Gai-Jin (135 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Sono i datteri più dolci che abbia mai assaggiato. Vengono da Satsuma.” Erano datteri grandi e morbidi, essiccati al sole. Yoshi socchiuse gli occhi afferrandone uno; non poteva essere una coincidenza che venissero dal feudo di Satsuma. “Sono squisiti.”

“Sì, lo sono. E' un peccato che Sanjiro non sia dolce quanto la frutta che coltivano i suoi soldati contadini. E' curioso inoltre come nel suo feudo i samurai non abbiano casta.” Yoshi prese un altro dattero. “Curioso? E' soltanto un'antica tradizione.

Una cattiva tradizione. Gli uomini devono essere samurai o contadini, secondo il Legato non possono essere entrambe le cose.”

“Ah sì, il Legato. Tuttavia all'epoca lo shògun Toranaga lasciò alla famiglia Satsuma il feudo e le teste benché durante la battaglia di Sekigahara avessero combattuto tra fila opposte. Forse anche a lui piacevano datteri. Interessante, vero?”

“Forse gli bastava che si fossero prostrati con il capo nella polvere davanti a lui, che umilmente gli avessero ceduto il dominio di Satsuma, giurando perpetua fedeltà, e che, ancora più umilmente, l'avessero ringraziato quando lui concesse loro il feudo.”

“Toranaga era un governante saggio. Molto saggio. Ma adesso i satsuma di Sanjiro sono tutt'altro che umili.”

“L'umiltà è sconosciuta a molti altri” ribatté Yoshi a bassa voce.

“Come ho detto viviamo in tempi difficili.” Wakura scelse con attenzione un altro dattero dal piatto. “Si dice che stia preparando le sue legioni e l'intero feudo alla guerra.”

“Satsuma è sempre sul piede di guerra. E' un'altra antica tradizione di quella terra. Dovete dirmi il nome del vostro fornitore di datteri” disse Yoshi. “Potremmo ricorrere ai suoi servigi anche a Edo.”

“Con piacere” rispose Wakura, sapendo che mai avrebbe confidato a Yoshi il nome di una delle sue preziose spie. “Secondo alcuni saggi consiglieri Sanjiro muoverà davvero guerra alla terraferma.”

“Ma guerra contro chi, capo cancelliere?”

“Contro coloro, presumo, che egli considera suoi nemici.”

“E chi sarebbero costoro?” domandò Yoshi con pazienza, determinato a far uscire Wakura allo scoperto.

“Si dice che si tratti dello shògunato, spiacente.”

“Si pentirebbe presto di aver provato a sfidare la legge del paese, capo cancelliere. Questi saggi consiglieri a cui avete accennato forse dovrebbero consigliare quanto prima a Sanjiro di non essere tanto stupido.

Anche i consiglieri a volte si comportano stupidamente, non è vero?”

“Concordo.” Wakura sorrise soltanto con le labbra.

“So bene che Sanjiro è bellicoso, ma non è stupido. E lo stesso vale per Ogama di Choshu. E Yodo di Tosa.

Tutti i principi esterni sono bellicosi e intriganti e lo sono sempre stati... come alcuni ufficiali di Corte, mal consigliati e troppo ambiziosi.”

“Anche se esistessero simili uomini, principe, cosa potrebbero contro il potente shògunato quando l'intera corte non possiede armi né terre né koku, quando tutti gli appannaggi dipendono dalla generosità dello shògunato?” Yoshi sorrise con una mancanza d'allegria pari a quella del suo interlocutore. “Diffondono il malcontento tra i daimyo più ambiziosi... Oh si, questo mi ricorda” disse decidendo che Wakura si era spinto troppo oltre e che aveva bisogno di sentire il morso della frusta, “mi ricorda qualcosa di cui forse nel vostro rifugio dorato non avete ancora avuto sentore, ovvero che l'anno prossimo vi sarà una carestia in tutto il Giappone, persino nel mio Kwanto. Si mormora che gli appannaggi della corte verranno decurtati, per quest'anno e l'anno prossimo, di circa il cinquanta per cento.”

