Equinox (22 page)

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Authors: Michael White

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Equinox
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Boyle lasciò andare la preda, la fece ruotare su se stessa. Sentirono tutti l'uomo ringhiare sotto il cappuccio. Ma era ridotto all'impotenza. Boyle teneva lo stocco appoggiato al suo pomo d'Adamo. «Toglietevi i cappucci, tutti e tre», ordinò Boyle.

Nessuno degli uomini si mosse. «Toglietevi i cappucci», ripeté Boyle.

Non aveva alzato la voce, ma nel suo tono c'era una nuova, velenosa intensità.

Lentamente, Newton obbedì. I lunghi capelli grigi erano incollati al viso bagnato. Sotto le ciocche, gli occhi neri ardevano di furia e odio. «In nome di dio, chi credete di essere?» sibilò. «Quale autorità avete qui?» Boyle non batté ciglio, sostenne lo sguardo di Newton. «A differenza di voi», rispose, «io ho ogni diritto di essere qui, professor Newton.» Newton ghignò. Aveva il viso rugoso madido di sudore. Sembrava la caricatura di Mefistofele. «Idiota impiccione!» sibilò. La sua voce sottile tremava d'ira trattenuta. «Qui sono il Maestro. Io solo capisco le parole dei saggi. Sono il vero erede della Luce, del Sentiero, della Via.» Con un sorriso tirato, per nulla divertito, molto esplicito nel chiarire quanto poco gli interessasse l'opinione di Newton, Boyle ordinò: «John, Robert, vediamo chi abbiamo qui».

Senza mai staccare le punte delle spade dalle gole delle altre due figure, Hooke e Wickins abbassarono i cappucci e indietreggiarono.

«James? Mio fratello James?» Boyle guizzò all'indietro. «Cosa...?» La sorpresa gli trasformò il viso in una maschera rigida. Parve perso, paralizzato.

Fu l'occasione che Newton aspettava. Con un ruggito si lanciò avanti, afferrò il polso di Boyle e lo costrinse a gettare la spada, che cadde rumorosamente sul pavimento.

Newton fu l'unico a muoversi in fretta. Gli altri cinque sembravano impietriti, ma nel giro di qualche istante cominciarono a riprendersi, e all'improvviso la stanza si riempì di corpi che cadevano, clangori d'acciaio e urla rauche.

Newton ruotò sui talloni e si lanciò verso la sfera di rubino. Wickins lo afferrò per le caviglie. I due si abbatterono sul pavimento. In preda a una furia cieca, Wickins tirò i capelli di Newton, facendolo strillare. Appoggiò la punta della spada alla gola di Newton.

«Hai tradito la mia amicizia!» gli urlò all'orecchio. «Mi fidavo di te.» A dispetto dell'ira, Wickins non sapeva di preciso cosa fare. Isaac Newton era alla sua mercé. Un affondo della lama e la vita dello scienziato sarebbe finita. Ma non erano lì per quello. Per quanto odio provasse ormai Wickins contro il professore lucasiano, non era un omicida. Fu in quel momento che vide la sfera. La raccolse con la sinistra e la infilò nella giacca. Poi tirò in piedi Newton, tenendogli la lama alla gola, e prese a indietreggiare verso gli altri. Non vedendo dove andava, inciampò in uno degli alti porta-candela e cadde all'indietro.

Newton si lanciò verso la sua spada. Un istante dopo, tenendola in pugno, si girò a scrutare la stanza. I suoi occhi avvampavano. Ogni senso era alla massima intensità, ogni istinto di conservazione gli dava forza.

A qualche metro di distanza, Boyle aveva afferrato il fratello per la gola, costringendolo contro il muro. Bloccato dalla spada di Hooke, Nicolas Fatio du Duillier stava al suo fianco, ansante, furibondo.

«James... Come hai potuto?» chiese Boyle, fremente.

«Il mio fratello maggiore Robert», sbuffò James. «Robert, che si è sempre visto come mio padre... Risparmiami la santimonia. Non ne ho bisogno.»

«Ma perché?» sussurrò Boyle. «Perché?»

