Quando, a cerimoniale finito, Yoshi lasciò la stanza, Seratard disse: “William, siete sfuggito molto astutamente alla trappola. Quell'uomo è davvero scaltro. Complimenti”.
“Quanto alla marina” esordì in tono furente l'ammiraglio, ma sir William lo fermò.
“Lasciatemi prima congedare Babcott e Tyrer. Seguitemi, Phillip!” Non appena fuori dalla sala investi Tyrer: “Cosa diavolo vi ha preso?”.
“Niente, signore.”
“Allora perchè quel muso lungo? Perché dimenticate sempre che dovete soltanto tradurre e non dare suggerimenti?”
“Mi dispiace, signore, ma per Nakama, signore...”
“Lo so che è per lui, al tavolo delle conferenze ve la siete quasi fatta addosso! Credete che il nostro scaltro ospite non se ne sia accorto?
Dannazione, il vostro lavoro è quello di tradurre ciò che si dice e di rimanere impassibile. E' la seconda volta che mi costringete ad ammonirvi!
“Mi dispiace, signore, è che Nakama è molto importante e...”
“Intendete Hiraga o come altrimenti si fa chiamare? Gesù Cristo, è accusato di omicidio. E' vero che è stato un'ottima fonte di informazioni, ma è un fuorilegge, Dio santissimo! Se ne andava tranquillamente in giro per la Legazione, dobbiamo ritenerci fortunati se non ci ha uccisi nei nostri letti.”
“Cosa avete intenzione di fare, signore?”
“Per Dio, quello che ho già detto: apriremo un'inchiesta e se quello che dice Yoshi si rivelerà vero, come credo, dovremo per forza consegnarglielo. “
“Non potreste considerarlo un rifugiato politico?”
“Per l'amor del cielo! Siete impazzito? Stiamo pretendendo che ci vengano consegnati gli assassini dei nostri compatrioti e un risarcimento, come possiamo rifiutarci di consegnare uno dei loro, accusato e probabilmente colpevole di aver ucciso un loro capo? Yoshi ha promesso che avrà un regolare processo.”
“E un uomo morto, non gli verrà fatto nessun processo.”
“Se è colpevole non merita altro.” Sir William si controllava perchè Tyrer aveva fatto un buon lavoro in quell'occasione e l'amicizia sbocciata tra i due giovani si era rivelata utile. “Phillip, lo so che ci è stato di grande aiuto ma lo dobbiamo consegnare... dopo che gli avrò parlato. Lo avevo avvisato fin dall'inizio che se ne sarebbe dovuto andare nel caso me lo avessero chiesto. Adesso dimenticate Nakama e assicuratevi di capire tutto il possibile sul paziente di Babcott. C'è da pensare che si tratti del tairò.” Si avviarono verso il cortile. Yoshi era in sella e Babcott aspettava accanto ai due cavalli che Pallidar aveva preparato per loro. All'erta, i soldati della guardia d'onore li circondavano.
Yoshi diede ordine ai portatori di allontanarsi dai forzieri, poi fece cenno all'interprete di avvicinarsi. Tyrer ascoltò quanto gli veniva detto, si inchinò e andò a riferire.
“Dice che potete, ehm, contare il denaro con calma, sir William, e vi prega di fargli avere la ricevuta domani, quando quell'uomo” Tyrer indicò Abeh, “verrà a prendere Nakama.”
“Ringraziatelo e ditegli che sarà come desidera.” Tyrer ubbidì. Yoshi ordinò ad Abeh di avviarsi. “Ikimasho!” Si allontanarono al trotto seguiti a piedi dallo scudiero e dai portatori.
“Tutto a posto, George?” Sì, grazie, sir William.
“Allora potete andare. Phillip, oggi avete fatto un buon lavoro, ancora qualche riunione come questa e chiederò per voi la qualifica di interprete.”
“Grazie, signore. Posso assistere al vostro incontro con Nakama?” Sir William sbottò. “Come diavolo potreste se sarete a Edo con George.
