Gai-Jin (91 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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L'avanguardia aprì il corteo, subito dopo si mosse Yoshi, poi i due palanchini seguiti dalla retroguardia.

Avanzavano veloci, quasi senza fare rumore. Percorsero il vicolo che conduceva alla successiva fortificazione allontanandosi dalla porta e dalle strade principali, poi, invece di svoltare nel labirinto del corpo centrale del castello, si diressero verso un grande edificio sul lato nord appoggiato a una delle fortificazioni più grandi, passando tutti i posti di blocco senza essere fermati.

All'esterno era molto ben difeso ma appena le guardie riconobbero l'insegna di Yoshi spalancarono i portali per farli entrare.

All'interno si vedeva un vasto galoppatoio chiuso, in terra battuta, con un alto soffitto a volte e una galleria per gli spettatori, illuminato qui e là da torce. Le porte si richiusero alle loro spalle.

Yoshi si portò al piccolo galoppo alla testa del corteo e lo condusse rapidamente verso il passaggio a volta in fondo al galoppatoio, superando le scuderie e i depositi vuoti dei finimenti. Qui il cortile era pavimentato a ciottoli e l'aria pesante puzzava di escrementi, urina e sudore.

Passando sotto un secondo arco si ritrovarono sulla terra battuta di un altro recinto, più piccolo.

Yoshi spronò il suo cavallo al galoppo verso un passaggio a volta debolmente illuminato e dopo aver percorso un breve tratto tirò improvvisamente le redini.

La galleria superiore era stipata di arcieri silenziosi. Le frecce non erano incoccate, ma tutti nel recinto sottostante sapevano che sarebbe bastato un ordine per sterminarli all'istante.

“Ah, Yoshi-sama.” La voce dura di Nori Anjo tuonò nella semioscurità.

Yoshi impiegò un istante a individuare l'avversario, poi lo vide.

Senza armatura, era seduto sul retro della galleria, di fianco alla scala.

“Alla riunione di oggi pomeriggio non ci hai detto che avresti lasciato il castello con una scorta armata come... come cosa? Come un ninja forse?” La rabbia dei suoi uomini provocò un fruscio nel gruppo ma Yoshi rise, spezzando la tensione generale. “Non come un ninja, Anjo-sama, anche se effettivamente ci muoviamo nel massimo silenzio. E' buona pratica verificare il nostro sistema difensivo senza dare preavviso.

Io sono Guardiano del castello, oltre che Guardiano dello shògun. E tu? A cosa devo il piacere?”

“Stai solo verificando il nostro sistema difensivo?”

“Sì, sto uccidendo tre colombe con una freccia sola.” Il tono di Yoshi non era più scherzoso e rimasero tutti impietriti a chiedersi perchè tre colombe e che cosa significasse. “E tu? Perché tanti arcieri? Per un'imboscata, forse?”

Una rozza risata risuonò fra le travi innervosendo tutti. Anche se nessuno azzardò un movimento aperto, le mani si strinsero sulle armi.

“Un'imboscata? Oh no, non un'imboscata, un picchetto d'onore. Quando ho saputo che stavi organizzando una pattuglia con gli zoccoli fasciati... questi uomini sono qui per renderti onore e per mostrarti che non tutti dormiamo, che il castello è in buone mani e non occorre nessun Guardiano.” A un suo ordine tutti gli arcieri scesero di corsa le scale e si disposero su due file lungo il recinto, intorno a Yoshi e ai suoi uomini.

Si inchinarono. Yoshi e i suoi uomini risposero in modo altrettanto formale.

Ma niente era cambiato, la trappola era ancora pronta a scattare. “E i fucili servono per mettere alla prova il sistema difensivo?”

“Il Consiglio ha suggerito a tutti i daimyo di dotarsi di armi moderne” rispose Yoshi con voce apparentemente calma, furioso dentro di sé che il suo piano fosse stato scoperto e per non aver previsto l'eventualità di un'imboscata. “Questi sono i primi dei miei nuovi fucili. Desidero che i miei uomini si abituino a portarli.”

