Gai-Jin (200 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Yoshi si accigliò. “Questa “ernia” è permanente?”

“Dottore-sama dice che...”

“So che state traducendo le parole del dottore, Taira” lo interruppe Yoshi irritato da quello che aveva sentito, “ma limitatevi a tradurre senza inutili titoli cerimoniali!”

“Sì, sire. Dice che il danno è... permanente” tradusse storpiando la parola che pronunciava per la prima volta. “Il tairò Anjo avrà bisogno... della medicina che fa finire il dolore sempre, scusate, ogni giorno e che ogni giorno dovrà portare questo “cinto”.”

Tyrer descrisse a gesti la fasciatura e il punto di pressione. “Il dottore pensa che tairò-sama sta bene se si cura. Ma non... non può usare facilmente spada.” Yoshi aggrottò le sopracciglia: l'esito della visita era tutt'altro che incoraggiante. “Per quanto tempo...” Si interruppe e fece cenno alle guardie di uscire. “Aspettate fuori.” Abeh indugiò. “Anche tu.” Il capitano chiuse di malavoglia la porta. Yoshi disse: “La verità: quanto vivrà?”.

“Lo sa soltanto Dio.”

“Lasciamo stare gli dei! Il dottore pensa che il tairò vivrà quanto?” Babcott esitò. Si era aspettato che il tairò gli ordinasse di non parlarne con Yoshi, ma dopo che gli aveva spiegato dell'ernia e della medicina e dopo avergli dato la tintura di laudano che quasi subito aveva calmato il dolore, l'ammalato soddisfatto lo aveva invitato a riferire le “buone novità”.

L'ernia però non era che una parte del problema.

La diagnosi completa, di cui Babcott non aveva parlato né ad Anjo né a Phillip Tyrer rimandando il giudizio definitivo all'esito delle analisi delle urine e delle feci e preferendo consultare sir William e fare una seconda visita, gli faceva temere un pericoloso deterioramento dell'intestino causato da fattori ignoti.

La visita specifica era stata relativamente breve ma l'indagine verbale sui sintomi era durata parecchie ore.

Anjo, un uomo di quarantasei anni, aveva un fisico in pessime condizioni. Denti marci che prima o poi avrebbero provocato la setticemia, organi dell'addome sensibili alla pressione superficiale con evidenti blocchi interni, prostata molto ingrossata.

L'elaborazione della diagnosi era stata, complicata dalle difficoltà di comunicazione tra lui e Phillip e il paziente, che si era dimostrato irascibile, sospettoso e riluttante a descrivere sintomi e disagi.

Anjo infatti si rifiutava di ammettere l'evidenza di qualsiasi sintomo e Babcott era stato costretto a circuirlo con una lunga serie di domande prima di pervenire alla conclusione che probabilmente aveva difficoltà a evacuare, a orinare e a mantenere l'erezione, fatto questo che più di altri sembrava preoccupare il paziente.

“Phillip, dite al principe Yoshi che a mio avviso vivrà quanto è normale per un uomo della sua età nelle sue medesime condizioni fisiche.” L'intensa preoccupazione di fare un buon lavoro aveva risvegliato in Tyrer il mal di testa. “Vivrà circa come un uomo della sua stessa età.” Yoshi rifletté un istante e riconoscendo la difficoltà di esprimere in una lingua straniera una materia tanto delicata si sforzò di riproporre la domanda in termini più semplici: “Chiedete: due anni, tre anni, un anno?”.

Questa volta osservò attentamente Babcott, non Tyrer.

“Difficile dire, signore. Tra una settimana forse si saprà meglio.”

“E adesso? La verità. Un anno, due anni, tre anni, quanto?” Prima ancora di partire da Kanagawa Babcott sapeva che non sarebbe andato a Edo soltanto in veste di medico. Sir William gli aveva detto: “Per dirla chiaramente, vecchio mio, nel caso che il paziente sia Anjo voi sarete anche un importante rappresentante del governo di Sua Maestà, mio e dell'Insediamento, nonché una dannata spia... George, mi raccomando, non rovinate un'occasione unica...”.

