100 colpi di spazzola prima di andare a dormire (12 page)

BOOK: 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire
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4 giugno 2002
18,20

Nessuno scherzo, diario! Mi ha dedicato davvero una serenata! La gente passava e guardava incuriosita, io dal balcone ridevo come una matta mentre un uomo grassoccio e rubicondo suonava con una chitarra un po' logora e lui cantava stonato come una campana, ma irresistibile. Irresistibile come la canzone che mi ha riempito gli occhi e il cuore; la stona di un uomo che al pensiero dell'amata non riesce a dormire e la melodia struggente e delicata. Più o meno dice così: 

Mi votu e mi rivotu suspirannu passu li notti 'uteri sema sonnu, e li biddizzi tò vaju cuntimplannu tipenzu di la notti fino ajornu. Pi tia nonpozzu n'ura rìpusarì, paci non havi chiù st'afflittu cori. Lu vò sapiri quannu t'aju a lassarì? Quannu la vita mia finisci e morì.

Lo vuoi sapere quando ti devo lasciare? Quando la mia vita finisce e muore...

E stato un grande gesto, un sottile corteggiamento, tradizionale, banale se vogliamo ma profumato.

Quando ha finito ho urlato dal balcone sorridendo: «E adesso cosa si dovrebbe fare? Se non sbaglio, per accettare la corte bisognerebbe accendere la luce della camera e se al contrario non voglio devo rientrare e spegnere».

Lui non ha risposto ma io ho capito quello che avrei dovuto fare. Nel corridoio ho incrociato mio padre (quasi lo travolgevo!) che mi chiedeva incuriosito chi fosse quello che sotto cantava. Ridendo forte gli ho risposto che non lo sapevo nemmeno io.

Sono scesa di corsa giù per le scale, così come mi trovavo, in pantaloncini e maglietta, ho aperto il portone e poi mi sono bloccata. Corrergli incontro e abbracciarlo forte oppure sorridergli felice e ringraziarlo con una stretta di mano? Sono rimasta ferma sul portone e lui ha capito che non mi sarei mai avvicinata se non avessi notato un segnale, così l'ha fatto lui per me. 

«Sembri un pulcino spaurito... Scusami se sono stato invadente, ma è stato più forte di me».

Mi ha
abbracciata
piano e io ho lasciato che le mie braccia rimanessero al suo posto, non sono riuscita a imitare il suo gesto...

«Melissa... Mi permetti di invitarti stasera a cena?».

Ho annuito di sì con la testa e gli ho sorriso, poi l'ho baciato piano sulla guancia e sono risalita.

«Ma chi era?», mi ha chiesto mia madre curiosissima.

12,45 della notte

Abbiamo parlato di noi, ci siamo detti più di quello che avevo immaginato di dire e di sentire. Lui ha vent'anni, studia lettere moderne, ha quell'espressione intelligente e viva nel volto che lo rende incredibilmente affascinante. Lo ascoltavo con attenzione, mi piace guardarlo parlare. Sento un fremito nella gola, nello stomaco. Mi sento ripiegata su me stessa come lo stelo di un fiore, ma non sono spezzata. Claudio è mite, pacato, rassicurante. Mi ha detto che ha conosciuto l'amore, ma che poi gli è sfuggito dalle mani.

Passando un dito sul bordo del bicchiere mi ha chiesto: «E tu? Cosa mi racconti di te?».

Mi sono aperta, ho aperto un piccolo spiraglio di luce che ha squarciato la densa nebbia che mi avvolge l'anima. Gli ho raccontato qualcosa di me e delle mie storie infelici ma non ho accennato minimamente al mio desiderio di scoprire e trovare un sentimento vero.

Mi ha guardata con occhi attenti, tristi e seri e ha detto: «Sono contento che tu mi abbia raccontato il tuo passato. Mi rafforza l'idea che mi sono fatto di te».

«Che idea?», ho chiesto impaurita che mi accusasse di essere troppo facile.

