Gai-Jin (143 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Come cliente, quelle due volte che è stato con me, quando avevo sedici anni, non era diverso da tanti altri, ma come shishi è il migliore. Curioso...

Yoshi sospirò nel sonno ma non si svegliò. Koiko lo sfiorò leggermente con una mano, assaporandone il calore.

Dormi, mio caro, tu mi rendi più felice di quanto io voglia ammettere con me stessa, pensò prima di tornare a riflettere sul passato.

E' curioso che fra tutti io ricordi soltanto Katsumata e Hiraga. E' curioso che io sia stata preparata per diventare la signora del principe Toranaga Yoshi... per un certo periodo. Che fortuna ho avuto. Per un anno, forse due, al massimo tre, e poi mi sposerò. Sarà Tora-chan a scegliere il marito per me. Un samurai. E quanti figli avrò?

La vecchia indovina mi ha detto tre maschi e due femmine, il monaco cinese due maschi e due femmine. Sorrise tra sé. Oh, condurrò la casa di mio marito con saggezza, sarò buona con i figli e severa con le figlie e tutti faranno un buon matrimonio.

Si risvegliò qualche attimo prima di Yoshi. Appena aperti gli occhi Yoshi si alzò, pronto alla nuova giornata.

Lei gli tese la yukata imbottita e poi, stringendosi intorno al corpo il kimono aprì la porta scorrevole, si inginocchiò e lo aiutò a infilare i sandali. La sentinella accennò a un inchino ma si fermò in tempo gettando un'occhiata inquieta intorno a sé mentre Yoshi si dirigeva verso il gabinetto.

Sumomo aspettava, pazientemente inginocchiata accanto alla porta insieme a una cameriera, con il braciere, il tè caldo e i vassoi della colazione.

“Buongiorno, padrona. E' una mattina fredda, vi posso preparare tè?”

“Sì, sì, per favore, Sumomo, e svelta come un fulmine. Chiudi la porta, si gela.” Koiko tornò di corsa nelle sue stanze gridando: “Partiremo a metà mattina, Sumomo. Ci vestiremo per il viaggio più tardi”.

“Sì, padrona.” Sumomo era ancora accanto alla porta e cercava di nascondere la sua sorpresa. Aveva notato subito che il suo fagotto era stato spostato e che il nodo che lo chiudeva non era lo stesso fatto da lei. Anche il kimono, benché perfettamente ripiegato, le sembrava in una posizione diversa.

Attese che la cameriera se ne andasse trattenendo il respiro, poi spiegò il kimono. Quando le sue dita toccarono gli shuriken nascosti nella tasca segreta della manica riprese a respirare più liberamente.

Aspetta, pensò, sentendo una vampata di calore, il fatto che siano ancora dove li avevo messi non significa che qualcuno non li abbia scoperti.

Sta' calma! Rifletti! Ma chi potrebbe voler perquisire il mio fagotto, e perchè? Un ladro? impossibile! Abeh?

Una guardia? Koiko? Yoshi? Se fosse stato uno di loro sarei già morta o quantomeno incatenata e occupata a rispondere alle loro domande e...

“Sumomo, è pronto il tè?”

“Subito, padrona ...” Con gesti frettolosi Sumomo infilò il kimono sopra la yukata con cui aveva dormito, aveva già fatto le prime abluzioni e si era legata i capelli nella treccia convenzionale, annodò l'obi e vi ripose il coltello mentre la sua mente lavorava a velocità frenetica: è stato uno di loro? Forse chi ha frugato non è stato accurato.

Gli shuriken potrebbero essergli sfuggiti; non è impossibile, se non sapeva cosa cercare. Forse chi ha frugato non era molto abile. Koiko? Perché dovrebbe interessarsi ai miei oggetti personali fino a questo punto? Ovviamente un primo controllo era già stato fatto dalle cameriere il giorno del suo arrivo, quando aveva tenuto gli shuriken nascosti su di sé.

Mentre congetturava con ansia fece riscaldare la farina di riso, preparò il tè e ne portò una tazza a Koiko che nella stanza da bagno si stava lavando con l'acqua profumata con estratti di fiori.

