Gai-Jin (69 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Sì e no.” Poncin sapeva quanto lei fosse sulle spine e provò l'improvviso desiderio di farla soffrire e di soffiare sul fuoco per farla urlare e pagare per Hana.

Sei matto, pensò. Non è colpa sua. E' vero, ma è per causa sua che la notte scorsa sono andato alle Tre Carpe, ho incontrato Raiko e, mentre parlavamo nel solito miscuglio di giapponese, inglese e pidgin, all'improvviso ho avuto l'impressione che fosse stato soltanto un incubo: che Hana sarebbe apparsa da un momento all'altro, con il sorriso negli occhi, e che il mio cuore avrebbe palpitato come sempre... ci saremmo congedati da Raiko e insieme avremmo fatto il bagno, giocato e mangiato nella nostra stanza e poi ci saremmo amati senza fretta.

E quando ho realizzato la verità, che Hana se ne è andata per sempre, mi è sembrato che cervello e viscere pullulassero di vermi striscianti e ho quasi vomitato. “Raiko, devo sapere chi sono stati i tre clienti.”

“Mi dispiace, Furansu-san, te l'ho già detto: la sua mama-san è morta, le persone della casa sono disperse, la Locanda dei Quarantasette Ronin non c'è più.”

“Ci dev'essere un modo per...”

“Nessun modo. Mi dispiace.”

“Allora dimmi la verità... la verità su come è morta”.

“Con il tuo coltello nella gola, mi dispiace.”

“Lo ha fatto? Lei? Hara-kiri?” Raiko aveva risposto con voce paziente, la stessa voce con cui aveva raccontato la stessa storia e dato la stessa risposta già una dozzina di volte: “Hara-kiri è il modo antico, il modo onorevole, l'unico modo per espiare un errore. Hana ha tradito te e noi, padroni e protettori, e se stessa: era il suo karma in questa vita.

Non c'è altro da dire. Mi dispiace, lasciala riposare. Il quarantesimo giorno dopo la morte, il giorno del kami, in cui una persona rinasce o diventa un kami, per lei è passato.

Lascia che ora il suo kami, il suo spirito, riposi in pace. Mi dispiace, non parlare più di lei. Ora dimmi, cos'altro posso fare per te?” Angélique sedeva eretta sulla sedia, come le era stato insegnato da bambina, e lo osservava inquieta tenendo una mano sul grembo e muovendo l'altra per scacciare le mosche. Già due volte gli aveva chiesto “Che cosa intendete per sì e no?” ma lui non l'aveva sentita, come se fosse in trance. Poco prima che lei lasciasse Parigi, lo zio si comportava allo stesso modo e la zia le aveva detto “Lascialo stare, non si sa mai quali demoni dimorano nella mente di un uomo quando è in difficoltà.”

“In quali difficoltà si trova, zietta?”

“Ah, chérie, la vita intera è una difficoltà quando ciò che si guadagna non basta a pagare ciò di cui si ha bisogno. Le tasse ci stanno soffocando, Parigi è un pozzo senza fondo di avidità, senza regole morali, e la Francia è di nuovo sul punto di esplodere, il potere del franco cala ogni mese, il prezzo del pane in sei mesi è raddoppiato. Lascialo stare, pover'uomo, fa del suo meglio.” Angélique sospirò. Si, pover'uomo. Domani provvederò, parlerò con Malcolm e lui penserà a far pagare i suoi debiti. Non è giusto che un uomo così buono finisca in prigione. A quanto ammonteranno i debiti? A pochi luigi in fondo...

Si accorse che André era tornato in sé e la stava guardando. “Sì e no, André? Cosa significa?”

“Sì vuol dire che una medicina del genere esiste, e no che non la potete ancora avere perchè...”

“Ma perchè, perchè ...”