«Che sei una ragazza, scusa, una donna, che ha attraversato certe situazioni per arrivare ad essere quello che è, ad assumere quello sguardo e farlo penetrare in fondo. Melissa, non ho mai incontrato una donna come te... passo da sentire tenerezza affettuosa a subire un fascino misterioso e irresistibile», il suo discorso era intervallato da lunghi silenzi durante i quali mi offriva i suoi occhi e poi riprendeva.

Ho sorriso e ho detto: «Non mi conosci ancora bene per dirlo. Potrai provare solo uno di quei sentimenti che hai detto, oppure nessuno».

«Già, è vero», ha detto dopo avermi ascoltata con attenzione, «ma voglio provare a conoscerti, me lo permetti?».

«Certo, certo che te lo permetto!», gli ho detto afferrandogli la mano poggiata sopra il tavolo.

Mi sembrava di stare in un sogno, diario, un sogno bellissimo, senza fine.

1,20

Ho appena ricevuto un messaggio di Valerio, dice che vuole vedermi. Ma adesso anche il suo pensiero è distan te. Lo so, mi basterebbe fare l'amore un'ultima volta con il prof per rendermi conto cos'è davvero che voglio e che cosa Melissa è davvero, se un mostro o una persona in grado di dare e ricevere amore.

10 giugno 2002

Che bello, è finita la scuola! Quest'anno i risultati sono stati alquanto deludenti, io mi sono impegnata poco e i miei insegnanti si sono preoccupati poco di capirmi. La promozione me la sono comunque meritata, hanno evitato di distruggermi definitivamente.

Oggi pomeriggio ho visto Valerio, mi ha chiesto di raggiungerlo al Bar Epoca. Sono partita di corsa, pensando che quella sarebbe stata l'occasione in cui avrei capito cosa volevo. Arrivata al posto ho frenato di botto, strisciando i copertoni sull'asfalto, ho attirato l'attenzione di tutti. Valerio era seduto a un tavolo da solo e guardava sorridendo e scuotendo la testa tutti i miei movimenti. Ho cercato di darmi un contegno camminando piano e assumendo un'espressione seria.

Mi sono indirizzata sculettando al suo tavolo e quando gli sono stata vicino mi ha detto: «Loly, non hai visto come ti hanno guardata tutti mentre camminavi?».

Ho scosso la testa e ho risposto di no.

«Non ricambio sempre gli sguardi».

È arrivato un uomo alle spalle di Valerio, dall'aria misteriosa e un po' burbera, e mi è stato presentato dicendo che si chiamava Flavio. L'ho guardato scrutandolo attentamente, lui ha bloccato la mia indagine dicendo: «La tua
ragazzina
ha degli occhi troppo furbetti e troppo belli per una della sua età».

Non ho lasciato rispondere Valerio e ho preso io la parola: «Hai ragione Flavio. Saremo noi tre o ci saranno anche altri?», miro all'essenzialità, diario, non mi vanno le paroline di circostanza e i sorrisi quando lo scopo è solo uno.

Un po' imbarazzato Flavio ha guardato Valerio e lui ha detto: «È capricciosa, ma ti conviene fare quello che dice». 

«Vedi Melissa», ha continuato Flavio, «io e Valerio avevamo intenzione d'inserirti in una serata particolare; lui mi ha parlato di te, la tua età mi ha bloccato un po' ma dopo aver saputo come sei... be', ho ceduto e sono curiosissimo di vederti all'opera».

Io ho detto semplicemente: «Quanti anni hai Flavio?».

Mi ha risposto di averne trentacinque. Ho annuito, credevo ne avesse di più ma mi sono fidata.

«Quando sarebbe questa seratina particolare?», ho chiesto.

«Sabato prossimo, alle 22, in una villa al mare. Verrò a prenderti io, insieme a Valerio s'intende...».

«Qualora rispondessi di sì», l'ho interrotto.

«Certo, qualora rispondessi di sì».

