Gai-Jin (147 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Avrebbe fatto qualche differenza?” Dopo un istante di riflessione lui scosse il capo.

Raiko bevve il liquore con avidità. “Ti prego di scusare se parlo di soldi, ma un oban d'oro non ha più il valore di un tempo. I nostri capi hanno svalutato la nostra moneta che adesso vale quanto lo sterco secco di cane!”

“Vero,” disse lui che pur non comprendendo tutte le parole giapponesi aveva comunque colto il senso del discorso. Inoltre condivideva il disgusto di Raiko perchè Seratard gli aveva rifiutato un acconto sul salario sul quale aveva fatto grande affidamento, adducendo come scusa la povertà delle casse della Legazione.

“Ma Henri, in fondo sto soltanto chiedendo quello che mi dovrete corrispondere entro l'anno.

Soltanto qualche pezzetto d'oro, Henri. Non sono forse il vostro più importante collaboratore in Giappone?”

“Sì, certo che lo siete, mio caro André, ma non ricaverete del vino da una botte vuota... solo un'emicrania! “ Un diverso atteggiamento non gli fece ottenere di più. Gli restavano quindi soltanto due possibilità: Angélique o questa mama-san.

“Raiko” riprese a dire, “Tu sei una donna molto intelligente, prova a riflettere. Deve esserci un modo per guadagnare soldi, neh? Che cosa potremmo vendere?” Raiko abbassò gli occhi e fissò un punto sotto il tavolino. “Sakè?” chiese mentre già versava il liquore. In onore di Poncin il sakè era freddo.

Gli occhi socchiusi fino a sembrare due fessure, Raiko si chiedeva fino a che punto potesse fidarsi di lui.

Quanto un gatto si potrebbe fidare di un topo messo alle strette, decise. “Le informazioni hanno un prezzo, neh?” L'affermazione era stata fatta in tono pratico. Poncin si finse sorpreso, lieto che lei avesse abboccato l'amo con tanta facilità. Troppa forse?

Probabilmente no. Essere colti in flagrante spionaggio dalla Bakufu o dai suoi superiori avrebbe portato allo stesso risultato: una feroce esecuzione.

Sir William avrebbe pagato profumatamente per le informazioni giuste, Henri invece non avrebbe sborsato un centesimo, siano entrambi dannati! “Raiko-san, che cosa sta succedendo a Edo?”

“Per essere più precisi, che cosa sta succedendo qui?” ribatté lei dando senza esitazione inizio alla trattativa. “La guerra eh? Terribile!

Ogni giorno i soldati aumentano, i cannoni si esercitano spaventando le mie ragazze.”

“Spiacente, parla più lentamente perchè non capisco.”

“Ah, molto spiacente.” Raiko parlò della paura che attanagliava lo Yoshiwara, dipingendo un interessante ritratto locale ma senza aggiungere niente che lui già non sapesse. E lui le raccontò qualcosa della flotta e dell'esercito di cui lei doveva già essere al corrente.

Sorbirono in silenzio il sakè poi Raiko riprese a parlare a bassa voce: “Credo che alcuni ufficiali pagherebbero molto per sapere che cosa pensa di fare il capo gai-jin e quando”.

Lui annuì. “Sì. Penso che anche il nostro capo pagherebbe molto per sapere a quanto ammontano le forze nipponiche, chi è il capo e per conoscere qualcosa sul conto di questo tairò che manda messaggi scortesi.” Raiko sorrise e alzò la piccola tazza di porcellana finissima per un brindisi.

“A una nuova impresa. Molto denaro in cambio di poche chiacchiere.” Brindarono. “Poche chiacchiere, si” disse lui, “ma che siano davvero poche e davvero molto importanti in cambio di molto denaro.”

“Eeeh” esclamò lei fingendo di scandalizzarsi, “sono forse una prostituta di terza classe senza cervello? Senza onore? Senza giudizio?