«Non lo sai, Robert? Davvero? Non lo sai?» Boyle scrollò la testa.

«A che altro potevo rivolgermi, caro fratello? Come potevo competere con te? Con un uomo che proietta un'ombra tanto lunga?» Boyle sussultò come sentisse sul collo la punta di una spada.

«Getta la lama», sibilò Newton. «Subito!» Boyle obbedì e si voltò. Du Duillier e James Boyle erano ancora immobilizzati dallo stocco implacabile di Hooke. Wickins si stava rialzando. Corse avanti e raccolse da terra la spada di Boyle.

«Un altro passo e lo sgozzo!» strillò Newton.

Wickins continuò ad avanzare.

«Parlo sul serio.» E Newton affondò la lama nel collo di Boyle, facendo uscire sangue.

Wickins si fermò. «Soffrirai all'inferno per questo.»

«Ti sbagli, mio vecchio amico», ribatté tranquillo Newton. «Il Signore sa che i miei motivi sono sinceri.» Trasse un profondo respiro. «Dammi la sfera.» Wickins rimase immobile.

«Dammi la sfera.»

«Non farlo, John», ansimò Boyle.

«Ignora questo idiota. Restituiscimi la sfera. Fallo, o giuro che lo ucciderò», urlò Newton.

A gesti lenti, Wickins fece penetrare la mano sotto la giacca. Le sue dita si chiusero sulla sfera di rubino.

«No!» implorò Boyle. «È meglio che io muoia...» Wickins estrasse la sfera. Nello stesso momento Hooke, che teneva a bada du Duillier e James Boyle, puntò di scatto la spada verso Newton.

Newton intravide il movimento con la coda dell'occhio ed ebbe un sobbalzo. Fu sufficiente. Robert Boyle affondò i denti nella mano di Newton. Newton urlò, però riuscì a mantenere la presa sull'arma.

Con un'imprecazione, ruotò di lato e tirò un fendente alla spalla di Boyle. Poi fuggì. Svanì nelle tenebre del corridoio.

Wickins si mosse per inseguirlo, ma Boyle lo trattenne. «John, John, lascialo andare. Non riuscirai mai a trovarlo nel labirinto. Dobbiamo invece portare in salvo tutto ciò che resta, la sfera e i documenti.» Il tono era affaticato e indicibilmente triste. «Debbo disfare questa terribile rete e tu devi rendere sicuro il futuro. Non appena riemergeremo in superficie, prendi un cavallo e galoppa a tutta velocità verso Cambridge. Devi arrivare là prima di Newton e bruciare tutto.»

32

 

Oxford, 29 marzo, 21.05

 

Rientrati a casa, Philip accese la stufa e mise il bricco sul fuoco. Laura salì al primo piano a prendere un cardigan di lana. Pochi minuti dopo erano in soggiorno. Il calore cominciava a diffondersi nella stanza.

«Il punto», disse Philip, sorseggiando il tè, «è che quasi certamente la scomparsa di Lightman non ha nulla a che fare con gli omicidi. È solo una coincidenza.» Laura lo fissò con aria assente. «Non vedo quale rapporto potrebbe esistere, però è così... insomma... strano.» Philip si strinse nelle spalle. «Hai avuto la sensazione che Lightman fosse malato, o avesse problemi mentali? È possibile che gli sia saltata qualche rotella?» Laura fece segno di no.

«Soffriva di depressione?»

«Non so. L'ho visto solo poche volte negli ultimi anni. A me sembrava perfettamente sano di mente. Perché? Credi abbia abbandonato l'auto per andarsene a piedi?»

«Succede.»

«E come no. Ma Lightman?»

«Allora è stato rapito?» Laura alzò gli occhi dalla tazza di tè. «Lo sa dio, Philip. Ma chi...?»

«Direi che lo scopriremo presto. La polizia non potrà lavarsene le mani facilmente. Lightman è una delle stelle di Oxford, uno degli uomini più ricchi d'Inghilterra.»

Tirò fuori il DVD che avevano preso dalla cassetta 14.