Babcott si considerava innanzitutto un medico e come tale era vincolato al paziente dal segreto professionale. Yoshi era sicuramente un nemico di Anjo, un nemico potente, ma per il governo britannico era un grande amico potenziale.

Tra i due, Yoshi era certamente il più importante, a lungo termine. Anjo aveva mandato l'ultimatum di evacuare Yokohama, era il capo della Bakufu e a meno che Yoshi restasse vittima di qualche violenza, sicuramente sarebbe morto prima di lui. Se fossi costretto a esprimere un verdetto che cosa risponderei? si chiese. Entro un anno. Invece rispose: “Un anno, due anni, tre anni, Yoshi-sama? In verità, spiacente, adesso non lo so”.

“Potrebbe essere di più?”

“Spiacente, adesso non posso dire.”

“Sarete in grado di dirlo la settimana prossima?”

“Forse la settimana prossima saprò se più di tre anni.”

“Forse sapete già più di quanto non diciate.” Babcott sorrise. “Phillip, ditegli educatamente che sono qui dietro suo invito, come ospite. Che sono un medico, non uno stregone e non ho nessun obbligo di tornare né la settimana prossima né mai.”

“Dannazione, George” mormorò guardingo Tyrer, “non cacciamoci nei guai, non so come si dice “stregone”, tanto meno so tradurre tutte queste sfumature, per Dio, siate più semplice.”

“Che cosa avete detto, Taira?” chiese bruscamente Yoshi.

“Oh! Sire, che... difficile tradurre parole dei Grandi Capi quando... molti significati. Io non conosco le parole miori... migliori, per favore, scusatemi.”

“Dovete studiare di più” lo rimproverò Yoshi, irritato di non disporre di un interprete suo. “Lavorate bene, ma non come dovreste, dovete studiare di più! E importante! Adesso ditemi che cosa ha detto esattamente!” Tyrer respirò a fondo, sudava. “Dice che lui è dottore, non dio, Yoshi-sama, che non conosce esattamente male del tairò. Che lui... qui perchè Yoshi lo ha invitato. Che spiacente, se Dottore-sama non vuole venire a Edo non viene a Edo.” Quando vide che Yoshi rispondeva con lo stesso sorriso insincero di Babcott si sentì morire e maledisse il giorno in cui aveva deciso di diventare un interprete. “Spiacente.”

“So ka!” Yoshi calcolò la mossa successiva. Il dottore si era dimostrato utile anche se adesso gli stava nascondendo la verità. Evidentemente si trattava di una verità amara, non favorevole ad Anjo. Quel pensiero lo rallegrò.

E ancor di più lo rallegrò il ricordo di una brillante idea che Misamoto gli aveva involontariamente suggerito alcuni mesi prima e che lui aveva subito messo in pratica tramite il capo delle sue spie, Inejin: per controllare i barbari si potevano usare le loro prostitute. Sicuramente quell'idea avrebbe dato buoni frutti in futuro.

Inejin si era dimostrato diligente come sempre e adesso Yoshi sapeva molto sullo Yoshiwara dei gai-jin, sulle sue case più famose, su Raiko e sulla protetta di quello strano e bruttissimo giovane di nome Taira, la donna dai molti nomi che adesso si chiamava Fujiko. Sapeva della strana puttana di Furansu-san.

Il capo dei gai-jin, sir William, non aveva una preferita e Serata ne aveva due che usava di tanto in tanto. La concubina del capo dei mercanti si chiamava Nemi ed era una buona fonte di informazioni. Il dottore non andava allo Yoshiwara. Perché? Meikin lo scoprirà...

Ah, sì, Meikin la traditrice, non ti ho dimenticata!

“Dite al dottore che mi aspetto di vederlo la settimana prossima” concluse in tono neutro, “e ringraziatelo. Abeh!”

Un istante dopo Abeh era in ginocchio a due metri da lui. “Scortali fino a Kanagawa.

