Gai-Jin (182 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Bene. Quando vedrete Tess Struan... credo che alla nostra signora Struan servirà ogni aiuto possibile, vero?”

“Intercederò per lei, ve l'assicuro.” Sir William annuì, poi aprì il cassetto e ne estrasse una busta sigillata, con l'indirizzo scritto a mano: per sir Stanshope, Governatore di Hong Kong, strettamente personale e riservato, da sir William Aylesbury, Ministro in Giappone. “Vi incarico di una commissione ufficiale, e segreta. Al vostro arrivo, consegnerete questa lettera al governatore.” In un angolo aggiunse la scritta: “Consegnata a mano dal Dottor Hoag”. Aveva deciso di servirsi di lui non appena Jamie aveva detto che non sarebbe partito con il postale, perchè sulla Prancing Cloud non vi era nessuno di cui potesse fidarsi. “Gliela dovrete consegnare personalmente, a lui e a nessun altro, e nessuno deve sapere che siete un messaggero della Regina. Chiaro?”

“Sissignore, certo, sir William” rispose fiero Hoag.

Sir William capì che adesso avrebbe potuto manipolarlo a suo piacimento ed estorcergli qualsiasi informazione: chi aveva architettato il piano? Che cosa avevano in mente prendendo il mare? Perché avevano fatto quello che avevano fatto e che cosa era realmente accaduto a Kanagawa?

Sorrise tra sé contento della sua posizione di vantaggio, ma per diverse ragioni scelse di tralasciare l'intera faccenda. “Vi auguro un buon viaggio. Sarò felice di rivedervi presto a Hong Kong.”

“Grazie, signore.” Felice di essersela cavata in modo onorevole Hoag si allontanò di corsa. Jamie e Skye lo aspettavano ansiosi in High Street. “Niente, davvero” disse eccitato, “mi ha solo fatto domande di ordine medico, domande personali.”

“Ne siete sicuro?”

“Ve lo giuro su Dio! Presto, prima della funzione abbiamo giusto il tempo per un bicchierino. Mi sento completamente svuotato.” Si allontanarono felici, senza accorgersi che sir William li osservava da una finestra.

Quelle canaglie non sarebbero così allegre se conoscessero il contenuto della mia lettera al governatore, pensò corrucciato. I loro guai non sono ancora finiti, non sono finiti per nessuno di noi.

Come se una bara avesse importanza quando il mondo intero sta crollando, con la Russia che prepara una nuova guerra, la Prussia che allunga i tentacoli verso il cuore dell'Europa, la Francia con il suo pomposo orgoglio belligerante, l'Impero indiano e le nostre colonie in Asia in pericolo per colpa di quegli idioti in Parlamento e noi in attesa dell'imminente cacciata dal Giappone.

La lettera all'apparenza era innocua, ma decodificata diceva: Chiedo con urgenza tutti i rinforzi navali e terrestri possibili, perchè prevedo che l'Insediamento verrà presto attaccato dalle legioni della Bakulu e con ogni probabilità saremo costretti ad abbandonare la nostra base in Giappone.

 

Nella chiesa cattolica illuminata dalle candele erano riuniti pochi fedeli.

Sull'altare scintillante padre Leo cantava con la sua melodiosa voce da baritono la cantilenante litania che concludeva la messa.

Era stata una funzione più veloce del solito poiché alcuni fedeli dovevano partire con il postale. Il familiare profumo di incenso aleggiava sulla congregazione.

Angélique, nel primo banco accanto a Seratard, si inginocchiò in preghiera. André era qualche fila dietro e Vervene in fondo, con il resto del personale della Legazione, qualche mercante portoghese euroasiatico e alcuni ufficiali e marinai delle navi francesi in libera uscita. La maggior parte dell'equipaggio francese aveva partecipato alle funzioni precedenti o si sarebbe recata a quelle seguenti.

La flotta non aveva sacerdoti a bordo, anche perchè erano considerati di malaugurio da parte di tutte le ciurme, qualsiasi bandiera battesse la loro flotta.