Senza conoscenze, senza...” Ma non riuscì a terminare la frase e ridacchiò tra sé. “Noi due ci comprendiamo perfettamente, Furansu-san. Vieni a trovarmi domani a mezzogiorno. Adesso vai, prego, a trovare la tua bella Hinodeh. Goditela e goditi la vita finché c'è.”

“Grazie. Ma non subito, prego, tornerò più tardi.”

Le sorrise. In quel momento Raiko gli piaceva. “E tu ti godi la vita?”

“Io non ho nessuna Hinodeh dalla quale andare, da sognare, per la quale scrivere poesie, dalla quale farmi colmare d'estasi.

Una volta era diverso ma adesso sono diventata più ragionevole: apprezzo il sakè e i soldi, i soldi e il sakè.

Vai adesso” disse con un'aspra risata, “ma ritorna domani. A mezzogiorno.”

Uscito Poncin, ordinò alle cameriere di portarle altro liquore, ma caldo, questa volta, e di non disturbarla. L'aveva congedato al più presto perchè vedere dipinte sul suo volto quell'espressione amichevole e la profonda passione per Hinodeh l'avevano fatta sprofondare in una grande tristezza.

Non voleva che ci fossero testimoni alla sua infelicità e al dolore e a quelle lacrime umilianti che non riusciva a trattenere e che al tempo stesso disprezzava perchè segno di grande debolezza, che altro non era che una disperata nostalgia della giovinezza, della fanciulla che era stata fino a poco tempo prima, e che era scomparsa per non tornare mai più.

Non è giusto, non è giusto, mormorò alzando la tazza di sakè.

Io non sono la vecchia strega che vedo riflessa nello specchio, sono ancora io, la Bella Raiko, cortigiana di secondo grado, sono ancora io, io, io.

 

“Ah, Otami-sama” disse lo shoya, “buona sera, accomodatevi prego, tè, sakè? Spiacente di disturbarvi ancora ma ho appena ricevuto un messaggio dai miei superiori. Un tè?”

Hiraga prese posto sul cuscino di fronte al suo ospite e trattenendo l'impazienza accettò la tazza di rito. “Come state?” domandò cortesemente mentre il suo cuore batteva più forte di quanto avrebbe voluto.

“Sono preoccupato, Otami-sama. Sembra che questa volta i gai-jin siano decisi ad agire, vedo troppi movimenti di truppe, troppe navi che si preparano alla battaglia, sento troppe voci su altre navi che si stanno dirigendo verso di noi.

Ma forse ne avete già sentito parlare dal vostro Taira?” Hiraga rifletté. Da quando era arrivato l'ultimatum del tairò Anjo.

Tyrer e tutta la Legazione erano entrati in uno stato di agitazione; sir William gridava più del solito, Johann, l'interprete, se ne stava appartato con Tyrer per ore a riscrivere lettere dirette alla Bakufu e solo di rado gli chiedevano di correggere una frase.

“E' più facile se leggo tutta la lettera, Taira-sama” diceva lui nella speranza di essere messo al corrente di quello che stava succedendo.

“Sì, certo, ma per il momento basta questa frase...” rispondeva invariabilmente Tyrer a disagio.

Poiché questa scena si era ripetuta per alcuni giorni di seguito l'inquietudine di Hiraga era diventata preoccupazione; era ovvio che non si fidavano di lui come prima, malgrado avesse lavorato giorno e notte per imparare la loro lingua e fornirgli tutte le informazioni che volevano.

Infami cani stranieri, aveva pensato, preoccupato che da un giorno all'altro sir William potesse decidere di buttarlo fuori dalla Legazione: il suo ritratto era ancora affisso sui muri delle baracche delle guardie samurai e la ronda armata controllava con maligno zelo tutti i giapponesi che entravano e uscivano dall'Insediamento.

La ronda armata dovrebbe essere vietata. I gai-jin sono talmente idioti, con tutto il potere che hanno sul mare fossi al loro posto non permetterei mai che “guardie nemiche” si avvicinassero a meno di una lega!

