Laura abbassò la testa per entrare. Lui inserì la chiave d'accensione ma non mise in moto. «Non hai detto tutto a Monroe, eh?» chiese.
Laura sorrise. «Mi conosci troppo bene, tesoro.»
«Cosa gli hai nascosto?» Lei gli parlò della teoria della cospirazione e degli omicidi del 1851.
«È meglio che tu sia stata zitta. Probabilmente avrebbe pensato che fossi uscita di testa.»
«Già, credo proprio.»
«Adesso cosa farai, Holmes?»
«Sarebbe a dire?»
«Dopo essere stata buttata fuori da Monroe.»
«Ah, ti riferisci a quello?» Laura sbuffò. «Be', le persone come Monroe non fanno altro che rendermi più determinata.» Dalla finestra del soggiorno, John Monroe guardò l'auto di Philip uscire dal sentiero d'accesso. Poi riempì il bicchiere e sedette su un divano.
Tipico della sua fortuna, rifletté, essersi imbattuto in quell'americana testarda che aveva aperto una lattina di vermi. D'altra parte, doveva ammettere che ciò che lei aveva scoperto era stimolante. Il punto era che nella sua mente esistevano aree che aveva sbarrato.
Quanti anni erano passati da quell'ultimo incidente? Tornò indietro nel tempo. Doveva essere il 1989. Lavorava in polizia da due soli anni. Sì, la fine dell'89, l'anno in cui aveva sposato Janey. Cecilia Moore era la donna che aveva quasi distrutto la sua carriera ancor prima che iniziasse sul serio.
Era una chiaroveggente, o almeno così sostenevano lei e i suoi seguaci.
Era stata consultata per dare una mano a ritrovare una diciottenne, Caroline Marsden, scomparsa da tre settimane. Monroe era giovane, ingenuo e ottimista, e Cecilia gli piaceva parecchio. Si era fidato troppo della donna e dei suoi poteri, aveva sprecato tempo e risorse preziose della polizia dopo aver convinto i superiori che la medium poteva portarli alla ragazza scomparsa.
Cecilia aveva fatto uno show notevole. Sosteneva di potersi mettere in contatto con Caroline Marsden, utilizzando quella che chiamava «vista a distanza», e fornire alla polizia indizi per ritrovarla.
A Monroe era stata concessa una libertà eccessiva, ora lo capiva, ma non era una scusante. Aveva creduto alle descrizioni di Cecilia Moore del luogo in cui Caroline era tenuta prigioniera, uno scantinato di Ealing, e aveva fatto irruzione, per scoprire che ci viveva una coppia di anziani di Bangalore. Caroline era stata ritrovata due settimane più tardi. Per l'esattezza, sotto il cavalcavia di Hammersmith ne era stato rinvenuto quanto bastava alla scientifica per identificarla.
Nei cinque anni successivi, le sue promozioni erano arrivate con una lentezza esasperante. Monroe era sopravvissuto per pura testardaggine e determinazione. La tensione che gli covava dentro aveva rovinato il rapporto con Janey; si erano lasciati nel 1993, dopo quattro soli anni di matrimonio, senza figli.
Sorseggiò il Famous Grouse fissando il fuoco nel camino. Poteva lasciarsi risucchiare di nuovo nell'occulto? Quasi tutti gli agenti dell'investigativa e i poliziotti in uniforme che ridevano alle sue spalle in quell'occasione adesso erano in pensione oppure lavoravano con altre squadre in altre città; i due o tre che ricordavano ancora Cecilia Moore non avrebbero osato aprire bocca. Ma non era quello il punto. Era una questione di principio. Monroe si rendeva conto di non essere tenuto a credere in quella spazzatura astrologica, che poteva effettivamente essere il vero movente dell'assassino, e sapeva che Laura Niven e Philip Bainbridge non erano due svitati. Anzi, doveva ammettere che si trattava di persone intelligenti e benintenzionate. Con ogni probabilità, gli sarebbero piaciuti se li avesse conosciuti in circostanze diverse.