Qualche secondo di silenzio e poi ho chiesto: «Devo indossare qualcosa di particolare?».

«Basta che non si noti troppo la tua età. Tutti sanno che ne hai diciotto», ha risposto Flavio.

«Tutti chi? Quanti sono?», ho chiesto rivolta a Valerio

«Non sappiamo nemmeno noi il numero preciso, più o meno cinque coppie garantite. Se arriverà altra gente non lo sappiamo adesso»

Ho deciso di partecipare; mi dispiace per Claudio, ma non sono sicura che una come me possa essere brava ad amarlo, non credo di essere io quella che lo renderà felice.

15 giugno 2002

No, non sono io la ragazza che lo renderà felice. Non lo mento. Il mio telefono continua a squillare per le sue chiamate e per i suoi SMS. Lo abbandono, ecco. Non gli rispondo, lo ignoro completamente. Si stuferà e cercherà la felicità altrove. E allora perché sento questa paura? 

17 giugno 2002

In silenzio, fra dialoghi brevi e sporadici ci siamo avviati verso il luogo in cui stato fissato 

l'appuntamento. Era un villino fuori città, dall'altra parte della costa dove gli scogli si sgretolano diventando sabbia. Il luogo era deserto e la casa piuttosto interna. Siamo entrati attraverso un alto portone in ferro e ho contato le auto ferme sul vialetto: ce n'erano sei.

«Dolcissima, siamo arrivati», Flavio con queste espressioni m'irrita da morire... chi cavolo lo conosce? Come si permette a chiamarmi dolcissima, cara, piccola... lo strozzerei!

Ci ha aperto la porta una donna di più o meno quarantanni, affascinante e profumata. Mi ha squadrata dall'alto in basso e ha rivolto uno sguardo di assenso a Flavio che ha sorriso lievemente. Abbiamo attraversato un lungo corridoio sulle cui pareti erano attaccati dei grandi quadri astratti. Arrivati nella sala ho sentito un profondo imbarazzo poiché mi sono stati rivolti decine di sguardi: la maggioranza erano uomini, incravattati e distinti, qualcuno aveva una mascherina che gli copriva il volto, ma la maggior parte erano a viso scoperto. Alcune donne si sono avvicinate e mi hanno rivolto delle domande alle quali ho risposto con una sene di bugie costruite precedentemente con Valerio. Il prof mi è venuto accanto e mi ha sussurrato: «Non vedo l'ora di iniziare... voglio leccarti e starti dentro tutta la notte e poi guardarti mentre lo fai con altri».

Ho subito pensato al sorriso di Claudio: lui non potrebbe mai desiderare di vedermi a letto con qualcun altro.

Flavio mi ha portato un bicchiere con dentro della crema di whisky, che mi ha fatto ricordare di qualche mese fa... Sono andata al pianoforte a pensare al modo in cui ho scaricato giorni fa anche Roberto. L'ho minacciato che avrei raccontato tutto alla sua ragazza se non avesse smesso di chiamarmi e che doveva dire ai suoi amici di tenere la bocca chiusa su di me. Ha funzionato, non si fatto più sentire !

A un certo punto venuto verso di me un uomo sulla trentina che camminava con andatura leggera, come se volasse; aveva un paio di occhiali tondi e due grandi occhi azzurro-verde su un viso marcato ma bello.

Mi ha guardata scrutandomi attentamente e poi ha detto: «Ciao, sei tu quella di cui si è tanto parlato?».

L'ho guardato interrogativa e ho detto: «Dipende da chi ti riferisci... di cosa si parlato in particolare?».

«Be'... sappiamo che sei molto giovane, anche se personalmente non credo che tu abbia già diciotto anni. E non perché non li dimostri ma perché lo sento... Comunque mi hanno detto che tu molte volte hai partecipato a serate come questa, con soli uomini però...».

Sono arrossita e ho voluto sprofondare: «Chi te l'ha detto?», ho chiesto.

«Bah... che importanza ha, le voci girano... sei una bella maialino, eh?», ha sorriso.