Usate il cervello! George, dategli un emetico, questo poveretto dà i numeri!” Babcott osservò: “In realtà non ho bisogno di Phillip, pensavo soltanto che portarlo a conoscere questo 'innominato' potesse essere importante per voi”.
“Infatti, un incontro del genere potrebbe essere molto importante; Nakama, o come diavolo si chiama, non lo è. Phillip, vi è chiaro finalmente?”
“Sì, signore, scusate, signore.” Babcott si chinò e sussurrò: “Forse è una buona idea non consegnargli Nakama prima del nostro ritorno, non si sa mai”.
Sir William alzò gli occhi sorpreso da quel suggerimento che gettava sulla consultazione medica una luce più fosca. “Intendete dire che potrebbero trattenervi in ostaggio? Tutti e due?” Babcott alzò le spalle. “Nakama li interessa molto. La prudenza non è mai troppa, vi pare?” Sir William si accigliò. “Vi aspetto domani.” Attese di vederli sparire e tornò nella sala delle riunioni.
Subito l'ammiraglio esplose: “Non ho mai sentito una sciocchezza simile!
Costruirgli una marina? Siete impazzito?”
“La questione non ci riguarda, mio caro ammiraglio” rispose con calma sir William, “riguarderà il Parlamento.”
“O più verosimilmente l'imperatore Napoleone” intervenne subito Seratard.
“Ne dubito, caro signore” sbottò Ketterer paonazzo. “I rapporti navali con le nazioni straniere sono di competenza della Marina Reale e qualsiasi interferenza in ambiti di influenza britannica da parte della Francia verrà immediatamente respinta.”
“Giusto” esclamò con forza sir William per impedire che la discussione tra Seratard e l'ammiraglio degenerasse. “In ogni caso è una questione politica.
Decideranno Londra e Parigi.”
“All'inferno la politica” esclamò l'ammiraglio con la mascella che gli tremava per la rabbia. “E dovremmo mettere una dozzina delle nostre migliori navi da guerra nelle mani di quei mascalzoni con tutto quello che gli abbiamo visto fare con un paio di spade? Sono contrariatissimo!”
“Anch'io” disse pacatamente sir William, “e non mancherò di rendere noto il mio dissenso ai nostri superiori.
“Cosa?”
“Sono perfettamente d'accordo con voi. Una decisione tanto importante è di competenza del ministero della Marina, con l'assistenza del Foreign Office. Per Parigi è lo stesso. Noi non possiamo fare altro che comunicarlo ai nostri superiori e voi, Seratard, dovreste fare altrettanto.
Grazie a Dio le autorità giapponesi ci hanno finalmente riconosciuto il diritto di affrontare da soli i responsabili. Non siete d'accordo, ammiraglio?
“Se vi riferite alla vostra malaugurata proposta di intraprendere un'azione punitiva qui o in qualsiasi altro posto, non ha ancora ricevuto l'autorizzazione della Marina e dunque non avrete la mia. Suggerisco di fare ritorno alla Pearl prima che cominci a piovere...” Sir William sospirò e guardò fuori dall'oblò del quadrato ufficiali.
Aveva smesso di piovere ma il mare, a differenza del suo umore, era ancora plumbeo.
Adesso che avevano ottenuto il denaro dell'indennità non era più tanto urgente radere al suolo Edo. Grazie a questo Yoshi trasformeremo il Giappone in un paese moderno, pensò, e lo includeremo felicemente nella famiglia delle nazioni con beneficio per tutti.
E meglio che questo compito tocchi a noi, instilleremo le virtù britanniche senza lasciare che i francesi impongano le loro, anche se quanto a vini, cibo e fornicazione sono di molto superiori alle nostre.
Sì. I giapponesi ne trarranno un grande beneficio, tranne che per la fornicazione campo in cui dimostrano sicuramente un'attitudine superiore.
E' un vero peccato che non lo possiamo importare nella nostra società, la regina non lo permetterebbe mai.
Un peccato enorme, ma pazienza.
