Gai-Jin (188 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Certo, vedremo al momento la tattica da adottare. A proposito, ho sentito che ieri Angélique vi ha consultato.”

“Ah! La voce ha fatto il giro dell'Insediamento, siete l'ottava persona che me lo chiede! Aveva l'influenza, con questo freddo ce l'hanno tutti, voi compreso, e se anche mi avesse chiamato per qualche altra ragione si tratterebbe di una questione privata. Non insistete.”

Sir William sorrise tra sé ricordando come avesse protestato con sdegno sottolineando che non era affatto sua intenzione indagare su questioni private come l'eventuale gravidanza di Angélique.

Nell'Insediamento erano tutti sulle spine perchè alla data della certezza mancavano soltanto pochi giorni eppure nessuno osava scommettere grosse cifre né sul si né sul no.

Prima di cinque giorni era attesa da Hong Kong anche la prima reazione di Tess Struan.

Sir William tornò a concentrarsi sul presente. Babcott stava parlando direttamente con Yoshi in un giapponese stentato. “Sì, vengo a Edo, principe Yoshi. Quando, prego?” Yoshi rispose scandendo le parole: “Quando partirò io, Dottore-sama.

Grazie. Sarete sotto la mia responsabilità. Garantirò un viaggio di ritorno sicuro. Avrete bisogno di un interprete?”.

“Sì, per favore, principe Yoshi” disse Babcott mentendo. Guardò Tyrer. “Siete il prescelto. Phillip.” Tyrer sorrise felice. “Mi sarei offerto spontaneamente.”

“Chiedetegli per quanto tempo mi dovrò fermare.”

“Dice: il tempo necessario per fare una visita.”

“Bene” intervenne sir William, “allora è tutto deciso.”

“Vi lascerò lavorare. In infermeria mi aspettano molti pazienti, sapete dove trovarmi.” Il dottore si inchinò a Yoshi, che gli rispose, e poi se ne andò.

Scegliendo con cura le parole e i concetti più semplici Yoshi disse: “I miei portatori hanno casse piene di monete d'argento pari a un valore di centomila sterline. Lo shògunato intende offrirvele a soddisfazione del risarcimento da voi richiesto al daimyo responsabile. Lo shògunato considera questa cifra adeguata”. Era segretamente divertito dalla reazione stupita di Tyrer e di André.

“Traducete quello che ho detto.” Tyrer ubbidì e, sia pur senza tradurre parola per parola, con l'aiuto di André fornì una sintesi adeguata. Nella stanza scese il silenzio.

“Sire” balbettò Tyrer, “il mio padrone chiede se deve rispondere adesso o se Yoshi-sama vuole aggiungere altro.”

“Proseguo. Lo shògunato anticipa questo denaro a nome di Sanjiro di Satsuma, il solo responsabile. Come abbiamo già spiegato Sanjiro non è soggetto al controllo dello shògunato, in niente.

Traducete.” Yoshi notò con piacere lo sgomento suscitato nei due capi gai-jin dalla sua dichiarazione, ma quel primo successo non bastava a scacciare l'ansia. “Non è in nostro potere costringere Sanjiro di Satsuma a modificare gli ordini che ha dato ai suoi uomini riguardo ai gai-jin, né a chiedere scusa e neppure a restituirci il denaro che stiamo anticipando per porre termine alla questione, a meno di muovere guerra contro di lui. E questo non siamo disposti a farlo.”

La traduzione accurata delle ultime frasi richiese un pò di tempo.

Consapevole della tensione e della grande concentrazione di tutti, Andrè offrì nuovamente il suo aiuto a Tyrer.

“Sire?”

“Dite con grande precisione: desiderando l'amicizia degli inglesi e dei furansu lo shògunato ha risolto quant'è in grado di risolvere... senza ricorrere alla guerra.”

Yoshi si rilassò sulla sedia chiedendosi se il boccone fosse abbastanza appetitoso.