Padre Leo si inginocchiò rivolto verso l'altare, pregò e benedì i presenti.

Angélique respirò profondamente e fini con calma la sua preghiera aspettando che Seratard si muovesse.

Si era già confessata. Nel piccolo confessionale aveva detto: “Perdonatemi, padre, perchè ho peccato”.

“Che peccati avete commesso questa settimana, figliola?” Era la prima volta che si confessava da quando erano cominciati i suoi guai e notò la malcelata impazienza del sacerdote di essere informato su ogni particolare.

“Nelle mie preghiere, una sera, ho dimenticato di chiedere perdono alla Madre Benedetta” disse con assoluta calma, fedele al patto e alle parole e al piano che aveva escogitato, “ho anche avuto molti brutti pensieri e brutti sogni, e ho provato paura dimenticando di essere nelle mani di Dio che sempre mi protegge.”

“Sì, e che altro?” Divertita da tanta impazienza, Angélique sorrise lievemente. “Ho peccato perchè, nonostante secondo i connazionali di mio marito, la sua legge e la Chiesa a cui lui apparteneva, il mio matrimonio sia legale, non abbiamo avuto il tempo di farlo riconoscere dalla Vera Chiesa.”

“Ma... questo, senhora, questo di per sé non è un peccato, la sua dipartita non è stata vostra responsabilità... Quali altri peccati avete commesso?” Angélique si premette forte sul naso un fazzoletto profumato per sfuggire alla puzza di aglio, di vino e vestiti non lavati. “Ho peccato perchè non sono riuscita a convincere sir William a lasciarmi seppellire mio marito come lui e io avremmo voluto.”

“Ma... anche questo non è un peccato, figliola. Che altro?”

“Ho peccato perchè non sono riuscita a convincere mio marito a convertirsi prima del matrimonio.”

“Neppure questo è un peccato. Che altro?” Padre Leo era palesemente esasperato. Proprio come lei si era aspettata.

Strano che io non lo tema più e che riconosca le sue debolezze. E' forse questo un altro dono del Signore?

“Avete, avete commesso peccati carnali?”

Angélique serrò gli occhi e congelò il sorriso. Lo disprezzava più che mai, ma non poteva che perdonarlo per aver generosamente benedetto l'altra bara. “Ho osservato i miei doveri di moglie come prescrive l'insegnamento della Chiesa.”

“Sì, ma, ma avete convissuto, non essendo legittimamente...”

“Per la legge di mio marito io ero legittimamente sposata e ho agito come prescrive la Vera Chiesa” disse, poi con maggior decisione aggiunse “e ora vorrei l'assoluzione, padre.” Poiché questo era contrario alla consuetudine attese la risposta trattenendo il respiro, ma se lui avesse sollevato obiezioni era decisa ad abbandonare il confessionale.

“Dato che... partite oggi stesso, senhora, è necessario che mi assicuri... prima di concedere l'assoluzione...”

“Non parto con il postale, padre. Non oggi.”

“Oh, non partite?” sospirò lui sollevato. “Allora avremo tempo di parlarne, figliola, di parlarne a lungo per la gloria di Dio. Oh, come sono magnifiche le vie del Signore.” Dopo essere stata assolta con una piccola penitenza, Angélique si congedò per partecipare alla funzione.

Era felice di aver superato quell'ostacolo. La sua mente vagava, ma questo le sembrava normale. Adesso poteva rilassarsi, aveva ottenuto quello che si era prefissa: Malcolm era stato seppellito in quelle acque, Gornt era partito, Hoag stava per seguirlo, e Tess sarebbe stata neutralizzata, con l'aiuto di Dio.

Dio è con me, ne sono sicura. Lui approva, ne sono sicura. Tranne Malcolm, ah, Malcolm, amore mio, amore mio...

“Posso accompagnarvi a casa, Angélique?” chiese Seratard interrompendo i suoi pensieri.

“Grazie, ministro” rispose lei in tono formale, “ma non sono di buona compagnia e preferirei passeggiare con calma da sola.”

“Ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare prima della vostra partenza.”

“Oh, credevo che sapeste già che non parto con il postale, li dottor Hoag me lo ha proibito, mi dispiace molto.” Il volto di Seratard si aprì in un sorriso. “Magnifico! Questa è la migliore notizia che sento da molti giorni.

Vi farebbe piacere cenare alla Legazione, questa sera, due o tre di noi soltanto, un incontro tranquillo?”

“Grazie, preferisco di no. Magari a fine settimana, se mi sentirò meglio.”

“Giovedì o venerdì, quando vorrete.” Seratard le baciò la mano e la osservò allontanarsi all'aria aperta.

La brezza si era rinforzata. Angélique era contenta che il velo le celasse il viso evitandole così lo sforzo di assumere un'espressione adatta alla circostanza. I passanti la salutavano commossi. “Ci rattrista davvero molto vedervi partire, signora” disse Nettlesmith.

“Grazie, signor Nettlesmith, ma non parto con il postale, non oggi.” Notò subito il suo volto illuminarsi a quelle parole e se ne compiacque.

“Il dottor Hoag mi ha proibito di viaggiare, mi dispiace molto.”

“Oh! Lo credo bene. Così non partite, eh?

Oh! Be', si, posso capirlo, oh, vogliate scusarmi, signora...” si precipitò verso il circolo. Dopo pochi minuti la notizia aveva fatto il giro di tutto l'Insediamento e non le fu più necessario ripeterla a nessuno. Vide André, che la stava aspettando. “Buongiorno, André.”

“Sono contento che non partiate.”

“Ah. Le novità viaggiano in fretta.”

“Le buone novità sì. Ho bisogno di parlarvi in privato.”

“Di denaro?”

“Sì, di denaro.

Come siete cambiata, Angélique.”

“In meglio, spero. Come state, vecchio amico?”

“Vecchio.” Quel giorno André si sentiva triste, e stanco. La sera prima aveva visto Hinodeh e tra di loro vi erano state delle ombre. E violenza. Mentre lei lo massaggiava lui si era sollevato e aveva afferrato il collo del suo kimono per baciarle il seno, in preda alla passione, ma Hinodeh si era ritratta di scatto e aveva richiuso il kimono per proteggersi.

“Avevi promesso di non farlo...” aveva esclamato.

L'ira contro se stesso per essersene dimenticato, poiché ogni violazione del loro patto causava in lei uno sconforto patetico che lo sconvolgeva, si trasformò in ira contro di lei. “Smettila con quell'espressione, smettila! Baka!”

Come sempre in sua presenza lei non pianse ma continuò a mormorare “Gomen nasai, Furansu-san, gomen nasai gomen nasai gomen nasai.” Quella litania lo faceva impazzire, “Smettila, per Dio!” ripeté.

Lei ubbidì e rimase in ginocchio con gli occhi abbassati e le mani sul grembo, immobile, salvo qualche timido tremito da cane bastonato.

André avrebbe desiderato chiederle scusa e stringerla tra le braccia con amore infinito, ma non sarebbe servito a niente, soltanto a screditarlo ulteriormente, così si alzò di scatto, si rivestì e lasciò la loro casa senza dire una parola.

Uscito dallo Yoshiwara e superato il ponte si diresse verso la spiaggia, prese a calci la prima barca da pesca che gli venne a tiro e la maledì finché non si fu calmato. Sconvolto dalla certezza che Hinodeh si stesse disperando e al contempo furioso per la maldestra reazione di lei di fronte al suo errore, si sedette sui ciottoli freddi. L'indomani si sarebbero comportati come se nulla fosse accaduto, ma era sicuro che dietro i suoi modi dolci e gentili si nascondeva una grande riserva di odio.

Odio verso di lui.

“E perchè no?” mormorò.

“Perché no cosa, André?” chiese Angélique.

“Oh! Niente, ero sovrappensiero. Sediamoci li a parlare.” Indicò una panchina rivolta verso il mare.

