Equinox (14 page)

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Authors: Michael White

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Equinox
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Lei ridacchiò e lo tenne abbracciato.

Poi Charlie si staccò.

«Hai perso peso, ragazza, e i capelli sono troppo corti.» L'accento era purissimo Essex, non contaminato da Oxford, dalla letteratura arcana o da mezzo decennio trascorso a Bloomsbury.

«Ti va una tazza di tè?»

«No, grazie, Charlie. Ho già bevuto caffeina a sufficienza per un anno. È bellissimo rivederti.»

Lui spostò una sedia vecchia, scalcinata, e ripulì il sedile con una mano.

Poi andò alla porta d'ingresso, chiuse a chiave e girò il cartello con la scritta «APERTO».

«Non si sa mai: le orde di clienti che si fanno vive qui.»

Rise, si buttò sulla sedia.

Non era mai stato il ritratto della salute, sempre sottopeso e pallido, però adesso appariva decisamente macilento, molto più vecchio dei suoi quarantaquattro anni. Laura lo aveva visto solo un anno prima, ma da allora lui aveva perso capelli, chili, quel poco di colore che la sua pelle possedeva. Sembrava molto malato, quasi soffrisse di un male terminale.

«Charlie, odio dirlo, ma hai un aspetto terribile.» Lui scrollò le spalle. «Lavoro sodo, Laura. Però mi sento benissimo. È solo che mi cadono i capelli.» Tirò le ciocche castane, sottili e unte, che gli scendevano sulle orecchie. «Comunque, non ti devi preoccupare per me.» Afferrò un pacchetto di sigarette da una pila di carte sulla scrivania, ne tirò fuori una, fece apparire la fiamma di un accendino vecchiotto. «Cosa ti porta a questo luogo sperduto?»

«A dire il vero, sono qui per te.»

«Provane un'altra!»

«Stavo cominciando un nuovo libro, un romanzo su Thomas Bradwardine. Ricordi che abbiamo parlato di lui, quella sera a New York? Dopo averti lasciato, mi sono messa a tessere una piccola tela.»

«Hai detto che stavi cominciando. Non sei andata avanti? Il blocco dello scrittore?» Laura scrutò le migliaia di libri che occupavano le pareti da pavimento a soffitto. Si sentì improvvisamente piccolissima. «No, ho avuto un'idea migliore.»

«Dimmi.»

«Sai degli omicidi di Oxford?»

«Sì», rispose lui, cauto.

«Posso fidarmi di te? Di un vecchio amico?»

«Certo.» Charlie era sorpreso e un poco ferito.

«Scusa. È che... Insomma, la polizia non ha rivelato al pubblico tutto quello che sa. E secondo me tende a negare la realtà dei fatti. O almeno, lo faceva l'ultima volta che ho parlato con uno di loro.»

«Parli per enigmi, Laura.»

«Il fatto è che gli omicidi hanno un aspetto ritualistico. Meglio.

L'assassino segue un calendario astrologico.» Charlie socchiuse gli occhi. Tirò una lunga boccata dalla sigaretta. «Se dici che segue un calendario, ne deduco che a tuo giudizio non abbia ancora finito.»

«Esatto. Temo abbia appena cominciato.»

«Okay.» Charlie si appoggiò allo schienale della sedia, studiò Laura attraverso la cortina di fumo che volteggiava nell'aria tra loro. «Potresti cominciare dall'inizio? Ho bisogno di afferrare bene la situazione.» Laura gli raccontò tutto quello che osò. Alla fine, lui era anche più pallido di prima.

«Tu ne sai qualcosa, vero, Charlie?» Lui trasse un'ultima boccata dalla sigaretta, ne prese un'altra dal pacchetto, la accese con la brace moribonda della prima. «Perché lo dici?»

«Ti conosco.» Lei notò quanto fossero sporche le unghie di Charlie e come l'indice e il medio che stringevano la sigaretta fossero chiazzati d'arancio.

