciature... cappelli.”

Le piume di Angélique erano state il colpo di grazia per le due inglesi.

“Vuole la guerra e l'avrà” dissero.

Tuttavia i numerosi inviti al ballo avevano fatto dimenticare la gelosia e ora volteggiavano con abbandono.

“Maledetto fortunato bastardo” borbottò Marlowe che aveva occhi solo per il suo rivale. La giacca blu dell'uniforme della marina scintillava insieme alle mostrine di aiutante di campo e ai pantaloni di seta bianca, e anche le calze e le scarpe nere con le fibbie d'argento erano molto eleganti.

“Chi è il bastardo?” domandò Tyrer passandogli accanto con un altro bicchiere di champagne, euforico per la serata e per essere riuscito a far fuggire Nakama, il samurai di Edo, e con l'approvazione di sir William a metterlo in salvo alla Legazione nel ruolo di insegnante di giapponese.

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