No, accompagnali personalmente dal capo dei gai-jin a Yokohama e torna con quel rinnegato di Hiraga.”

“Ciao, Jamie! E' l'ora di pranzo! Ieri sera mi hai chiesto di venirti a chiamare all'una in punto!” Maureen gli sorrideva dalla porta dell'ufficio.

Era vestita con abiti eleganti e il cappellino e aveva le guance rosee perchè aveva percorso il tragitto sul lungomare dal palazzo Struan a passo veloce. “All'una in punto, mi hai detto, per andare a pranzo al vostro circolo.”

“Sono subito da te, cara” rispose Jamie distratto. Stava allegando la nota di pagamento di Tess Struan alla lettera con la quale comunicava alla sua banca di Edimburgo di essersi messo in società con lo shoya.

Devo assolutamente parlare con Nakama-Hiraga, pensava, appena lo avranno scovato. Dove diavolo sarà?

Speriamo che non sia scappato come dicono tutti. “Siediti, Albert verrà con noi.”

Era troppo assorto per accorgersi del disappunto di Maureen.

Il nuovo ufficio di McFay era nell'edificio del “Guardian” affacciato su High Street, vicino alla Città Ubriaca.

Era molto più piccolo di quello della Struan, però la bella vista sulla baia consentiva di controllare l'arrivo e la partenza delle navi, elemento importantissimo per un mercante. Era arredato soltanto con un tavolo, tre sedie e una mezza dozzina di schedari.

Libri, scatole, risme di carta, penne e i registri nuovi che aveva trafugato in attesa di ricevere quelli ordinati a Hong Kong erano sparsi ovunque. La scrivania era coperta di documenti e di lettere e di una pila di volantini da spedire per annunciare la nascita della nuova ditta e sollecitare relazioni d'affari. Doveva essere tutto pronto prima della partenza della Prancing Cloud.

“Hai dormito bene?”

Chiuse la lettera quasi senza ascoltare la risposta di Maureen: “Sì, grazie, e tu?” e prese un volantino.

I volantini erano stati copiati dai due impiegati portoghesi che MacStruan gli aveva prestato in attesa che si organizzasse in modo stabile.

Lavoravano in un ufficio in fondo al corridoio, accanto alla tipografia.

“Albert è un bravo ragazzo, non trovi? L'ho avvisato del nostro probabile ritardo” disse. Se fosse stato per lui avrebbe rinunciato ad andare al circolo e chiesto a un impiegato di preparargli un panino oppure di portare anche a lui una porzione del cibo cinese che arrivava ogni giorno dalla Città Ubriaca. Mezz'ora più tardi posò la penna. “Pronta?” chiese fingendosi allegro.

“Sì.”

“Che cosa c'è?” domandò subito lui sotto lo sguardo penetrante di Maureen.

“Ecco, caro, avrei preferito pranzare sola con te, dobbiamo parlare di molte cose, ieri sera ovviamente non ne abbiamo avuto il tempo. Però è stata una bella festa, vero?”

“Sì. I danzatori cosacchi erano straordinari. Avremo molto tempo per parlare, scusa, non pensavo che fosse importante.”

“Anche Angélique e molti dei tuoi amici erano straordinari, si, Marlowe e Settry, per esempio!” Rise.

Sollevato, Jamie abbassò la guardia, prese il cappello e il mantello e aprì la porta. “Sono contento che ti sia divertita.”

“Ieri sera, dopo che ci siamo dati la buonanotte, sei uscito.” Jamie non poté impedirsi di arrossire. “Sì, ehm, è vero.”

“Ho bussato alla tua porta senza ricevere risposta. Volevo soltanto parlare un pò, non avevo sonno. Avevi detto di essere molto stanco.”

“Ecco, sì, lo ero, ma poi mi è passata la stanchezza. Andiamo?”