Guardò con piacere gli occhi di Wakura incupirsi.

“Spiacente.”

“Si, molto spiacente, sarà un triste, triste giorno. I tempi sono già abbastanza duri.” Wakura represse la voglia di alzare la voce promettendo ritorsioni e cercò invece di valutare la reale capacità di Yoshi di mettere in pratica la minaccia. Non sarà solo in questa iniziativa, rifletté, i daimyo sono sempre scontenti del denaro speso per noi, e ovviamente il Consiglio sarà dalla sua parte. Ma il tairò Anjo avrà la meglio su tutti, non si trova forse dov'è per ubbidire al nostro volere? E Ogama?

Quel cane arrogante approverebbe il taglio delle spese, e così Sanjiro e tutti gli altri! Mi auguro proprio che Anjo abbia la meglio su tutti loro!

Wakura sfoggiò il suo miglior sorriso.

“Il Principe Consigliere chiede se potete stendere un rapporto con le vostre opinioni sul problema dei feudi di Satsuma, Choshu e Tosa, con particolare riferimento al pericolo rappresentato da quello di Satsuma, e con i vostri suggerimenti sul modo in cui in futuro la Corte potrebbe collaborare con lo shògunato per... per evitare incomprensioni da ambo le parti.”

“Lo farò con piacere” rispose Yoshi illuminandosi. Quel rapporto avrebbe rappresentato una magnifica occasione.

“Per concludere, sono onorato di comunicarvi che il Divino vi ha invitato, in qualità di ospite personale, insieme allo shògun Nobusada, ai daimyo di Tosa, Choshu e Satsuma e pochi altri al festeggiamento del solstizio invernale. Gli inviti per i daimyo di Tosa e Satsuma sono già partiti, mentre il vostro e quello del principe Ogama verranno consegnati con la debita cerimonia domani. Non volevo privarmi del piacere di essere io il primo a comunicarvi la notizia.”

Yoshi rimase sbalordito dal grande onore che veniva fatto ai principi esterni alla cerchia più stretta. Il solstizio cadeva in quello stesso mese, il dodicesimo, nel ventiduesimo giorno. Dopo sedici giorni. I festeggiamenti sarebbero durati almeno una settimana. Dopo sarebbe potuto partire, avrebbe avuto tempo in abbondanza per occuparsi di Anjo.

Un momento! Stai dimenticando ciò che è scritto nel Legato: Guardati dal piantare la tua tenda nella tana del Cielo. Non è luogo per noi.

Noi siamo uomini, essi sono dei, e gli dei sono uguali agli uomini, come gli uomini soggetti alla gelosia, e la vostra vicinanza genera odio. La fine della nostra stirpe renderebbe molto felici questi falsi dei, e la fine potrà avvenire soltanto nella loro tana.

Yoshi venne colto da un subitaneo timore. Non poteva opporre un rifiuto all'invito imperiale.

“Grazie” disse con un inchino.

 

A mezzogiorno la sentinella shishi nascosta davanti alle caserme dei Toranaga osservò i quaranta samurai e i soldati con gli stendardi varcare il cancello e percorrere la strada diretti verso la porta orientale del palazzo. Era l'abituale cambio della guardia del mezzogiorno. Gran parte dei soldati impugnavano lance, altri erano armati di spade e quasi tutti indossavano mantelli contro la pioggia e cappelli di paglia conici a tesa larga.

Quando cominciò a scendere una pioggerellina sottile con uno sbadiglio lo shishi si strinse a sua volta nel mantello e si sistemò meglio sul panchetto, sotto la tenda della bancarella di proprietà di un simpatizzante del movimento che serviva zuppa, vermicelli e tè. Entro breve un compagno sarebbe venuto a sostituirlo.

Era di guardia fin dalle prime ore dell'alba; aveva diciotto anni e la barba folta: era un ronin satsuma.

Prima di lasciare Kyòto, Katsumata aveva ordinato ai suoi uomini la costante sorveglianza dei quartier generali di Toranaga e Ogama.

