Le strade d'uscita dalla città per Woodstock erano appena visibili nel diluvio. Non era ancora mezzogiorno ma il cielo era quasi nero. Si erano accesi i lampioni. I fari correvano incontro a loro sotto la cortina di pioggia. Con grande irritazione di chi le stava dietro, Laura procedeva con particolare lentezza. Costretta, per metterla nei suoi termini, a guidare sul lato sbagliato della strada, non correva rischi. Quando raggiunsero la casa di Woodstock era esausta per lo sforzo di concentrazione al volante.
Vedeva puntolini bianchi davanti agli occhi.
Accostò il più possibile alla porta sul retro e schizzò verso il rifugio del portico, mentre Philip cercava la chiave. La inserì nella serratura, ma la porta era già aperta. Entrarono assieme in cucina.
«Ehilà», chiamò Laura.
«Da questa parte.» La voce di Jo.
Il fuoco ardeva nel soggiorno e le note beat di un disco di Django Reinhardt uscivano melodiose dall'i-Pod di Philip, collegato a un paio di altoparlanti. Jo sedeva sul divano accanto a un'altra ragazza. Philip la riconobbe vagamente. Singhiozzava e Jo cercava di consolarla.
«Cos'è successo?» chiese Laura. «Jo?»
«Lei è Marianne. Sta nel mio gruppo di topologia.» La ragazza, imbarazzata, si asciugò le lacrime.
«Non era mia intenzione provocare...» cominciò. Aveva una voce dal timbro eccezionalmente alto, una voce da bambina.
«Non essere stupida», la interruppe Jo. «Mamma, Marianne ha trovato questo nella sua casella al college.» Tese alla madre un foglio di carta.
Era un'immagine manipolata col computer. La testa di Marianne era stata sovrapposta alla fotografia pornografica di una modella nuda, a gambe aperte su un letto. Le mani e i piedi erano legati agli angoli del letto da una robusta corda. Utilizzando un sofisticato software, qualcuno aveva simulato un lungo squarcio che correva per l'intero addome della donna.
Dal taglio fuoriusciva una parte dei suoi intestini. Sopra l'immagine era scritto, a lettere rosso acceso: Ecco quello che mi piacerebbe farti.
«Hai idea di chi potrebbe essere stato?» chiese Philip.
«No, non proprio.»
«Non proprio?»
«Be', nel nostro anno c'è un ragazzo che mette i brividi.»
«È un vero porco. Un porco sul serio», aggiunse Jo. «Russell, Russell Cunningham. Studia psicologia ma ogni tanto viene alle nostre lezioni di statistica. Bello, per chi ama i tipi alla Ricky Martin, però fa accapponare la pelle. Mi guarda sempre come se mi spogliasse mentalmente. Non è piacevole.»
«Ha mai fatto qualche tentativo concreto?» domandò Laura a Marianne.
«Non penso che abbia il fegato di provarci davvero», rispose la ragazza.
«Potresti anche aver ragione», consigliò Philip. «Però non credo che tu possa andare in giro a muovere accuse a qualcuno. Comunque, devi senz'altro segnalare la cosa. Non voglio spaventarti, Marianne», aggiunse cauto, «ma potrebbe essere rilevante per le indagini sui recenti omicidi.» Marianne impallidì visibilmente.
«L'ho pensato anch'io, però non mi andava di dirlo», spiegò Jo. «Non sono più stata al college dopo l'incidente, e siamo nelle vacanze di Pasqua, ma tutti quelli che sono rimasti sono andati in tilt per quanto sta succedendo.»
«So di almeno due ragazze che sono tornate a casa e ci resteranno finché non sarà tutto finito. Normalmente, si sarebbero fermate a Oxford a studiare durante le vacanze», aggiunse Marianne.
«Non posso dire di essere sorpresa.» Laura sospirò, sedette su una poltrona di fronte al divano. «Credo che dobbiate stare tutte estremamente attente.»