«Vogliamo vederlo?» Dopo qualche secondo di scariche, sullo schermo apparve l'immagine di Charlie Tucker. Su una sedia, fissava direttamente l'obiettivo della videocamera. Alle sue spalle si vedevano scaffali di libreria, un posacenere sul pavimento accanto alla sedia. Stava aspirando da una sigaretta. Doveva aver fatto tutto da solo: l'angolo di ripresa era leggermente inclinato e la luminosità scarsa.

«Ciao, Laura, piccola. Cioè, spero sia tu a guardare.» Charlie scoccò un sorriso breve, nervoso, alla videocamera. «Quando avrai questo DVD tra le mani, io sarò morto, oppure fuggito all'estero.» Laura sentì un nodo alla bocca dello stomaco.

«Il fatto è», continuò Charlie, «che la mia vita è in pericolo. Non ho troppo tempo per spiegare e non c'è molto da dire. Odio mettere a rischio anche te, ma quando sei venuta a trovarmi l'altro giorno ho avuto la sensazione che ci fossi già dentro fino al collo, per cui...

«Okay, da dove iniziare? Ecco... È ovvio che hai aperto la cassetta 14 della Paddington e sei in possesso del testo di Newton. Immagino ti sia chiesta come diavolo io sia riuscito a mettere le mani su una cosa simile.

La verità è che per un po' sono stato coinvolto nel gruppo del quale ti ho accennato. Gli occultisti, insomma...

«Parlo al passato perché spero di esserne uscito. Sono stato arruolato a forza. Erano in possesso di prove incriminanti sulle mie attività politiche negli anni Ottanta e, be'... il governo ha la memoria lunga, specialmente per cose del tipo che facevo io.» Si esibì in un sorriso da cospiratore.

«Comunque, me la sono data a gambe non appena ho capito cosa stesse combinando il gruppo. Non voglio farne parte.» La sigaretta era bruciata fino al filtro. Charlie si fermò per estrarne un'altra da un pacchetto che aveva in tasca. La accese col mozzicone della prima, aspirò di gusto, emise una nube di fumo.

«Un attimo.» Si mosse sulla sedia.

«Probabilmente non ci capisci niente. Fammi ripartire dall'inizio.» Tossì.

«Torniamo indietro di milleseicento anni, alla biblioteca di Alessandria. Un grande studioso dirigeva allora la biblioteca: una donna, Ipazia. Un soggetto notevole, la ragazza: filosofa, astronoma, matematica, insomma una delle persone più colte dell'epoca. Peccato che abbia scatenato grandi controversie opponendosi alle nuove dottrine cristiane che si stavano diffondendo. L'hanno considerata un'eretica e alla fine è stata linciata e poi bruciata da dei cristiani estremamente pii.» Charlie fece un sorrisetto ironico.

«Ipazia era un'adepta dell'occulto. Un millennio più tardi l'avrebbero definita strega. Custodiva alcuni dei più preziosi manufatti noti alla civiltà umana. Teneva nella biblioteca rari manoscritti che trattavano ogni aspetto dell'occulto, magia sia bianca che nera, ed era in possesso dei due maggiori tesori alchemici mai esistiti: la tavola di smeraldo e la sfera di rubino.»

«La tavola di smeraldo è famosa. Nei secoli è divenuta il pilastro centrale delle leggi alchemiche. Offre all'alchimista una specie di manuale d'istruzioni per il suo lavoro. Meno nota è la sfera di rubino. Voci su quell'oggetto sono circolate nel mondo ermetico sin dall'epoca di Ipazia, ma pochi l'hanno visto e ancora meno persone hanno idea del potere che contiene.»

«La notte in cui prese fuoco la biblioteca di Alessandria, il 13 marzo del 415 dopo Cristo, Ipazia provvide a far uscire la tavola di smeraldo dalla città. Venne trasferita in Europa, dove fu protetta da una stirpe di alchimisti nel corso dei secoli. Ipazia mise al sicuro anche la sfera, in un nascondiglio nelle fondamenta della biblioteca. Un anno dopo, suo padre Teone recuperò quel prezioso oggetto e lo portò in Inghilterra. Lì fu ricevuto dai capi di un piccolo gruppo di adepti che si chiamavano Guardiani, un gruppo i cui segreti derivavano dall'antico Egitto e dai primi alchimisti, alle cui arti Ipazia e Teone erano stati iniziati.»

