Gai-Jin (138 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Come cortigiana del più alto livello diventerai la confidente dei potenti, e quando ne sposerai uno, perchè succederà, non temere, avrai dei figli samurai e diventerai una pedina fondamentale del potere futuro, non dimenticarlo mai!”

Come sostenitrice di sonno-joi, Meikin non si era dimostrata contraria al coinvolgimento di Koiko; era completamente accecata dal coraggio e dalla forza di Katsumata, dalla sua banda di shishi e da un futuro che immaginava roseo e avvincente.

“Abbiamo subito un rovescio di fortuna” le aveva poi spiegato Katsumata raccontandole dell'imboscata della notte prima e della fuga in compagnia di due dei suoi. “Siamo stati traditi, non so da chi, ma ci dobbiamo separare per sempre.”

“Quaranta shishi uccisi?” chiese Koiko sbigottita.

“Quaranta. Quasi tutti capi. Siamo riusciti a scappare soltanto in tre, un altro shishi e una ragazza, una mia protetta. Ascolta, Koikochan, non c'è tempo da perdere. L'ultimo favore che ti chiedo è di proteggere questa ragazza fino a quando sarai a Kyòto, di tenerla con te e portarla a Edo...”

“Oh, ma anche se lo volessi fare è praticamente impossibile perchè il generale Akeda fa molte storie sulla gente che vive al quartier generale.

La interrogherebbe di persona, l'ha fatto anche con tutte le altre aiutanti” ribatté Koiko con tutta la grazia di cui era capace, sentendosi sconvolta in cuor suo all'idea che Katsumata osasse chiederle di dare rifugio a una shishi in fuga, benché innocente, “è praticamente impossibile.”

“Certo non sarà facile. Ma riuscirai a fare in modo che venga accettata senza incontrare il generale.”

“Non mi sembra una cosa possibile e inoltre c'è il principe Yoshi.” Aveva lasciato la frase in sospeso sperando che lui desistesse dalla sua richiesta. Katsumata però aveva continuato a insistere in tono persuasivo, guardandola con i suoi occhi intensi, dicendole che solo presso di lei Sumomo sarebbe stata al sicuro, che era una samurai, promessa a uno shishi molto importante, una ragazza di cui ci si poteva fidare: “Spiacente ma ti chiedo di farlo per sonno-joi, è una ragazza fidata; qualora sorgessero dei problemi non avrai che da scacciarla. Farà qualsiasi cosa per te... Spiacente, Koikochan, adesso devo andare. Il mio ultimo favore, te lo chiedo da amico”.

“Aspetta. Se... devo parlarne con il generale Akeda, ma anche se riesco ad aggirare l'ostacolo devo comunque parlarne con le altre ragazze, e che cosa dirò? Che cosa dirò al generale? Poi non conosco le mie domestiche di Kyòto, non so nemmeno come la pensino.”

“La loro mama-san dice che sono fidate” aveva risposto lui con convinzione.

“Le ho chiesto il suo parere prima, Koiko, non te ne avrei parlato in caso contrario. Di' loro la verità, ovvero che Sumomo è una ragazza caparbia e che il suo tutore, un vecchio cliente, desidera che venga domata e addestrata nelle arti femminili. Non posso portarla con me ma voglio che venga protetta.

Ho degli obblighi nei confronti del suo futuro sposo.

Ti obbedirà in tutto.” Koiko tremava al pensiero del pericolo a cui stava esponendo se stessa e tutte le persone per le quali era responsabile: Teko e le quattro cameriere, la parrucchiera e la massaggiatrice. Fortunatamente le ragazze avevano accettato l'estranea nel gruppo senza fare storie e si erano dichiarate disponibili ad aiutare Koiko a migliorare le sue maniere.

Akeda l'aveva interrogata senza sospettare di nulla.

Ah, Katsumata, sapevi che non avrei potuto rifiutarti nulla, pensò Koiko. Dopo pochi mesi già non avevi più bisogno del mio corpo, e volevi invece possedere la mia mente. Sono ancora legata a te da catene indistruttibili. Senza te e il tuo sapere non avrei mai raggiunto la posizione in cui mi trovo, e non sarei capace di ingannare l'uomo più potente della terra.

