Potremmo prenderli in ostaggio, saranno nelle nostre mani.”
Lo fissarono sconcertati. “Prenderli in ostaggio?”
“E' una possibilità, una delle tante” spiegò Yoshi pazientemente, perchè gli occorrevano alleati per la battaglia a venire. “Fino a quando non possederemo una flotta pari alla loro, dovremo giocare d'astuzia, lavorare di fino e sfruttare i loro punti deboli, non fare la guerra.”
“Fino a quando?” sbottò Adachi. Era un uomo piccolo e rotondo, il membro più ricco del Consiglio, che la stirpe Toranaga rendeva pari a Yoshi. “Credete davvero che dovremo trattare con questi cani finché non avremo una flotta competitiva?”
“O tanti cannoni potenti da tenerli lontani dalle nostre coste. Ci basteranno due o tre sacchi d'oro e si calpesteranno l'un l'altro per venderci tutto quello che ci serve per farli scomparire dalle nostre acque.” Yoshi aggrottò la fronte. “Ho sentito che alcuni emissari choshu stanno già cercando di comprare fucili da loro.”
“Cani!” Toyama sputò furioso. “Sempre i choshu. Sarebbe ora di schiacciarli.”
“E Satsuma” aggiunse Anjo nel consenso generale, guardando Yoshi. “E altri ancora!” Yoshi finse di non capire il sottinteso dell'avversario. Non ha importanza, pensò, il giorno è vicino. “Affronteremo tutti i nostri nemici, ma uno alla volta, non tutti insieme.”
Con voce aspra Toyama annunciò: “Io sono a favore di ordinare a tutti i daimyo alleati di aumentare immediatamente le tasse e armarsi.
Per parte mia inizierò domani”.
“Suggerire” è un termine più appropriato” precisò Adachi, trangugiando l'ultimo sorso di tè. I vassoi posati davanti a ciascuno dei presenti erano decorati con fiori delicati. Annoiato e ansioso di tornare a dormire, Adachi represse uno sbadiglio.
“Per favore, Yoshi-dono, proseguì con il tuo piano: se non lo conosciamo nei dettagli come potremo votarlo?”
“Il mattino dell'incontro Anjo-sama verrà sfortunatamente colpito da una malattia, oh... con nostro grande rammarico, certo. E poiché, mancando un membro, il Consiglio non sarà al completo, noi non potremo prendere nessuna decisione vincolante, ma ascolteremo e cercheremo di raggiungere un compromesso.
Se ciò non sarà possibile, con ossequiosa deferenza acconsentiremo a “sottoporre le loro richieste a una riunione del Consiglio al completo da tenersi al più presto”, e rimanderemo fino a farli impazzire, di modo che saranno loro a commettere un errore, non noi.”
“Perché dovrebbero accettare un ulteriore ritardo?” chiese Anjo, soddisfatto di non doversi trovare faccia a faccia con i gai-jin. Tuttavia, non fidandosi di Yoshi, si domandava dove si nascondesse l'inganno.
“Quei cani hanno dimostrato di preferire la diplomazia alla guerra, sono codardi” proseguì Yoshi.
“Potrebbero facilmente sottometterci, ma è chiaro che non ne hanno il coraggio.”
“E se non fossero d'accordo e quell'insolente scimmione inglese mantenesse il suo proposito di partire per Kyòto? Cosa accadrebbe?
Non glielo possiamo permettere, in nessun caso!”
“Concordo” disse Yoshi, l'unico sicuro di sé nell'inquietudine generale.
“Significherebbe la guerra, una guerra che di certo alla fine perderemmo.” Toyama incalzò: “Meglio la guerra della schiavitù toccata ai cinesi, agli indiani e a tutte le altre tribù di barbari”.
Il vecchio fissava Yoshi.
“Se dovessero sbarcare, voteresti a favore della guerra?”
“Subito! Qualsiasi tentativo di sbarco con la forza verrà contrastato.”
“Bene. Spero che sbarchino” concluse Toyama soddisfatto.