«I Guardiani nascosero la sfera di rubino in una cripta segreta, accessibile solo da un labirinto sotterraneo. Lo costruirono vicino al luogo dove si riunivano e fecero in modo che il labirinto potesse essere affrontato e superato solo da chi possedeva le conoscenze segrete necessarie per completare una serie di prove. Quasi mille anni più tardi, su quel luogo è cresciuta la città di Oxford.»

«La sfera è rimasta nel suo nascondiglio fino al diciassettesimo secolo, quando Christopher Wren ricevette l'incarico di costruire lo Sheldonian Theatre. Scoprì il labirinto ma non fece nulla. Un paio di decenni dopo, Isaac Newton, forse il maggiore alchimista della sua epoca o di qualunque altra, si imbatté in indizi essenziali. Scoprì come trovare la sfera da un documento passato per le mani di un altro alchimista un paio di secoli prima, un uomo che si chiamava George Ripley.»

Charlie si appoggiò allo schienale, soffiò fumo verso l'obiettivo.

«Per poco non è stata una catastrofe. La sfera possiede poteri davvero straordinari e Newton era un genio, ossessionato dall'idea di svelare i segreti dell'universo a qualunque costo. Con la sfera, aveva la possibilità di realizzare il suo sogno.»

Si prese un attimo di pausa, spense la sigaretta.

«Probabilmente ti starai chiedendo il perché di tanta eccitazione. Cos'ha di così speciale la sfera? Perché è tanto importante da spingere alcuni uomini a dare la vita per proteggerla, e altri a uccidere per possederla? La sfera è la chiave per trovare la pietra filosofale e l'elisir della vita eterna, il sogno definitivo degli alchimisti. Nessuno sa chi l'abbia creata. È antica per lo meno come la prima civiltà egizia. Qualcuno ha ipotizzato che non venga da questo mondo. Leggendo una formula scritta sotto forma di serpentina sulla superficie della sfera, l'adepto può evocare il demonio e fargli trasformare l'inerte contenuto del crogiolo nella mitica, bramata pietra.»

«Non potrei biasimarti, Laura, se pensassi che tutto questo sia solo un mucchio di stronzate. Ma che tu creda o meno che sia possibile usare la sfera per evocare il demonio, c'è chi lo crede, e oggi, a Oxford, un gruppo di potenti alchimisti sta cercando di dimostrare che è vero. Non hanno la sfera, però sono in possesso di alcuni dei segreti necessari.»

«Immagino che tu stia cercando di capire quale sia il legame fra Isaac Newton nel diciassettesimo secolo e il gruppo del ventunesimo. Forse ti chiedi perché io ti abbia dato una copia dell'opera segreta, in codice, di Newton. Starai anche tentando di capire cosa c'entri io e perché la mia vita sia in pericolo.»

«Newton è stato il precursore del gruppo attuale. Chiamava la sua cerchia Ordine della Sfinge Nera. È il nome adottato dagli antichi alchimisti egiziani che hanno utilizzato per primi la sfera. Ha formato quella che è stata definita un'empia trinità col suo amante, il medico Nicolas Fatio du Duillier, e un conoscente comune, James Boyle, fratello minore del grande Robert Boyle. Il legame fra Newton e i suoi amici e l'attuale Ordine della Sfinge Nera è la congiunzione planetaria. Newton riuscì a entrare in possesso della sfera circa diciotto mesi prima della congiunzione di cinque corpi celesti nel 1690. Quando si verificò la congiunzione successiva, il professor Milliner aveva acquisito alcune delle conoscenze segrete dell'Ordine e fece un tentativo. Oggi l'Ordine sta cercando di ripetere l'esperimento di Newton.»

«E qual è l'esperimento? Parto dal presupposto che tu lo abbia intuito. La sfera dice all'adepto di raccogliere cinque organi. Ognuno deve essere asportato da una giovane donna in momenti rigorosamente predeterminati.

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