Nessuno fiatava. Sir William rimase impassibile, Seratard invece annuì e lanciò un'occhiata ad André.

“In realtà sir William, al colmo della gioia, aspettava soltanto che Yoshi continuasse. Vedendo che non accadeva disse: “Phillip, chiedete al principe Yoshi se ha altro da aggiungere o se posso rispondere.”

“Dice che per il momento non desidera continuare.” Sir William si schiarì la gola e con intimo sgomento di Tyrer rispose con parole magniloquenti: “Principe Yoshi, a nome del governo di Sua Maestà e del governo francese ringrazio voi e lo shògunato per aver appianato una parte della questione che ci vedeva contrapposti.

Vi ringraziamo altresì personalmente augurandoci che la nostra permanenza nella vostra terra possa dimostrarsi felice e prospera per la vostra nazione, per lo shògunato e per tutti noi. Questo gesto inaugurerà una nuova era di reciproca comprensione tra i nostri paesi e gli altri rappresentati in Giappone”.

Scusandosi e implorando la tolleranza di Yoshi, Tyrer e André semplificarono il messaggio e lo tradussero come meglio poterono. Quando ebbero finito sir William disse: “Con il suo permesso vorrei concedermi un piccolo intervallo. Phillip, o André, per favore chiedete la sua indulgenza, presentate le mie scuse, eccetera e spiegategli che la mia vescica ha bisogno di assistenza. E colpa dell'influenza”.

I due interpreti si affrettarono a tradurre.

“Certo” rispose subito Yoshi senza credere a quella scusa.

Sir William si alzò. Dopo essersi scusato a sua volta, Seratard lo seguì in corridoio e lo raggiunse davanti al vaso di cui nessuno dei due aveva bisogno.

Emozionato, sir William mormorò: “Mio Dio, Henri, siete d'accordo con la mia interpretazione? Sta dicendo che possiamo muovere guerra contro Sanjiro”.

Anche Seratard era euforico. “E' un ribaltamento completo della politica che hanno seguito fino a ora, quella di fare passare tutto attraverso la Bakufu e lo shògunato. Mon Dieu, ci sta dando carta bianca?”

“Pas si crétin” disse sir William passando senza accorgersene al francese. “Un nostro attacco diretto contro Sanjiro costituirebbe il precedente per attaccare tutti gli altri daimyo, per primo quella canaglia dello stretto di Shimonoseki. Ma cosa diavolo ci chiederà in cambio?”

Si soffiò rumorosamente il naso.

“Ci dev'essere una ragione.”

“Non ne ho idea. E comunque è un'occasione rara, mon brave. Ed è straordinario che si sia messo in nostro potere, non avrei mai pensato che si presentasse con così pochi uomini, non gli sarà sfuggito che potremmo prenderlo in ostaggio per costringere Sanjiro a piegarsi.”

“Infatti. Mio Dio, che grande passo avanti! E come è arrivato subito al dunque, senza stupidi giri di parole! Non mi sarei mai aspettato un'occasione del genere.

Ma perchè, secondo voi? Ci deve essere sotto qualcosa.”

“Sì, Merde, è un vero peccato che lui non sia il tairò.” Ah! Ci sono arrivato prima di te, amico, disse tra sé sir William.

Una spinta di qua e una spinta di là e comincerà la festa come in India!

Si era sbottonato i pantaloni e osservando distrattamente il getto di orina senza più ascoltare le previsioni di Seratard meditava una strategia chiedendosi che cosa avrebbe potuto offrire, quanto poteva spingersi nelle trattative e come ottenere il consenso di Ketterer prima di ricevere l'approvazione della marina e del Foreign Office. Ketterer, che Dio lo maledica!

Che Dio maledica anche Palmerston, il primo ministro. Perché non ha risposto alla mia richiesta di imporre il diritto civilizzato? Ma forse lo ha fatto, si disse, forse il messaggio cifrato da Londra è già arrivato a Basra e adesso è in viaggio in una borsa diplomatica a bordo di qualche postale. Il flusso cessò.