“La guerra equivarrebbe a un disastro.
Sono sicuro che acconsentiranno a discutere e che li potremo far desistere da tale follia a nostro vantaggio.” La voce di Yoshi si indurì. “Non sarà difficile se agiremo con astuzia. Nel frattempo dobbiamo concentrarci su questioni più importanti: su Kyòto e su come riprendere il controllo delle nostre Porte, sui daimyo ostili, sul reperimento di oro sufficiente per comprare armi ed equipaggiare il nostro esercito e quello dei nostri fedeli alleati, e su come evitare che Choshu, Tosa e Satsuma si armino fingendo di appoggiarci ma in realtà solo per poterci attaccare quanto prima.”
“Ogama il traditore andrebbe messo fuorilegge” disse Toyama.
“Perché non lo dichiariamo fuorilegge e ci riprendiamo le Porte?”
“Attaccarlo ora sarebbe baka!” lo rimproverò Anjo. “Significherebbe solo spingere Satsuma, Tosa e tutti quelli che ancora esitano tra le sue braccia.” Con difficoltà cambiò posizione, lo stomaco gli faceva male, e anche la testa gli doleva, perchè il nuovo medico cinese che aveva segretamente consultato non era stato di nessun giovamento alla sua costante sofferenza.
“Concludiamo così Yoshi-dono, prego, stilate una bozza di risposta alla lettera dei gai-jin da presentare alla riunione di domani.”
“Certo. Ma quello che ancora vorrei sapere è chi passa loro le informazioni sul nostro conto. Chi è la spia dei gai-jin? E' la prima volta che menzionano il giovane shògun e lo chiamano per nome, come chiamano per nome l'imperatore. Qualcuno ci sta tradendo.”
“Ordineremo a tutte le nostre spie di indagare! Bene. E ci aggiorneremo come di norma a domani mattina, valuteremo la bozza della nostra risposta e decideremo il da farsi.”
Gli occhi di Anjo divennero due sottili fessure.
“Inoltre prepareremo la partenza definitiva dello shògun Nobusada per Kyòto.” Yoshi impallidì. “L'abbiamo già discussa una dozzina di volte. Nella nostra ultima...”
“La sua visita è confermata! Viaggerà sulla strada settentrionale, non lungo la costa, sulla Tokaidò. E' più sicuro.”
“Come Guardiano mi oppongo a questa visita per le ragioni che ho già più volte illustrato, non importa su quale strada!”
“E' più saggio che mio figlio si rechi a Kyòto” intervenne Toyama.
“Presto saremo in guerra. I nostri guerrieri non si lasceranno tenere a freno ancora per molto.”
“Né guerra né viaggio. L'una e l'altro ci annienterebbero” ribatté Yoshi furioso. “Se lo shògun dovesse prostrarsi all'imperatore, come è vostra intenzione fargli fare, la nostra posizione sarebbe irrimediabilmente compromessa. La Legge sancisce...”
“La Legge non ha potere in questo caso.”
“La Legge Toranaga è la nostra unica ancora di sicurezza e non può...”
“Non sono d'accordo!” Reprimendo la propria ira, Yoshi stava per alzarsi, ma si fermò quando Anjo disse: “C'è un'ultima questione da discutere oggi: la nomina immediata del nuovo Anziano, il sostituto di Utani”.
Si creò un'improvvisa tensione.
Dopo l'assassinio di Utani e le circostanze della sua morte, la stanza in cui lui e il giovane erano stati uccisi non era stata distrutta completamente dal fuoco, e dopo il fallimento delle legioni di spie e di soldati nella cattura degli assassini, nessuno degli Anziani aveva dormito sonni tranquilli.
Specialmente Anjo, al quale ancora bruciava il recente agguato in cui era caduto. A eccezione di Yoshi che sporadicamente aveva ricevuto il supporto di Utani, nessuno degli Anziani ne rimpiangeva la morte, né il modo in cui era avvenuta, tanto meno Anjo, che sconvolto dalla rivelazione dell'identità dell'amante rimproverava Utani di avergli segretamente sottratto un'occasionale fonte di piacere.
