Tornata a Woodstock, Laura frugò tra i libri che Philip aveva in casa in cerca di qualcosa sugli omicidi del 1851. Non c'era assolutamente nulla, e una ricerca su Internet risultò altrettanto infruttuosa. Quella sera si sistemò sul divano con Jo a guardare la televisione e a mangiare cioccolato.
Il mattino dopo, rientrando da una lunga passeggiata nel bosco vicino a casa, vide un'auto immettersi sul sentiero d'accesso di Philip. Lei aveva noleggiato un nuovo automezzo la sera prima. La sorprese vagamente una consegna tanto puntuale. Mezz'ora più tardi era sulla strada per Oxford e componeva il numero del cellulare di Philip.
«Dove sei?» gli chiese, eccitata.
«Sto entrando a Oxford sulla M40. Perché?»
«Ho bisogno di vederti il più presto possibile.»
«Devo fare un salto alla stazione di polizia a lasciare un paio di dischi.
Sono già in ritardo con la consegna. Pensavo di tornare direttamente a casa... vuoi che ci vediamo per un caffè?»
«Bella idea. Dove?»
«Ti va Isabella's, sulla Ship Street, nella zona del Cornmarket?»
«Okay. Tra quanto puoi arrivare?»
«Senti, dammi almeno mezz'ora. No, facciamo quarantacinque minuti.» Laura guardò l'orologio. Erano quasi le nove meno un quarto.
«D'accordo. Ci vediamo lì alle nove e trenta.» Chiuse il cellulare.
Isabella's era un piccolo caffè, estremamente modesto, in una delle vie più tranquille che si diramavano dal viale pedonale di Cornmarket Street, nel centro di Oxford. Aveva meno di una dozzina di tavolini e un aspetto deprimente e sbiadito, ma a Philip andava a genio la proprietaria, Isabella Frascante, una vedova italiana di mezza età sempre cordiale. Inoltre, a suo giudizio faceva il miglior caffè espresso di tutte le Home Counties, le contee attorno a Londra.
Laura arrivò con dieci minuti d'anticipo. Vide Philip passare davanti alla vetrina ed entrare. Il locale era tutto per loro. Quando Philip si accomodò, la proprietaria divenne raggiante.
«Il solito, per favore, Isabella», ordinò lui.
«Com'è andata?» chiese Laura.
«Cosa?»
«Hai avuto il lavoro?»
«Oh, forse. Lo spero. Dovrebbero mandarmi un'email nel pomeriggio. E tu, che novità hai?»
«Sono andata a trovare James Lightman, ma purtroppo non mi è stato di grande aiuto. Penso che dovremmo documentarci di più sugli omicidi del 1851. Da dove cominceresti, tu, le ricerche su una serie di delitti in questa città risalenti a più di centocinquantanni fa? Dai giornali dell'epoca?»
«Suppongo di sì», rispose Philip. Isabella arrivò coi caffè e lui bevve un sorso. «Favolosamente eccellente. Un giorno o l'altro devo convincerla a svelarmi il suo segreto», mormorò mentre la donna se ne andava.
«Ah! Il segreto è che è italiana, Philip. Un inglese pasticcione e senza nessuna dote culinaria come te non sarà mai all'altezza, ti pare?» Philip seppellì l'insulto sotto una risata e, dopo un'altra sorsata, schioccò le labbra.
«Allora», disse Laura. «Giornali?»
«Non sono sicuro che nel 1851 a Oxford ci fosse un quotidiano locale.»
«Dev'esserci stato, Philip. Questa città è costruita sulla carta.»
«Già. Libri, Laura, libri. I quotidiani sarebbero stati considerati volgari.»
«Dall'università, forse. Però anche allora altra gente viveva qui, tienilo presente, come oggi.» Lei alzò gli occhi al cielo.
«Okay», concluse Philip. «Possiamo scoprirlo in biblioteca. Sezione storia locale. Se all'epoca sono apparsi articoli sugli omicidi, si troveranno lì, probabilmente su microfilm.»