Terminato di orinare si scrollò ricordando come sempre l'ammonimento che gli facevano a Eton quand'era ragazzo: “Se lo scuoti più di tre volte ti stai gingillando”.

Si spostò per lasciare il posto a Seratard e si abbottonò.

La quantità e la potenza del getto di Seratard erano impressionanti. Dev'essere il vino, pensò sir William, tornando verso la sala delle riunioni.

La conversazione proseguì senza intoppi. Con abilità e diplomatica attenzione, e ben assistito da Seratard, sir William dichiarò in modo molto indiretto che “se un esercito dovesse muovere contro qualcuno come Sanjiro, per esempio, e contro la sua capitale, per esempio, sarebbe un'azione certamente grave anche se giustificata da un evento inaccettabile quale un atto omicida commesso a danno di cittadini stranieri.

Qualora dovesse essere intrapresa un'azione del genere, essa scatenerebbe una ridda di proteste da Edo e richiederebbe una presentazione di scuse...”.

Nessuna affermazione diretta, niente che testimoniasse una tacita intesa, niente di scritto. Un'azione di aperta ostilità di quel tipo, un “caso eccezionale”, avrebbe potuto restare senza ulteriori conseguenze soltanto osservando strettamente il protocollo.

Entrambi afflitti da un lacerante mai di testa, Tyrer e André maledicevano i loro superiori per l'estrema difficoltà necessaria a tradurre quelle pur inevitabili tortuosità.

Yoshi ascoltava in un silenzio estatico. Il destino di Sanjiro era segnato e la prima barriera era stata superata senza difficoltà. “A mio avviso abbiamo raggiunto una piena intesa. Possiamo affrontare le altre questioni.“

“Sì, procediamo.” Sir William si rilassò in attesa di sentire come avrebbe dovuto ricambiare il favore.

Yoshi respirò a fondo e lanciò un nuovo assalto: “Traducete parola per parola, voglio che mi capiscano alla perfezione. Dite loro che quanto sto per dire dovrà essere considerato per il momento un segreto di Stato e rimanere tra noi”.

Davanti allo sguardo perplesso di Tyrer aggiunse: “Capitele parole “segreto di Stato”?”.

Dopo essersi consultato con André, Tyrer rispose: “Sì, sire”.

“Bene, allora traducete: siete d'accordo che questo rimanga un segreto di Stato tra noi?” Giacché siamo in ballo, balliamo, pensò sir William. “Sono d'accordo.” Seratard gli fece eco.

Tyrer si asciugò la fronte. “Sono pronto, sire.” Con un tono ancora più deciso Yoshi proseguì: “Desidero dotare lo shògunato e la Bakufu di armamenti moderni. Traducete. Per fare questo ho bisogno di competenza. Traducete. L'Inghilterra e la terra dei furansu sono le nazioni straniere più potenti. Traducete.

Vi chiedo di elaborare delle proposte per aiutare lo shògunato a dotarsi di una marina moderna, di cantieri e di un esercito moderno. Traducete”.

L'ammiraglio Ketterer balzò sulla sedia con il collo improvvisamente paonazzo. “State calmo” gli intimò sir William a bassa voce, “e non una parola!”

“Voglio anche un moderno sistema bancario e fabbriche sperimentali. Un paese non può fare tutto da solo. Voi siete ricchi, lo shògunato è povero. Appena avremo accettato le vostre proposte concorderò con voi un prezzo equo da pagarsi in carbone, argento, oro e contratti d'affitto per porti sicuri.

Se ciò vi interessasse vorrei ricevere una risposta preliminare fra trenta giorni. In caso affermativo, un anno è un periodo di tempo sufficiente affinché i progetti dettagliati vengano approvati dalle vostre autorità?” Yoshi riusciva a darsi un contegno con difficoltà e si chiedeva come avrebbero reagito i gai-jin sapendo che lui non aveva alcuna autorità per fare quell'offerta né i mezzi necessari per mandarla a buon fine.