“Mon Dieu, state buona, così potrò raccontarvi quello che la mama-san mi ha detto. Non la potete ancora avere perchè va presa al trentesimo giorno, e la seconda dose al trentacinquesimo, e anche perchè la bevanda, un'infusione di erbe, dev'essere preparata ogni volta al momento.” Quelle parole infransero la semplicità del piano di Angélique: André le avrebbe dato subito la bevanda, o la polvere, che si era procurato la sera prima e lei dopo averla immediatamente ingerita sarebbe andata a letto adducendo un malessere.

Voilà! Un leggero mal di pancia e in poche ore, un giorno al massimo, tutto sarebbe stato perfetto.

Per un momento vide il mondo intorno a sé vacillare, ma subito ritrovò il controllo: Basta! Sei sola. Sei l'eroina che le forze del male hanno messo in trappola. Devi essere forte, devi lottare e sconfiggerle!

“Dopo trenta giorni?” chiese con voce strozzata.

“Sì, e una seconda volta dopo trentacinque. Dovete essere molto precisa e...”

“E poi cosa succederà, André? Sarà veloce?”

“Per l'amor di Dio, lasciatemi finire. Lei sostiene di sì, che generalmente ha subito effetto e che la seconda dose non sempre è necessaria.”

“Ma non c'è niente che io possa prendere fin d'ora?”

“No. Non esiste nulla del genere.”

“E quest'altra medicina, lei assicura che funziona sempre?”

“Sì.” La risposta di Raiko era stata: “Nove volte su dieci. Se la medicina non funziona, ci sono altri modi”.

“Volete dire un dottore?”

“Sì. Comunque la medicina di solito funziona, ma è molto cara. Devo pagare in anticipo chi la preparerà. Per comprare le erbe, capite.” André tornò a concentrarsi su Angélique. “La mama-san dice che è efficace, ma costosa.”

“Efficace?

Sempre? E' innocua?”

“Sempre, e innocua. Ma costosa. Deve pagare lo speziale in anticipo, perchè si procuri le erbe fresche.”

“Oh” disse lei noncurante, “allora per favore pagate per me, e in breve tempo vi ripagherò tre volte tanto.” Le labbra di lui disegnarono una riga sottile. “Ho già anticipato venti luigi.

Non sono un uomo ricco.”

“André, ma quanto potrà costare una semplice medicina, una medicina così ordinaria? Non sarà poi così cara.”

“Lei mi ha detto, se una ragazza così importante ha bisogno di aiuto, di un aiuto segreto, che importanza può avere il prezzo?”

“Certo, caro André.” Angélique accantonò il problema in tono caldo e amichevole, ma ebbe una stretta al cuore per quel comportamento da mercenario.

“Fra trenta giorni, grazie all'assegno promessomi da Malcolm, vi pagherò il dovuto, e in ogni caso sono certa che voi, un uomo così abile e saggio, sarete in grado di sistemare la cosa. Grazie, mio caro amico. Per favore comunicatele che sono passati esattamente otto giorni dalla data prevista per le mie mestruazioni. Quando vi darà la medicina?”

“Come vi ho già detto, il giorno precedente il trentesimo giorno.

Possiamo farcela consegnare o mandare qualcuno a ritirarla il giorno prima.”

“I disturbi... quanto dureranno?” André si sentiva molto a disagio, era stanco e furioso per essersi lasciato intrappolare, per quanto grandi e significativi potessero dimostrarsi i vantaggi che ne sarebbero derivati. “Mi ha detto che tutto dipende dal soggetto, dalla sua età, e dal fatto che vi abbia già fatto ricorso prima o meno. Se è la prima volta dovrebbe essere facile.”

“Ma per quanti giorni durerà l'indisposizione?”

“Mon Dieu, non me l'ha detto, né io gliel'ho chiesto. Se avete domande specifiche scrivetele e farò in modo di farvi avere le risposte. Ora vogliate scusarmi...” Si alzò. Immediatamente lei si lasciò salire le lacrime agli occhi. “Oh, André, grazie, mi dispiace tanto, siete così gentile ad aiutarmi e mi dispiace recarvi disturbo.” Singhiozzò felice di vederlo commosso e addolcito.