Dopo che li avremo civilizzati potremo considerarci fortunati a vivere qui. “Henri, andiamo a prendere un pò d'aria.” Era contento di essere di nuovo sul ponte. Il vento teso e profumato di sale adesso gonfiava le vele consentendo una navigazione veloce.
Come tutti gli ufficiali e gli uomini dell'equipaggio sul ponte o alle sartie, Marlowe si era accorto del pessimo umore dell'ammiraglio, curvo nel suo cappotto sulla sedia del ponte di comando. “Per Dio, Marlowe, stringete di bolina!”
“Sissignore.” Pur non essendo un esperto, sir William pensò che quell'ordine fosse del tutto superfluo. Maledetto! Ma non biasimo la sua decisione di non muoversi finché non riceve l'autorizzazione, dopotutto è lui che rischia il collo se qualcosa va storto.
La fregata si inclinò di nuovo per virare costringendolo ad aggrapparsi al parapetto. Il mare e la navigazione gli piacevano molto e sul ponte di una nave da guerra britannica non mancava mai di sentirsi fiero della supremazia esercitata dall'impero sugli oceani del mondo. Ketterer ha ragione a non voler costruire un'altra flotta, pensò, tanto meno per i giapponesi: le flotte francese, americana e prussiana ci danno già abbastanza problemi.
Guardò verso poppa.
All'orizzonte si intravedeva Edo. Edo e Yoshi significano guai da qualsiasi punto li si consideri e nonostante quelle grandi promesse di un roseo futuro. A prua c'era Yokohama. Anche lì mi aspettano nuovi guai ma non importa, alla cena di questa sera sarò in coppia con Angélique.
Sono contento che non sia partita anche se continuo a non capirne il perchè. Non rischia di fare il gioco di Tess Struan?
E strano pensare ad Angélique senza Malcolm. Mi dispiace per la sua sfortuna, ma ormai lui se n'è andato e noi invece siamo qui. Destino.
Chi sarà il nuovo tai-pan? Il giovane Duncan, l'ultimo dei ragazzi Struan, ha soltanto dieci anni. Per Tess dev'essere terribile, un'ennesima tragedia da sopportare. Potrebbe non sopravvivere. Ho sempre ammirato il suo coraggio, il modo con cui ha retto il peso di Culum e dei Brock, per non parlare di Dirk Struan.
Bene, per Tess e per Malcolm, da vivo e da morto, ho fatto del mio meglio. Anche per Angélique. Non sarà facile riempire il vuoto che lascerà dopo la sua partenza.
Spero che ritrovi la giovinezza che ha perduto, un vero peccato, ma ha tutta la vita davanti a sé, che porti in grembo il figlio di Malcolm oppure no.
Le scommesse sulla sua gravidanza si pareggiano ancora.
Fu distratto per un istante dai comandi gridati sul ponte: ordini di aumentare la velatura, semplice routine.
Il vento faceva sibilare le sartie.
La fregata prese velocità. Avrebbero attraccato entro meno di un'ora. Al tramonto mancavano più di due ore.
Gli rimaneva il tempo necessario a mettere Nakama sotto torchio prima di andare a cena.
Il tramonto non fu che un progressivo diminuire della luce, mentre il sole nascosto dietro una coltre di nuvole sembrava rimpiangere il giorno che se ne andava.
Sulla spiaggia di fronte alla Città Ubriaca Hiraga parlava con un gruppo di pescatori: “Gli attrezzi da pesca non mi interessano, ma i remi e la vela sono inclusi nel prezzo della barca”.
Pagò quanto gli venne richiesto perchè non sopportava di contrattare. Grazie agli insegnamenti di Mukfey sapeva che quell'uomo e i suoi compagni lo stavano imbrogliando e che appena fuori tiro avrebbero riso di lui, ma dava la colpa a se stesso perchè era vestito da gai-jin anziché da samurai, e non portava le spade.
Una parte di sé lo spingeva a gridare e imprecare contro la loro impertinenza e a costringerli a strisciare sulla spiaggia implorando il privilegio di regalargli la barca.
