Gai-Jin (205 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Certo, se desiderate cadere nella trappola.”

“Come?”

“Dovete sostenere la parte di una vedova bambina afflitta e indifesa che è stata costretta a un matrimonio precoce da un uomo forte e prepotente, non certo quella della rapace e bisognosa vedova di un marito ricco, di un minorenne dissoluto che ha sposato una ragazza senza dote e di dubbia famiglia andando contro il volere della madre. Per favore, non offendetevi, vi sto soltanto anticipando quello che con ogni probabilità si dirà. Dovete aspettare, cara signora, fingendo di sperare che Tess si comporti come un essere umano. Se questo bambino fosse stato, ehm, fosse in viaggio sarebbe un grande beneficio.”

“E' se non fosse così?”

“Ci penseremo quando accadrà, cioè quando non accadrà. C'è molto tempo per...”

“Io non ho molto tempo. Sto finendo i soldi.”

“Siate paziente...” Mon Dieu, la pazienza! Gli uomini e la loro pazienza!

Adesso che Angélique sapeva con certezza di non portare in grembo il figlio di Malcolm aveva messo da parte tutte le idee formulate nell'ipotesi di essere incinta e si era concentrata sulle altre.

Mi lancio all'assalto? No, quello viene dopo, il signor Skye ha ragione.

Devo prima sapere che cosa intende fare lei e per saperlo devo dire tutto a Hoag o a Babcott. E' stato Hoag a consegnarmi la lettera, lo devo dire a lui. Non c'è bisogno che mi metta le mani addosso, è sufficiente che glielo dica. Subito o più tardi? Devo chiedere il parere di André o di Edward? Non credo.

Non avere un figlio da accudire mi semplifica la vita e mi dà maggiori possibilità di risposarmi. Qualunque cosa accada, come ogni altra ragazza del mondo ho bisogno di qualcuno che mi protegga, di un buon marito o al limite di un marito tout court.

Quanto alle prospettive: non ho i soldi per tornare a vivere a Parigi.

Posso soltanto pervenire a un accomodamento con la Struan, no, non con la compagnia, con quella donna.

Anche Edward è interessato a questa soluzione. Anzi, soprattutto lui. Senza una dignitosa buonuscita per me e la benevolenza di Tess verso il suo progetto non desidererà più sposarmi. E comprensibile perchè neppure io lo vorrei. Lui è innamorato di me, io non sono innamorata di lui, anche se mi piace moltissimo, ma senza una rispettiva sicurezza economica la relazione non ha senso.

Si torna comunque e sempre a quella donna, pensò Angélique compiacendosi per come la sua mente lavorava con fredda logica, senza lasciarsi dominare dall'ansia ma valutando ogni aspetto, come conveniva a una donna prudente.

Ho un paio di mesi di tempo, non di più, e soltanto se non darò altro denaro ad André. Presto i miei assegni saranno finiti e lei potrebbe ordinare da un giorno all'altro ad Albert di chiudermi il credito e di sbattermi fuori. Non vede l'ora, sicuramente. Non importa, mi trasferirò alla Legazione francese, ma neppure loro mi sosterranno a lungo.

Sir William? Non ha ragione di fare più di quanto non abbia già fatto. Su André Tess non ha potere, lui è l'unico che mi può aiutare. Rifletti, Angélique, ti sbagli! Non si può prevedere che cosa farà Poncin spinto dalla disperazione quando vedrà che i soldi stanno per finire o sono finiti.

Potrebbe vendere a Tess quell'orrendo foglio, darle la prova del... passato. E' un cinico, ed è freddo e scaltro a sufficienza per aver raccolto le prove che ho pagato la medicina con gli orecchini perduti. Accetterebbe da Tess molto meno denaro di quanto pretenderò io. Eppure è anche l'unico abbastanza cattivo per affrontarla di petto. Edward le si opporrà ma soltanto fino a un certo punto: non rischierebbe di perdere la Rothwell-Gornt.