Il suo seducente invito mirava a stornare per un anno la prospettiva di un conflitto esterno consentendogli di soffocare l'opposizione interna allo shògunato e, adesso che Sanjiro sarebbe stato spodestato, di affrontare i nemici principali, Ogama di Choshu e Yodo di Tosa.

Quel salto nel futuro, nell'ignoto, lo spaventava e al tempo stesso lo emozionava in un modo che non riusciva a capire.

Aveva basato quelle idee sulle informazioni circa i gai-jin estorte dalla spia di Inejin all'ignaro shoya Ryoshi, informazioni confermate dalla visita alla nave da guerra furansu, così imponente eppure più piccola e meno pericolosa dell'ammiraglia inglese.

Nonostante la prospettiva gli ripugnasse, aveva accettato che per sopravvivere la Terra degli Dèi dovesse diventare un paese moderno. E per ottenerlo lui doveva trattare con i gai-jin.

Li odiava, li disprezzava e non si fidava di loro, ma possedevano i mezzi per distruggere il Giappone o quanto meno per risospingerlo in una guerra civile simile a quelle che imperversavano prima che lo shògun Toranaga domasse il bushido, lo spirito guerriero dei samurai.

Osservò i due capi mentre parlavano tra loro.

Poi vide il capo inglese rivolgersi al giovane interprete, Taira, che nel suo stentato ma comprensibile giapponese disse: “Il mio padrone vi ringrazia, sire, per... per la fiducia. Necessari centoventi giorni per mandare messaggio al parlamento della regina e al re dei furansu e risposta tornare. I due capi sicuri che risposta è sì”.

Centoventi giorni gli sembrarono un tempo brevissimo.

“Bene” rispose Yoshi col viso duro, in realtà stremato per il sollievo.

Adesso viene la parte facile, pensò vedendo che gli altri si stavano preparando a chiudere l'incontro. “In ultimo, sono sicuro che William-sama non conosce l'identità dell'uomo che ospita: colui che si fa chiamare Nakama è un samurai rinnegato, un rivoluzionario ronin il cui vero nome è Hiraga, detto anche Otami.

Desidero che mi venga consegnato immediatamente. “E' ricercato per omicidio.”

In quel momento oltre la baia, nello Yoshiwara di Yokohama, Katsumata stava dicendo: “Hiraga, hai pensato a un modo per provocare i gai-jin, a un'azione ostile che lì scaglierà contro lo shògunato?”. I due uomini erano seduti uno di fronte all'altro in un padiglione appartato nel giardino delle Tre Carpe.

“La mossa più facile sarebbe incendiare una delle loro chiese” rispose Hiraga sforzandosi di nascondere la sua rabbia all'acuta sensibilità di Katsumata. Era arrivato poco prima dal suo rifugio nel villaggio accompagnato da un domestico semiaddormentato. Tranne alcune sguattere in cucina che si occupavano dei fuochi e delle pulizie in giro non c'era nessuno.

Raiko e le sue ragazze stavano ancora dormendo e molte di loro non si sarebbero alzate prima di mezzogiorno. “Un atto del genere lì farebbe uscire dai gangheri, sì.

Ma prima vorrei raccontarvi che cosa ho scoperto qui ...”

“Dopo, adesso facciamo un piano. Una chiesa?

E' un'idea interessante” lo interruppe Katsumata con un'espressione dura e distaccata.

Dall'ultima volta che Hiraga lo aveva incontrato, a Hodogaya, Katsumata aveva cambiato travestimento: si era tolto la barba e la parrucca incolta e ora con quella ispida peluria sul capo e i baffi sembrava un bonzo, un prete buddista.

Indossava la tipica tunica arancione e i sandali da monaco e attorno alla vita portava il rosario per le preghiere. La lunga spada, infilata nel fodero, era posata accanto a lui sui futon.

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