E anche Anjo è stato idiota a farli arrabbiare con quelle maniere e quell'arroganza, mentre la flotta si trova ancora nei nostri porti. Il Consiglio degli Anziani deve essere impazzito!

“Gli ufficiali gai-jin mi dicono molte cose, shoya” cominciò, benché innervosito alquanto dall'idea che qualcuno stesse origliando. “Per fortuna io vengo messo a parte dei loro segreti più esclusivi. E' certo che sarei in grado di mettervi in guardia qualora un pericolo vi minacciasse direttamente.

Nel frattempo io li ho vivamente sconsigliati di scombussolare la vostra pace e quella del villaggio.”

Lo shoya si prostrò fino a toccare il tatami con la fronte e lo ringraziò ripetutamente. Poi disse: “Questi sono tempi terribili, la guerra è terribile e le tasse aumenteranno ancora”.

Bene, pensò Hiraga con la testa che gli doleva, ti potrai permettere di pagarle, e né tu né nessuno dei tuoi soci del Gyokoyama dovrete per questo mangiare o bere di meno, né le vostre donne vestiranno abiti meno dispendiosi.

Soltanto i vostri clienti ne soffriranno. Parassiti! Già contravvenite le antiche leggi consentendo alle vostre donne di vestirsi con colori vietati come il rosso dei sottokimono e delle vesti da casa, le vostre dannate case che la Bakufu ottusamente non perquisisce. Quando saremo al potere risponderete di tutto.

Sbrigati, vecchio scemo, arriva al sodo, non posso perdere tutta la sera con te e non posso chiederti perchè mi hai convocato perchè perderei la faccia. Devo ancora studiare e c'è un libro che vorrei cominciare a leggere. “Forse posso fare qualcosa per tutelare i vostri interessi” disse senza mezzi termini.

Lo shoya lo ringraziò un'altra volta. “Il messaggio che ho ricevuto dai miei superiori riguarda la ragazza di cui avete chiesto notizie.

Quattro giorni or sono il principe Yoshi ha lasciato Kyòto segretamente, in incognito, accompagnato da un piccolo drappello di soldati. Nel gruppo c'era anche la ragazza. Nonché... vi sentite bene, Otami-sama?”

“Sì, continuate, prego” disse Hiraga, “continuate, shoya.”

“Certo. Nel gruppo insieme alla ragazza, che adesso è diventata la sua nuova maiko, cavalcava anche la cortigiana Koiko e...”

“La sua nuova cosa?” Hiraga trattenne il respiro mentre Koiko e tutto ciò che il suo nome implicava gli tornavano alla mente.

“Posso versarvi del tè, o del sakè, prego?” chiese lo shoya rendendosi conto dell'effetto che le sue informazioni avevano avuto sul giovane.

“Forse un piccolo asciugamano caldo? Oppure potrei ordinare della...”

“No, continuate” disse Hiraga con voce roca.

“Non c'è molto altro da aggiungere. Come sapete la signora Koiko è la più famosa cortigiana di Edo nonché la compagna del principe Yoshi.

La ragazza le è stata mandata dieci giorni fa.”

“Da chi?”

“Non lo sappiamo ancora, Otami-sama” rispose lo shoya conservando l'informazione per un altro incontro.

“A quanto pare la signora Koiko ha accettato la ragazza come maiko dopo che quest'ultima è stata personalmente interrogata e approvata dal principe Yoshi. E' l'unica altra donna del gruppo, si chiama Sumomo Fujahito.” Nessuna possibilità d'errore, avrebbe voluto gridare Hiraga, quello era il nome in codice datole da Katsumata... l'aveva mandata nella tana del lupo... ma perchè? “In quale direzione sono andati?” chiese. “Il principe Yoshi dov'è?”

“Lo accompagnano quaranta samurai a cavallo senza insegne, e lui stesso, come ho già detto, viaggia sotto mentite spoglie. Sono sgattaiolati fuori da Kyòto appena prima dell'alba di tre giorni or sono, e hanno imboccato la Tokaidò percorrendola a passo di marcia forzata in direzione di Edo, o così presumono i miei padroni.”