«Grande! Allora, andiamo.» Laura si era già alzata, ignorando le proteste di Philip. «Per la miseria, uomo, mettilo in un bicchiere da asporto. Non può essere tanto speciale. E per amor del cielo, pulisciti la bocca!» Saltò fuori che nel 1851 a Oxford esistevano ben tre quotidiani locali. Il Jackson's Oxford Journal era il più popolare e il più vecchio, veniva pubblicato dal 1753. Gli altri due, l'Oxford University Herald e l'Oxford Chronicle and Berks and Bucks Gaiette erano relativamente recenti.
«Pare che ti sbagliassi, Philip. Non uno, ma tre volgari giornali», commentò Laura.
«Prendo atto dell'errore.»
«Come possiamo accedere agli archivi?»
«Guarda nel catalogo della biblioteca», rispose Philip. Mosse il mouse e tornò al file manager. «La biblioteca cataloga tutto per decenni. Poi dovremo fare una ricerca per quotidiani e periodici.» Qualche altro clic e avevano aperto il file del 1850-1860. Altri due clic e avevano sullo schermo il catalogo dei giornali. «Adesso, una ricerca per parole chiave. Non sei in possesso di nomi, immagino.» Laura scosse la testa.
«D'accordo. Sarà più dura. Però potremmo provare con omicidio, direi, e vedere cosa succede.» C'erano 1819 voci.
Laura emise un gemito.
«Non essere così impaziente. Restringiamo la ricerca», consigliò Philip.
«Prova serial killer.»
«L'espressione non esisteva, a quei tempi.» Laura si sforzò di ricordare quel che aveva letto due mattine prima. «Il sito web che ti dicevo parlava di tre donne uccise e mutilate nell'estate del 1851.»
«Okay. Restringiamo il campo con giovane donna.» Philip premette INVIO e apparve una nuova schermata.
«Trecentocinquantadue voci che contengono le parole omicidio e giovane donna. Andiamo meglio, ma non troppo.»
«Delimitiamo ancora la ricerca con mutilazione. La scelta dovrebbe restringersi parecchio.» Laura accostò un po' di più la sedia allo schermo.
Philip eseguì alla tastiera e l'elenco di voci cambiò. Ne rimasero diciassette nelle quali comparivano le parole omicidio, giovane donna e mutilazione.
«Adesso sì che cominciamo a ragionare», esclamò Laura.
I giornali erano su microfilm. Philip annotò i rispettivi numeri di catalogo, poi i due si unirono alla coda davanti alla scrivania principale, con un bibliotecario indaffaratissimo. Occorsero venti minuti per rintracciare i microfilm, imparare a usare la macchina e inserire il primo microfilm nel visore.
Il primo riferimento rimandava al Jackson's Oxford Journal del 16 giugno 1851. L'articolo però offriva pochi dettagli.
Il pezzo successivo era apparso sull'Oxford Chronicle il 18 giugno.
Raccontava la stessa storia, ma l'autore ricamava di più. Stando a quell'articolo, la donna era stata ritrovata «svestita» in un fienile di Headington ed era morta per ferite da coltello non meglio descritte, col corpo «orribilmente mutilato».
I tre articoli successivi erano apparsi su tutti i quotidiani di Oxford lo stesso giorno, il 24 giugno. Era stato commesso un secondo omicidio e l'assassino aveva seguito un modus operandi leggermente diverso. Una giovane coppia era stata trovata morta in un campo a nord della città.
Erano stati lasciati nudi e, stando all'Oxford University Herald, il corpo della donna era «crudelmente sfigurato».
Dopo l'ultimo episodio del 9 luglio, quella era diventata la più grossa storia di Oxford per anni. I reportage erano ampi e l'innata pudicizia da gentiluomini dei giornalisti si era tinta, per la prima volta, di una sconveniente eccitazione.