Devo convincere Edward a tornare subito a Hong Kong?

Oppure Hoag?

E' un amico, quasi un amico: è stato lei a mandarlo da me, o André? No, non dormirei al pensiero che si trovi a quattr'occhi a Hong Kong con quella donna.

 

Nonostante la sua malinconia, per Angélique la funzione domenicale fu un enorme successo. Sotto un cielo burrascoso, vestita come sempre di nero, con il cappellino e il volto coperti da un velo di medio spessore e con il libro di preghiere in mano era uscita dalla Legazione, si era incamminata lungo la passeggiata, aveva superato la chiesa cattolica unendosi alla folla diretta alla Santa Trinità, ne aveva percorso il viottolo, era entrata, aveva scelto un posto in una fila vuota in fondo e si era subito inginocchiata in preghiera.

La navata quasi piena fu percorsa da un mormorio che contagiò i ritardatari e poi si estese a tutto l'Insediamento raggiungendo la Città Ubriaca.

“Dio onnipotente, Angel è in chiesa, nella nostra chiesa...”

“Nella Santa Trinità? Impossibile, è cattolica...”

“Impossibile o no è lì, bella come una rosa, tutta vestita di rosso e senza mutandoni...”

“Oh, per l'amor del cielo, non raccontare balle...”

“Non è una balla, lei i mutandoni non li porta mai ...”

“Nella Santa Trinità? Dio mio! E' diventata una di noi?”

“Il vecchio Tweet se la farà addosso dalla gioia...” Maureen e Jamie si fermarono dietro di lei, accanto all'ultimo banco.

Stavano per chiederle: possiamo sederci con voi? ma esitarono. Consapevole della loro presenza, Angélique non si scompose, limitandosi a provare un pò di invidia per il vestito allegro e il cappotto verde di Maureen e per il bel cappello con il lungo fiocco di chiffon giallo che le scendeva sulla schiena. Dopo un istante, sospinti dalla folla che premeva alle loro spalle e per non disturbare le sue preghiere, i due proseguirono.

Era quello che voleva. Finita l'appassionata preghiera di ringraziamento per la forza che le era stata concessa onde superare l'enorme dispiacere, rimase inginocchiata sul comodo cuscinetto dell'inginocchiatoio e, protetta dal velo, si guardò intorno per osservare la scena. Non aveva mai assistito a una funzione protestante.

Le sembrava che la devozione nella sua chiesa fosse più profonda, nonostante la navata riscaldata da numerosi bracieri fosse affollata. Le vetrate colorate erano ricche, l'altare e i paramenti invece più sobri di quanto si era aspettata.

Mossi da compiaciuto stupore o da perplessità molti fedeli si sarebbero fermati per salutarla e per sedersi accanto a lei, ma tutti preferirono proseguire per non disturbarla.

Gornt scelse un banco sul lato opposto.

Così fu lasciata sola e la funzione cominciò. Cantarono l'inno. Lei imitava gli altri, si alzava e si sedeva a tempo con loro e pregava quando pregavano tutti, sempre la Madre benedetta però. Poi ascoltò la confusa predica del reverendo Tweet, assolutamente sconcertato dalla sua presenza.

Altri inni e canti e il piattino delle offerte, un attimo di imbarazzo mentre cercava qualche moneta, un altro inno e infine la benedizione. La fine della funzione fu accolta da un generale ed evidente sospiro di sollievo.

Non appena il reverendo scomparve nella sagrestia seguendo un anziano chierichetto, l'assemblea si alzò.

La maggior parte dei fedeli si affrettò verso l'uscita e il tradizionale pranzo della domenica, il miglior pasto della settimana, almeno per i più fortunati, quelli che potevano permettersi un taglio dell'ultimo carico di carne australiana congelata: roastbeef, budino dello Yorkshire e patate arrosto.