“Siediti, Sumomo” disse. “Abbiamo un pò di tempo e qui nessuno può origliare le nostre parole.”

“Grazie.”

“Le mie ragazze sono preoccupate per te.”

“Vi prego di perdonarmi se ho sbagliato.” Koiko sorrise. “Le cameriere si domandano se ti sia stata mozzata la lingua benché tutte si rendano conto che ti devi migliorare e capiscano che un tutore desideri insegnarti maniere più femminili.”

“Ho bisogno di migliorare le mie maniere” ripeté Sumomo con un sorriso.

Anche Koiko sorrise socchiudendo gli occhi. La giovane donna seduta di fronte a lei era tutt'altro che brutta, aveva un corpo flessuoso e forte e sul volto privo di trucco splendevano giovinezza e salute. I suoi capelli erano in buone condizioni anche se richiedevano una nuova acconciatura. Lo stile di Kyòto si sarebbe adattato al suo volto, poi dell'olio in abbondanza sulle mani e sulle braccia per ammorbidirle la pelle, un'ombra leggera sotto gli zigomi, una sfumatura di colore sulle labbra.

La ragazza è promettente.

Dobbiamo fare il bagno insieme affinché possa giudicare meglio anche se dubito che sarebbe capace di adattarsi al nostro mondo. “Sei vergine, vero?” La vide arrossire e rise di gusto. “Ah, spiacente, certo che si, per un momento ho dimenticato che non appartieni al nostro mondo. Ti prego di scusarmi ma è così raro per noi incontrare delle estranee, soprattutto samurai, e ospitarne una nella nostra casa poi, anche se per breve tempo, è un fatto senza precedenti.”

“E' così che ci chiamate?

Estranee?”

“Sì. Il Mondo Fluttuante ci tiene separate da tutto. Guarda la piccola Teko. Tra poco avrà completamente dimenticato la sua precedente esistenza e non conoscerà che questo mondo. In ciò consiste il mio dovere, nell'addestrarla e nel farla crescere gentile e remissiva, capace di sacrificarsi per il piacere di un uomo senza mai ascoltare il suo istinto.” Negli occhi di Koiko passò un'ombra.

“E' questo che rende felici e contenti gli uomini, il piacere in tutte le sue manifestazioni, neh?”

“Spiacente, non capisco che cosa vuoi dire nelle sue manifestazioni.”

“Ah, spiacente, vuoi dire conoscere tutti i gradi del piacere.”

“Ah, grazie” rispose Sumomo con deferenza. “Vi prego di scusarmi, non avrei mai immaginato che le signore del... del Mondo Fluttuante fossero tanto... certo sapevo che erano belle, ma non belle come voi, e non ho proprio mai immaginato che fossero anche colte e raffinate.”

In quei pochi giorni trascorsi nella casa aveva sentito Koiko cantare e suonare il samisen ed era rimasta colpita dalla sua abilità e dalla ricchezza del repertorio; anche lei suonava il samisen, non molto ma quei tanto che bastava per conoscerne le difficoltà.

Aveva sentito Koiko insegnare a Teko l'arte dell'haiku e di altre forme poetiche, spiegarle come accarezzare una frase, e parlarle di sete, di trame e orditi e di altre cose non meno misteriose, degli albori della storia e simili meraviglie. Il sapere di Koiko era vasto. Sumomo si inchinò. “Voi mi confondete, signora.”

Koiko rise.

“E' l'apprendimento la parte più importante del nostro lavoro. Soddisfare il corpo di un uomo non è difficile, si tratta di un piacere talmente fugace, ma più difficile è soddisfarlo a lungo, affascinarlo e conservarne i favori. Ciò si ottiene attraverso la seduzione della mente. Per ottenerlo bisogna essere preparate alla perfezione. Anche tu devi cominciare.”

“Ma quando ci sono fiori di ciliegio da ammirare, chi degnerà di un'occhiata il ciuffo verde della carota?”

“Se un uomo è affamato cercherà la carota e non i fiori di ciliegio, e gli uomini sono quasi sempre affamati.” Aspettò divertita la risposta di Sumomo ma la ragazza si limitò ad abbassare imbarazzata lo sguardo.