“Sì, ho fame.” Uscirono sul lungomare semideserto. Non era una bella giornata, il mare era increspato e soffiava un vento pungente. “A Glasgow il clima è peggiore in questa stagione” commentò lei conciliante prendendolo sottobraccio.

“E' vero, e tra poco smetterà di far freddo e comincerà il periodo più bello: la primavera e l'autunno sono le stagioni migliori.” Adesso che avevano cambiato argomento Jamie respirava meglio.

“La primavera e l'autunno sono proprio le stagioni più belle.”

“Sei stato allo Yoshiwara?” chiese lei con dolcezza.

Jamie fu percorso da un brivido gelido. Gli balzarono alla mente migliaia di possibili risposte. Se voglio andare allo Yoshiwara, per Dio, ci vado quando mi pare, non siamo sposati e se anche lo fossimo... ti ho detto che non voglio sposarmi, non ancora perlomeno, non adesso che la mia nuova attività ha delle possibilità di successo. Stava per dirle tutto ciò, ma per qualche ragione le parole gli si fermarono in gola e balbettò: “Io, ehm, sì, ci sono stato, ma...”.

“Ti sei divertito?”

“Senti, Maureen. E' bene che...”

“So benissimo che cos'è lo Yoshiwara, caro, e anche come sono fatti gli uomini” disse lei con il tono di chi enuncia una verità obiettiva.

“Ti sei divertito?” Stupito della sua pacatezza, Jamie si fermò. “Io, ehm, forse... vedi, Maureen...”

“Fa troppo freddo per stare fermi, Jamie, caro.” Prendendolo ancora sottobraccio lo invitò a camminare e continuò: “Bene, così ti sei divertito. Perché non me lo hai detto? E perchè mi hai raccontato una frottola dicendomi che eri stanco?”.

“Be', perché...” Benché decine di risposte gli affollassero di nuovo la mente lui riuscì soltanto a dire: “Il motivo è evidente, per l'amor del cielo. Non volevo...”. Non poteva dire, non volevo ferirti raccontandoti che avevo un appuntamento, che volevo vedere Nemi e allo stesso tempo non lo volevo, che non volevo che tu sapessi di lei e che in realtà non mi sono divertito affatto.

Quando era arrivato nella loro casetta aveva trovato Nemi vestita con il suo migliore kimono da notte; la stanza era linda e il cibo e a sakè erano pronti. Lei lo aveva accolto sorridendo più felice e premurosa che mai: “Heya, Jami-san, che bello vederti! Ho sentito che la nave ha portato belle novità. Ti sposerai con signora scozzese, matrimonio, heya?”.

La velocità con cui si era diffusa la notizia lo aveva lasciato di stucco.

“Come fai a saperlo?”

“Tutto Yoshiwara sa! Importante, vero?” Nemi era euforica. “Tra due giorni vengo alla Grande Casa per inchinarmi alla tua futura oku-san.”

“COSA?”

“Importante, Jami-san. Quando matrimonio? Importante oku-san e nee goh-san amiche, neh?”

“Sei impazzita?” Nemi lo aveva guardato senza capire. “Perché arrabbiato, Jami-san?

Oku-san paga adesso. Oku-san paga, Jami-san, iye? Importante oku-san nee...”

“Le cose non si fanno così, per l'amor del cielo.”

“Non capisco... importante che Nemi va da oku-san...”

“Sei pazza!”

“Non capisco” aveva mormorato imbronciata Nemi. Il comportamento aggressivo di Jamie l'aveva spaventata convincendola che la miglior risposta fosse la fuga, una fuga in lacrime, naturalmente.

Se n'era andata senza dargli il tempo di fermarla e nemmeno la mama-san era riuscita a convincerla a tornare, così Jamie, furente, era rientrato a casa.

Quella notte non aveva quasi dormito. Dio santissimo, Nemi verrà al palazzo Struan per incontrare Maureen, in futuro sarà Maureen a pagarla ed è importante che l'amante e la moglie siano buone amiche?

Dio del cielo!

Devo aver capito male.

No, hai capito benissimo. Ha detto proprio così.

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