«A New York, ci si abitua a questo tipo di cose», notò Jo. «Però, non so, credevo che Oxford fosse...»
«Oxford è un bel posto, su questo non c'è dubbio», affermò Philip. «Ma le persone sono sostanzialmente le stesse dovunque, che vivano nel Bronx, o a Timbuctù non fa nessuna differenza.»
«Quindi lei pensa che dovrei portare alla polizia questa orribile foto?»
«Penso che tu debba assolutamente farlo.»
Philip non esitò.
«È probabile che sia solo uno scherzo ributtante, comunque la scientifica vorrà darle un'occhiata. Non si sa mai.»
L'archivio di Stato è un moderno edificio in mattoni, circondato da giardini rigogliosi e perfettamente tenuti, nell'esclusivo quartiere di Kew, sulla riva est del Tamigi, nella zona ovest di Londra. Lì, una casa media costa quanto un'intera strada di ville a schiera a Sheffield, e la composizione sociale è orientata verso i livelli più alti di reddito e status professionale. Almeno in base agli standard di Londra, le strade alberate sono pulite e sicure; caffè e negozi sono per la maggior parte frequentati da famiglie d'alto bordo, con bambini vestiti da Gap e Kenzo Kids, iscritti a scuole private e curati da governanti americane e svedesi.
Fondato da una legge del parlamento nel 1838, l'archivio ospita alcuni dei documenti più significativi mai redatti. Fra gli altri, il Domesday Book originale, che è il catasto inglese dell'undicesimo secolo, gli atti delle elezioni parlamentari del 1275, l'inventario dei gioielli di Elisabetta I, il testamento di William Shakespeare, la confessione di Guy Fawkes, i verbali delle riunioni del gabinetto di guerra di Churchill durante la battaglia d'Inghilterra. Vi si trovano anche molti documenti su indagini criminali, fin dai primi anni di attività delle forze di polizia inglesi.
Con loro sorpresa, Laura e Philip scoprirono che gli archivi della polizia erano stati immagazzinati in file di computer e che erano accessibili da una serie di terminali in sala lettura. Il sistema somigliava a quello della biblioteca di Oxford, per cui riuscirono a orientarsi in fretta.
Philip aprì il file del 1851, poi inserì una chiave di ricerca:
«Oxford, indagini su omicidi».
C'erano trentasette documenti in ordine cronologico, datati a partire dall'inizio ufficiale di ogni indagine.
Digitò «giugno».
Due indagini avevano preso il via quel mese.
Il primo file era di soli 22kb, l'altro di 213.
Philip cliccò sul secondo: gli omicidi seriali iniziati quel mese dovevano aver dato luogo a una delle maggiori indagini criminali condotte a Oxford per anni.
Il file si aprì. Lessero il titolo:
Indagini sugli omicidi connessi di Molly Wetherspoon, Cynthia Page, Edward Makepeace e Lucinda Gabling. Tutti di Oxford. Fra le date del 15 giugno e 9 luglio 1851. Il documento era lungo 120 pagine.
«Vado a prendere del caffè», annunciò Laura.
Philip le batté sul braccio, le indicò un cartello alla parete:
VIETATO BERE O MANGIARE IN SALA LETTURA.
«Ah», sospirò lei. «In questo caso, sarà meglio cominciare.»
Philip cliccò sul titolo e la prima pagina di testo li risucchiò immediatamente. Si intitolava SINTESI DEL CASO.
Sotto era scritto:
STRETTAMENTE RISERVATO. NON PUÒ ESSERE COPIATO. NON PUÒ ESSERE RESO DISPONIBILE AL PUBBLICO.
Laura sentì rizzarsi la peluria sulla nuca.
Il caffè svanì all'istante dai suoi pensieri.
La sintesi iniziava così:
«Le nostre indagini sono cominciate il 15 giugno dell'anno di Nostro Signore 1851 e sono state ufficialmente chiuse il 12 agosto dello stesso anno».
