Gai-Jin (195 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Il racconto incoerente di Hoag sul funerale di Malcolm aveva ottenuto l'effetto di confonderla ancora di più.

L'intestazione sulla busta, scritta con grafia regolare, diceva: “Angélique Richaud. A mano”.

“Perché non la leggete in mia presenza?” suggerì Hoag notando il suo improvviso rossore.

“Temete che possa svenire?” chiese lei con sprezzo rizzandosi nell'alta poltrona accanto al camino, la poltrona di Malcolm, che aveva fatto trasportare li prima che Albert MacStruan occupasse l'appartamento.

Hoag rispose con gentilezza: “Pensavo che vi potesse far piacere parlarne. Sono vostro amico, oltre che medico”.

Era corso da lei appena sfuggito all'inquisizione di Jamie, l'aveva salutata e abbracciata pregandola di reprimere per un istante la curiosità. “Prima che vi dica cosa è successo a Hong Kong” le aveva detto, “concedetemi un secondo per guardarvi.” Prima l'aveva scrutata da medico, poi da amico e da entrambi i punti di vista quello che aveva visto gli era piaciuto. “Era soltanto un suggerimento”.

“L'intestazione sulla busta è sbagliata. Avrebbe dovuto scrivere Signora Angélique Struan oppure Signora Malcolm Struan.” Restituì la lettera con un gesto goffo.

“Tess ha previsto la vostra reazione” disse lui con dolcezza.

“E allora perchè non l'ha indirizzata nel modo giusto?”

“E' difficile per lei come è difficile per voi. E' una madre che ha perso il figlio. Abbiate pazienza, Angélique.”

“Pazienza? Io? Quando sono sotto accusa perchè ho sposato e amato un uomo meraviglioso che... Siete dalla sua parte, è la Struan che vi paga.”

“E' vero, ma mi schiero dalla parte che ritengo più giusta e la mia opinione non è in vendita, neppure a voi.” Hoag si mantenne affabile.

Nella stanza pur così accogliente e femminile l'atmosfera era carica di tensione. La vena del collo di Angélique pulsava e le tremavano le mani.

“Ho aiutato voi e Malcolm” riprese Hoag “soltanto perchè mi sembrava giusto. Per vostra esclusiva conoscenza, a Hong Kong ho dato le dimissioni.

Questo è l'ultimo incarico che svolgerò per la Nobil Casa.” Lei sussultò. “Perché lo avete fatto?” Hoag rispose con un sorriso mesto. “Voglio tornare in India per cercare ciò che ho perduto. Al più presto.”

“Ah!

Arjumand.” Sollevata, Angélique si sporse in avanti per sfiorargli il braccio. “Mi dispiace, perdonatemi per quello che ho detto, sbagliavo. E che... mi dispiace.”

“Non ci pensate più. Sono un medico, capisco che siete sottoposta a una forte tensione, temevo peggio.” Hoag aprì la busta. “Mi ha detto lei di fare così.” Conteneva una seconda busta, indirizzata semplicemente: Angélique. “E' un compromesso, capite?”

“Glielo avete suggerito voi?”

“Sì.”

“Sapete anche cosa dice la lettera?”

“No, lo giuro. Preferite che vi lasci sola?” Angélique guardò la lettera e dopo un istante rispose con un cenno di diniego. Per non disturbarla Hoag si portò alla finestra, scostò le tende e osservò il buio. Il cuore batteva forte anche a lui.

Lei esitò, poi aprì la busta.

La lettera, senza un saluto, né il suo nome, diceva:

 

Non posso perdonarvi per quello che avete fatto a mio figlio.

Sono profondamente convinta che, sollecitata e incoraggiata da vostro padre, avete dato la caccia a mio figlio per indurlo a sposarvi. Il vostro “matrimonio” con mio figlio non ha alcuna validità, mi si assicura.

