“Partirò con la prima nave per Hong Kong” rispose lui. “Andrò subito da lei e le presenterò le condizioni che avremo stabilito insieme.
Sono sicuro di riuscire a ottenere di più. Cinquemila invece di tremila vi sembrerebbe accettabile?”
“Lei sostiene che i suoi disgustosi termini non siano modificabili.”
“La convincerò, almeno su qualche punto.”
“Quali?”
“Ne parleremo più tardi, o domani. Per quanto riguarda il denaro sono sicuro di farcela.”
“Mon Dieu, il denaro non è tutto, e perchè tanta fretta? C'è tempo fino al quattordici del mese prossimo.”
“Voglio essere il primo a darle la notizia, per sbilanciarla. Mi renderà più facile la trattativa. Per voi” aggiunse.
Lei si girò e lo guardò. “Anche per voi.”
“Anche per me” ammise Gornt.
Quelle mosse, quelle puntate e quei rilanci in cui una parola sbagliata poteva essere fatale erano il poker più emozionante della sua vita, e quello con la posta più alta: lei.
Lei, inseparabile dal suo futuro. E' lei ad avere in mano quasi tutti gli assi, si disse, anche se non lo sa. Se grazie alla sua opera di persuasione Angélique avesse accettato subito le richieste di Tess, Tess sarebbe stata pronta ad allearsi con lui, fatto molto importante per il suo futuro; le cinquemila ghinee sarebbero state un ottimo cemento per la Rothwen-Gornt; e l'astio di Angélique avrebbe assicurato la fine di Tess.
“Vi amo molto e voglio sposarvi” disse. “Ve ne prego.”
“E troppo presto per rispondervi.”
“Non sono d'accordo, siete una donna libera.”
“Perché non sono sposata e non lo sono mai stata?” sbottò lei.
“Calmatevi, dolcissima, pensate con calma! Siamo adulti, ho il diritto di dichiararvi il mio amore e di volervi sposare.” Angélique abbassò lo sguardo e riconobbe di aver bisogno di lui, soltanto Gornt poteva proteggerla da Tess. “Scusate, si, scusate... quella lettera mi ha turbato. Ma è ancora troppo presto per rispondervi, davvero.”
“No, sono sicuro che tu mi ami” rispose lui passando dal voi al tu, “la promessa rimarrà un segreto tra noi, non lo saprà nessuno. Ti amo, e insieme saremo una grande coppia” ribadì con sincerità, “ci aspetta un radioso futuro dopo che...” indicò la lettera, “dopo che questa non costituirà più una minaccia per te. Ci accomunano tante cose e abbiamo la stessa meta, distruggere il tuo e il mio nemico.“
“Io non ti amo, Edward, mi piaci immensamente, forse con il tempo, e ci proverei... se dovessi sposarti, no, non interrompermi, lasciami finire.” Le dita di Angélique giocavano con un fermaglio di perle che aveva comprato al villaggio, l'unico gioiello che le era rimasto, oltre all'anello di fidanzamento e a quello di giada, perchè MacStruan non avrebbe più riconosciuto la validità degli assegni.
E André sarebbe passato da lei nel pomeriggio... Accantonò quella preoccupazione e si concentrò. E' curioso che Edward abbia avuto la mia stessa idea. La pensiamo spesso allo stesso modo. “Concedimi un pò di tempo per risponderti. Quando partirà la prossima nave per Hong Kong?”
“La migliore e la più veloce partirà domani sera. E' l'Atlanta Belle della Cooper-Tillman diretta a Hong Kong e a San Francisco” rispose lui con prontezza perchè, come tutti i mercanti, aveva il calendario delle partenze e degli arrivi stampato in testa. “Arriverà a Hong Kong prima del nostro veliero, la Night Witch, che sarà qui soltanto fra tre giorni.”
“Vuoi prendere l'Atlanta Belle?”
“Sì.”
“Allora, Edward, potremmo discutere domattina di quello che riterrai possibile fare con quella donna, così avrò il tempo di riflettere. Se ci troveremo d'accordo, per favore parti subito per Hong Kong... e torna al più presto.”