L'acqua veniva portata all'alba attraverso una botola perchè non ne andasse versata nemmeno una goccia sui tatami e gli ospiti non fossero disturbati. Con lo stesso sistema venivano rimossi i contenitori per la notte.

“Indosserò il kimono marrone con la carpa” disse Koiko sorseggiando il tè con piacere mentre il freddo, per quanto si sforzasse di ignorarlo, le faceva increspare la pelle, “con l'obi dorato.” Sumomo si affrettò a obbedire, il cuore ancora stretto per la paura: afferrò gli indumenti a tornò ad aiutare Koiko a indossarli.

Quando l'obi fu ben sistemato, Koiko si inginocchiò sui futon. Sumomo si inginocchiò alle sue spalle per spazzolarle i capelli lucidi, lunghi fino alla vita. “Molto bene, Sumomo, stai imparando, ma per favore vorrei che i tuoi colpi di spazzola fossero più lunghi e delicati.”

Dall'esterno giungeva il rumore della locanda che si risvegliava. Cameriere e soldati e avventori che si chiamavano a gran voce, Abeh che parlava con Yoshi. Le due donne cercarono di sentire quello che si dicevano ma non riuscivano a distinguere le parole. Le voci si allontanarono.

“Ancora venti colpi e poi farò colazione e berrò un'altra tazza di tè.

Hai fame?”

“No, padrona, grazie, ho già mangiato.”

“Forse non hai dormito bene?” le domandò Koiko notando un insolito nervosismo nella ragazza.

“No, signora Koiko. Spiacente di parlarvi dei miei problemi ma qualche volta ho difficoltà ad addormentarmi e quando poi mi addormento faccio dei brutti sogni” rispose Sumomo con ingenuità, ancora distratta. “Il dottore mi ha dato una medicina per calmarmi ma ieri sera quando sono andata a dormire nell'altra stanza ho dimenticato di portarla con me.”

“Ah, davvero?” Koiko nascose il senso di sollievo che le procurava quella spiegazione. “Magari dovresti prenderne un pò adesso.”

“Oh, non è urgente e...”

“Ti prego, insisto. E' importante che tu sia tranquilla.” Sumomo obbedì con gratitudine.

Prese la bottiglia dal fagotto e vide che nessuno l'aveva toccata. Ne bevve un sorso e la richiuse.

La sensazione di calore interno fu quasi immediata. “Grazie, signora” disse prima di riprendere a spazzolarle i capelli.

Dopo aver mangiato della crema di farina di riso calda con i sottaceti, l'anguilla arrosto fredda con una salsa agrodolce e i dolcetti di riso, Koiko si rivolse nuovamente a Sumomo. “Ti prego di sederti, Sumomo, e di versarti una tazza di tè.”

“Grazie, padrona.”

“Il principe Yoshi ha deciso che non lo accompagnerò nel resto del viaggio ma che lo seguirò, sul palanchino, a un'andatura più moderata.”

“L'ho sentito dire da alcuni soldati mentre vi aspettavo. Tutto sarà pronto per quando deciderete di partire.”

“Bene.” Ora che sapeva la verità sulla bottiglia Koiko era molto più tranquilla. Tuttavia non aveva modificato la decisione d'essere prudente: il suo dovere nei confronti di Katsumata l'aveva fatto. “Adesso sei al sicuro, lontana da Kyòto” disse a bassa voce. Lo stomaco di Sumomo si contrasse con una fitta. Se non avesse bevuto la medicina si sarebbe lasciata prendere dal panico. “E' giunto il momento di separarci, Sumomo.

Hai del denaro con te?”

“No, padrona” rispose Sumomo con il tono più tranquillo che le riuscì di trovare.

“Non sarebbe possibile...”

“Non ti devi preoccupare, te ne darò io.” Koiko le sorrise fraintendendo il suo imbarazzo e continuò con fermezza: “I tuoi documenti sono in ordine?”.

“Sì, ma se posso...”