«Senti, a me sono arrivate soltanto voci. È così che funziona l'occulto al giorno d'oggi. Chiacchiere scambiate nelle chat room di Internet, ma dobbiamo essere discreti. Se conosci il linguaggio, puoi parlare nel modo giusto, o così si dice.»

«E cosa ti dice il linguaggio, Charlie?» Mentre lui aspirava avidamente dalla sigaretta, il suo viso divenne una maschera scheletrica. «Sta succedendo qualcosa di grosso. Di molto grosso e di molto brutto.»

«Sarebbe a dire?»

«Un gruppo, un piccolo gruppo, completamente anonimo, ovvio, sta conducendo giochi pericolosi.»

«A Oxford?»

«A Oxford.»

«Che tipo di giochi?»

«Questo, tesoro, proprio non lo so.»

«Non sai? Non puoi azzardare un'ipotesi?»

«Sono tutti quanti troppo nervosi per sbottonarsi su questa cosa.»

«Okay.» Laura non nascose la propria esasperazione. «Capisco che è una questione delicata, ma lascia perdere i particolari. Dammi il quadro generale.» Charlie continuò ad aspirare e a espellere nell'aria quantità sempre maggiori di fumo grigio. Infine si decise: «Corre voce che ci siano di mezzo vecchie volpi. Non so che cosa stiano facendo, e nemmeno voglio saperlo, a essere onesto. Però ho sentito...» Fece una pausa di dieci secondi buoni. «Ho sentito che c'è di mezzo un manoscritto.»

«Un manoscritto?» Charlie spense la sigaretta, bevve un sorso di tè, prese in mano l'accendino. Fece apparire la fiamma, poi chiuse il coperchio. Laura tentò di ignorarlo, ma dopo che lui ebbe ripetuto gli stessi gesti per quattro volte, balzò in avanti di botto e gli strappò di mano l'accendino.

«Charlie... quale manoscritto?»

«Laura, se lo sapessi te lo direi. Adesso sai tutto quello che so io.

Chiunque ci sia dietro, è un pezzo grosso, e non solo all'interno della nostra comunità. Qualcuno dotato di un enorme potere.»

19

 

Lasciato il negozio, Laura riprovò a chiamare Philip, ma di nuovo riuscì a parlare solo con la segreteria telefonica. Frustrata, chiuse di scatto il cellulare. Una parte di lei era quasi pronta a credere che, a conti fatti, avesse ragione Monroe, e che tutti i discorsi sull'astrologia fossero solo sciocchezze.

Cinque minuti dopo, il cellulare squillò. Era Philip.

«Nessuna novità», le disse subito.

«Vedo due tue telefonate mancate. Scusa, ma la batteria era completamente scarica. Quando torni?»

Lei guardò l'orologio. «Visto che sono qui, potrei anche restare a Londra tutto il giorno. Probabilmente prenderò un treno verso le cinque. Potrei avere un passaggio dalla stazione?»

«Non c'è problema. Chiamami dalla Paddington.» Laura salì sul treno delle 17.29. Pessima scelta, perché era pieno di pendolari. Per fortuna era arrivata presto e aveva trovato posto a sedere; comunque, restò soffocata dai passeggeri per l'intero viaggio, visto che quasi tutti scendevano a Oxford. Lasciò sfilare la gente in corridoio mentre entravano in stazione. Fu tra gli ultimi a spuntare dal vagone. Superò il cancelletto, consegnò il biglietto al controllore. Philip la aspettava alla porta d'uscita sulla strada.

«È successo qualcosa, non è vero?» chiese lei, infilando le mani in tasca.

Abbassò gli occhi a fissarsi le scarpe e trasse un profondo respiro prima di guardarlo in viso. Lui le circondò le spalle con un braccio e si avviò all'automobile, parcheggiata a pochi metri di distanza. Il loro fiato produceva piccoli sbuffi bianchi nell'aria gelida. Era una serata limpida, stellata, e la temperatura era scesa bruscamente.

Laura si accomodò sul sedile per il passeggero della piccola, vecchia MGB. Philip alzò al massimo il riscaldamento, tutt'altro che potente.