“Bene. E la risposta alla mia domanda?”
“Te la darò quando tornerai.”
“Devo averla prima di partire.”
“Perché?”
“Per il mio piacere” rispose lui.
Angélique vide ancora quello strano sorriso e si chiese che cosa nascondesse. “Perché?” Lui si alzò e le si parò davanti. “Perché è vitale per me. Se mi sposerai non ci saranno più limiti per noi, Shanghai ti piacerà moltissimo, è la città più bella dell'Asia, al confronto Hong Kong è un paesino, e tu ne diventerai il vanto e vivrai felice per sempre. Lo prometto. Adesso, per favore, concedimi una risposta.”
“Ti prometto che ti darò la risposta al tuo ritorno, tra noi ci deve essere fiducia” disse lei. Gornt ricordò di aver detto la stessa frase a Tess.
“Al tuo ritorno.”
“Mi dispiace, Angélique, ho bisogno di saperlo prima di partire.”
“Altrimenti non contratterai per me con Tess?” Lui esitò un istante. “Contratterò per te. E vorrei sposarti domani, questa sera stessa... Tess non c'entra, ma non è possibile.” Si avvicinò, le posò le mani sulle spalle e le baciò la punta del naso. “Jolie mademoiselle, mi rispondi, per favore, entro domani sera al tramonto, prima che io salga a bordo? Una risposta davanti a Dio.”
Quando quel pomeriggio, nel suo appartamento, Raiko ricevette la notizia della morte di Katsumata e del suicidio di Meikin svenne. Non appena si fu un pò ripresa inviò una cameriera a chiedere a Hiraga di cercare con urgenza Akimoto e Takeda perchè c'erano novità terribili. I due shishi arrivarono in gran fretta.
Piangendo senza vergogna e torcendosi le mani per la disperazione Raiko raccontò di come Yoshi aveva catturato Katsumata, della sua morte e di quella di Meikin, omettendo però che era stata la donna a tradirlo. “E' la fine... se Yoshi ha saputo di Katsumata e di Meikin sa sicuramente anche di me e di voi, siamo stati tutti traditi. Chi sarà stato?
E' soltanto questione di tempo...”
Era terrorizzata.
“Dovete andarvene subito, prima che la Bakufu vi trovi... dovete andarvene...”
“Basta!” gridò Hiraga con il volto terreo. Non era più travestito da sguattero, indossava un normale kimono. Era pronto a correre verso il cunicolo segreto, adesso la vigilanza delle sentinelle di Raiko era garantita da una minaccia di morte. Anche Akimoto e Takeda erano disperati.
Era impensabile che Katsumata fosse morto da miserabile vigliacco.
Non posso credere che il sensei si sia lasciato catturare vivo, pensò Hiraga. Ed è disgustoso che Yoshi abbia concesso a Meikin di fare quello che ha fatto, per quanto potesse meritarselo. Baka essere catturati vivi!
“Lasciaci soli, Raiko, ti chiamerò più tardi.”
“Grazie, signore, spiacente ma...”
“Lasciaci soli!” Contenta di essersi liberata di loro e odiando tutti gli shishi, Raiko se ne andò dissimulando saggiamente il suo disprezzo.
Adirato, Takeda sbottò: “Un simile gesto dimostra che Yoshi non ha onore. Katsumata va vendicato!”.
Akimoto si rivolse a Hiraga: “Che cosa dobbiamo fare, cugino? La vecchia ha ragione, ci verranno a cercare.
Dovremo scappare questa notte, non credi?”
“Tu sei baka! Siamo circondati, siamo come topi in trappola.
“ In realtà pur fingendo di essere adirato Hiraga si sentiva sollevato: adesso che Katsumata era morto non avrebbero fatto l'attentato e lui sarebbe tornato padrone del proprio destino. “Non dobbiamo fare errori.
“ Takeda disse: “E' vero, qui siamo come topi in trappola. Mettiamo in atto il piano del sensei. Abbiamo le bombe. Sonno-joi!”.
“No. Per il momento siamo al sicuro.” Intervenne Akimoto: “Hiraga, Yoshi deve aver affidato Katsumata a Meikin come ricompensa, come premio per il suo tradimento, non credi?