“Saggio, sì, molto saggio. Vedo che anche tu ne hai uno. Anche il principe Yoshi ha bisogno di portare personalmente un'arma da fuoco?”

Fremente di rabbia per la battuta di scherno, Yoshi abbassò lo sguardo sul fucile nel fodero, odiando tutte le armi a scoppio e benedicendo la saggezza del suo omonimo che il giorno stesso in cui era stato nominato shògun ne aveva vietato la produzione e l'importazione. Quella legge non ci ha forse garantito la pace per due secoli e mezzo? pensò.

Fucili e pistole sono armi da vili, da codardi, adatte solo ai gai-jin puzzolenti, armi che uccidono a mille passi di distanza senza che tu possa vedere in faccia chi uccidi o da chi vieni ucciso, armi che chiunque, qualsiasi babbeo, diseredato, maniaco, sporco ladro, uomo o donna, può usare impunemente contro chiunque, anche contro il più alto dei principi o il più abile degli spadaccini.

Sì, e ora ne porto una anch'io.

I gai-jin ci hanno costretti a questo.

Con la frecciata beffarda di Anjo che gli ronzava nelle orecchie, sfilò il fucile dal fodero, tolse la sicura come Misamoto gli aveva insegnato, puntò, premette il grilletto facendo entrare i proiettili in canna e scaricando cinque assordanti colpi contro le travi. Il fucile, rinculando con forza inaspettata, quasi gli sfuggì di mano.

Gli arcieri ruppero le fila, alcuni dei suoi uomini furono sbalzati di sella dai cavalli scalpitanti per la paura, Anjo e le sue guardie si gettarono a terra temendo che aprisse ancora il fuoco, e questa volta in modo fatale. Tutti nella stanza erano sconvolti dalla rapidità degli spari.

Scese un silenzio assoluto.

Quando fu chiaro, poiché non accadeva altro, che Yoshi aveva voluto soltanto dare una dimostrazione, le due file di arcieri si ricomposero rapidamente, ma con circospezione, intorno ai suoi uomini che tentavano di ridarsi un ordine. Anjo e le guardie recuperarono la posizione eretta.

“Cos'hai voluto dimostrare?” Con tutta la disinvoltura di cui era capace, malgrado il cuore in tumulto e il cavallo inquieto, Yoshi inserì la sicura e appoggiò il fucile sulle gambe. Sebbene non desse a vedere la sua soddisfazione per l'esito di quell'azione, era lui stesso molto impressionato dalla potenza del fucile.

Prima di quel momento aveva usato solo fucili ad avancarica e antiquate pistole da duello, ed era la prima volta che provava un fucile a retrocarica con cartucce.

“Volevo mostrarti la validità di questi arnesi. In alcune circostanze sono migliori delle spade, specie per i daimyo.” Si compiacque del tono calmo della sua voce. “Per esempio, nell'imboscata che ti hanno teso qualche settimana fa, uno di questi ti avrebbe fatto comodo, no?”

Tremante, Anjo controllò la collera, certo che la sua vita fosse in pericolo. Si rendeva conto che se a quel punto avesse ordinato l'arresto di Toranaga, com'era nei piani, sarebbe stato tempestato di proiettili. In nome di tutti gli dei, dove ha imparato a sparare quel cane, e perchè non sono stato informato che è diventato un esperto?

Ma soprattutto l'offendeva gravemente che Yoshi ricordasse in pubblico il suo incidente con gli shishi, perchè sapevano tutti che non si era dimostrato coraggioso: anzi era sgattaiolato via per mettersi in salvo, evitando di battersi corpo a corpo con gli attaccanti, e dopo che questi erano stati catturati aveva ordinato di ucciderli in modo disonorevole.

“In alcune circostanze, Yoshi-sama, sono forse utili.

Ma dubito che il tuo fucile o quello dei tuoi uomini questa notte abbiano qualche valore.