“Ora votiamo.”
“Una questione così importante dovrebbe essere affrontata domani.”
“Spiacente, Yoshi-sama, questo è il momento migliore.” Adachi assentì. “Se il Consiglio non è completo non possiamo prendere decisioni importanti. Tu chi proporresti?”
“Propongo formalmente Zukumura di Gai.”
Nonostante il suo autocontrollo, Yoshi sospirò rumorosamente. Il daimyo in questione era un uomo di scarsa intelligenza, parente di Anjo e suo aperto alleato. “Ho già espresso là mia disapprovazione a riguardo, ci sono molte persone più degne di lui” sbottò. “Ci eravamo accordati su Gen Taira.”
“Disapprovo.” Anjo sorrideva solo con le labbra. “Mi sono limitato a dire che avrei considerato con attenzione la sua candidatura. Così ho fatto. Zukumura è la scelta migliore. Ora votiamo.”
“Non credo che votare ora sia saggio...”
“Si voti!
In facoltà di capo Consigliere è mio diritto mettere la questione ai voti! Si voti!”
“Io voto no!” esclamò Yoshi fissando gli altri due.
Adachi evitò di incrociare i suoi occhi limitandosi a dire: “I gai sono stati alleati di Mito sin dai tempi di Sekigahara. Sì”.
Toyama scrollò le spalle. “Come volete.”
Yoshi, grondante sudore, colpì con violenza con la spada di legno i suoi due assalitori, poi, con mossa fulminea, arretrò, girò su se stesso e tornò all'attacco. I contendenti, entrambi esperti, si spostarono di lato e contrattaccarono, impegnandosi nella lotta perchè una prestazione scadente sarebbe costata la consegna in caserma per un mese e tre mesi di paga.
Con una finta uno dei due aprì un varco al compagno ma l'attento Yoshi si abbassò per evitare il fendente e gli assestò sul petto un colpo così forte che mandò la sua spada in frantumi, eliminandolo dalla competizione; se si fosse trattato di una lama vera avrebbe tagliato il poveretto in due.
Subito l'altro si precipitò per sferrare il colpo decisivo ma Yoshi si era già spostato e lo colpì dal basso con un calcio da karateka.
Raggiunto allo scroto da un piede duro come l'acciaio, l'uomo urlò e cadde torcendosi dal dolore.
Ancora in preda all'ira Yoshi si scagliò sul corpo prono e sollevò in aria il brandello di spada per sferrargli il colpo della morte alla gola: con il cuore che batteva all'impazzata trattenne la spada a un filo dal collo dell'avversario, felice della propria abilità, del proprio controllo e di aver vinto, sebbene la vittoria non significasse niente. La sua rabbia repressa era scomparsa.
Soddisfatto, gettò la spada rotta e cominciò a rilassarsi nella palestra spoglia e spartana come il resto del castello.
Mentre tutti e tre ansimavano per la fatica dell'incontro e lo sconfitto ancora si rotolava a terra dolente, si intese un leggero applauso. Yoshi, sorpreso, si voltò furioso, non invitava mai nessuno ad assistere a quegli allenamenti nei quali si sarebbe potuto misurare il suo coraggio o giudicare la sua debolezza e la sua brutalità, ma subito anche quell'irritazione si dissolse.
“Hosaki! Quando siete arrivata?” chiese sforzandosi di limitare l'affanno. “Perché non vi siete fatta annunciare?” Il suo sorriso si spense. “Problemi?”
“No, sire” gli rispose felice la moglie inginocchiandosi accanto alla porta. “Nessun problema, solo tanto piacere nel vedervi.” Si prostrò in un lungo inchino. Il suo abbigliamento semplice, gonna e giacca da cavallo, in pratica e pesante seta verde, il mantello imbottito intonato, il grande cappello legato sotto il mento e la corta spada in vita, mostrava le tracce di un lungo viaggio.
