Paradiso (48 page)

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Authors: Dante

BOOK: Paradiso
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Li nostri affetti, che solo infiammati   

               
son nel piacer de lo Spirito Santo,

54
           
letizian del suo ordine formati.

               
E questa sorte che par giù cotanto,   

               
però n’è data, perché fuor negletti

57
           
li nostri voti, e vòti in alcun canto.”

               
Ond’ io a lei: “Ne’ mirabili aspetti   

               
vostri risplende non so che divino

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che vi trasmuta da’ primi concetti:

               
però non fui a rimembrar festino;

               
ma or m’aiuta ciò che tu mi dici,

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sì che raffigurar m’è più latino.

               
Ma dimmi: voi che siete qui felici,   

               
disiderate voi più alto loco

66
           
per più vedere e per più farvi amici?”

               
Con quelle altr’ ombre pria sorrise un poco;   

               
da indi mi rispuose tanto lieta,

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ch’arder parea d’amor nel primo foco:   

               
“Frate, la nostra volontà quïeta   

               
virtù di carità, che fa volerne

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sol quel ch’avemo, e d’altro non ci asseta.

               
Se disïassimo esser più superne,   

               
foran discordi li nostri disiri

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dal voler di colui che qui ne cerne;

               
che vedrai non capere in questi giri,

               
s’essere in carità è qui
necesse
,

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e se la sua natura ben rimiri.

               
Anzi è formale ad esto beato
esse
   

               
tenersi dentro a la divina voglia,

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per ch’una fansi nostre voglie stesse;

               
sì che, come noi sem di soglia in soglia

               
per questo regno, a tutto il regno piace

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com’ a lo re che ’n suo voler ne ’nvoglia.

               
E ’n la sua volontade è nostra pace:   

               
ell’ è quel mare al qual tutto si move   

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ciò ch’ella crïa o che natura face.”

               
Chiaro mi fu allor come ogne dove   

               
in cielo è paradiso,
etsi
la grazia

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del sommo ben d’un modo non vi piove.

               
Ma sì com’ elli avvien, s’un cibo sazia   

               
e d’un altro rimane ancor la gola,

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che quel si chere e di quel si ringrazia,

               
così fec’ io con atto e con parola,

               
per apprender da lei qual fu la tela   

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onde non trasse infino a co la spuola.

               
“Perfetta vita e alto merto inciela   

   

               
donna più sù,” mi disse, “a la cui norma

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nel vostro mondo giù si veste e vela,

               
perché fino al morir si vegghi e dorma   

               
con quello sposo ch’ogne voto accetta

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che caritate a suo piacer conforma.

               
Dal mondo, per seguirla, giovinetta

               
fuggi’mi, e nel suo abito mi chiusi

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e promisi la via de la sua setta.

               
Uomini poi, a mal più ch’a bene usi,   

               
fuor mi rapiron de la dolce chiostra:

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Iddio si sa qual poi mia vita fusi.

               
E quest’ altro splendor che ti si mostra   

   

               
da la mia destra parte e che s’accende

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di tutto il lume de la spera nostra,

               
ciò ch’io dico di me, di sé intende;

               
sorella fu, e così le fu tolta

114
         
di capo l’ombra de le sacre bende.

               
Ma poi che pur al mondo fu rivolta

               
contra suo grado e contra buona usanza,

117
         
non fu dal vel del cor già mai disciolta.

               
Quest’ è la luce de la gran Costanza   

               
che del secondo vento di Soave

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generò ’l terzo e l’ultima possanza.”   

               
Così parlommi, e poi cominciò
“Ave
,   

   

               
Maria”
cantando, e cantando vanio

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come per acqua cupa cosa grave.

               
La vista mia, che tanto lei seguio   

               
quanto possibil fu, poi che la perse,

126
         
volsesi al segno di maggior disio,

               
e a Beatrice tutta si converse;

               
ma quella folgorò nel mïo sguardo

               
sì che da prima il viso non sofferse;

130
         
e ciò mi fece a dimandar più tardo.

PARADISO IV

               
Intra due cibi, distanti e moventi   

   

               
d’un modo, prima si morria di fame,

3
             
che liber’ omo l’un recasse ai denti;

               
sì si starebbe un agno intra due brame   

               
di fieri lupi, igualmente temendo;

6
             
sì si starebbe un cane intra due dame:   

               
per che, s’i’ mi tacea, me non riprendo,

               
da li miei dubbi d’un modo sospinto,

9
             
poi ch’era necessario, né commendo.

               
Io mi tacea, ma ’l mio disir dipinto

               
m’era nel viso, e ’l dimandar con ello,

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più caldo assai che per parlar distinto.

               
Fé sì Beatrice qual fé Danïello,   

               
Nabuccodonosor levando d’ira,

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che l’avea fatto ingiustamente fello;

               
e disse: “Io veggio ben come ti tira   

               
uno e altro disio, sì che tua cura

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sé stessa lega sì che fuor non spira.

               
Tu argomenti: ‘Se ’l buon voler dura,   

   

               
la vïolenza altrui per qual ragione

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di meritar mi scema la misura?’

               
Ancor di dubitar ti dà cagione

               
parer tornarsi l’anime a le stelle,

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secondo la sentenza di Platone.   

               
Queste son le question che nel tuo
velle
   

   

               
pontano igualmente; e però pria

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tratterò quella che più ha di felle.

               
D’i Serafin colui che più s’india,   

   

               
Moïsè, Samuel, e quel Giovanni   

   

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che prender vuoli, io dico, non Maria,

               
non hanno in altro cielo i loro scanni   

               
che questi spirti che mo t’appariro,

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né hanno a l’esser lor più o meno anni;   

               
ma tutti fanno bello il primo giro,   

               
e differentemente han dolce vita   

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per sentir più e men l’etterno spiro.   

               
Qui si mostraro, non perché sortita   

               
sia questa spera lor, ma per far segno

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de la celestïal c’ha men salita.   

               
Così parlar conviensi al vostro ingegno,   

   

               
però che solo da sensato apprende

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ciò che fa poscia d’intelletto degno.

               
Per questo la Scrittura condescende   

               
a vostra facultate, e piedi e mano

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attribuisce a Dio e altro intende;

               
e Santa Chiesa con aspetto umano   

               
Gabrïel e Michel vi rappresenta,

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e l’altro che Tobia rifece sano.   

               
Quel che Timeo de l’anime argomenta   

               
non è simile a ciò che qui si vede,

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però che, come dice, par che senta.   

               
Dice che l’alma a la sua stella riede,

               
credendo quella quindi esser decisa

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quando natura per forma la diede;   

               
e forse sua sentenza è d’altra guisa   

   

   

               
che la voce non suona, ed esser puote

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con intenzion da non esser derisa.

               
S’elli intende tornare a queste ruote   

               
l’onor de la influenza e ’l biasmo, forse

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in alcun vero suo arco percuote.

               
Questo principio, male inteso, torse   

               
già tutto il mondo quasi, sì che Giove,   

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Mercurio e Marte a nominar trascorse.

               
L’altra dubitazion che ti commove   

   

               
ha men velen, però che sua malizia

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non ti poria menar da me altrove.

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