Questo “matrimonio” ha affrettato la sua morte, mi si assicura, e il certificato di morte lo conferma. I legali della Struan stanno pertanto preparando i documenti affinché il caso venga portato quanto prima davanti al tribunale di Hong Kong. Il fatto che eventualmente voi portiate in grembo il figlio di mio figlio non muterà il corso della giustizia né impedirà che il bambino venga dichiarato illegittimo.

Non potrò mai ringraziarvi abbastanza per la preziosa informazione che mi è stata data dietro vostro suggerimento da un comune conoscente.

Se, come credo, il materiale si dimostrerà utile io e la Nobil Casa saremo immensamente in debito con voi e con questa persona.

Che questi mi abbia già indicato un prezzo, più che ragionevole data l'importanza dell'informazione, non è affare che vi riguardi perchè voi non avete chiesto niente e niente vi sarà dato.

Tuttavia il vostro dono alla memoria di mio figlio e al futuro della Struan merita considerazione.

Come uscire da questo vicolo cieco?

La soluzione, se dovrà essere trovata, dovrà rimanere un patto segreto tra nemiche, perchè sempre saremo tali, e tra donne.

Vi chiedo prima di tutto di collaborare con il dottor Hoag concedendogli di visitarvi al momento opportuno per verificare se siate incinta o no. Naturalmente il dottor Babcott o qualsiasi altro medico da voi scelto potranno confermare la diagnosi.

Secondo, concediamoci un altro mese per esserne sicuri, poi potremo procedere. Per allora gli incartamenti legali saranno completi e pronti per essere sottoposti al tribunale. Sia chiaro, ve lo comunico non come una minaccia bensì come un dato di fatto.

Per allora le informazioni fornitemi dal nostro conoscente saranno state parzialmente messe alla prova. Al presente non vedo come possano fallire. Il fatto che siate stata voi a convincerlo a incontrarmi, come ho già detto, obbliga me e la Nobil Casa nei vostri confronti.

Forse per allora, con l'aiuto di Dio, la questione sarà risolta.

Tess Struan, Hong Kong, 30 dicembre 1862.

 

La mente di Angélique oscillava tra la felicità e il terrore, tra la vittoria e la sconfitta.

Ce l'aveva fatta oppure aveva fallito? Pur non promettendo niente non ha forse agitato un ramo d'ulivo? Incartamenti legali?

Tribunale? Banco dei testimoni? Terrea per lo sgomento Angélique ricordò l'ammonimento di Skye: per l'opposizione sarebbe stato facile dipingerla come una jezabel squattrinata figlia di un criminale e altre terribili distorte verità. “Vicolo cieco” e “soluzione” non stavano tuttavia a significare che aveva vinto, almeno in parte?

Edward! Questa sera, o al più tardi domani, Edward mi racconterà tutto! E il signor Skye, con la sua furbizia, saprà come devo comportarmi, oh Dio, spero che lo sappia.

Alzò gli occhi e si accorse che Hoag la stava fissando. “Oh! Mi dispiace, avevo dimenticato...” Una mano tormentava la stoffa del vestito, i piedi battevano nervosi sul pavimento. “Oh, forse desiderate qualcosa da bere, posso chiamare Ah Soh, io... mi dispiace... non credo di...”

Non riusciva a trovare le parole. Hoag si domandò se quell'evidente turbamento non fosse l'inizio del crollo nervoso che aveva previsto. I sintomi erano chiari: movimenti automatici delle dita delle mani e dei piedi, pallore, pupille dilatate.

“Che cosa dice?” le chiese in tono tranquillo.

“Io... ecco, nient'altro che... aspettare finché...” Angélique si interruppe e fissò il vuoto.

“Finché?” insistette Hoag per riportarla al presente senza lasciar trapelare la sua preoccupazione.

