Gai-Jin (155 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Accettalo. Ricordati ciò che mamma e papà ti hanno ripetuto in continuazione, fin dall'infanzia: “Accetta la tua sorte” così diceva sempre Dirk. Dirk perse mezzo piede ma ciò non lo fermò, a Dirk spararono e lo ferirono con armi da taglio decine di volte, quand'era mozzo venne quasi ucciso a Trafalgar, fu sul punto di essere annientato da Tyler Brook almeno cinque o sei volte, accetta la tua sorte.

“Sii cinese” era il consiglio di Dirk.

“Fai del tuo meglio e che il diavolo si porti il resto.” Il cuore cominciò a battergli più forte. Dirk Dirk Dirk. Accidenti a Dirk Struan! Hai detestato sentirtelo portare come esempio per tutta la vita, sei sempre stato terrorizzato all'idea di non poter eguagliare la sua irraggiungibile immagine. Ammettilo!

Il riflesso nello specchio non rispose. Ma Malcolm sì.

“Nelle mie vene scorre il suo sangue, devo dirigere la Nobil Casa, sono tai-pan, faccio del mio meglio, ma non potrò mai eguagliarlo, lo ammetto, accidenti a lui, questa è la verità! Questo è il mio destino.” Bene, sembrava fargli eco la sua immagine. Ma perchè odiare Dirk?

Lui non odia te. Perché odiarlo come lo hai odiato per tutta la vita... perchè l'hai sempre odiato, non è forse vero?

“E' vero, l'ho odiato e lo odierò sempre!” Ammetterlo ad alta voce lo aveva scioccato. Tuttavia era la verità, quell'affetto e quel rispetto che aveva creduto di nutrire per il nonno erano falsi. Sì, l'aveva detestato, eppure li, davanti a quello specchio, non l'odiava più.

Perché?

Non lo so.

Forse per via di Edward Gornt, forse è lui lo spiritello buono che mi ha liberato dalle catene che mi legavano al passato e che vuole che io faccia altrettanto per lui. Morgan non ha forse avvelenato la sua esistenza e quella dei suoi genitori?

Non che Dirk abbia avvelenato la mia, ma il suo spettro se ne stava in agguato tra mamma e papà e li tormentava... non è stato quello il loro destino? Che papà morisse odiandolo con la stessa intensità con cui mamma lo adorava apertamente... detestandolo a sua volta nel profondo del cuore per non averla sposata.

Lì sul ponte della fregata si ricordò del sudore freddo che lo aveva inzuppato, si ricordò del whisky bevuto ma non della pozione, della decisione risoluta di spezzare quella schiavitù ossessiva subito dopo il riconoscimento dell'amara verità: lui ne aveva bisogno, era assuefatto all'oppio.

Troppe verità si affacciavano. Affrontare se stessi era tutt'altro che facile e anche pericoloso. Tuttavia ogni uomo deve farlo almeno una volta nella vita se vuole vivere in pace. E io l'ho fatto, che mi piacciano o no i risultati.

“Primo ufficiale” disse il giovane segnalatore al luogotenente Lloyd con il telescopio puntato lontano. “Messaggio dall'ammiraglia, signore.”

Due ponti più sotto, la sala macchine era un girone infernale: calore, frastuono martellante e polvere, olio nero e afrore intenso, bagliori e scintille dai carboni ardenti quando i fuochisti seminudi aprivano i coperchi delle fornaci sotto la grande caldaia per infilarvi altro carbone.

Angélique e Marlowe erano in piedi su una delle griglie di ferro sopraelevate, immersi nell'aria turbinante e densa dell'odore di carbone e fuoco e olio bruciato e sudore e vapore. I corpi sotto di loro erano lucidi di sudore; uomini panciuti con muscoli prominenti gettavano con pale dai bordi affilati come lame il carbone preso nella stiva con movimenti abili, e lo distribuivano in modo uniforme perchè cominciasse subito a bruciare.