«Allora, raccontami», lo sollecitò lei, con un sospiro. «E non risparmiarmi i particolari più atroci.» Philip accese il motore, inserì la retromarcia. Usciti dal parcheggio, si unirono alla coda di veicoli che puntavano su Botley Road. «Ti avrei telefonato», cominciò lui. «Ma mi hanno chiamato solo un'ora fa, quando eri sul treno, e mi è parso meglio non...»

«D'accordo, Philip, va bene così.» Lei gli regalò un sorriso tirato. «Non sono arrabbiata con te. Sono solo... fottutamente arrabbiata, punto e basta.

Allora cos'è successo?»

«Stando al medico legale, l'omicidio si è verificato tra le otto e le dieci di ieri sera. Due vittime questa volta. Per il resto, stesso modus operandi.»

«Due vittime?»

«Giovani amanti. Colti in flagrante.»

«E... non dirmelo... Alla ragazza sono stati asportati i reni?»

«Sì.» Philip la guardò, piuttosto sorpreso.

«In treno ho letto Astrologia antica di Evaline Tarintara. Spazzatura, certo, però contiene suggerimenti utili per seguire i pensieri di un seguace della dottrina. Venere, il pianeta che è entrato in Ariete ieri sera, è legato ai reni. Immagino che l'assassino abbia lasciato un'altra moneta. Rame, questa volta?» Philip annuì. «Esatto. Che corrispondenze esistono fra pianeti, date e metalli?»

«Stando a quello che ha scoperto Tom, altri due pianeti devono entrare in congiunzione, Marte e Giove. Quindi sono previsti altri due omicidi. A quanto dice il libro della Tarintara, Marte è legato al ferro e alla cistifellea.

Giove è associato allo stagno e al fegato.» Philip annuì ancora, ma non parlò.

«Allora, quest'ultimo omicidio?» domandò Laura, decisa.

«Due studenti, in una casa di East Oxford. Stavano facendo sesso quando l'assassino li ha colpiti. È stata tagliata la gola a tutti e due. Il ragazzo...» Philip fece una breve pausa. «Simon... Simon Welding, lasciato intatto dopo essere stato ucciso. Alla ragazza, Samantha Thurow, una splendida...» Si immisero sulla via di grande scorrimento. Laura vide contrarsi i muscoli della mascella di Philip.

«Le sono stati asportati i reni con precisione chirurgica. Stando ai ragazzi del laboratorio, l'omicida non ha lasciato sulla scena una sola impronta né un frammento di DNA. Come nei primi due casi.» Lui, all'improvviso, colpì il volante con il palmo della mano. Laura sobbalzò.

Guardò fuori dal finestrino, vide gli edifici correre via al loro fianco. Più avanti, un semaforo era passato al rosso. Philip rallentò.

«I cadaveri sono stati scoperti solo nel tardo pomeriggio. Erano in una casa affittata a studenti. Gli altri due inquilini sono rientrati coi rispettivi partner verso mezzanotte. Sono filati diritti a letto e stamattina sono andati all'università. Solo dopo il rientro dalle lezioni qualcuno ha notato le impronte insanguinate di scarpe sulla moquette del pianerottolo. Venivano dalla stanza di Simon. Lui e Samantha non si erano ancora fatti vivi, così verso le cinque meno un quarto gli altri hanno bussato alla porta della camera da letto. La polizia è arrivata poco dopo le cinque. A me hanno telefonato alle cinque e mezzo.»

«I ragazzi hanno detto quando hanno visto per l'ultima volta le vittime?»

«Sono usciti verso le sette di ieri sera.»

«Il che non ci aiuta a stabilire un'ora più esatta per l'omicidio, però adesso Monroe mi crederà, no?»

«Direi che è probabile», rispose Philip. «Vuole vederci... a casa sua.» L'appartamento di Monroe si trovava in un'imponente casa, nella zona nord di Oxford. Era l'esatto contrario del suo ufficio anonimo alla stazione di polizia. Mobili di gusto e finiture d'ottimo stile svelavano un lato completamente diverso dell'uomo. Il soggiorno era un ambiente alto e spazioso, col caminetto. Dietro la grata di protezione bruciavano veri ceppi di legna. Sopra il camino era appeso un grande quadro astratto, moderno.