Angélique non rispose, il contenuto della lettera sembrava averla rapita. Il terreno di battaglia si andava precisando: adesso che la sua nemica aveva fatto il primo passo e si era dichiarata lei sarebbe scesa in campo. A combattere con armi scelte da lei, però. Alla sensazione di nausea si sostituì una rabbia cocente. Il pensiero che Tess avesse aperto la contesa con uno stile tanto gelido la faceva infuriare. Non una parola di attenzione nei suoi confronti né la minima concessione al suo amore e alla sofferenza che la morte di Malcolm le aveva procurato.

Niente.

Ma era soprattutto offesa da quell'illegittimo, visto che secondo la legge britannica erano legittimamente sposati... Mi si assicura!

Non temere, pensò furente, tutto è impresso nella mia memoria con un marchio rovente. Fremendo di sdegno si rivolse di nuovo a Hoag.

“Dice che vuole... aspettare finché... noi, voi e io, non sapremo se porto o no in grembo il figlio di Malcolm.

Vuole esserne sicura, ecco che cosa vuole.”

“E poi?”

“Non lo dice. Vuole... vuole aspettare e farmi aspettare. C'è un vago ... penso che accenni alla possibilità di trovare una soluzione pacifica ...” Come folgorata da un'improvvisa decisione smise di tremare e con voce tagliente e astiosa proseguì: “Spero che si giunga a una soluzione pacifica perchè... perchè, Madre santissima, io sono la vedova di Malcolm Struan e nessuno, nessun tribunale e neppure la stramaledetta Tess Struan potrà togliermelo!”.

Celando la preoccupazione Hoag disse con cautela: “Ne siamo tutti convinti. Ma dovete mantenere la calma e non angosciarvi. Se crollate lei vincerà e voi perderete, qualunque sia la verità. Non c'è bisogno...”.

La porta si spalancò ed entrò Ah Soh. “Signora tai-tai?”

“Ayeeyah!” sbottò Angélique. “Vattene, perchè non hai bussato?” Felice che la diavolessa straniera avesse perso la pazienza e dunque la faccia, Ah Soh si fermò al centro della stanza. “Messaggio, vuoi, heya?

Messaggio, signora tai-tai?”

“Che messaggio?” Ah Soh avanzò ciabattando verso di lei, le porse una piccola busta, tirò su col naso e se ne andò. Era la grafia di Gornt. La furia di Angélique si placò subito.

La lettera conteneva un cartoncino con la sigla E.G, che diceva:

 

“I più affettuosi saluti. La visita a Hong Kong è stata molto interessante.

Possiamo incontrarci domattina? Vostro ubbidiente servitore, Edward Gornt”.

 

Adesso si sentiva di nuovo integra, forte e piena di speranze e combattività. “Avete ragione, dottore, ma non temete, non crollerò, giuro che non accadrà, lo giuro per Malcolm e per me, e anche per voi e Jamie e il signor Skye. Siete un caro amico. Adesso sto bene. Non parliamo più di quella donna.” Accompagnò le parole con un sorriso che lasciò Hoag perplesso: esprimeva allo stesso tempo bontà e cattiveria, un ennesimo segnale d'allarme.

“Aspetteremo” riprese Angélique, “aspetteremo per vedere che cosa ci riserva il futuro. Non vi preoccupate, se non mi sentirò bene vi manderò subito a chiamare.” Si alzò e baciò Hoag su entrambe le guance. “Grazie ancora, amico mio. Verrete alla cena del conte Zergeyev?”

“Forse, non lo so. Sono un pò stanco.” E senza far trasparire i suoi timori se ne andò.

Angélique rilesse il biglietto. Edward è circospetto, un buon segno, pensò. Se qualcuno avesse intercettato e letto quel messaggio non ne avrebbe ricavato niente. Le espressioni “interessante” e “ubbidiente servitore” le sembrarono scelte con cura come le parole di quella donna, che Dio la maledica.

Che fare?

Vestiti per la cena. Raduna i tuoi alleati. Legali a te. Metti in atto i piani che hai escogitato e trasforma Yokohama nella tua imprendibile fortezza contro quella donna.

