“Valgono molto più del costo della medicina.”
“All'acquisto, certamente. Ma li devo mandare a Edo o allo Yoshiwara di Nagasaki. Saranno difficili da vendere, ma per favore non ti preoccupare, ti aiuterò a liberarti di un bambino non desiderato.”
“Non è il mio” disse lui severo.
“Ah, molto spiacente, prego, scusami” rispose lei credendogli. Preferiva credergli che temere fosse il suo.
Non voglio altre complicazioni da quest'uomo. “Non sono affari miei.”
“E solo un aiuto per un'amica della Città Ubriaca.”
“Prego, scusami, molto spiacente.” Lui sorrise di malavoglia. “Conosci le perle. Questi valgono cinquanta volte il costo della medicina.” Raiko continuò a sorridere e a parlare con voce tubante, ma dentro di sé digrignava i denti. “Li devo fare valutare. Di sicuro valgono più del costo della medicina.”
“Di sicuro.” Lui aprì il palmo della mano e lei li prese. Le perle erano quasi nere, di qualità elevata. Le avvicinò ai denti per sentire se erano fredde e le morsicò leggermente ma non si intaccarono. Certa ora che fossero vere e preziose, chiese con dolcezza: “Qual è il prezzo, vecchio amico?”.
“Il prezzo è: tutte le medicine, anche nel caso che la prima volta non funzioni... Tutto quello che serve a fermare il bambino, capisci?”
“Sì” annuì lei contenta del magnifico affare. “Eliminazione... conclusione garantita.”
“Più venti oban d'oro” aggiunse lui, divertendosi a osservare la smorfia d'orrore sul volto della donna, nonostante quella cifra ammontasse a meno di un terzo di quanto lei avrebbe ricavato dalla vendita: la montatura non valeva granché, ma si era assicurato che il gioielliere cinese utilizzasse solo le perle più belle.
Lei gemette, imprecò, e poi si misero a contrattare, divertendosi, sapendo entrambi che il costo reale della medicina e i consigli su come utilizzarla non erano gran cosa per la mama-san di un bordello. Stavano finalmente giungendo a un accordo quando, all'improvviso, lei cambiò umore e lo fissò in modo diverso, come se fosse percorsa da un moto di amore e di tristezza per lui. Posso interferire con il karma? si chiese.
“Cosa c'è?” domandò lui sospettoso.
“Lasciami pensare un attimo, Furansu-san.”
Con una voce completamente diversa, calda e dolce come ai vecchi tempi quando lui, il suo primo cliente, aveva generosamente pagato da bere e da mangiare a tutti per festeggiare l'inaugurazione della Casa, disse: “Da quando ci conosciamo, molta acqua è passata sotto i ponti, nel Mondo Fluttuante abbiamo visto giorni felici e anche, come sempre nella vita, tristezza e laghi di lacrime, e non per mia volontà.
Penso all'ultima volta che siamo stati qui a discutere come oggi, per il contratto di Hana”.
Il volto di Poncin divenne una maschera. “Non parlare di Hana.”
“Ah, molto spiacente, vorrei, per favore, perchè forse ho una soluzione.”
“Non esiste soluzione” s'infuriò André. “Non esiste una cura, Hana è morta, Hana non c'entra con le perle!”
“Vero. Calmati e ascolta. Forse” proseguì con dolcezza, “forse posso trovare un'altra Hana, simile, ma che ha già il male cinese.”
“Non è possibile” sbottò lui sconvolto.
“Questa malattia è molto brutta, molto cattiva.”
“Sì, quando la fine è vicina” disse lei impaziente. “Spesso non si vede niente per anni. Tu non sei ancora brutto, in te non si vede niente, Furansu-san. Magari passano anni prima che accada. Dipende dal tuo karma.
Devo cercartela?” Lui cominciò a parlare, ma si fermò e scosse la testa.