Alcuni si fermarono per un'ultima preghiera. Angélique chiese perdono per essere andata in quella chiesa, tuttavia confidava che Dio avrebbe accettato il suo gesto come una momentanea, necessaria protesta contro padre Leo. Gli occhi di tutti coloro che si avviavano verso l'uscita si posavano su di lei. Dopo aver risposto ai timidi saluti con cenni del capo, Angélique si uni agli ultimi della fila.

Il parroco era sul sagrato e salutava alcuni con cordialità e altri col broncio. Quando la vide fu colto da un moto di serafico imbarazzo: “Oh, cara signorina Ang... oh, signora, che gioia vedervi, benvenuta alla Santa Trinità, speriamo di avervi ancora qui... se desiderate qualche delucidazione...

Oh! No? Allora spero che vi siate trovata bene, ehm, tornate, tornate di nuovo, che gioia vedervi, siete la benvenuta...”.

“Grazie, reverendo.” Angélique accennò una riverenza e subito si avviò lungo il sentiero.

Sul lungomare la aspettava sir William, imbacuccato come chiunque altro per difendersi dalle folate di vento. Accanto a lui c'era Babcott.

“Sono contento di vedervi” esclamò sir William con sincerità, “soprattutto qui. Benvenuta nella nostra bella Santa Trinità, la vostra presenza ci rende felici. Il parroco oggi non era in forma, mi dispiace, di solito è più efficace, pur non essendo di quelli che minacciano fuoco e fiamme. Vi è piaciuta la funzione?”

“Era interessante, sir William” rispose Angélique.

“Assistere a una funzione in inglese invece che in latino mi è sembrata una novità esotica.”

“Sì, certo. Possiamo accompagnarvi?”

“Volentieri.” Si incamminarono a passo veloce scambiandosi complimenti, battute e facezie per eludere la grande domanda: un tempo tremendo, mi pare; la partita di calcio ieri è stata eccezionale, se desiderate, la settimana prossima vi accompagneremo; avete letto gli ultimi giornali? la filodrammatica di Yokohama sta mettendo in scena Romeo e Giulietta, la signora Lunkchurch ha accettato la parte di protagonista accanto alla signora Grimm nelle vesti di Romeo. “Siete mai salita su un palcoscenico, avete mai recitato, signora?”

“Soltanto da bambina, nelle recite di Natale in convento” rispose lei. “E non molto bene... oh!”

Rubato da una folata di vento il cilindro di sir William si mise a roteare sul selciato, Babcott fece appena in tempo a trattenere il suo, Angélique invece non fu altrettanto pronta e il suo cappellino volò sul lungomare insieme a quello di molti altri tra un coro di imprecazioni, grida e risate. Lo rincorse insieme ai compagni di sventura ma fu anticipata da Babcott che riuscì ad afferrarlo poco prima che rotolasse sulla spiaggia, mentre quello di sir William fu fermato da Phillip Tyrer che si precipitò a restituirglielo prima di inseguire il proprio.

“Il mio cilindro di castoro più bello” disse con amarezza sir William ripulendo il cappello da una macchia di fango pericolosamente simile a letame. Il cappellino di Angélique non si era sporcato e lei se lo rimise sul capo fermandolo con lo spillone. “Grazie, George, temevo volesse fare il bagno.”

“Anch'io. Ci concedete l'onore di invitarvi a pranzo?”

“Vi ringrazio, ma oggi preferirei stare a casa.” Quando raggiunsero il cancello della Struan i due uomini le baciarono la mano e lei sparì dentro al portone.

“Una donna bellissima e in gamba” commentò sir William.

“Sì.” Babcott guardava il mare con un'espressione assorta.

Sir William seguì il suo sguardo. La baia sembrava tranquilla. “Che cosa c'è?”

“Le sono venute le mestruazioni.”

“Dio santo, l'avete visitata? L'ha visitata Hoag? Perché diavolo non me l'avete detto?”