E poi c'era un altro fattore, qualcosa che non aveva ancora condiviso nemmeno con la sua squadra. Conosceva a menadito la storia della polizia locale: da ragazzino, era uno dei suoi hobby. Quegli omicidi avevano notevoli somiglianze con un caso dimenticato da tanto tempo, l'uccisione di tre ragazze e uno studente dell'università di Oxford più di un secolo e mezzo addietro, nel 1851.
Mise giù il bicchiere e si trasferì al nuovo Mac che aveva comperato solo una settimana prima. Spostò leggermente il mouse e il computer uscì dall'ibernazione. Chiamato un motore di ricerca, fece una pausa di un secondo o due, ripensò all'incontro con Laura e Philip alla stazione di polizia, la sera prima. Qual era il sito nominato da Laura? Quando ricordò, con due sole dita, com'era abituato a fare, batté sulla tastiera «almanac.com».
Si trovavano in una stanza adiacente alla Camera Interna. Una stanzetta, una sacca d'aria racchiusa da pietra, diciotto metri al di sotto della Biblioteca Bodleiana.
Le pareti erano lisce, il pavimento lucido, con un grande tappeto Khotan al centro. Sul tappeto poggiava un tavolo di mogano dal piano vuoto, salvo una striscia ornamentale di seta che lo solcava in lunghezza e scendeva ai due lati. L'illuminazione era fornita da due dozzine di candele in un candeliere metallico, sospeso al centro del soffitto a botte. Due uomini sedevano l'uno di fronte all'altro.
«Mi hai estremamente deluso», affermò il Maestro con voce priva d'ogni emozione.
L'Accolito indossava un completo Armani di lino color panna, camicia bianca a colletto ampio, una cravatta di seta a righe verdi e rosse Louis Vuitton a nodo triangolare, ben stretta sotto il pomo d'Adamo. Stava seduto rigido su una sedia. Puntò lo sguardo oltre il tavolo che lo divideva dal Maestro e si sentì impallidire. «Volevo spiegarle.»
«Ne sono lieto.»
«Sono stato disturbato in casa. C'era qualcuno.» Il Maestro inarcò un sopracciglio.
«Non era una procedura facile, Maestro. Non volevo commettere un errore e il tempo stringeva.»
«Hai un ottimo addestramento, no?»
«Ho sentito un rumore al piano di sotto. Ho pensato che i genitori della ragazza fossero rientrati in anticipo. Evidentemente mi sbagliavo.»
«Sì, ti sbagliavi.»
«Non avevo terminato la rimozione. Ho portato il corpo in giardino, ma non era il luogo adatto. Allora ho visto l'ormeggio del barchino di famiglia.
Mi è parso praticabile.»
«E allora perché hai spostato il barchino fino alla riva del fiume?» L'Accolito trasse un profondo respiro. «La donna era già a bordo. Avevo rimosso il cervello quando la cima si è slacciata e il barchino ha cominciato a staccarsi dall'ormeggio. Ho cercato di fermarlo, però mi sono reso conto che se mi fossi arrampicato sulla riva o fossi caduto in acqua avrei contaminato troppo la scena. Non ho avuto scelta, ho dovuto lasciarlo andare. Dev'essersi arenato a riva a poca distanza dalla casa.» Abbassò gli occhi sulle unghie perfettamente curate.
Il Maestro studiò il bel viso dell'altro. Pensò quanto sembrasse più giovane degli anni che aveva. Era stato baciato dalla fortuna genetica: zigomi alti, bocca dalla linea perfetta, occhi talmente azzurri che avrebbe potuto portare lenti a contatto colorate. «Non hai saputo, vero?»
«Saputo cosa?»
«Il tuo errore potrebbe avere conseguenze molto serie. La polizia scientifica della Valle del Tamigi ha rinvenuto indizi vicino alla casa sul fiume.»
«È impossibile. Ho...»
«Hanno un'impronta di scarpa parziale, tracce di pelle e plastica.» L'Accolito scosse la testa. I suoi occhi ardevano d'indignazione.