“Non piangete, Angélique, non sono irritato con voi, non è colpa vostra... Chiedo scusa, per voi dev'essere terribile, ma vi prego, non vi preoccupate, avrò la medicina per tempo e vi presterò tutto l'aiuto necessario, scrivete le vostre domande e nel giro di qualche giorno vi procurerò le risposte. Mi dispiace... Ultimamente non sono stato molto bene...” Angélique aveva finto di confortarlo e dopo la sua partenza era rimasta a guardare High Street oltre le tende piene di mosche, lo sguardo perso nel vuoto, aveva riflettuto su quanto le era stato detto.

Trenta giorni? Non importa. Posso sopportare il ritardo, nessuno se ne accorgerà, si ripeteva nel tentativo di autoconvincersi. Venti giorni in più non sono niente.

Per tenere tutto sotto controllo prese il diario, lo aprì con la chiave e iniziò a contare.

Rifece il conto una seconda volta giungendo alla stessa data: 7 novembre. Venerdì. Il giorno di san Teodoro. Chi sarà mai san Teodoro? Gli accenderò delle candele ogni domenica. Non c'è bisogno di segnare il giorno, pensò con un tremito. Comunque, appose una piccola croce in un angolo del foglio. Mi dovrei confessare?

Dio capisce. LUI capisce tutto.

Posso aspettare, ma se... ?

Cosa accadrà se non funzionerà, o se André si ammala, scompare o viene ucciso, se la mama-san, o chi perlei, per una ragione tra mille, non manterrà la sua promessa?

Questo pensiero la tormentava. Annullava la sua risolutezza. Le sue guance si rigarono di lacrime sincere.

Poi, all'improvviso, si ricordò di quanto le aveva detto un giorno suo padre, tanti anni addietro, poco prima di abbandonare lei e il suo fratellino, a Parigi...

“Sì, ci ha abbandonati” disse ad alta voce esprimendo per la prima volta quella verità. “E' così. Mon Dieu, per quanto ne so ora, forse è stato meglio così. Ci avrebbe venduti, sicuramente mi avrebbe venduta già molto tempo fa.” Suo padre aveva citato il suo idolo, Napoleone Bonaparte: “Un buon generale prevede sempre un piano di ritirata da cui sferrare l'attacco che gli assicurerà la vittoria finale”.

Qual è il mio piano di ritirata?

Poi un'osservazione fatta da André Poncin molte settimane prima le si affacciò alla mente. Sorrise, ogni preoccupazione era svanita.

Phillip Tyrer stava apponendo in bella grafia gli ultimi ritocchi alla risposta formale di sir William al Roju.

Diversamente dalle comunicazioni precedenti, questa volta sir William aveva deciso di inviare l'originale inglese e una copia in olandese che Johann era stato incaricato di redigere.

“Ecco, Johann, ho finito.”

Completò la coda della B di sir William Aylesbury, K.C.B., con un complicato ricciolo.

“Scheiss in mein Hut!” rise Johann. “Mai vista una grafia migliore.

Non mi stupisce che zia Willie ti abbia affidato l'incarico di copiare tutti i suoi dispacci.”

“Shigata ga nai!” rispose Tyrer senza riflettere. Non importa.

“Lo stai davvero studiando, il giapponese, eh?”

“Sì, lo sto studiando, e rimanga tra noi, in nome di Dio non lo dire a Willie, ma mi piace immensamente. Cosa ne pensi di questa sua mossa?” Johann sospirò.

“Con questa gente io non faccio supposizioni. Ma mi sembra che i sottintesi giapponesi gli abbiano fuso il cervello.”

Il messaggio diceva:

 

A sua Eccellenza reverendissima Nori Anjo, capo del Roju.

Ho ricevuto il vostro messaggio di ieri e vi informo che il suo contenuto ci risulta inaccettabile. Se non pagherete in tempo la rata stabilita come risarcimento per l'assassinio di due soldati britannici, la cifra dovuta verrà quadruplicata per ogni giorno di ritardo.