Raiko farà lo stesso con noi. Che sia lei il traditore che ha consegnato entrambi a Yoshi?”.
Takeda balzò in piedi. “Uccidiamola e diamo inizio all'attacco.”
“Siediti” esclamò Hiraga. “Raiko ci serve.
In passato si è dimostrata utile ed è risaputo che non ci si deve mai fidare del tutto di una mama-san.
Siediti, Takeda, usa il cervello. Non ci tradirà, è soltanto una strega avida di denaro, come tutte le altre mama-san, pronte a esigere il prezzo di una prostituta di terzo rango per una puttanella di strada che non merita nemmeno un momme di rame.
In passato Meikin ci ha dato buone informazioni, è stato grazie a lei che abbiamo ucciso Utani il pederasta. E' stata tradita a sua volta. Yoshi e la Bakufu hanno migliaia di spie.”
“Qui non siamo al sicuro.” Akimoto rabbrividì. “Odio questo posto. Lo Yoshiwara dei gai-jin è contaminato dalla loro peste. Io sto con Takeda.
L'attacco e poi la fuga, o la morte.”
“Non ancora. Lasciami pensare!” Takeda lo guardò con sospetto. “Conoscevi questa Meikin?”
“Molti anni fa...” Hiraga stava quasi per aggiungere: Conoscevo anche Koiko, e vi spiegherò la verità su quel tradimento, ma decise di tacere.
L'orribile morte di Katsumata lo rendeva felice. Sumomo e Koiko sono state vendicate, e gli dei, se esistono, decideranno se trasformare le loro anime in kami o farle rinascere dopo trentun giorni. Adesso posso dimenticarle, anche se vivranno per sempre.
Il sensei che implorava pietà? Dopo tutti quegli anni in cui lo abbiamo ascoltato e idolatrato?
Ci siamo fatti ingannare, pensò disgustato.
Non importa, quel codardo verrà deriso e vilipeso da tutti e presto i cantori e gli attori racconteranno la storia di come ha tradito Sumomo e Koiko, della vendetta della mama-san e del suo ultimo desiderio prima di morire. Ah, che eleganza!
Si lasciò sfuggire una risata nervosa e l'imitazione della voce in falsetto di un onnagata, un attore specializzato in ruoli femminili, perchè in Giappone soltanto gli uomini potevano salire sul palcoscenico. “Un bagno e dei vestiti puliti. Prego?” Con questa storia i teatri kabuki e i burattinai riempiranno le sale per generazioni!”
“Baka al kabuki” disse furente Takeda. “Il sensei sarà vendicato e il suo onore verrà riscattato.
Questa sera attaccheremo come deciso, tu ti occuperai della nave, io assalterò le due chiese e prima di morire ucciderò tutti i gai-jin che incontrerò. Akimoto, cosa dici?” Si alzò e guardò il giardino fuori dalla finestra. La notte non era lontana. Vide che improvvisamente il vento agitava i cespugli.
“Guardate! E' un segno degli dei! Sta salendo il vento. Viene da meridione!” Akimoto lo raggiunse. “E' vero, Hiraga!” Per un istante Hiraga fu disorientato. Un segno? “Nessun attacco, non questa sera. Nessun attacco!” Takeda si girò di scatto. “Io dico di attaccare.” Guardò Akimoto.
“Sei d'accordo? Sonno-joi!” Akimoto vacillava. L'ira e la sicurezza di Takeda erano contagiose.
“L'incendio ci coprirà la fuga, Hiraga.”
“Un incendio modesto, forse” disse irritato Hiraga, “non un tentativo di radere al suolo Yokohama.” Non aveva le idee chiare, senza l'aiuto di Taira e con Yoshi alle costole era impossibile realizzare il suo piano definitivo. “Domani o dopodomani potremo...”
“Questa notte” ripeté Takeda riuscendo a malapena a controllare la rabbia. “Questa notte è un dono degli dei, sono gli dei a ordinarlo!”