«Hai controllato il tuo rivestimento protettivo prima di sbarazzartene?» L'Accolito chiuse gli occhi, emise un lieve sospiro.
«Allora?»
«No.»
«Quindi, non è impossibile.»
La casa di James Lightman era tra le più belle di Oxford. Per quanto lui venisse da un ambiente relativamente ordinario (il padre avvocato e la madre insegnante erano stati degli ottimi cervelli, ma non certo facoltosi), la sua defunta moglie, lady Susanna Gatting of Brill, era figlia unica di uno degli uomini più potenti e influenti d'Inghilterra, lord Gatting.
Ex cancelliere dello scacchiere, Neville Gatting era riuscito a far risalire l'origine della sua famiglia e della sua ampia fortuna fino ai tempi di re Giorgio I.
Il suocero di Lightman era morto quasi vent'anni addietro. La madre di Susanna era stata uccisa dal cancro due anni prima della morte della figlia; e così Lightman aveva ereditato i miliardi dei Gatting. La casa georgiana a quattro piani, nel nord di Oxford, gli serviva da abitazione in città. Una dozzina di persone mantenevano in ordine la tenuta dei Gatting a Brill, sul confine tra Oxfordshire e Buckinghamshire.
«Tre visite in una settimana, Laura? La gente comincerà a mormorare», la salutò Lightman.
Laura rise e gli si avvicinò a dargli un bacio sulla guancia. «Questioni strettamente d'affari, spiacente, James.»
«Che delusione. Comunque, vieni nello studio, mia cara ragazza.» Laura sedette su una delle due vecchie poltrone in pelle, accanto al piacevole fuoco del caminetto. Era rimasta perplessa quando ad aprirle la porta si era presentato Malcolm Bridges, l'assistente che aveva conosciuto qualche giorno prima in biblioteca. L'aveva fatta entrare con una certa cortesia, ma sembrava risentito dell'intrusione. Poi James era emerso dalla sua stanza, tutto sorrisi di benvenuto e bonarie punzecchiature. Bridges aveva preso il soprabito di Laura ed era sparito in cucina a preparare il tè.
«Credevo che il tuo assistente lavorasse solo in biblioteca», osservò Laura.
«Non ti piace, vero, Laura?»
«Non ho detto questo. Mi ha semplicemente sorpreso vederlo qui.»
«Nulla di sinistro, mia cara. Mi dà una mano in casa per guadagnare qualche extra. Malcolm è assistente ricercatore alla facoltà di psicologia.
Deve provvedere a una ragazza e a una passione per la speleologia, a quanto pare.» Lightman smosse i ciocchi ardenti con un attizzatoio antico, riccamente decorato, poi si accomodò sull'altra poltrona, a poca distanza da Laura. «Tra parentesi, ho una rimostranza da farti.»
«Oh?»
«Non sei stata completamente onesta con me l'altro giorno, esatto?»
«Cioè?»
«Sulla trama del tuo romanzo.»
«È vero», ammise Laura. «Ma non stavo esattamente mentendo. In effetti ho in progetto un romanzo d'ambientazione contemporanea, però l'ispirazione me l'hanno fornita questi recenti omicidi. Avrei dovuto dirtelo. Sapevo che lo avresti scoperto.»
«Per essere sincero, non presto mai particolare attenzione alle notizie d'attualità. Solo che Malcolm me ne ha fatto cenno per caso stamattina.»
«Meglio così. Perché mi serve di nuovo il tuo aiuto.»
«Ah!» Lightman rise. «Ho sempre ammirato la tua faccia di bronzo.»
«Ho pensato che se non mi può aiutare il direttore della Biblioteca Bodleiana, che è anche un'autorità mondiale in fatto di letteratura antica, chi potrebbe farlo?»
«Dici sempre le cose giuste, Laura. Fascino e sfrontatezza. Sei micidiale. Allora, di cosa si tratta?»
«Voglio strutturare parte della trama del romanzo attorno a un documento misterioso, un antico manoscritto, magari un testo greco o latino, che abbia qualche attinenza con gli omicidi.»