Mi dolgo di apprendere che evidentemente voi non comprendete il vostro stesso calendario. Mi premuro all'istante di istruirvi in merito. Salperò per Kyòto sulla mia nave ammiraglia con una scorta tra dodici giorni dalla data di oggi, facendo scalo a Osaka.

Da lì, con una scorta a cavallo e il cannone di sessanta libbre di ordinanza della nostra Artiglieria Equestre Reale per i saluti reali, io e gli altri Ministri proseguiremo immediatamente per Kyòto al fine di ottenere soddisfazione per voi dalla Sua giovane Maestà, lo shògun Nobusada in persona o, qualora egli non fosse disponibile, da Sua Altezza Reale, imperatore Komei in persona, assicurandogli l'onore di un saluto di ventun colpi di cannone. Per favore vogliate informarli del nostro imminente arrivo. (firmato) Ministro e Ambasciatore di Sua Maestà Britannica, sir William Aylesbury, K.C.B....

 

“L'imperatore? Quale imperatore?” disse Johann esprimendo disgusto.

“C'è solo il Midako, o Mikado, un nome del genere, e non è che una sorta di papa minore senza potere, non come Pio IX, che si intromette, complotta e si immischia nella politica, e che, come tutti i Gottverdamt cattolici, vuole di nuovo metterci al rogo!”

“Dai, Johann, non sono tutti così cattivi. Adesso i cattolici britannici possono votare e persino candidarsi al Parlamento come chiunque altro.”

“Peste ai cattolici. Sono svizzero, e noi non dimentichiamo.”

“E allora perchè tutte le guardie personali del papa sono svizzere?”

“Sono mercenari.” Johann scrollò le spalle. “Dammi la brutta copia del messaggio che mi metto al lavoro.”

“Sir William dice che non intendi rinnovare il contratto.”

“Per me è arrivato il tempo di cambiare aria e di lasciare il campo a quelli più giovani e più saggi.” Johann improvvisamente gli sorrise.

“Come te.”

“Non mi fai ridere affatto. Per favore di' a Nakama di raggiungermi, dev'essere in giardino.”

“Non ti fidare di quel bastardo. Meglio che tu stia attento, Phillip.” Tyrer si chiese che cosa avrebbe detto Johann se fosse stato al corrente di tutta la verità.

Hiraga aprì la porta. “Hai, Taira-san?”

“Ikimasho, Nakama-sensei, vecchio mio, hai?” Vogliamo cominciare? disse Tyrer sorridendo, ancora meravigliato dal cambiamento.

Quando quel mattino Hiraga si era presentato all'alba, il sudiciume, gli stracci e soprattutto la capigliatura da samurai erano spariti e portava i capelli tagliati come un giapponese qualsiasi.

Sul kimono pulito e inamidato, il nuovo cappello da sole gli pendeva sospeso ai lacci sulla schiena e con i tabi, gli zoccoli nuovi, ora assomigliava al figlio di un ricco mercante.

“Dio mio, hai un aspetto fantastico, Nakama” aveva esultato, “quel taglio di capelli ti sta proprio bene.”

“Ah, Taira-san” aveva detto Hiraga esitando, con falsa umiltà, secondo il disegno che lui e Ori avevano escogitato. “Quello che dite mi aiuta dimenticare io samurai. Presto tornerò a Choshu, diventerò contadino come mio nonno, o farò birra, o fabbrica sakè.

“Dimenticare di essere un samurai? E possibile?”

“Hai. Possibile. Per favore, non dire più, sì?”

“Va bene, ma è una saggia decisione, congratulazioni.” Involontariamente Hiraga si passò una mano nei capelli, le cui ispide punte gli provocavano un fastidioso prurito. “Presto cresceranno, Taira-san, come i tuoi.”

“Perché no?”

I capelli di Tyrer, lunghi e naturalmente ondulati, gli arrivavano quasi alle spalle. A differenza di altri, Tyrer teneva molto alla pulizia personale: sul suo letto da sempre era affisso un quadretto ricamato al piccolo punto da sua madre, la Pulizia conduce alla Santità. “Come vanno le tue contusioni?”

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