A poppa il motore scintillava ben oliato e lucidato; alcuni uomini versavano nelle giunture l'olio contenuto in lattine con lunghi beccucci, altri ne pulivano alcune parti con stracci di cotone, altri ancora si occupavano dei quadranti e delle pompe delle valvole mentre l'albero di propulsione faceva girare l'elica contro la forza d'impatto dell'acqua.

Getti di vapore uscivano dalle valvole, altro olio veniva versato, gli uomini pulivano e dedicavano cure costanti ai pistoni, alle leve e agli ingranaggi e senza sosta i fuochisti spalavano il carbone.

Angélique trovava lo spettacolo terribilmente eccitante. Gli uomini sotto non si erano ancora accorti di loro.

Marlowe le indicò ogni cosa spiegando con orgoglio al di sopra del frastuono generale il funzionamento della sala macchine.

Angélique rispondeva con un cenno del capo e un sorriso di tanto in tanto tenendosi aggrappata al suo braccio per non perdere l'equilibrio. Non sentiva niente a causa del rumore e non ne era per niente dispiaciuta, perchè le impressioni della sala macchine la assorbivano completamente: quella scena la faceva pensare a un virile Valhalla dove le macchine erano sposate agli uomini, facevano parte di loro, primitive e futuristiche insieme, e gli uomini erano soltanto schiavi che stranamente si occupavano delle loro padrone.

Il segnalatore si avvicinò e salutò. Si rese conto che la sua presenza non era stata notata, allora si fece avanti e salutò di nuovo rompendo il loro incantesimo. Tese a Marlowe il foglietto con il messaggio.

Marlowe lo lesse in fretta, poi annuì e gli gridò: “Ricevuto!”.

Si chinò verso Angélique: “Vi chiedo scusa ma dobbiamo risalire”.

In quel momento i rintocchi delle campane dal ponte giunsero fino a loro. L'ufficiale ingegnere trasmise l'ordine. Gli uomini si precipitarono a chiudere alcune valvole e ad aprirne altre, si piegarono sulle leve e non persero d'occhio i quadranti.

Mentre diminuiva il vapore l'enorme albero di trasmissione e il motore cominciarono a rallentare, divenne meno intenso anche il rumore e i fuochisti si appoggiarono grati alle loro pale, i petti ansanti, inspirando l'aria polverosa e torcendo gli asciugamani che portavano intorno al collo. Un uomo si girò imprecando in direzione della stiva, aprì i pantaloni e orinò sul carbone: il getto caldo fece alzare un filo di vapore che suscitò l'ilarità generale.

Marlowe si affrettò a prendere il braccio di Angélique e la guidò lungo la passerella verso il ponte. Un fuochista la notò, richiamò l'attenzione dei suoi compagni e prima che lei fosse uscita dalla sala macchine tutti stavano fissando la sua figura che si allontanava, in silenzio. Quando fu scomparsa uno di loro fece un gesto osceno tra le risate dei compagni, cui seguì un improvviso e triste silenzio.

Sul ponte la subitanea mancanza di rumore e l'aria fresca le fecero girare la testa per un istante e si dovette aggrappare a Marlowe. “Vi sentite bene?”

“Oh, sì” rispose lei. “Grazie, John, è stata un'esperienza... straordinaria.”

“Davvero?” rispose Marlowe distratto, tutta la sua attenzione concentrata sul marinai alle prese con vele e sartie. “Suppongo che lo sia, la prima volta. Con il mare in tempesta laggiù la situazione diventa critica.

I fuochisti e i motoristi sono una razza a parte.” La riaccompagnò da Malcolm: “Scusate, devo lasciarvi per un momento”.

Andò nella sua cabina, che si trovava a poppa sotto il primo ponte.

Al suo passaggio la sentinella lo salutò.

La cassaforte era proprio sotto la cuccetta del capitano.

La aprì nervosamente.