“Non l'abbiamo visitata. Lo so, ecco tutto.”

“Cosa? Come fate a...” Sir William si interruppe per salutare MacStruan e Dmitri. “'Giorno, 'giorno anche a voi” disse in fretta, poi prese Babcott sottobraccio e lo costrinse a incamminarsi verso la Legazione. “Come fate a saperlo?”

“Sono un medico, per Dio. L'ho vista ieri e quando oggi l'ho rivista senza il velo mi è subito saltato agli occhi. Il suo viso era un pò gonfio e quando ha rincorso il cappello l'ha fatto goffamente.”

“Non me ne sono accorto! Dio santo! Ne siete sicuro?”

“No, ma potrei scommetterci cento ghinee contro un penny.” Sir William aggrottò la fronte. “Anche Hoag sarebbe in grado di capirlo se la vedesse?”

“Non lo so.”

“Allora non diteglielo.”

“Perché no?”

“E meglio che rimanga tra noi.” Poi sir William aggiunse bonariamente: “Lasciamo che Angélique giochi le sue carte come meglio crede.

Il suo gioco, suo e di Tess, non il nostro. Noi non c'entriamo più”.

 

Tre soldati e un sergente della Bakufu superarono la porta dello Yoshiwara.

In apparenza erano simili a qualsiasi altro drappello di samurai, ma in realtà erano più forti, più cattivi e più guardinghi. Era mezzogiorno.

Nonostante il maltempo la strada era percorsa dal tradizionale tranquillo viavai di cortigiane con le domestiche al seguito che si pavoneggiavano davanti ai gruppi di gai-jin seduti ai caffè e nelle case da tè e che le osservavano ridendo quando il vento faceva volar via qualche ombrellino da cerimonia.

Di quando in quando un samurai si fermava davanti al portiere di una locanda, all'avventore di una casa da tè o allo sguattero di un ristorante che, inchinandosi umilmente, rispondeva: “No, signore, il traditore Hiraga non si è visto da queste parti, oh, no, signore, grazie, signore, subito, signore, no, non lo conosco, signore”.

Sebbene molti sapessero dove Hiraga si nascondesse, tacevano perchè odiavano la Bakufu e sapevano che nessuna ricompensa li avrebbe compensati della sicura vendetta degli shishi né del disprezzo del Mondo Fluttuante, che si sarebbero abbattuti su di loro per il tradimento. I segreti erano l'essenza e la moneta del loro mondo, l'ingrediente che colorava la vita quotidiana.

Il drappello dapprima sembrava muoversi a casaccio, poi il sergente svoltò con decisione in un vicolo e picchiò al cancello della recinzione delle Tre Carpe.

Hiraga era in trappola. Di solito all'approssimarsi di un drappello le sentinelle lo avvisavano per tempo consentendogli di fuggire nel cunicolo segreto, dove nel frattempo aveva portato un materasso, candele, fiammiferi e cibo, nonché la pistola e le spade e gli esplosivi di Katsumata.

Quando la sentinella gli comunicò il pericolo, questa volta Hiraga scoprì di non poter raggiungere il pozzo perchè altri samurai stavano perquisendo il giardino posteriore.

In preda al panico corse nel ripostiglio della cucina per indossare il travestimento datogli da Katsumata. Al di là del cespuglio, poco lontano il sergente spinse da parte il mesto portiere, si tolse i sandali e salì sulla veranda dell'edificio principale.

Ignara del fatto che Hiraga si trovasse ancora nella casa, Raiko uscì e si inchinò al sergente con grande cordialità. Intimamente era terrorizzata perchè tre giorni di ripetute perquisizioni le avevano logorato i nervi.

“Buongiorno, signore, spiacente, le ragazze stanno riposando e non possono ricevere clienti.”

“Voglio perquisire.”

“Con piacere, seguitemi.”

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