Lo shoya nascose il suo stupore davanti alla violenza apparsa sul volto del giovane.

“Marcia forzata, dite? Quando potrebbero raggiungere Kanagawa?” Kanagawa era l'ultima stazione di cambio prima di Edo. “Tra dieci o dodici giorni?”

“Ah sì, sì, probabilmente avete ragione voi, tenendo conto che viaggiano con due donne... nel mio messaggio si dice che cavalcano entrambe, oh, ma questo ve l'ho già riferito, e... oh, sì, ho dimenticato che il principe Yoshi è travestito da ashigaru, si, suppongo che potrebbero raggiungere Kanagawa tra dieci giorni.”

Attonito, Hiraga finì il suo sakè quasi insensibile al gusto, accettò che gli venisse riempita un'altra volta la tazzina, ringraziò lo shoya per l'informazione e, accordandosi per un incontro l'indomani, si accomiatò per andare al villaggio nella casupola che divideva con Akimoto.

Le strade erano silenziose e quasi deserte.

I negozi chiudevano al calare delle tenebre.

Le luci accese dietro le pareti di carta facevano sembrare invitanti anche baracche e stamberghe.

Stanco e irrequieto per le notizie appena ricevute, Hiraga si tolse il cilindro e grattandosi il capo si arruffò i capelli. Non si era ancora abituato del tutto a quegli abiti di taglio europeo anche se pantaloni e gilet ormai non lo infastidivano più, anzi, la stagione fredda glieli faceva apprezzare. L'energica grattatina non servi a chiarire la confusione perciò sedette su di una panchina accovacciarsi sui talloni era difficile coi pantaloni stretti, e prese a guardare le stelle.

Koiko!

Ricordava le due volte trascorse con lei: una serata e una nottata intera. Eeeh, in entrambe le occasioni aveva pagato molto caro, anzi, carissimo, ma ne era valsa la pena.

Katsumata gli aveva detto che non avrebbe avuto altre occasioni di apprezzare una simile pelle vellutata e capelli tanto serici, né di provare quel supremo senso di calore che esplode facendoti desiderare di morire per il troppo piacere.

“Ah, Hiraga, morire in quell'istante” gli aveva detto Katsumata, “allo zenit, e portarlo con sé nell'aldilà sempre che esista, sarebbe la perfezione. Oppure, se l'aldilà non c'è, essere certi di saltare nel nulla di cui hai sperimentato la parte migliore, morire allo zenit sarebbe certo un modo di cogliere la totalità dell'esistenza, non credi?”

“Sì, ma sarebbe anche uno spreco. Perché Koiko è stata addestrata per Yoshi?”

“Perché lui, con noi o contro di noi, è una pedina fondamentale per sonno-joi, e perchè lei è l'unico essere al mondo che abbia una possibilità di affascinarlo e portarlo dalla nostra parte. Nel peggiore dei casi potrà sempre trovarsi nella posizione migliore per ammazzarlo. Yoshi potrebbe essere l'elemento determinante per raggiungere sonno-joi, questo è il nostro segreto, il tuo e il mio segreto, e ovviamente morirà quando noi lo decideremo.”

Dunque Katsumata aveva mandato Sumomo a interpretare il ruolo del pugnale del destino? o per proteggere Koiko dai traditori? o magari per salvaguardare lo stesso Yoshi da un traditore all'interno del gruppo?

Quante domande! E tutte senza risposta.

Si alzò dalla panchina e riprese a camminare; l'emicrania era sempre più forte. L'indomani Akimoto sarebbe salito a bordo di una nave da guerra insieme a Taira.

Anche lui aveva chiesto di prender parte alla spedizione ma il permesso gli era stato negato. “Spiacente” gli aveva detto Tyrer, “sir William dice che questo tuo amico, il signor Saito, può salire a bordo, ma da solo. Naturalmente niente armi. Mi sembra di capire che la sua famiglia sia proprietaria della più grande impresa di costruzioni navali di Shimonoseki, è così?”

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