Ne dubito proprio. Posso chiederti qual è lo scopo della tua ronda di questa sera? Intendi solo visitare le nostre difese esterne e poi tornare al castello, o una delle tue “colombe” ha un bel progetto di viaggio?” Sapevano entrambi che Yoshi non era tenuto a giustificare i suoi movimenti, dentro o fuori le mura del castello.

“Dipende da quello che troverò fuori” tagliò corto. “Potrei decidere di andare nelle mie terre per un giorno o due, o forse no. Naturalmente ti terrò informato.”

“Il Consiglio rimpiangerà la tua assenza, anche se breve. C'è molto da fare e se non ci sarai dovremo prendere alcune decisioni senza di te.”

“Come abbiamo visto oggi, non ci sono decisioni importanti da prendere e per fortuna se gli Anziani non sono cinque non si può decidere nulla di importante.”

“C'è la questione dell'accordo con i gai-jin.”

“Anche quella è stata decisa oggi pomeriggio.” La riunione del Consiglio seguita alla partenza dei gai-jin, una volta tanto, era stata allegra, ravvivata dalle risate per l'umiliazione subita dagli stranieri che si erano lasciati nuovamente gabbare. Anjo, Toyama e Adachi si erano congratulati con Yoshi per l'astuta gestione dell'incontro e per la sua comprensione dei gai-jin, Zamakura si era limitato a tacere o a borbottare qualcosa senza senso.

Anjo aveva ridacchiato. “Accettare di anticipare un'inezia per liberare Edo dalla presenza delle loro navi mentre riportiamo Satsuma all'ordine è stato molto intelligente, Yoshi-sama” disse.

“Molto intelligente. E abbiamo anche posticipato a tempo indeterminato la loro minaccia di recarsi a Kyòto convincendoli che Satsuma è l'unico responsabile.”

“Bene! Dichiariamo guerra a Satsuma?” chiese Toyama.

“No, non gli dichiariamo guerra, ci sono altri modi per tenere a bada quel cane.” Anjo era molto sicuro di sé grazie alla sua recente scoperta.

“Avevi ragione sui gai-jin, Yoshi-sama. E stato interessantissimo osservare l'inimicizia che li divide sotto quella ributtante apparenza d'intesa.” Lui e Toyama avevano assistito all'incontro nascosti dietro il muro alle spalle della pedana, costruito appositamente per spiare senza essere visti ciò che accadeva nella sala. “Ributtanti. Se ne sentiva la puzza persino al di là dello schermo. Disgustosi. Ho dato ordine di lavare la sala delle udienze e distruggere le sedie che hanno usato. “Ottimo” disse Adachi.

“Mi si accapponava la pelle mentre ero là dentro. Yoshi-sama, posso chiederti se quella scimmia di Misamoto ti ha raccontato cosa si sono detti i gai-jin? Ha capito tutto? Io non riuscivo a sentire una parola.”

“Non tutto. Ma quanto basta per darmi qualche indicazione in anticipo.

Misamoto capiva solo quando parlavano in inglese, dice che spesso parlavano in un'altra lingua, forse in francese.

Questo dimostra un fatto fondamentale: abbiamo bisogno di interpreti fidati. Propongo di creare subito una scuola di lingue per i nostri figli più dotati.”

“Una scuola? Quale scuola?” biascicò Zukumura senza che nessuno gli prestasse attenzione.

“Non sono d'accordo.” A Toyama tremava il doppiomento. “Più i nostri figli si avvicineranno ai gai-jin, più ne rimarranno contagiati.”

“No” disse Anjo, “selezioneremo personalmente gli studenti, abbiamo assoluto bisogno di gente fidata che parli le lingue barbare. Mettiamo ai voti: la Bakufu riceverà l'ordine di creare subito una scuola di lingue.

Tutti d'accordo? Bene, ora il prossimo punto, la lettera ai gai-jin: proseguiremo con la tattica di Yoshi-sama, e il giorno prima della scadenza comunicheremo loro che il risarcimento arriverà 'non appena possibile'.