“E' la cosa migliore da farsi, per tutt'e due. Ho considerato le diverse possibilità. E' preferibile che io viaggi sola. Tu puoi restare qui o tornare a casa... ti consiglierei di tornare a Satsuma... oppure puoi arrivare a Edo con i tuoi mezzi.”

“Prego... non potrei restare con voi?”

“E più saggio se te ne vai per conto tuo, adesso. Ti renderai certo conto che accettarti con me è stato un grande favore che ho fatto al tuo tutore. Adesso sei al sicuro” ripeté con cortesia.

“Ma... ma cosa farete, non avete altre cameriere con voi. Io voglio servirvi e...”

“Sì, e sei anche molto brava, ma non mi sarà difficile trovare qualcuno lungo la strada. Ti prego di non preoccuparti per questo.

Dunque, tornerai a Kyòto?” Visto che Sumomo si limitava a fissarla senza rispondere le parlò ancora in tono gentile: “Che cosa ti ha detto di fare il tuo tutore una volta che ci fossimo separate?”.

“Lui... lui non me ne ha parlato.” Koiko si accigliò. “Ma certo avrai un piano.”

“Oh si, padrona” rispose Sumomo in fretta, ancora più agitata di prima, senza sapere con esattezza quello che stava dicendo, “mi ha detto che sarei rimasta con voi fino a Edo. E che poi me ne sarei andata, se questa era la vostra decisione.”

“Per andare dove?”

“Da... da Oda-sama.”

“Sì, d'accordo, ma dove, a Edo?”

“Non so con esattezza.

Posso versarvi altro...”

“Non sai con esattezza, Sumomo?” Koiko era leggermente contrariata.

“C'è un'altra famiglia che ti ospiterà se non lo troverai?”

“Be', sì, c'è una locanda e là sapranno dirmi dove si trova o dove ci sarà un messaggio ma prometto che non vi sarò di alcun peso durante il viaggio, di nessun peso, voi mi insegnate tante cose...” Più Koiko ascoltava le parole di Sumomo, sempre più sciocche e avventate, e meno le piaceva quello che sentiva, per non parlare poi della sua agitazione e del modo in cui parlava tenendo gli occhi bassi.

Smise di ascoltare e cercò di raccogliere i pensieri; era sempre più inquieta. “Il tuo tutore sarà a Edo?” chiese.

“Non lo so, spiacente. Prego, lasciate che vi versi il...”

“Questo Oda-sama è un satsuma... appartiene alla guarnigione?”

“No.” Sumomo si maledisse per aver risposto precipitosamente quando invece avrebbe dovuto dire di non saperlo. “I satsuma...”

“Allora che cosa fa a Edo?”

“Io non lo so, signora” rispose Sumomo in modo assai poco convincente, sempre più in difficoltà, incapace di pensare abbastanza in fretta.

“Io non lo vedo da quasi un anno, cioè... Mi hanno detto che dovrebbe trovarsi a Edo.” Gli occhi di Koiko la scrutarono in profondità e la sua voce suonò dura: “Secondo il tuo tutore questo Oda-sama è uno shishi, perciò...”.

Si interruppe quando capi di aver pronunciato una frase tanto rischiosa, dell'enormità del suo gesto, del rischio che aveva corso accettando di ospitare la ragazza. “Gli shishi ritengono il principe Yoshi il loro principale nemico” mormorò, “se lui è il nemico, il...”

“No, signora, non lo è, non lui ma lo shògunato e la Bakufu sono i nemici, lui è al di sopra di tutto, non è un nemico” mentì Sumomo con veemenza e disinvoltura. E poi, prima di rendersi conto di quello che stava dicendo, aggiunse:

“Katsumata... Il mio tutore lo ha spiegato bene a tutti noi”.

“A tutti voi?” Il volto di Koiko divenne terreo. “Namu Amida Butsu. Sei una di loro!” Katsumata le aveva detto che tra i suoi accoliti vi erano alcune donne che addestrava personalmente per inserirle nel gruppo dei guerrieri scelti. “E' stato... è stato il tuo maestro?”

“Io sono soltanto un'umile sostenitrice, signora” rispose la ragazza lottando per non perdere il controllo della situazione e per mantenere un'espressione il più possibile innocente.