“Ascolta, se trovassi una nuova Hana, e se...”
“Non è possibile!”
“... se tu la accetti, e lei accetta te, potreste stare insieme fino... fino a quando non deciderai...” Lei alzò le spalle. “Il futuro non ha importanza, quello che importa è il presente, è questa la regola del Mondo Fluttuante. Prendi la ragazza, le costruiamo una nuova casa, ovviamente demoliamo quell'altra, la tratti come Hana in ogni senso, con lo stesso contratto, lo stesso mensile per i vestiti e l'alloggio, e sarà solo per te.”
Gli occhi di Raiko lo penetrarono.
André capì che gli stava leggendo l'anima, che vedeva la sua speranza improvvisa e disperata di accettare ciò che lo avrebbe sollevato dal tormento; la notizia dell'accaduto aveva viaggiato come un lampo, e ora tutte le case, educatamente, molto educatamente, gli negavano l'accesso alle ragazze; gli rimaneva solo la Città Ubriaca, e quell'eterna spada di Damocle sulla testa.
Tuttavia, questo era l'aspetto più grave, in lui il desiderio sessuale non era affatto scemato; la brama di fare all'amore era diventata un'ossessione: già lo aveva spinto a comportarsi da folle con Angélique, due sere prima. Non aveva smesso di desiderarla, anzi, la voleva più che mai, e sapeva che se non avesse trovato il modo di sfogarsi ci avrebbe provato di nuovo, questa volta con successo, alla prima occasione.
Madre benedetta, aiutami, pensò quasi alle lacrime, non voglio contagiare anche lei.
“C'è un'altra possibilità” disse Raiko con uno sguardo indagatore.
“Ne discuteremo dopo. Ora parliamo di Hana.”
“Non parlare di Hana!”
“Devo, Furansu-san. E adesso.
Volevi sapere com'è morta, vero?” Raiko vide che tratteneva il respiro. “Dopo che sei scappato via nella notte e lei piangendo me ne ha spiegato il motivo, sono rimasta sconvolta non meno di te. Anche se per me era come una figlia, l'ho scacciata dalla casa maledicendola. Avevi ragione a comportarti così, e prima di andartene avresti dovuto ammazzarla, non solo picchiarla. La sua mama-san avrebbe dovuto dirmelo subito, e anche lei...”
“Parla lentamente... più lentamente.”
“Scusa, mi è difficile parlare lentamente...
Hana avrebbe dovuto dirmelo non appena lo ha saputo. Ero furibonda e l'ho lasciata per cercare di raggiungerti, senza successo. Poi una cameriera, Mieko, è corsa a dirmi che Hana aveva tentato di fare hara-kiri...”
Raiko ora sudava.
Quello non era il primo tentativo di suicidio in cui era stata coinvolta. Nata nel Mondo dei Salici, dove sua madre era un'esperta cortigiana di secondo rango, ne aveva visti a decine, nei quarantacinque anni della sua vita, da apprendista, cortigiana e poi come mama-san.
Aveva visto suicidi riusciti, molti con il veleno e per annegamento, alcuni con il pugnale, qualche suicidio di coppia, tra amanti, sempre perchè lui era diventato povero, e persino qualcuno di samurai. Ma quello di Hana era stato il peggiore.
Si era precipitata nella stanza e aveva trovato la ragazza agonizzante, in lacrime, con il collo tagliato in diversi punti ma le vene e le arterie ancora intatte e la trachea solo scalfita. Dalla ferita sanguinante, usciva un pò d'aria, ma insufficiente. Hana era accasciata sui futon, tentava di riafferrare il pugnale, ma ogni volta le sfuggiva di mano, singhiozzava, annaspava, vomitava sangue e implorava perdono urlando, aiuto... aiuto... aiuto...