Il messaggio dell'ammiraglio diceva: “Attivate gli ordini siglati 1/A16/12”. Nella cassaforte vi erano i libri di bordo, i codici, il denaro e il registro delle paghe, il registro delle punizioni, manuali, documenti vari, ricevute, regolamenti navali e alcune buste sigillate che gli erano state consegnate quella mattina.

Prendendo la busta designata la sua mano tremò leggermente. Conterrà l'ordine di tornare per unirmi al resto della flotta e prepararmi alla guerra che stavamo aspettando? Sedette al tavolo circondato dalle sedie inchiodate al ponte e ruppe il sigillo.

 

“Era straordinario laggiù, Malcolm. Terrificante in un certo senso, con tutti quegli uomini, incredibile... e se è così in una nave piccola come questa chissà come sarà su un vapore grande diciamo come il Great Eastern?”

“E' una nave incredibile, Angel. Ho assistito al suo varo sul Tamigi l'ultima volta che sono stato a Londra, quattro anni fa, appena finita la scuola. Accidenti, come ero felice di aver finito.

Comunque è tutta di ferro, quattromila tonnellate di stazza, è la più grande del mondo ed è stata costruita per trasportare in Australia migliaia di emigranti a ogni viaggio. Il varo ha richiesto settimane ed è stato necessario adagiarla su un fianco; un'impresa titanica e poi quasi è affondata lo stesso.

Il povero Brunel che l'ha disegnata e costruita ha fatto bancarotta più di una volta e le compagnie che aveva promosso sono andate a fondo. Era una nave sfortunata, prese fuoco durante il suo primo viaggio e venne praticamente sventrata.

Brunel non si riprese più dal colpo. Non farei mai un viaggio a bordo della Great Eastern... è sfortunata e lo è stata fin dal primo momento.” Quando vide Marlowe tornare sul ponte si interruppe: non c'era nessun sorriso sul volto del capitano.

Il nostromo suonò otto colpi. Mezzogiorno. “Prendo il comando, primo ufficiale” disse Marlowe.

“Sissignore.”

“Perché non portate la signorina Angélique a fare due passi, forse le farebbe piacere vedere da vicino i nostri cannoni.”

“Con piacere. Signorina?” Lei seguì obbediente il luogotenente, un giovanotto di bassa statura e lentigginoso, lungo la passerella e il ponte.

“Siete scozzese, signor Lloyd?” gli chiese.

Lui rise e con voce cantilenante rispose: “Scozzese come le colline dei Llandrindod Wells da dove vengo, per servirvi, signorina”.

Angélique rise con lui e appoggiandosi al ponte inclinato sussurrò: “Perché vengo allontanata come una scolaretta?”.

“Non saprei, signorina.” Gli occhi scuri e profondi dell'ufficiale gettarono un'occhiata ai due uomini intenti a conversare e poi tornarono a dedicarsi a lei.

“Il capitano vuole sicuramente parlare con il vostro fidanzato del pranzo oppure chiedergli se vuole usare la ritirata, il gabinetto, discorsi da uomini insomma” concluse con un sorriso.

“Lo ammirate, non è vero?”

“Il capitano è sempre il capitano, signora! Ecco i cannoni.” Angélique rise risvegliando l'attenzione dei marinai e facendo voltare anche Marlowe e Malcolm sul ponte.

“E' proprio una bella ragazza, Malcolm.”

“Si, lo è. Che cosa stavate dicendo della colazione?”

“Vi sembra che possa andare bene? I turnover di mele del nostro cuoco sono eccellenti.” Il menu prevedeva stufato di pesce, sformato di pollo e maiale affumicato, ravioli, pollo arrosto freddo, formaggio cheddar e turnover di mele. “Ho un paio di bottiglie di Montrachet del '55, ben fredde, che conservavo per un'occasione speciale, e uno Chambertin del '59.”

“Vi trattate piuttosto bene, vedo” disse Malcolm piuttosto impressionato.

Marlowe sorrise. “Non sempre, ma oggi è un giorno speciale e, per dirvi la verità, ho sgraffignato lo Chambertin al mio vecchio, è il suo preferito.