Ho cercato di mantenermi calma e di stare al gioco per non rovinare tutto.

«Non mi sono mai piaciuti gli schemi. Ho accettato di farlo perché volevo...».

Mi ha guardata sapendo benissimo che stavo mentendo e ha affermato: «Sempre che esistano, gli schemi: ci sono persone il cui schema è lineare e ordinato, altre che è un capriccio rococò...».

«Allora il mio è un misto...», ho detto affascinata dalla sua risposta.

Valerio mi si è avvicinato e mi ha detto di raggiungerlo sul divano.

Ho fatto un cenno col capo all'uomo, evitando di salutarlo perché tanto quasi sicuramente nel mezzo della serata saremmo capitati uno dentro l'altra.

Sul divano erano seduti un giovane uomo palestrato e due donne abbastanza volgari, con il trucco acceso e prorompente e una chioma biondo platino.

Io e il prof stavamo al centro di questo grande divano, con una mano lui ha cominciato ad
accarezzarmi
un seno da sotto la maglietta trascinandomi subito nella vergogna e nell'imbarazzo.

«Dai, Valerio... dobbiamo essere proprio noi a cominciare?».

«E perché no, ti dispiace?», mi ha chiesto mordendomi il lobo dell'orecchio.

«No, non penso proprio... ha la voglia stampata sulla faccia», ha detto presuntuosamente il palestrato.

«Da che cosa lo vedi?», ho chiesto con aria di sfida.

Non ha risposto, ha solo fiondato una mano sotto la mia gonna tra le cosce baciandomi con irruenza. Cominciavo a lasciarmi andare, quella stolta violenza mi stava trascinando via di nuovo. Ho alzato un po' le natiche per arrivare a baciarlo e il prof ha approfittato di questo, mi ha
accarezzato
il culo prima piano e dolcemente, poi i suoi gesti sono andati via via trasformandosi diventando decisi e caldi. La gente intorno per me non esisteva più, anche se erano lì a guardarmi, ad attendere che qualcuno dei due uomini che stavano ai miei lati mi penetrasse. Mentre il ragazzo mi baciava, una delle due donne gli ha cinto il busto e ha baciato la sua nuca; a un certo punto Valerio mi ha alzato la gonna: tutti stavano ammirando il mio culo e il mio sesso spiattellati su un divano sconosciuto fra gente sconosciuta. Avevo la schiena inarcata e mi stavo offrendo completamente a lui mentre il tizio davanti mi afferrava le tette e le stringeva forte.

«Mmm, profumi come una giovane pesca», ha detto un uomo venuto ad annusarmi, «sei morbida e liscia come una pesca appena lavata, fresca».

La giovane pesca maturerà; e poi prima perderà il suo colore, quindi il suo sapore, dopo la sua buccia sarà molle e scavata. Alla fine marcirà e i vermi ne succhieranno tutta la polpa.

Ho sgranato gli occhi, mi si arrossato il viso, mi sono girata di scatto verso il professore e ho detto: «Andiamo via, non voglio».

E successo proprio nel momento in cui il mio corpo si stava completamente abbandonando... Povero Flavio, povero palestrato, poveri tutti e povera io. Ho lasciato tutti e me stessa di sasso, mi sono ricomposta in fretta e con le lacrime agli occhi sono corsa via per il lungo corridoio, ho aperto la porta d'ingresso e sono andata verso l'auto ferma sulla stradina. Aveva i vetri completamente appannati per colpa dell'umidità fitta che avvolgeva la casa e me.

Durante il tragitto non c' stata una parola. Solo quando sono arrivata sotto il portone di casa ho detto: «Non mi hai ancora detto niente sulla lettera».

Molti secondi di silenzio e poi solo: «Addio Lolita».

20 giugno
6,50

Ho poggiato le labbra sulla cornetta e ho sentito la sua voce appena uscita dal sonno. «Voglio viverti», ho sussurrato con un filo di voce.

BOOK: 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire
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