Koiko si guardò intorno con aria incredula, la mente in subbuglio, mentre il suo mondo di beate sicurezze le crollava addosso. “Sei una di loro, lo sei!”

Sumomo la fissò incapace di trovare una via d'uscita al baratro che si era aperto all'improvviso tra loro. “Signora, prego, riflettiamo con calma. Io... io non rappresento una minaccia per voi, né voi rappresentate una minaccia per me, lasciamo che le cose restino come sono.

Giuro che vi proteggerò e che proteggerò anche il principe Yoshi, se necessario.

Lasciate che prosegua il viaggio con voi. Vi giuro che me ne andrò non appena arriveremo a Edo. Prego.”

Il suo sguardo implorava Koiko di dire di sì. “Non vi pentirete mai della vostra generosità. Ve ne prego.

Il mio tutore vi ha chiesto l'estremo favore. Prego, vi servirò...” Koiko aveva sentito a malapena le parole di Sumomo. La stava guardando come un topo potrebbe fissare un cobra, senz'altro pensiero che quello della fuga, che quello di credere che tutto fosse soltanto un sogno.

Ma era un sogno? Sii ragionevole, Koiko, la tua vita è in pericolo, più della tua vita; devi escogitare qualcosa.

“Dammi il coltello.”

Sumomo non esitò. Infilò una mano nell'obi, ne estrasse il coltello e lo tese a Koiko che lo prese come se scottasse. Non sapendo cosa farne perchè era la prima volta che ne toccava uno, nel Mondo Fluttuante tutte le armi erano proibite, lo infilò a sua volta nell'obi. “Che cosa vuoi qui? Perché vuoi restare con noi?” le chiese con un filo di voce.

“Voglio soltanto viaggiare con voi, signora” rispose Sumomo con il tono di chi parli a un bambino e senza rendersi conto di quanto fosse dura l'espressione del suo volto. “Soltanto viaggiare con voi, non ci sono altre ragioni.”

“Facevi parte del gruppo che ha attaccato lo shògun Nobusada?”

“Certo che no, io sono una semplice sostenitrice, un'amica...”

“Ma sei stata tu la spia che ha riferito che il mio signore avrebbe incontrato Ogama. Sei stata tu!”

“No, signora, lo giuro. Vi ho già detto che lui non è il nostro nemico, l'uomo che l'ha attaccato era soltanto un folle, non uno di noi, ripeto che...”

“Te ne devi andare, assolutamente” ripeté Koiko. “Ti prego, vattene via.

Vattene via adesso. Svelta.”

“Non c'è niente da temere. Niente.”

“Oh, io invece sono terrorizzata, e sono terrorizzata anche all'idea che qualcuno possa denunciarti perchè in questo caso Yoshi...” Le parole restarono sospese tra loro, a mezz'aria. Si guardarono, Sumomo con un'espressione implorante, Koiko disperata e resa più debole dalla forza dell'altra. Sembravano entrambe invecchiate: Koiko affranta all'idea d'essere stata così ingenua da lasciarsi ingannare in quel modo subdolo dal suo idolo, e Sumomo furente per non aver acconsentito immediatamente alla richiesta di andarsene fatta da quella puttana intrigante.

Stupida, stupida, pensavano entrambe. “Farò come voi volete” mormorò Sumomo, “me ne andrò, sebbene...”

La porta si aprì all'improvviso e Yoshi entrò con passo sicuro diretto verso la stanza più interna.

Le due donne uscirono con un sussulto dal torpore e si inchinarono in gran fretta. Yoshi si fermò, i sensi tesi a fiutare il pericolo.

“Che cosa succede?” domandò in tono aspro. Aveva notato la paura sui loro volti prima dell'inchino.

“Niente... niente, sire” rispose Koiko riprendendosi mentre Sumomo si precipitava verso il braciere a prendere il tè. “Volete del tè? o forse la colazione?” Gli occhi di Yoshi si spostarono dall'una all'altra. “Che cosa succede?” ripeté in tono gelido.

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