Le pareti erano in verde chiaro e due divani in pelle scamosciata color panna aggiungevano calore all'insieme. L'illuminazione era soffusa e da un paio di casse dall'aria costosa uscivano le note morbide di un album di Brian Eno.

«Accomodatevi.» John Monroe indicò uno dei divani. «So che lei è convinta che io le debba le mie scuse, signora Niven», cominciò. «Però io non lo penso. Comunque, volevo ringraziarla delle informazioni che ci ha fornito.»

«Vuole ringraziarmi? Tutto qui?» “Be', cosa...” «A me sembra evidente che lei avesse ben poco per procedere in questo caso, detective ispettore capo. Quello che Philip e io le abbiamo detto può anche non averci portato all'assassino, per ora, però merita più di un semplice grazie.» A quelle parole Monroe si sentì disorientato. «Mi spiace, non riesco proprio...»

«Non riesce proprio a capire? Allora, per prima cosa smetta di chiamarmi signora Niven. Il mio nome è Laura. Due: credo di essermi meritata un posto all'interno delle indagini.» Monroe la fissò. I suoi occhi neri erano ancor più penetranti del solito.

«Su quale base glielo dovrei dare?» chiese.

A quel punto Philip ritenne necessario intervenire per appianare i contrasti.

«Credo che quel che Laura sta dicendo con il suo consueto modo di fare tanto accattivante, sia che può aiutarci. E, per la cronaca, concordo con lei.»

«In effetti ho altre informazioni che potrebbero essere utili», aggiunse fredda Laura.

«Che tipo d'informazioni?» Monroe non riuscì a nascondere la crescente irritazione.

«Perché gliele dovrei dare?» ribatté lei.

«Perché, signora Niven, se non lo farà la accuserò di essersi rifiutata di fornire informazioni pertinenti a un'indagine per omicidio, ecco perché.»

«Cristo santissimo», sbottò Philip. «È ridicolo! Vi state comportando da bambini tutti e due.» Monroe si alzò lentamente. «Chiedo scusa. Sono stato scortese. Vi va qualcosa da bere?» Laura scosse la testa.

«No, grazie», disse Philip.

Monroe andò a una credenza di noce, prese una bottiglia di scotch e un bicchiere di cristallo e si versò una modesta dose.

«Ho piena fiducia nei miei uomini», asserì, «e nei miei metodi. Le sarei grato se mi mettesse al corrente di queste nuove informazioni e di tutto ciò che ha scoperto riguardo al caso. E sarò lieto di dimenticare che lei abbia mai voluto nascondermi qualcosa.» Laura inspirò a pieni polmoni, sostenne lo sguardo di Monroe.

«D'accordo, ispettore capo. Devo collaborare, ma al tempo stesso lei non può impedirmi di condurre mie indagini personali su questi crimini.»

«Ha ragione, non posso. Però ho il potere di metterla sotto accusa, se rifiuterà di fornirmi informazioni significative o intralcerà in qualunque modo il lavoro della mia squadra.»

«Ovvio che può. Ma non accadrà.»

«E lei dice che questo suo amico sostiene di non avere alcuna idea sul contenuto del manoscritto?» chiese Monroe, quando Laura ebbe concluso.

«A quanto sembra, no.»

«E questo è tutto ciò che lei sa?»

«È tutto.» Per un brevissimo istante, Laura vide il sospetto apparire sul viso di Monroe, ma svanì subito. «Bene. Allora, grazie.» Il poliziotto bevve l'ultimo goccio di scotch. «Se volete scusarmi, ho un'enorme montagna di carte da sistemare.» Philip afferrò il braccio di Laura e scosse la testa in modo quasi impercettibile per invitarla a non discutere. Era tempo di andarsene.

Philip salì in auto e aprì la portiera del lato passeggero dall'interno.

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