Paradiso (61 page)

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Authors: Dante

BOOK: Paradiso
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Ciascun che de la bella insegna porta   

               
del gran barone il cui nome e ’l cui pregio

129
         
la festa di Tommaso riconforta,

               
da esso ebbe milizia e privilegio;

               
avvegna che con popol si rauni

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oggi colui che la fascia col fregio.

               
Già eran Gualterotti e Importuni;   

               
e ancor saria Borgo più quïeto,

135
         
se di novi vicin fosser digiuni.

               
La casa di che nacque il vostro fleto,   

   

               
per lo giusto disdegno che v’ha morti

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e puose fine al vostro viver lieto,

               
era onorata, essa e suoi consorti:   

               
o Buondelmonte, quanto mal fuggisti

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le nozze süe per li altrui conforti!

               
Molti sarebber lieti, che son tristi,

               
se Dio t’avesse conceduto ad Ema

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la prima volta ch’a città venisti.

               
Ma conveniesi, a quella pietra scema   

               
che guarda ’l ponte, che Fiorenza fesse

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vittima ne la sua pace postrema.

               
Con queste genti, e con altre con esse,   

               
vid’ io Fiorenza in sì fatto riposo,

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che non avea cagione onde piangesse.

               
Con queste genti vid’ io glorïoso

               
e giusto il popol suo, tanto che ’l giglio   

               
non era ad asta mai posto a ritroso,   

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né per divisïon fatto vermiglio.”   

PARADISO XVII

               
Qual venne a Climenè, per accertarsi   

   

               
di ciò ch’avëa incontro a sé udito,

3
             
quei ch’ancor fa li padri ai figli scarsi;

               
tal era io, e tal era sentito

               
e da Beatrice e da la santa lampa

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che pria per me avea mutato sito.

               
Per che mia donna “Manda fuor la vampa   

               
del tuo disio,” mi disse, “sì ch’ella esca

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segnata bene de la interna stampa:

               
non perché nostra conoscenza cresca

               
per tuo parlare, ma perché t’ausi

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a dir la sete, sì che l’uom ti mesca.”

               
“O cara piota mia che sì t’insusi,   

   

               
che, come veggion le terrene menti

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non capere in trïangol due ottusi,   

               
così vedi le cose contingenti

               
anzi che sieno in sé, mirando il punto

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a cui tutti li tempi son presenti;

               
mentre ch’io era a Virgilio congiunto   

   

               
su per lo monte che l’anime cura

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e discendendo nel mondo defunto,

               
dette mi fuor di mia vita futura

               
parole gravi, avvegna ch’io mi senta

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ben tetragono ai colpi di ventura;   

               
per che la voglia mia saria contenta

               
d’intender qual fortuna mi s’appressa:

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ché saetta previsa vien più lenta.”   

               
Così diss’ io a quella luce stessa

               
che pria m’avea parlato; e come volle

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Beatrice, fu la mia voglia confessa.

               
Né per ambage, in che la gente folle   

   

               
già s’inviscava pria che fosse anciso   

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l’Agnel di Dio che le peccata tolle,

               
ma per chiare parole e con preciso   

               
latin rispuose quello amor paterno,

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chiuso e parvente del suo proprio riso:

               
“La contingenza, che fuor del quaderno   

   

               
de la vostra matera non si stende,

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tutta è dipinta nel cospetto etterno;

               
necessità però quindi non prende

               
se non come dal viso in che si specchia

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nave che per torrente giù discende.

               
Da indi, sì come viene ad orecchia   

   

               
dolce armonia da organo, mi viene

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a vista il tempo che ti s’apparecchia.

               
Qual si partio Ipolito d’Atene   

   

               
per la spietata e perfida noverca,

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tal di Fiorenza partir ti convene.

               
Questo si vuole e questo già si cerca,   

               
e tosto verrà fatto a chi ciò pensa

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là dove Cristo tutto dì si merca.   

               
La colpa seguirà la parte offensa   

               
in grido, come suol; ma la vendetta

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fia testimonio al ver che la dispensa.

               
Tu lascerai ogne cosa diletta   

               
più caramente; e questo è quello strale

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che l’arco de lo essilio pria saetta.

               
Tu proverai sì come sa di sale   

   

               
lo pane altrui, e come è duro calle

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lo scendere e ’l salir per l’altrui scale.

               
E quel che più ti graverà le spalle,   

               
sarà la compagnia malvagia e scempia

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con la qual tu cadrai in questa valle;

               
che tutta ingrata, tutta matta ed empia

               
si farà contr’ a te; ma, poco appresso,   

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ella, non tu, n’avrà rossa la tempia.

               
Di sua bestialitate il suo processo   

               
farà la prova; sì ch’a te fia bello

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averti fatta parte per te stesso.

               
Lo primo tuo refugio e ’l primo ostello   

               
sarà la cortesia del gran Lombardo

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che ’n su la scala porta il santo uccello;   

               
ch’in te avrà si benigno riguardo,   

               
che del fare e del chieder, tra voi due,

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fia primo quel che tra li altri è più tardo.

               
Con lui vedrai colui che ’mpresso fue,   

               
nascendo, sì da questa stella forte,

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che notabili fier l’opere sue.   

               
Non se ne son le genti ancora accorte   

               
per la novella età, ché pur nove anni

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son queste rote intorno di lui torte;

               
ma pria che ’l Guasco l’alto Arrigo inganni,   

               
parran faville de la sua virtute

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in non curar d’argento né d’affanni.

               
Le sue magnificenze conosciute   

               
saranno ancora, sì che ’ suoi nemici

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non ne potran tener le lingue mute.

               
A lui t’aspetta e a’ suoi benefici;

               
per lui fia trasmutata molta gente,   

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cambiando condizion ricchi e mendici;

               
e portera’ne scritto ne la mente   

               
di lui, e nol dirai”; e disse cose

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incredibili a quei che fier presente.

               
Poi giunse: “Figlio, queste son le chiose   

               
di quel che ti fu detto; ecco le ’nsidie

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che dietro a pochi giri son nascose.

               
Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie,   

               
poscia che s’infutura la tua vita

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via più là che ’l punir di lor perfidie.”

               
Poi che, tacendo, si mostrò spedita   

               
l’anima santa di metter la trama

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in quella tela ch’io le porsi ordita,

               
io cominciai, come colui che brama,   

               
dubitando, consiglio da persona

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che vede e vuol dirittamente e ama:

               
“Ben veggio, padre mio, sì come sprona   

               
lo tempo verso me, per colpo darmi

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tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona;   

               
per che di provedenza è buon ch’io m’armi,   

               
sì che, se loco m’è tolto più caro,

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io non perdessi li altri per miei carmi.   

               
Giù per lo mondo sanza fine amaro,   

               
e per lo monte del cui bel cacume

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li occhi de la mia donna mi levaro,

               
e poscia per lo ciel, di lume in lume,

               
ho io appreso quel che s’io ridico,

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a molti fia sapor di forte agrume;

               
e s’io al vero son timido amico,   

               
temo di perder viver tra coloro   

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che questo tempo chiameranno antico.”

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