“Le carote sono per i contadini, signora” disse infine con un filo di voce. “Spiacente.”

“Le ciliege invece hanno un gusto acquisito, e così i loro fiori. Le carote possono avere la meglio su molti altri sapori, se ben cucinate.” Aspettò ancora che Sumomo parlasse ma la ragazza si limitò ad abbassare gli occhi. “Tralasciando gli indovinelli che ti confondono, non è esattamente il sesso ciò che gli uomini cercano nel mio Mondo bensì l'amore, il nostro frutto proibito.” Sumomo era stupita. “Davvero?”

“Oh sì, almeno per noi.

Per noi è come il veleno. Gli uomini cercano l'amore anche nel tuo mondo, perlomeno la maggior parte, ma a voi non è proibito, vero?”

“No.”

“Il tuo futuro sposo non è diverso dagli altri, anche lui cerca l'amore dove lo può trovare. Meglio fargliene trovare il più possibile a casa, e il più a lungo possibile.” Koiko sorrise. “Allora avrai le ciliege e le carote.

Si impara in fretta ad apprezzare i sapori.”

“Per favore insegnatemi come si fa.”

“Parlami di quest'uomo, il tuo futuro marito.”

“Si chiama Oda, Rokan Oda” rispose Sumomo usando il nome che le aveva detto Katsumata. “Suo padre è un goshi... e viene da Kanagawa, nel feudo di Satsuma.”

“E tuo padre?”

“Come ho già detto, signora, è un Fujahito” ribatté usando il suo nuovo nome di copertura, “vengono da un villaggio poco lontano da Kanagawa e sono goshi anche nella sua famiglia.”

“Il tuo tutore ha detto che questo Rokan Oda è un uomo importante.”

“Troppo gentile da parte sua, signora, anche se Oda-sama è uno shishi e ha preso in effetti parte all'attacco contro il principe Anjo davanti alle porte di Edo uccidendo l'Anziano Utani.” Katsumata le aveva consigliato di dire la verità, quand'era possibile, perchè in questo modo avrebbe dovuto ricordare meno bugie.

“Adesso dove si trova?”

“A Edo, signora.”

“Fino a quando vuoi restare con me?”

“Il più a lungo possibile. Il mio tutore dice che Kyòto è troppo pericolosa per me. Non posso tornare a casa perchè mio padre disapprova la mia scelta come i genitori di Oda-sama disapprovano la sua, cioè disapprovano me.” Koiko corrugò la fronte. “Vi renderanno la vita impossibile.”

“Sì. Ma il karma è karma e le cose andranno come devono andare.

Anche se io non ho valore né meriti e sono sconosciuta alla Bakufu, il maestro Katsumata approva il mio fidanzamento con Oda-sama e ne accetta la responsabilità.”

“Meglio faresti a obbedire ai tuoi genitori, Sumomo.”

“Sì, lo so, ma il mio Oda-sama me lo impedisce.” Una buona risposta, pensò Koiko davanti al tono orgoglioso e convinto dell'altra. Rattristata, gettò un'occhiata alla finestra semiaperta.

Quella storia d'amore proibito sarebbe finita come molte altre, con un suicidio. Un doppio suicidio, se Sumomo era fortunata, o un suicidio solitario quando quell'Oda avrebbe, come probabile, ubbidito alla famiglia scegliendo una moglie di loro gusto.

Sospirò. In giardino il crepuscolo cedeva terreno alla notte.

Si era alzata una leggera brezza.

“Le foglie si stanno sussurrando qualcosa. Che cosa dicono?”

Sumomo cercò di non sembrare troppo stupita da quella domanda e si mise ad ascoltare. Infine disse: “Spiacente, non lo so”.

“Ascoltale durante la mia assenza. E' importante sapere quello che dicono le foglie. Questa notte resterai qui, Sumomo. Forse tornerò o forse no. Se sarò qui converseremo ancora e mi dirai che cos'hai sentito.

Se non ci sarò ne riparleremo domani. Quando Teko verrà a preparare i futon dille che voglio che entrambe componiate un haiku.” Rifletté un secondo e aggiunse: “Un haiku su una lumaca”, concludendo poi con un sorriso.