L'editoriale dell'Oxford Chronicle del 10 luglio diceva:
Con la notizia giunta ieri di un ulteriore abominevole omicidio, in questo caso una giovane donna nei pressi di Forest Hill, sulla strada per Londra, crescono considerevoli timori che le forze di polizia incontrino difficoltà senza precedenti nel chiarire i fattori dietro la successione degli spregevoli omicidi che hanno infestato la nostra città e i dintorni a partire dalla morte di una giovane donna il 16 giugno. Nel lodare le capacità e la dedizione degli uomini che guidano le indagini, riteniamo nostro dovere dare risalto alle naturali ansietà dell'intera popolazione di Oxford. La polizia ha ovviamente notato che tutti gli uccisi erano individui giovani, il più anziano dei quali aveva solo ventun anni; e in un caso l'osceno atto ha coinvolto una coppia che si era appartata per un incontro illecito. È pure di pubblico dominio il fatto che in questo secondo episodio il giovane uomo era uno studente universitario e che il suo corpo è stato lasciato intatto dopo l'assassinio, mentre le sfortunate giovani signore sono state, in ogni singolo caso, uccise a coltellate, prima di venire mutilate nel più atroce dei modià Fonti, che è nostro dovere e obbligo non rivelare, hanno divulgato il fatto che un sospetto è stato arrestato sulla scena dell'ultima atrocità e in seguito interrogato. C'è quindi speranza; e noi tutti preghiamo che questo recente sviluppo possa condurre la polizia a una rapida soluzione dell'orribile serie di crimini, sottraendo a un'esasperata paura tutti coloro che vivono all'interno delle mura cittadine. In questa causa il Chronicle e, non ho dubbi, la grande maggioranza dei nostri lettori sosterranno i funzionari delle forze dell'ordine con totale entusiasmo.
«Tipico stile da tabloid», commentò Philip, mentre con Laura finiva di leggere il pezzo.
Nell'ora successiva passarono in rassegna tutti gli articoli che avevano trovato sul catalogo.
O nel timore di turbare i lettori o perché la polizia non aveva mai rivelato i particolari, tutti e tre i giornali offrivano dettagli scarsissimi.
Frasi come «orribile mutilazione», «diabolica deturpazione» e «crudele violenza» abbondavano. Ma a Laura e Philip interessava soprattutto la storia del sospetto fermato sulla scena dell'omicidio di Forest Hill.
Nathaniel Milliner era quello che i giornalisti politicamente scorretti dell'epoca definivano un «idiota». Aveva quindici anni ma riusciva a parlare solo farfugliando, zoppicava e la sua schiena era deforme. Era figlio di un professore di medicina, John Milliner, che si era sempre ostinatamente rifiutato di far ricoverare il figlio in un istituto. Dopo ore di interrogatorio, la polizia aveva finito con l'accettare la tesi che il ragazzo fosse semplicemente inciampato nei cadaveri mentre si trovava nei pressi di Forest Hill a far volare un aquilone. Non avevano alcuna prova per incriminare Nathaniel. Appariva anche chiaro che il professor Milliner, una delle più importanti figure della comunità accademica, aveva protetto il figlio nel corso delle indagini così come per quindici anni lo aveva protetto dai pregiudizi della società vittoriana.
Due dei tre quotidiani di Oxford non avevano condiviso quella tesi. Era evidente da quasi tutti gli articoli del Chronicle e dell'Herald che i rispettivi direttori avrebbero voluto vedere Nathaniel pendere dalla forca.
Solo il Jackson's Oxford Journal riportava gli eventi in maniera equilibrata senza schierarsi contro il ragazzo. Poi, all'improvviso, il colpo di scena.
Una settimana dopo il delitto di Forest Hill la polizia aveva arrestato un certo Patrick Fitzgerald, un operaio irlandese che lavorava alla costruzione di un nuovo canale a Oxford. Due testimoni si erano fatti avanti e avevano detto di averlo visto sulla scena dei due omicidi iniziali prima che venissero rinvenuti i cadaveri. Un altro, un anonimo compagno di lavoro, aveva riferito alla polizia che Fitzgerald, «ubriaco fradicio» in un pub chiamato Ferret and Fox, vicino al sito degli scavi del canale, la sera del doppio omicidio gli aveva confessato: «C'è sangue sulle mie mani, tanto sangue». Questo almeno riportava il Chronicle.