Proseguiva con nomi, indirizzi e alcuni dati personali delle vittime, oltre a informazioni sul conto di Patrick Fitzgerald. Seguivano tre pagine che descrivevano gli omicidi, sempre in ordine cronologico.
«Mio dio», esclamò Laura.
«È irreale.» Ignorando lo stile linguistico, le differenze nelle località, e lasciando perdere gli arcaismi, le descrizioni che Philip e Laura stavano leggendo parevano quasi scritte la settimana precedente. In ogni caso, le vittime erano morte per ferite da pugnale o con la gola squarciata. Nell'unico episodio con due vittime, un maschio e una femmina, l'uomo era stato ucciso e poi lasciato intatto, mentre la ragazza era stata mutilata con precisione chirurgica. Nel primo omicidio, a Molly Wetherspoon erano stati asportati i reni. Nel secondo, alla vittima, Cynthia Page, era stato asportato il cervello dal cranio. Nel terzo caso era stato tolto il fegato alla ragazza, Lucinda Gabling.
Nel documento erano presenti dettagli mai rivelati alla stampa di quei giorni. Sulla scena di ogni omicidio era stata trovata una moneta. La prima era di rame, la seconda d'argento, la terza di stagno. Laura sentì dita gelide sulla spina dorsale.
In coda c'era il rapporto conclusivo dell'ufficiale comandante, che diceva:
Dopo aver condotto una meticolosa e approfondita indagine sulla serie di omicidi commessi in questa città tra il 15 giugno e il 9 luglio 1851, siamo giunti alla conclusione che ne sia autore il signor Patrick Fitzgerald di Dublino, operaio di 31 anni. Questa conclusione ufficiale si basa sulle deposizioni di tre testimoni, in seguito confermate dalla confessione scritta ottenuta dal signor Fitzgerald il 16 luglio.
Comunque, vorrei apporre un'aggiunta personale alla documentazione ufficiale e segreta che concerne gli eventi descritti sopra.
È mia convinzione personale (e ritengo di dover reiterare che esprimo solo ed esclusivamente una convinzione personale) che il signor Fitzgerald non fosse responsabile degli omicidi sui quali si è indagato. Fino al momento dell'arresto del signor Fitzgerald, la stampa si era assunta il compito di eccitare i sentimenti popolari sul caso, ritenendolo un episodio a forte carica emotiva e con elementi notevoli. Lo ha fatto creando un capro espiatorio nelle tristi spoglie di un giovane uomo, Nathaniel Milliner, accusato di aver ucciso tutte le vittime.
Concetto che ritengo totalmente errato. Sono convinto che il giovane in questione non avrebbe mai potuto commettere quegli orrendi atti. In ogni caso, alle vittime sono stati rimossi organi interni con esperta precisione, e tutti e quattro gli omicidi possedevano chiare ma indecifrabili sfumature occulte. Nathaniel Milliner è un idiota a stento capace di maneggiare coltello e forchetta a tavola. In realtà, i miei fortissimi sospetti erano rivolti altrove, e ritengo che gli omicidi siano stati commessi da un individuo ben addestrato e di grandi capacità, forse un medico o un chirurgo.
Dopo il quarto omicidio, quando il ragazzo, Nathaniel Milliner, è stato arrestato sulla scena del delitto di Forest Hill, anche un altro individuo era presente sul posto. Gli è stato chiesto di accompagnare me e i miei uomini alla stazione di polizia di Oxford per ulteriori accertamenti. Questo individuo è un membro piuttosto anziano e influente della comunità accademica di Oxford, sicché occorreva condurre ogni indagine e interrogatorio con la massima probità e attenzione. L'individuo ha collaborato alle nostre indagini, però mi sono sentito in dovere di stendere appunti dettagliati sull'interrogatorio, subito dopo che all'individuo era stato permesso di lasciare la nostra custodia.