Di Montrachet è stato lui a darmene due casse quando sono partito.”

“E' nella marina vostro padre?”

“Oh, certo.” Marlowe rispose come se la domanda l'avesse sorpreso.

“Comandante in capo a Plymouth.” Esitò, fu sul punto di dire qualcosa ma poi si fermò.

“Che cosa succede? Ci ordinano di tornare?” chiese Malcolm.

“No.” Marlowe lo guardò. “Questa mattina mi sono state consegnate alcune buste sigillate contenenti degli ordini insieme al permesso scritto di accogliervi a bordo e di essere di ritorno senza fallo al tramonto.

Alcuni minuti fa mi è giunto dall'ammiraglia l'ordine di aprire una di queste buste.

Poiché non mi è stato detto di parlarvene ma nemmeno di tacervelo, ve ne parlo perchè forse voi siete in grado di spiegarmi il messaggio. Eccolo: “Qualora il signor Struan dovesse chiedervi un particolare favore, potete, se lo desiderate, accordarglielo”.

Per Malcolm Struan il mondo parve fermarsi. Non capì più se era vivo o morto e con uno sgradevole senso di vertigine capì che se non fosse stato seduto sarebbe certamente caduto di schianto sul ponte.

“Dio onnipotente!” ansimò Marlowe. “Nostromo, portate immediatamente del rum!” E nostromo si precipitò a eseguire l'ordine mentre Malcolm balbettava con un filo di voce: “No, no, sto bene, bene... comunque un pò di rum mi farebbe molto piacere”.

Vide che Marlowe muoveva le labbra e si rese conto che lo stava scuotendo ma nemmeno una parola riusciva a superare il ronzio che sentiva nelle orecchie, poi, finalmente, il vento sulle guance e il suono del mare lo fecero tornare in sé.

“Ecco, signore” stava dicendo il nostromo avvicinandogli il bicchiere alle labbra. Il rum scese nella gola e nel giro di pochi secondi Struan riuscì persino ad alzarsi. “E' meglio se ve ne restate tranquillo, signore” disse a disagio il nostromo, “sembra che abbiate visto un fantasma.”

“Non un fantasma, nostromo, ho visto piuttosto un angelo, il vostro capitano!” Marlowe lo, fissò senza capire. “Non sono impazzito” riprese Malcolm mangiandosi le parole. “John, scusate, capitano Marlowe, c'è un luogo in cui possiamo parlare in privato?”

“Certo. Qui.”

A disagio, il capitano fece un cenno al nostromo che abbandonò il ponte. Restarono soltanto il timoniere e il segnalatore.

“Segnalatore, quattro passi avanti. Timoniere, chiudete le orecchie.”

“La mia particolare richiesta” comincio a spiegare Struan, “è questa: vorrei che vi portaste al largo e celebraste un matrimonio.”

“Che cosa avete detto?” Toccava a Marlowe ora sentirsi disorientato.

Dopo avergli fatto ripetere tutto parola per parola disse: “Siete folle”.

“No, assolutamente no.”

Malcolm aveva ripreso il controllo di sé; sapeva che il suo futuro era in gioco e le parole dell'ammiraglio: “Se lo desiderate potete accordarglielo” si erano stampate nel suo cervello a caratteri di fuoco. “Lasciate che vi spieghi.” Incominciò. Qualche minuto più tardi si avvicinò l'assistente di bordo, ma vedendoli assorti nella conversazione si allontanò subito. Tornò poco dopo: “Con i rispetti del cuoco, signore, il pranzo è servito nella vostra cabina” annunciò, ma ancora una volta Marlowe lo allontanò con un cenno.

“... E questa è la ragione” concluse Malcolm, “anzi le ragioni dell'ammiraglio, le mie, le vostre, quelle di mia madre. Dunque, volete accordarmi questo particolare favore, per cortesia?”

“Non posso.”

Marlowe scosse il capo: “Mi dispiace, vecchio mio, non ho mai sposato nessuno e dubito che il regolamento me lo consenta”.

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