Il processo a Fitzgerald era iniziato il 9 agosto. Dopo due sole udienze, la giuria era stata unanime nel giudicarlo colpevole. Era stato impiccato il 12 agosto.
«Frustrante», sbottò Laura. «Quegli omicidi paiono identici ai nostri, ma non ci sono particolari. Senza quelli, potrebbe trattarsi solo di coincidenze.»
«Però è significativo che gli omicidi siano cessati dopo che la polizia ha arrestato Fitzgerald.»
«Già, ma su quali prove lavoravano? Cosa pensi di Nathaniel Milliner?» chiese Laura.
«Poteva essere innocente. Evidentemente, la polizia ha concluso che lo fosse e alla fine è stato impiccato l'operaio. Però a me sembra tutto un po' troppo perfetto», osservò Philip.
«Perché?»
«I testimoni spuntano di colpo dal nulla e sostengono di aver visto Fitzgerald vicino alle scene del crimine poco prima che fossero rinvenuti i cadaveri. È probabile che le vittime fossero morte da ore prima di essere scoperte. Le testimonianze non provano niente.»
«Già, però quel tizio si è trovato sulle scene dei primi due omicidi, no?»
«Così sostengono i testimoni.»
«E il suo compagno di lavoro. Da ubriachi si possono dire cose parecchio balorde. Quella frase non significa niente.»
«Di certo oggi occorrerebbero prove più sicure per ottenere una condanna.»
«E hai fatto caso?» domandò Laura. «Gli articoli non dicono quasi nulla degli omicidi. Non ci sono dettagli. Io sento puzza di bruciato, e tu?» Philip annuì.
«Dannazione, com'è frustrante. Dev'esserci di più su quei delitti.»
«Può darsi, ma dubito che tu riesca a riportare alla luce più particolari di quelli che abbiamo già trovato.» Scese un breve silenzio. Laura guardò lo schermo che mostrava ancora l'ultimo articolo. Poi, all'improvviso, chiese: «E gli archivi della polizia?
Devono senz'altro esistere dei rapporti ufficiali su quegli omicidi».
«Del 1851?»
«Perché no?»
«Suppongo sia possibile. Però non sarebbero qui a Oxford. La stazione di polizia è stata ricostruita una cinquantina d'anni fa e, con la quantità di carte che vengono macinate lì ogni anno, non posso credere che tengano documenti in archivio per più di un decennio, al massimo.»
«Però i rapporti devono essere da qualche parte.»
«Sì, infatti», convenne Philip. «Saranno all'archivio di stato a Kew.»
«Computerizzati?»
«Ne dubito.» Laura stava per replicare quando il suo cellulare emise un suono. Guardò lo schermo e vide che le era arrivato un SMS. «È di Charlie», gli riferì.
«Dice di avere nuove informazioni sul manoscritto. Vuole vederci nel suo negozio oggi pomeriggio alle quattro.»
Quando Laura e Philip lasciarono la biblioteca si scatenò il temporale.
Corsero al parcheggio multipiano dove Laura aveva lasciato l'automobile.
All'arrivo, erano tutti e due inzuppati d'acqua.
«Lascia la tua auto alla stazione di polizia finché non rientreremo da Londra», suggerì lei. «Prendiamo questa. È più calda, più veloce... e molto più asciutta.» Philip scrollò le spalle. Qualunque cosa lui dicesse, Laura non avrebbe mai apprezzato la bellezza di auto sportive d'epoca come la sua adorata MGB, un'automobile inizialmente costruita in una piccola officina dalle parti di Longwall Street, a meno di un chilometro dal punto in cui si trovavano loro.