“Vi prego di scusarmi se mi sono presentata al vostro cospetto in questo modo, senza essere stata invitata e senza essermi cambiata d'abito, ma davvero non potevo aspettare di vedervi.
E ora sono ancor più contenta d'aver osato perchè ho visto che con la spada siete ancora più abile di prima.
“ Yoshi si finse indifferente al complimento, le si avvicinò e la scrutò con intensità. “Davvero non ci sono problemi?”
“Sì, sire.” Lei gli sorrise raggiante di ammirazione. I suoi denti candidi e gli obliqui occhi d'ebano illuminavano un volto classico, né attraente né banale, tuttavia impossibile da dimenticare, e tutta la sua figura esprimeva una grande dignità.
“Yoshi” gli aveva detto suo padre, quando lui era diciannovenne, “ti ho scelto una moglie. Il suo lignaggio è Toranaga, come il nostro, sebbene del ramo minore di Mitowara. Si chiama Hosaki, che nell'antica lingua significa spiga di frumento, presagio di abbondanza e fertilità, nonché punta di lancia.
Sono certo che non ti deluderà in nessuna delle due funzioni.” Infatti non lo aveva deluso, pensò Yoshi con fierezza.
Già madre di due bei ragazzi e di una figlia, è ancora forte, sempre saggia, gestisce le nostre finanze con molto acume, e, cosa rara in una moglie, amarla di tanto in tanto è abbastanza piacevole, anche se non possiede il fuoco della mia concubina o delle mie amanti, in particolare di Koiko.
Accettò l'asciugamano che gli veniva offerto dall'avversario incolume e fece un segno di congedo. L'uomo si inchinò silenziosamente e aiutò l'altro, ancora dolorante e incerto sulle gambe, ad allontanarsi.
Yoshi si inginocchiò accanto alla moglie asciugandosi il sudore.
“Dunque?”
“Questo non è un posto sicuro, neh?” mormorò Hosaki sottovoce.
“Non esiste un posto sicuro.”
“Per prima cosa, per prima cosa Yoshi-chan, ci occuperemo del vostro corpo: un bagno e un massaggio, poi parleremo.”
“Bene. Ci sono molte cose di cui parlare.”
“Sì.” Sorridendo lei si alzò e notando il suo sguardo indagatore si dispose ancora una volta a rassicurarlo.
“Al Dente di Dragone va tutto bene, i vostri figli godono di buona salute, la concubina e suo figlio sono felici, i capitani e gli attendenti vigili e ben armati... tutto come potreste desiderare. Ho deciso di farvi una breve visita solo per un capriccio improvviso” aggiunse per ingannare eventuali ascoltatori, “avevo soltanto bisogno di vedervi e di parlare dell'amministrazione del castello.”
E anche di fare l'amore con te, mio amato, pensava nel segreto del suo cuore, con le narici piene del suo odore virile, consapevole della sua vicinanza e come sempre bramando la sua forza.
Quando sei lontano, Yoshi-chan, non mi è difficile calmare il desiderio, ma accanto a te? Ah, quando ti sono vicina mi è quasi impossibile, anche se mi sforzo di fingere, oh, quanto devo fingere, per nascondere la gelosia per le altre e comportarmi come una moglie degna.
Ma questo non significa che io, come tutte le mogli, non soffra di una gelosia violenta, a volte fino alla pazzia, e non desideri uccidere o, più ancora, mutilare le rivali, agognando di essere desiderata e amata con pari passione.
“Siete stato lontano troppo a lungo, mio sposo” mormorò dolcemente desiderando che lui la prendesse subito, li sul pavimento, con l'ardore di un giovane contadino.
Era quasi mezzogiorno e un vento leggero spazzava il cielo. Nel suo appartamento più recondito, tre camere con tatami e una stanza da bagno in un angolo della torre, Hosaki gli versava il tè con la grazia di sempre. Come Yoshi, aveva studiato sin da bambina la cerimonia del tè, e ora era una sensei, una maestra di tè a tutti gli effetti. Entrambi avevano fatto il bagno ed erano stati massaggiati.