“Non voleva più vivere” disse Raiko con tristezza. “Ne ho viste troppe per non saperlo. Se fosse sopravvissuta a quel tentativo, ci avrebbe provato ancora, all'infinito. In questa terra, e nel nostro mondo in particolare, arriva un momento in cui è giusto e saggio spingersi nell'aldilà.
Liberiamo gli animali dalla sofferenza, è giusto concedere lo stesso favore a una persona. Così l'abbiamo aiutata. L'abbiamo calmata, pulita, e messa a sedere. Ha avuto il tempo di dire Namu Amida Butsu, io le ho appoggiato il pugnale contro la gola e serenamente Hana vi si è lasciata cadere sopra. Ecco come è morta.”
“Tu... tu, in parte... hai preso parte alla sua morte?”
“Era mio dovere di mama-san” rispose Raiko con semplicità. Poi sospirò.
Non serve piangere, ho già versato tutte le mie lacrime. Non me ne rimangono più. Quante volte, all'età di Hana, odiando la vita e il modo in cui ero costretta a guadagnarmi il riso ho considerato la stessa via di fuga.
Sono persino arrivata a tagliarmi i polsi, e la mia mama-san, dopo avermi salvata, quando ormai stavo bene mi ha picchiata senza pietà.
Ma ha fatto bene, la mia mama-san, come ho fatto bene io, perchè sapeva che le mie intenzioni non erano serie come quelle di Hana, infatti non ricordo neppure il viso del ragazzo che lei mi aveva impedito di frequentare, ricordo solo che era un poeta.
“Prima di morire Hana mi ha chiesto di offrirti ancora le sue scuse. Di implorare il tuo perdono.”
“E tu... tu perdoni?” Che strana domanda, pensò Raiko sorpresa. “Hana era come un fiore di ciliegio strappato dal vento: non è questione di perdono. Era solo un petalo del Mondo dei Salici. Esisteva e non esisteva. Capisci?” Annuì sconvolto, senza intendere tutte le parole eppure comprendendo quello che lei aveva fatto e perchè. La odiava e la benediceva, si sentiva sollevato, triste, agognava il suicidio ed era pieno di speranza.
“Prima di me, tre uomini, tre. Chi?”
“Non lo so, spiacente, so solo che erano giapponesi. E la verità” assicurò lei con uno sguardo limpido. Avrebbe rivelato quei nomi sepolti nel profondo del suo cuore solo in caso di necessità, per favorire o contrastare la Bakufu.
“Quanto a queste ...” dischiuse la mano. Le perle brillavano seducenti alla luce della lampada a olio. “Possiamo concordare che un terzo di quello che ricaverò dalla vendita lo darò a te, più le medicine e tutto quanto necessiterà. E un terzo ...” Smise di parlare, folgorata dall'identità dell'amica della Città Ubriaca.
La medicina è per la donna che sta per sposare il tai-pan, si disse.
Non ho forse sentito dire che ieri ha perso un gioiello? Dev'essere lei, le perle lo confermano... e se è lei, eeeh, questo aborto è stato deciso senza che lui ne sappia niente, altrimenti l'intermediario sarebbe Jamisan, e non certo Furansu-san.
“Un terzo sarebbe giusto” riprese. Era tentata di aggiungere, per la donna gai-jin che sposerà il tai-pan, ma vedendo che Furansu-san fissava malinconico la sua tazza decise che non era ancora il momento di svelargli che aveva capito.
Eeeh, questa è stata una notte molto remunerativa, pensò allegra.
Essere a conoscenza dell'aborto segreto di una signora così importante può dimostrarsi molto utile. Posso parlare o promettere di dimenticarmene con la signora stessa, con il tai-pan, che è ricco come Adachi di Mito, prima o dopo il matrimonio, o anche con qualcuno dei suoi molti nemici.
Poi, grazie a Hiraga tengo in pugno Taira, che si è intestardito sulla Porta di Giada di Fujiko; cos'avrà di tanto speciale per attrarre così Occhi Tondi? E da ultimo, ma non meno importante, la soluzione per Furansu-san, il mio prezioso confidente gai-jin, ora mi è venuta in mente.