L'altra parte gli suggeriva di essere paziente: hai fatto ciò che dovevi, la barca è tua, domani morirai con onore per la causa di sonno-joi, questi pidocchi non valgono più dei cirripedi sullo scafo del guscio che ti vendono.
“Lasciate tutto nella barca” disse. Dopo un inchino ipocrita il proprietario arretrò e subito si incamminò con i compagni benedicendo la fortuna che gli aveva concesso un guadagno doppio.
Era una barchetta da pesca per un massimo di tre persone con una minuscola vela e un solo remo a poppa.
Sia lui che i suoi compagni erano in grado di portarla perchè faceva parte dell'addestramento di un samurai imparare a navigare per brevi distanze sui fiumi e per raggiungere navi o galee vicine alla costa.
Ben presto tutti al villaggio avrebbero saputo che Hiraga aveva comprato una barca, ma non aveva importanza: lo shoya e gli altri avrebbero scoperto il suo scopo soltanto quando ormai sarebbe stato troppo tardi.
Soddisfatto di aver concluso l'affare si diresse verso la Città Ubriaca e ne percorse i vicoli affollati scavalcando ubriachi e spazzatura. Quel fetore lo disgustava. Taira dice che Londra è la città più pulita, più grande e più ricca del mondo, ma non gli credo se tanti gai-jin vivono in questo modo, e il resto dell'Insediamento non è molto meglio.
Prese una scorciatoia e sbucò in un vicolo più stretto.
I mendicanti accucciati per terra tesero le mani al suo passaggio, qualche passante lo incrociò e molti occhi sospettosi spiarono da dietro gli uscì, ma nessuno lo infastidì.
La Terra di Nessuno, principale discarica dell'Insediamento, era coperta di erbacce e maleodorante come sempre. Alcuni accattoni che stavano frugando nel mucchio dei rifiuti più recenti lo guardarono appena.
Hiraga cercò con gli occhi il pozzo abbandonato: il coperchio di legno che nascondeva il passaggio segreto per lo Yoshiwara era al suo posto.
Ricordò il volto di Ori la prima volta che erano passati di lì, quand'era stato sul punto di ucciderlo e lui aveva gettato o finto di gettare la croce d'oro in fondo al pozzo.
Ori è stato baka a sprecare la sua vita per quella donna, domani ci sarebbe stato utile. Scacciò Ori dalla mente e si concentrò con tutto se stesso sull'attacco.
Le sue resistenze erano svanite perchè quell'azione godeva del pieno consenso di Akimoto e di Takeda oltre a quella del sensei. Non poteva sottrarsi. La barca era pronta.
Avrebbe prelevato Akimoto, sarebbero tornati insieme e avrebbero messo a punto il piano. Hiraga era felice: sarebbe morto gloriosamente mentre eseguiva il volere dell'imperatore. Che cosa poteva desiderare di più un samurai dalla vita?
Si riprese dall'euforia come per una doccia fredda ed ebbe appena il tempo di infilarsi nel vano di una porta: davanti alla casa dello shoya sostavano tre giubbe rosse e altre due uscivano dalla vicina stamberga che lui e Akimoto avevano preso in affitto. Stretto tra i due soldati, Akimoto gridava a squarciagola una delle poche frasi inglesi che conosceva: “Spiacente, non capisco Nakama!”.
“N-a-k-a-m-a” scandì il sergente con voce forte. “Dov'è?” Poi alzando ancora di più la voce: “Dov'è Nakama?”.
“Nakama?” gridò Akimoto con l'evidente intenzione di avvisare il cugino se si fosse trovato nelle vicinanze. “Nakama non capisco, spiacente.” Poi in giapponese: “Qualcuno ha tradito” e di nuovo in inglese, “Nakama non capisco...”.
“Taci!” disse adirato il sergente. “Caporale, questo idiota non sa niente. Butcher, tu stai qui con Swallow finché il fottuto signor Nakama non torna e quando torna chiedigli con gentilezza di seguirti da sir William.