“In questo periodo dell'anno il vento dura qualche giorno. Abbiamo bisogno di altri uomini per incendiare l'Insediamento. Uno di noi andrà a Edo a cercarli. Takeda, vai tu.”
“E come? Hai detto che ci sono uomini della Bakufu ovunque. Come?”
“Non lo so, Takeda.” Hiraga si alzò. Tremava. “Aspetta il mio ritorno, poi decideremo. Vado a dire a Raiko che ce ne andremo domani, anche se non è vero.”
“Non è più affidabile.”
“Te l'ho già detto, non lo è mai stata.” Hiraga uscì e trovò la donna.
“Va bene, Hiraga-sama, potete fermarvi.” Raiko non era più in preda al panico, il brandy le concedeva una sorda accettazione del destino.
“Taira verrà qui questa sera?”
“No, e nemmeno domani. Ma verrà Furansu-san. Lo so per certo.”
“Manda a chiamare Taira. Puoi farlo, vero?”
“Sì, e quando arriverà che cosa gli dirò?” La donna prestava un ascolto distratto, ma fu subito richiamata dalla forza delle parole di Hiraga. “Raiko, digli che Fujiko ha deciso di non firmare più il contratto, che un altro gai-jin ti ha offerto condizioni migliori.”
“Ma il prezzo pattuito per il suo contratto è davvero straordinario, lui non è uno stupido, lo confronterà con altri e preferirà un'altra casa, ne ha già visitata qualcuna. Lo perderò.”
“Perderai la testa se non uscirai dai guai in cui sei finita” ribatté lui con durezza, “e il resto del tuo corpo ben nutrito diventerà cibo per i pesci.”
“Uscire dai guai?” Adesso Raiko era attenta. “E' davvero possibile, Hiraga-sama? Conosci il modo per farmi uscire dai guai?”
“Fai come ti dico e forse riuscirò a salvarti. Manda subito a chiamare Taira.” Hiraga la guardò con freddezza e tornò dagli altri due, che lo aspettavano sulla veranda e osservavano i cespugli piegati dal vento.
“Per un paio di giorni siamo al sicuro.” Con un sorriso di scherno Takeda disse: “Poveretta, non sa che questa notte morirà e con lei sarà finita anche per l'Insediamento. Inoltre ci libererà da quei parassiti”.
“Rimanderemo di un giorno, a domani notte.”
“Perché?” chiese Takeda di nuovo irritato.
“Non vuoi una possibilità di fuga, non vuoi sferrare il colpo mortale e continuare a vivere per goderne i frutti, con tutti noi? Sono d'accordo con te, è giunto il momento, hai ragione, Takeda. Ma rimandare l'attacco a domani mi concederà il tempo per mettere a punto il piano.” Dopo una pausa Takeda chiese: “Akimoto?”.
“Accettiamo di rimandare. Riuscire anche a scappare è... Hiraga è saggio, Takeda, neh?” Scese il silenzio. “Ritardiamo di un giorno. Accetto.” Takeda si alzò per andare al suo nascondiglio nella vicina casa da tè.
Dopo un istante Hiraga disse: “Akimoto, tra un pò va' da lui, confortalo e rassicuralo”.
“E un satsuma, cugino. Katsumata era un satsuma.” Hiraga guardò i cespugli piegati dal vento del sud.
“Stagli vicino. Rassicuralo.”
Tyrer sbiancò. “Niente contratto, Raiko-san?”
“No, spiacente, Fujiko ha cambiato idea e ha un'offerta molto migliore, spiacente, è molto decisa.”
“Prego?” chiese lui cercando di raccapezzarsi tra le frasi in giapponese.
Lei ripeté il discorsetto e aggiunse: “Per questo ti ho mandato a chiamare con urgenza. Spiacente, non ti riceverà né questa sera né mai”.
Tyrer si sentì morire.
La interrogò usando le parole più cortesi e appropriate che conosceva ma Raiko non faceva che scuotere il capo.
“Spiacente” concluse infine la donna con un inchino di congedo.
“Buonanotte, Taira-sama.” Confuso, Tyrer uscì sulla veranda. Lo shoji si richiuse dietro di lui.