Raiko voleva urlare di gioia, ma conservò un comportamento modesto e sincero. “Un terzo? Furansu-san?
“ Poncin annuì con un'espressione desolata.
“Hai avvisato la signora che esiste un rischio?”
“Quale rischio? Mi hai detto che la medicina funziona quasi sempre.”
“Sì, quasi sempre. Ma se la pozione non funzionerà, dovremo... Ma non preoccupiamocene adesso. Speriamo che Budda le sorrida, che il suo karma le conceda un facile sollievo e che lei possa così gustare tutti i piaceri della vita.”
Lo guardò fisso negli occhi.
“E anche tu, neh?”
André ricambiò lo sguardo.
Capitolo 24
†
Giovedì, 6 novembre
Carissima Colette: le settimane sono volate, e domani è un giorno speciale per me,
scrisse Angélique raggiante, mi sento così bene che quasi non riesco a crederlo.
Dormo magnificamente, le mie guance sono rosee, tutti mi fanno i complimenti e ho una linea più invidiabile che mai...
Nessun segno, niente, pensò.
Il seno è un pò più sensibile, ma no, è solo una fantasia. E domani sarà tutto finito.
Seduta alla scrivania della sua stanza affacciata sulla baia, con la punta della lingua tra le labbra, era troppo consapevole del rischio per scrivere alcunché di compromettente. Il giorno dedicato a lui è di ottimo auspicio alla mia nuova vita.
Domani è il giorno di san Teodoro, il mio nuovo patrono. Vedi, Colette, con il matrimonio diventerò britannica (non inglese, perchè Malcolm è scozzese, e in parte inglese) e san Teodoro è uno dei loro pochissimi santi. Anche lui milleduecento anni fa è diventato britannico (era greco) ed è riuscito a diventare arcivescovo di Canterbury...
Il pennino d'acciaio esitò perchè quel nome faceva emergere fantasmi dalle nebbie, che lei si rifiutò di riconoscere ricacciandoli di nuovo negli abissi profondi della mente.
... Il che significa che era diventato una sorta di papa delle isole britanniche. Riformò la Chiesa, bandì i malvagi e le pratiche pagane.
Era assai pio e buono, specialmente con le donne, visse fino alla straordinaria età di ottantotto anni, sempre dimostrandosi un membro ideale della Vera Chiesa. Lo sto celebrando con uno speciale giorno di digiuno, e poi tra tre giorni con una festa!
E' stato Padre Leo a parlarmi di lui. Ugh! Padre Leo non mi piace proprio, puzzolente com'è (in confessionale devo usare il fazzoletto con i sali: tu sveniresti, cara Colette). Domenica scorsa ho avuto un malore e di sicuro salterò la messa anche questa domenica.
Come quando andavamo a scuola, ricordi? Non capirò mai come riuscivamo a non farci rimproverare.
Pensare a Colette, alla scuola e a Parigi la distrasse per un istante, il suo sguardo vagò oltre la finestra, sull'oceano in tempesta, color grigio ardesia.
Il vento tagliente alzava riccioli di schiuma sulle onde che si andavano a frangere sulla spiaggia al di là della passeggiata, a un centinaio di metri di distanza.
Le navi mercantili erano all'ancora, le bettoline caricavano e scaricavano e l'unica nave da guerra, la Pearl, splendente con il suo albero nuovo e fresca di verniciatura, appena tornata da Edo, stava facendo le manovre d'attracco.
Ma Angélique vide appena tutto questo, perchè i suoi occhi erano distratti dalle immagini del futuro roseo che le prometteva la fantasia.
Lì, nella sua suite, tutto era tiepido e tranquillo, le finestre ben chiuse non lasciavano filtrare correnti d'aria e il fuoco scoppiettava nel camino.