L'attenzione di lei fu richiamata dal postale. Si chiese che cosa sarebbe successo se avesse deciso di salire a bordo. Sarei finita nella tana del lupo prima del necessario, pensò. Non me ne devo preoccupare, non devo preoccuparmi di niente ma soltanto abituarmi alla mia nuova condizione, sperimentarne i limiti e aspettare.

Vide levarsi verso l'alto un filo di fumo. Il postale stava scaldando i motori, ormai solo le ultime lance erano accostate alla sua fiancata. “Mi dispiace, non sono di buona compagnia” disse.

“Potete darmi un pò di denaro?”

“Ne ho poco. Quanto vi serve?”

“Mille ghinee.”

“A cosa mai vi servono?” André sospirò. “Si chiama Hinodeh” confidò. Le raccontò di come fosse innamorato e la volesse per sé, omettendo la verità, tralasciando di parlare della malattia. “E' difficile spiegarvi tutto, non posso, ma non posso vivere senza quella donna e ho bisogno del denaro per pagare il suo contratto. Lo voglio. Devo averlo.”

“Non ho davvero modo di trovare una cifra simile, André” disse lei, sinceramente turbata e commossa. “Perché non lo chiedete a Henri, lui di sicuro potrebbe farvi un prestito.”

“Me lo ha già rifiutato, e ha rifiutato anche di darmi un anticipo sul mio stipendio. Sembra godere della mia situazione.”

“Potrei parlargli io e...”

“No, non fatelo, peggiorerebbe le cose.” André la guardò in un modo nuovo.

“Quando otterrete il riconoscimento ufficiale del vostro matrimonio, e spero che accada presto, anzi farò di tutto perchè sia così, mi presterete mille ghinee?”

“Se potrò lo farò, lo farò, André.”

“Non potreste darmene un pò subito? Cento ghinee mi basterebbero, terrebbero lontana da me la mama-san per una settimana. E' stata lei ad aiutarvi” aggiunse provocatoriamente.

Consapevole dei molti modi in cui lui l'aveva aiutata e di come aveva promesso di non farne mai menzione, Angélique sorvolò e saltò subito a una nuova conclusione: questa Hinodeh è per me un'inaspettata fonte di sicurezza.

“Chiederò un anticipo a Jamie.”

“Avete il denaro che sir William vi ha lasciato tenere per ogni evenienza, duecentosessanta ghinee nella cassaforte, se non sbaglio.”

“Sì, me ne è rimasto un pò.” Stupita che André fosse a conoscenza di quel particolare, Angélique guardò il mare per evitare i suoi occhi sgradevolmente intensi e per nascondere la ripugnanza di scoprirlo così infido e ossessivo.

E' stupido a comportarsi in questo modo, non capisce che i nostri destini sono legati? Ma è innamorato, lo posso perdonare.

“Ne ho mandati una parte a casa.”

“Lavoro per voi, Angélique, con Henri, ogni giorno. Sarete affidata allo Stato, lui ne è sicuro. Henri è importante per il vostro futuro, lui e l'ambasciatore saranno i vostri difensori nella guerra che sta per scatenarsi, ve lo garantisco. E' saggio da parte vostra fermarvi qui e aspettare, è più sicuro.” Lei ricordò che non molto tempo prima le aveva vivamente consigliato di partire.

Sebbene fosse difficile scorgerne i tratti attraverso il velo André la guardò e pensò all'affidavit che aveva depositato insieme al proprio testamento nella cassaforte del ministro britannico, in caso gli fosse successo qualche “incidente”.

Non si fidava di Seratard.

L'affidavit rivelava il rapporto amoroso tra lei e l'assassino della Tokaidò, come e dove era stato procurato l'aborto e ne erano state distrutte le prove, e le circostanze della morte dell'assassino. In allegato era acclusa la seconda pagina della lettera che il padre le aveva scritto mesi prima e che lui aveva finto di stracciare in presenza di Angélique per ricomporla subito dopo.

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