“Ogniqualvolta vi capiterà di intravedere una ragionevole possibilità di successo in un attacco contro quei due, attaccate senza esitare. Ma sempre un solo uomo alla volta.

Gli shishi non devono essere sprecati e dobbiamo tenerci sempre pronti. Un attacco a sorpresa di un solo uomo è il nostro unico modo di ottenere vendetta.” Alcuni facchini carichi di verdure fresche e panieri colmi di pesci si fermarono alla barriera davanti al cancello. Le guardie li perquisirono con grande scrupolosità prima di lasciarli passare.

Il giovane ronin sbadigliò un'altra volta. Non c'era speranza di riuscire a superare il controllo.

Si chiese se Sumomo era riuscita a entrare e sistemarsi come aveva detto Katsumata. Proprio un miracolo che quei tre siano riusciti a scappare attraverso la galleria, un miracolo. Ma dove saranno adesso? Non si sono più avute loro notizie dal momento della fuga.

Non importa. Saranno al sicuro, come noi... abbiamo amici che contano. Ci ritroveremo dopo. Otterremo vendetta. Sonno-joi diventerà una realtà.

Vide le guardie sparire dietro l'angolo. Adesso era davvero stanco, ma lo consolava la prospettiva di un morbido futon e dell'amante che lo aspettava.

 

La pattuglia dello shògunato raggiunse la porta orientale.

Una caserma composta di baracche basse sorgeva contro le mura del palazzo allungandosi ai due lati della porta; poteva ospitare fino a cinquecento uomini con le loro cavalcature, se necessario. La porta era alta sei metri ed era fatta di pesante legno rinforzato con ferro. Su di un lato si apriva un cancelletto.

Le mura perimetrali erano più alte e antiche, di pietra.

Per un minuto le guardie appena arrivate si mescolarono a quelle già presso la porta. Gli ufficiali ispezionarono gli uomini ben imbacuccati e le armi, gli uomini del turno finito si riunirono insieme a un ufficiale e a un ashigaru, un fante, e cominciarono ad attraversare la strada. La pioggia cessò e comparve un timido raggio di sole.

I due uomini svoltarono in un'altra strada e sparirono dentro una caserma, uguale a tutte le altre caserme di Kyòto, dov'erano alloggiati i duecento samurai di Ogama, lontano dalle porte senza essere troppo fuori mano.

“Quaranta uomini, ecco i loro nomi” disse con un inchino l'ufficiale al collega. “Niente di nuovo da riferire.”

“Bene. Venite tutti e due con me, prego.” L'ufficiale di Ogama studiò l'elenco dei nomi precedendo gli altri lungo un corridoio e attraverso un cordone di sentinelle. Attraversarono una stanza vuota e davanti a una porta si fermarono.

L'ufficiale bussò, poi l'aprì ed entrò in una camera arredata con un tavolino basso e qualche tatami. Accanto alla finestra c'era Ogama, armato e vigile, da solo. Gli altri due ufficiali si inchinarono tenendosi in disparte.

L'ashigaru si tolse l'ampio cappello rivelandosi come Yoshi. Senza dire una sola parola tese la katana al suo aiutante, tenne con sé il tantò ed entrò nella stanza. La porta si chiuse dietro di lui. I due ufficiali tirarono un sospiro di sollievo. Erano entrambi madidi di sudore.

Yoshi si inchinò una seconda volta. “Grazie per aver accettato quest'incontro.” Ogama ricambiò l'inchino e fece cenno a Yoshi di accomodarsi davanti a lui.

“Perché tanta urgenza e tanta segretezza?”

“Ho cattive notizie. Hai detto che gli alleati devono condividere tutte le informazioni particolari. Spiacente ma Nori Anjo è stato nominato tairò!” La notizia lasciò di stucco Ogama che ascoltò ogni parola di Yoshi con la massima attenzione. Quando questi parlò dell'invito imperiale, la rabbia di Ogama cominciò a dissiparsi. “Che onore, e che riconoscimento per noi.

Eeeh, finalmente.”

“Anch'io all'inizio ho pensato la stessa cosa. Fino a quando non sono uscito dal palazzo.