«E ti baserai su qualcosa di reale?» Laura restò zitta qualche secondo, guardò il fuoco, le fiamme che balzavano attorno ai ciocchi. «È proprio quello che volevo chiederti.
Quante sono le probabilità di veder spuntare qualcosa di simile?» Lightman stava per rispondere quando Malcolm Bridges apparve con un vassoio.
«Spero che il tè vada bene», domandò a Laura.
«Perfetto», rispose lei. Bridges posò il vassoio sul tavolo. Versò tè e latte in due tazze e gliene porse una.
«Zucchero?»
«No, grazie.» Bridges stava per andarsene, ma Lightman gli chiese: «Malcolm, antichi manoscritti che rispuntano nel mondo moderno. Quante probabilità ci sono?» Laura si girò verso Lightman, sorpresa e indispettita; lui però non la stava guardando. Si rese immediatamente conto che il vecchio mentore lo aveva fatto apposta per irritarla, così non aprì bocca.
«Manoscritti? Che tipo di manoscritti?» Bridges sembrava piuttosto stupito dalla domanda.
Un sorriso sardonico sfiorò le labbra di Lightman. «Laura stava per spiegarmelo. Siedi, caro ragazzo.» Bridges scelse una sedia accanto alla scrivania.
«Laura sta progettando un nuovo romanzo e vuole introdurre l'idea di un antico documento o testo che appaia nel ventunesimo secolo.» Lightman si girò verso Laura. «Hai pensato a quale tipo di antico manoscritto viene scoperto?»
«Speravo avessi tu qualche idea, James...»
«Ci sono stati alcuni rinvenimenti sorprendenti negli ultimi decenni», disse Lightman. «La scoperta più famosa di tutte, è chiaro, è stata quella dei rotoli del mar Morto, all'uadi Qumran. Quindi, a volte succede. Detto questo, è da parecchio tempo che non ho notizia di qualcosa di nuovo. E tu, Malcolm?»
«Niente di molto recente», rispose Bridges. «C'è stato il materiale di Elias Ashmole trovato al Keble College, ma è accaduto quasi trent'anni fa.»
«E non possiamo dimenticare il Codice di Madrid, i taccuini di Leonardo trovati in alcune scatole abbandonate in una biblioteca spagnola, negli anni Sessanta. Oh, e la scoperta di Wainwright di un manoscritto attribuito a Erodoto... nel 1954, 1955?»
«Okay», concluse Laura, persa nei propri pensieri. «Quindi almeno non è una fantasia stupida.»
«No, no, per niente», le assicurò Lightman. «È solo una cosa estremamente rara... purtroppo.» Bevve un sorso di tè. Stava per aggiungere qualcosa quando squillò il campanello dell'ingresso.
«Dev'essere il professor Turner», suppose Bridges. «Era atteso per le nove e quarantacinque.»
«Al diavolo», esclamò Lightman. «Me n'ero dimenticato. Laura, mi spiace, ma devo vedere subito Turner. Ho già rimandato due volte l'incontro. Vuole parlarmi di una nuova ala per la biblioteca.
Spaventosamente noioso ma essenziale, temo.» Per quanto sperasse di poter andare più a fondo, Laura nascose la delusione. «Non c'è problema, James. Mi sento molto rassicurata.» Si avviarono alla porta dello studio. «Però avevo per te un'altra domanda. Posso?» Lightman annuì.
«Sai di un serial killer a Oxford nel 1851?» Lightman esitò. Poi rispose: «Mi pare di sì. L'anno della Grande Esposizione. Due giovani donne. Anche se in questo caso è difficile parlare di un serial killer, no? Mi spiace, Laura. Oggi non ti sono stato di grande aiuto, vero?»
Dopo due vani tentativi di telefonare a Philip, Laura si ricordò ciò che lui le aveva detto: sarebbe andato a Londra a parlare di un possibile incarico per le fotografie di un libro sulla Tasmania. E avrebbe trascorso la notte là.