In quegli appunti ho annotato i seguenti indiscutibili fatti:
1) Sulla sua giacca e sulla sua camicia sono state rinvenute alcune macchie che sembravano senza dubbio di sangue.
2) Quando lo abbiamo incontrato nei pressi della scena del delitto, il gentiluomo in questione era in preda a uno stato di intensa agitazione e ansia, e appariva sconcertato dalla nostra presenza lì.
3) Interrogato alla stazione di polizia, ci ha detto di aver raggiunto Forest Hill subito dopo una battuta di caccia sulla proprietà di lord Willerby (suo intimo amico), i cui terreni si estendono in effetti nei dintorni di Forest Hill.
4) Lord Willerby ha in seguito confermato che quel resoconto era esatto.
A me appariva innegabile che il gentiluomo in questione si comportasse in maniera anormale. Nonostante questo, dopo la promessa di tornare il giorno seguente per ulteriori domande, al gentiluomo è stato accordato il permesso di andarsene. Non è più tornato, né gli è stato chiesto di farlo. Invece, il 10 luglio, il giorno dopo il quarto omicidio, sono stato convocato per un incontro riservato con un ufficiale anziano, il quale mi ha informato che ogni ulteriore indagine sul conto del suddetto gentiluomo andava chiusa all'istante e che era necessario lasciarlo in pace. Sono stato anche informato che Nathaniel Milliner doveva essere trattato alla stessa stregua. Cinque giorni più tardi, il signor Fitzgerald è stato arrestato dai miei uomini e condotto alla stazione di polizia per essere interrogato. Qui termina la mia aggiunta personale.
Firmato:
Investigatore Capo Jeffrey Howard.
«Accidenti», esclamò Laura.
«Già.»
«Quindi Patrick Fitzgerald era soltanto un capro espiatorio. E la polizia lo sapeva?»
«Così pare.»
«Lo trovo incredibile.»
«Sbagli. Tieni presente, Laura, che nel 1851 le forze di polizia esistevano solo da quanto? Vent'anni? Ci sono state coperture affini molto più di recente, te lo posso assicurare.»
«Una copertura straordinaria», commentò Laura.
«Né il ragazzo, Nathaniel Milliner, né l'operaio, Patrick Fitzgerald, c'entravano qualcosa. Il colpevole era quel gentiluomo, un individuo innominabile.»
«Quello che io trovo incredibile è che all'investigatore capo Jeffrey Howard sia stato permesso di includere il proprio rapporto», osservò invece Philip.
«Voleva solo pararsi il culo. È un classico», ribatté Laura.
«Sì, ma come mai hanno lasciato che un investigatore relativamente giovane puntasse l'indice, sia pure in modo elusivo?»
«Deve aver aggiunto il suo commento molto tempo dopo i fatti. Guarda.» Laura tornò indietro, di schermata in schermata.
«È datato gennaio 1854.
Forse Jeffrey Howard stava per lasciare la polizia, oppure i documenti d'archivio dovevano essere trasferiti da un'altra parte e lui sapeva che nessuno si sarebbe preso il disturbo di consultarli, a meno che un giorno, forse...»
«Dev'essere così. Howard non avrebbe mai potuto rendere noti i suoi sentimenti all'epoca. Lo avrebbero buttato fuori a calci, come minimo.»
«È chiaro che l'uomo trovato sulla scena dell'omicidio di Forest Hill era qualcuno d'importante, uno con ottime conoscenze.»
«Direi pure che è piuttosto ovvio di chi si tratti», commentò Philip.
«Il padre di Nathaniel?»
«Il nostro eminente professore di medicina John Milliner.»
«Howard sembra dirlo quasi esplicitamente alla fine, no?» Laura scrutò lo schermo. «Cos'ha scritto?» Fece scorrere all'ingiù il testo. «Ecco qui.