A quel punto ho capito che si trattava di una trappola.”

“Quale trappola?”

“La trappola in cui far cadere in un sol colpo i principi di Satsuma, di Tosa, te e me. Dentro le mura del palazzo. Senza armi e senza soldati.”

“Che cosa potrebbe fare Wakura? Che cosa potrebbe fare chiunque di loro? Non hanno samurai, non dispongono di eserciti né di denaro o armi. Non hanno niente!”

“Sì, ma pensa: quando noi quattro ci ritroveremo insieme davanti al Figlio del Cielo, qualcuno, Wakura, il principe Fujitaka, lo shògun Nobusada o persino la principessa, potrebbe pensare che sia il momento giusto per suggerire: “Come dono al Divino, è tempo che tutti e quattro i più importanti daimyo del paese esprimano la loro fedeltà offrendogli i loro poteri”.” Ogama corrugò la fronte. “Nessuno sarebbe d'accordo, nessuno!

Troveremmo un espediente, una menzogna...”

“Mentire? Al Figlio del Cielo? Mai. Ascolta: diciamo che il Principe Consigliere, prima della cerimonia, ti si avvicini in privato per dirti: “Principe Ogama, il Figlio del Cielo vuole adottarti, vuole fare di te il capitano della Guardia Imperiale, il Signore delle Porte, membro del nuovo Consiglio Imperiale dei Dieci che governerà in vece dello shògunato usurpatore dei Toranaga. In cambio...”

“Cosa? Quale Consiglio dei Dieci?”

“Un istante... in cambio dovrai soltanto riconoscerlo per ciò che Egli è: il Figlio del Cielo, Imperatore del Giappone, Possessore delle Sacre Insegne, il Globo, lo Specchio e lo Scettro, progenie divina e padre di tutti gli uomini. In cambio devi soltanto mettere il tuo feudo e i tuoi samurai al Suo servizio e ai Suoi ordini, che il Consiglio Imperiale dei Dieci farà eseguire!” Ogama lo fissava, il labbro superiore imperlato di sudore. “Io non... io non cederò mai Choshu.”

“Forse no. Ma forse sì. Forse il Portavoce Imperiale aggiungerà che l'Imperatore ti confermerà Signore di Choshu, Conquistatore dei gai-jin, Padrone dello Stretto, sottomesso a Lui soltanto e al Consiglio Imperiale dei Dieci.”

“Chi altri farebbe parte del Consiglio?” chiese Ogama con voce roca.

Yoshi si asciugò il sudore dalla fronte. Mentre si avvicinava alle caserme, nella sua mente ogni tessera del complesso mosaico di quell'intrigo era andata al proprio posto. Era stato il generale Akeda a dargliene la chiave con la sua osservazione sull'ambiguità di Kyòto, sul fatto che l'ambiguità sembrasse addirittura appartenere all'aria che respiravano, il che faceva si che ciò che un momento era considerato un premio un momento più tardi diventava un cappio.

Rendersi conto di quanto facilmente poteva essere sedotto da quella città l'aveva quasi prostrato nel fisico... soltanto pochi minuti prima si era cullato in un falso senso di sicurezza che l'avrebbe precipitato in una trappola mortale.

“Ecco, vedi, Ogama-sama, ne sei già tentato. Chi altri potrebbe far parte del Consiglio? Come se le loro parole avessero importanza. Saresti pur sempre solo contro tutti i loro uomini. E così Sanjiro. Il Cancelliere Wakura e la sua banda si prenderebbero tutto il potere e governerebbero da soli.”

“Noi non glielo permetteremmo. Noi non...”

“Spiacente ma dovresti permetterglielo. Ti coprirebbero di onori capaci di tentare un kami, e la tentazione maggiore sarebbe quella di credere che lo shògunato Toranaga verrebbe sostituito dallo shògunato del Consiglio dei Dieci! Ovviamente a me non verrebbe offerto un incarico nel Consiglio Imperiale, né a nessun altro Toranaga, se si esclude Nobusada che è già un loro uomo per via della principessa, proprio come avevo previsto.”

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