“Ciao, Koiko” disse Yoshi con indifferenza.

Era seduto con le spalle al muro, una mano accanto all'impugnatura della spada. Indossava una yukata di seta rossa. In apparenza era calmo, ma Koiko, che lo conosceva bene, subito si accorse che si sentiva solo e spaventato e che aveva bisogno delle sue arti.

Il suo sorriso sarebbe stato sufficiente a illuminare la più uggiosa delle giornate. Vide che lo sguardo di Yoshi si addolciva. Bene' pensò, il primo ostacolo è superato.

“Ora” disse con studiata serietà, “ho una poesia per voi:

Non è facile Capire Quale sia la testa e quale sia la coda Di una lumaca che riposa!”

La risata di Yoshi risuonò in tutta la stanza.

Bene, superato anche il secondo ostacolo. “Sono così felice che mi abbiate concesso di venire a Kyòto con voi.” Gli occhi di Yoshi si illuminarono e Koiko si trattenne istintivamente dal dire quello che aveva preparato, ovvero che lui era molto bello alla luce tremolante delle lampade, e disse invece ciò che sentiva davvero:

“Ci sono stati momenti tristi Quando, senza di te, Ho guardato i giorni Nascere e morire.”

Era inginocchiata di fronte a lui e lui le strinse una mano. Non c'era bisogno di parole. Né per lui né per lei.

Adesso Yoshi era in pace, la tensione scomparsa, la solitudine dimenticata insieme alle paure. E anche Koiko era in pace. Quanta energia spesa per distoglierlo da se stesso.

E quanto di sé le aveva rivelato. Poco saggio scoprirsi a tal punto.

Sei molto importante per me, le stava dicendo Yoshi col suo silenzio, il linguaggio degli amanti.

Mi fai troppo onore, rispose Koiko aggrottando appena le sopracciglia. E le sue dita, che accarezzavano delicatamente il dorso della mano di lui, aggiunsero: Ti adoro.

I loro sguardi si incontrarono per non lasciarsi più.

Koiko si portò la mano di Yoshi alle labbra. Il silenzio li stringeva, arrivando quasi a ferirli, ma lei, agile, gli scivolò al fianco e lo abbracciò con forza. Rise.

“Troppa serietà mi fa male, Tora-chan!” Lo strinse ancora e poi si rannicchiò tra le sue braccia. “Mi rendete tanto felice.”

“Anche tu” mormorò Yoshi, lieto che la tensione fosse stata spezzata.

“Sei adorabile come le tue poesie.”

“Quella sulla lumaca era di Kyorai.” Yoshi rise. “E' di Koiko il Giglio!

E', non era.” Koiko si rannicchiò ancora tra le sue braccia, apprezzandone la forza e il calore. “Questa mattina, quando ho saputo la notizia, sono quasi morta.”

“E' la vita” rispose lui. “Avrei dovuto essere più vigile ma la strada mi aveva affascinato.” Le raccontò di come gli era sembrato diverso il mercato visto con gli occhi di un fante.

“E' stata un'esperienza molto interessante, sentirsi invisibili, troppo piacevole per non ripeterla anche se è pericolosa, o forse il pericolo insito nell'avventura vi aggiunge un pizzico di pepe in più? Farò una prova a Edo.

Di sera dovrebbe essere più facile, inoltre addestrerò delle guardie speciali che mi accompagnino.”

“Vi prego di scusarmi se vi suggerisco di non abusare di questo vizio.”

“Non lo farò.” La strinse a sé; erano tutt'e due felici di quell'abbraccio. “Potrei abituarmici, si, non sarebbe difficile.” La stanza adiacente a quella in cui si trovavano era la camera da letto di Yoshi. Come tutte le altre stanze del quartier generale aveva un aspetto virile, con i mobili ridotti al minimo, un tatami di prima qualità ma in cattive condizioni. Non mi dispiacerà andarmene da questo posto, pensò. In quel mentre sentirono un rumore di passi che si avvicinavano e Yoshi estrasse la spada dal fodero. Entrambi si irrigidirono. “Signore?“ chiamò una voce soffocata.

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