Tutti d'accordo?”

“Spiacente, no” disse Yoshi, “bisogna fare l'esatto opposto. Consegnare la lettera il giorno stabilito ed essere puntuali anche con la seconda rata del risarcimento.” Gli altri lo fissarono e Zukumura mormorò: “Una lettera?”.

I gai-jin vanno sbilanciati” spiegò Yoshi paziente. “Dato che si aspettano da noi un ritardo, se saremo puntuali li spingeremo a credere che sia realmente concordata anche la scadenza di centocinquantasei giorni per il prossimo incontro, il che ovviamente non è. In questo caso sì, continueremo a rimandare fino a farli impazzire.”

Si misero tutti a ridere, compreso Zukumura, anche se non capiva il motivo di tanta ilarità, e si divertirono ancora di più quando Yoshi raccontò di tutte le volte che quasi era scoppiato a ridere durante l'incontro, vedendo quanto la loro impazienza rovinasse la già illusoria posizione di vantaggio.

“Senza il suo cane addestrato per uccidere, il padrone è fragile come un cucciolo di fronte a un uomo con bastone.”

“Cosa? Un uomo con bastone?” chiese Zukumura sgranando gli occhi da pesce morto. “Quale cane?” Il buon umore di Yoshi svanì al pensiero di dover sopportare quell'uomo mezzo imbecille per tutti gli anni a venire, tuttavia spiegò: “Senza i muscoli a sostegno delle proprie rimostranze, e la volontà di usarli, i gai-jin sono impotenti”.

“Muscoli? Non capisco, Yoshi-sama. Quali muscoli?”

“La forza” sbottò Anjo spazientito, la forza! I loro cannoni e le loro flotte, Zukumura. Ma... lasciamo stare!”

“Potremmo approfittare dell'assenza della loro flotta per far mettere a fuoco le loro istallazioni” intervenne Toyama, l'anziano, con ferocia.

“Sono insopportabilmente arroganti, maleducati, il loro portavoce poi...

Sono contento di non essere stato presente, Yoshi-sama, credo che sarei scoppiato di rabbia. Facciamoli bruciare, adesso.”

“Chi? Bruciare chi?”

“Sta' zitto, Zukumura” lo riprese stancamente Anjo. “Tu limitati a votare quando te lo dirò. Yoshi-sama, concordo con il tuo ragionamento.

Manderemo puntualmente la lettera e la seconda parte del riscatto alle date concordate. Tutti d'accordo?

Bene. Il prossimo punto: ora che abbiamo trattato con i gai-jin e che lo shògun e la principessa sono al sicuro sulla strada del nord, non ci rimane altro da discutere per almeno una settimana. “

“Quella di lasciarli andare è stata una decisione sbagliata che si ritorcerà contro di noi” disse Yoshi.

“In questo ti sbagli. Per favore, prepara un piano su come pensi di costringere alla resa quel cane di Sanjiro e tutti i satsuma. Voto affinché il Consiglio si aggiorni tra due settimane, a meno che non ci sia un'emergenza...

Mentre faceva ritorno al suo alloggio, Yoshi aveva considerato che non vi erano probabili emergenze a richiedere la sua presenza a Edo.

Anche il secondo invito sussurrato di nascosto dai francesi a visitare la loro nave ammiraglia, che lui non aveva né accettato né rifiutato ma lasciato in sospeso per le settimane a venire, non era una questione urgente.

Così aveva deciso di mettere subito in atto il piano escogitato insieme alla moglie, Hosaki. Ma ora Anjo e i suoi arcieri gli sbarravano il cammino.

Che fare?

“Buona notte, Anjo-sama” disse poi deciso. “Come sempre, ti terrò informato.” Sentendosi allo scoperto ma celando l'inquietudine, spronò il cavallo verso il passaggio a volta. Gli arcieri rimasero immobili in attesa di ordini. I suoi uomini e i due palanchini lo seguirono, sentendosi non meno in pericolo.

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