 

“Dimentica i soldati gai-jin che ti stanno cercando, Hiraga, dimentica Akimoto” disse Katsumata, disgustato per l'improvviso intoppo nel suo piano.

“Noi tre siamo più che sufficienti. Attaccheremo domani, bruceremo la chiesa e affonderemo la nave. Takeda, tu ti occuperai della chiesa.”

“Con gioia, sensei, ma perchè non utilizziamo il piano di Ori e diamo fuoco all'Insediamento? Hiraga ha ragione, meglio dimenticare la nave, ha ragione, spiacente” disse Takeda.

Propendeva per quella soluzione perchè dopo tutto Hiraga era il capo dei choshu ed era saggio preoccuparsi della via di fuga. “Ha ragione a sostenere che con questo mare battuto dal vento ci sarebbe difficile avvicinarci alla nave senza essere visti. Perché invece non mettiamo in atto il piano di Ori e diamo fuoco alla tana dei gai-jin?”

Hiraga disse: “Il piano di Ori richiede molto tempo e vento da sud, ed è sicuramente un piano migliore. Sarebbe meglio aspettare”.

“No!” esclamò Katsumata con durezza. “Se abbiamo coraggio possiamo fare entrambe le cose, ma ci vuole coraggio! Un coraggio da shishi!” Hiraga era ancora sconvolto dall'inaspettato arrivo dei soldati e faticava a ragionare. Il sospetto di aver ucciso l'accattone non gli provocava nessun rimorso. Lasciato l'avversario immobile sul terreno si era precipitato nel pozzo e aveva percorso alla cieca lo squallido passaggio immerso nell'acqua gelida.

“Non potremo mai farcela se saremo soltanto in tre” asserì, “e ripeto che domani notte è troppo presto.

Se decidiamo di dare fuoco all'Insediamento ci servono tre giorni per collocare il combustibile e le micce.

Suggerirei di non avere fretta.” Era avvolto in una trapunta e indossava soltanto il perizoma. Le cameriere stavano asciugando i suoi vestiti fradici. Faceva fatica a nascondere il tremore perchè la casetta era fredda e il vento gelido che fischiava intorno agli shoji gli impediva di concentrarsi. Ancora non capiva perchè i soldati lo stessero cercando. Al suo arrivo Katsumata aveva dato ordine a Raiko di inviare delle spie nell'Insediamento per scoprire che cosa fosse accaduto e subito i tre shishi avevano concertato un piano di fuga dalle Tre Carpe nel caso le ricerche si fossero estese allo Yoshiwara.

Katsumata stava versando dell'altro sakè.

L'ira rendeva il suo viso affilato più minaccioso che mai. “Hiraga, la mia proposta è di attaccare domani.”

“La mia proposta” ribatté Hiraga con altrettanta fermezza, “è quella di agire quando avremo una possibilità di successo e non prima, come da sempre suggerite, a meno che non ci colgano di sorpresa costringendoci alla morte o alla cattura. Takeda, qual è la tua proposta?”

“Posso prima sapere quale sarebbe il tuo piano? Conosci il bersaglio meglio di chiunque altro, tu che cosa faresti?”

Grato che Takeda propendesse per la sua idea, Hiraga sorseggiò il tè caldo e si strinse nella trapunta fingendo di pensare. “Se avessi ancora libero accesso all'Insediamento, in tre giorni io e Akimoto potremmo sistemare il combustibile nei diversi nascondigli.

Ho già quattro taniche pronte nel mio rifugio al villaggio” disse infiorando il racconto. “Ce ne servirebbero sei o, meglio ancora, otto: una per ciascuno dei due edifici a due piani, la casa del capo dei gai-jin e quella accanto, che sono di legno e di materiale secchissimo al punto che durante l'ultimo terremoto si sono quasi incendiati; tre o quattro per la Città Ubriaca e uno per ciascuna delle due chiese. Approfittando della confusione potremmo scappare a Edo con la nostra barca.”

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