Gai-Jin (90 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Come gesto di amicizia versi i britannici, e tutte le nazioni straniere, i roju anticiperanno a nome di Satsuma la decima parte tra settanta giorni e nel frattempo inoltreranno la richiesta formale dei britannici ai Satsuma. Per quanto riguarda la richiesta del ministro russo, come nel caso della sua madrepatria, il territorio giapponese è territorio giapponese ed è... credo che la parola sia inviolabile, o non passibile di baratto.”

Discretamente sir William posò una mano su quella del conte Alexi per trattenerlo e gli disse piano in russo; “Lasciate perdere, per il momento, Alexi.” Poi si rivolse a Johann per contrattare la riduzione del numero dei giorni e l'aumento della somma.

“Eccellente. Johann, per favore dite loro che...”. Si fermò un attimo ad ascoltare Tyrer che velocemente gli sussurrò: “Scusate, signore, vi suggerirei di accettare subito, ma dovreste anche farvi dire i loro nomi”.

Senza rispondere sir William proseguì. Non cambiò espressione.

“Johann, per favore, dite loro che l'offerta viene accolta dal governo di Sua Maestà con lo stesso spirito di amicizia. Per quanto riguarda il ministro della corte di San Pietroburgo, sono sicuro che egli si consulterà con il suo governo, il quale sicuramente concorderà per un risarcimento economico.”

Senza dare il tempo al conte Alexi di intervenire, proseguì: “Affrontiamo ora un altro problema urgente, quello dello stretto di Shimonoseki: tutti i governi dei paesi stranieri lamentano che le loro navi in transito pacifico nello stretto sono fatte oggetto di cannoneggiamenti da terra”. Sir William ripeté l'elenco delle date e delle navi, già materia di un'intensa e veemente corrispondenza.

“Dicono che inoltreranno la rimostranza, sir William, e come sempre ripetono di non avere potere su Choshu.”

“Johann, dite loro: Nello spirito amichevole di questo incontro, consentitemi di suggerire che è difficile, se non impossibile, per i governi stranieri trattare con la Bakufu se questa, come pare, non ha autorità sui suoi stessi regni o stati. Quindi cosa dovremmo fare? Trattare direttamente con lo shògun che ha firmato i nostri trattati; o con l'imperatore Komei?”

“Il governo legale del Giappone è lo shògunato, il capo supremo dello shògunato è lo shògun, che comanda in nome del Figlio del Cielo, i roju sono i supremi consiglieri dello shògunato i cui ufficiali sono la Bakufu. In ogni circostanza i governi stranieri devono trattare con lo shògunato.”

“Se è così, come possiamo assicurare un transito sicuro a tutte le navi che passano lo stretto di Shimonoseki?”

Per quanto sir William tentasse di ottenere una precisazione, l'estenuante discussione che segui portava sempre alla stessa inconcludente risposta. Alla stanchezza e all'impazienza generale si aggiungeva ora l'urgenza delle vesciche. Erano passate tre ore dall'inizio della riunione. Finalmente un pensiero suggerì a sir William una soluzione soddisfacente che lo fece sorridere tra sé.

“Molto bene. Dite: presumendo che non vi saranno altri attacchi e che la nostra severa rimostranza verrà subito riferita al daimyo choshu, nello spirito di questa nuova amicizia, accettiamo la loro proposta di un nuovo incontro tra cento giorni.”

Dopo un'ora di ulteriori tira e molla si giunse a una conclusione: “I roju concordano per un incontro tra centosessanta giorni da tenersi qui a Edo e desiderano dichiarare questo incontro concluso”.

“Bene” disse sir William soddisfatto, soffocando uno sbadiglio, “possiamo conoscere subito i loro nomi, verbalmente, e poi averli scritti nei loro giusti caratteri sul documento che ci scambieremo entro tre giorni con la conferma del nostro accordo formale?” Un nuovo giro di traduzioni per stabilire varianti minime, poi finalmente: “Sir William, dice che riceverete il documento tra una settimana, che l'interprete vi darà i loro nomi e che la riunione è chiusa”. Mentre il suo nome veniva pronunciato, ogni Anziano faceva un breve e impassibile cenno del capo. “Il principe Adachi di Mito, il principe Zukumura di Gai, il principe Yoshi di Hisamatsu...”

Tyrer notò con divertimento che Occhi Sfuggenti, l'ultimo della fila, sudava, contorceva mani e piedi e il suo inchino non aveva niente dell'imperiosità degli altri: “il principe Kii di Zukoshi.”

“Per favore, porgete loro i nostri ringraziamenti. Come precedentemente concordato, ora daremo l'ordine di presentare i nostri saluti regali.”

“Il principe Yoshi dice che purtroppo uno di loro è assente. Come precedentemente concordato, per l'autorizzazione a far fuoco con i cannoni è necessaria la decisione unanime di tutti i roju.”

La bonomia di sir William scomparve. Tutti i ministri erano sconcertati. “E gli accordi che abbiamo preso?” chiese con durezza. “Richiedono anch'essi l'approvazione unanime?”

Un ultimo scambio tra la tensione generale e bisbigli preoccupati dei ministri, poi Johann riportò goffamente: “Il principe Yoshi dice che questo incontro ha ricevuto l'autorizzazione dello shògun e del presidente a ricevere le credenziali, ascoltare e approvare. Loro daranno alle risoluzioni dell'incontro approvazione unanime.

Come precedentemente concordato, la concessione di far sparare i cannoni richiede l'approvazione unanime di tutti gli Anziani e dunque questo organismo si rammarica di non poterla concedere.” Quando sir William e gli altri si resero conto della trappola in cui erano caduti scese un pesante silenzio.

Questa volta non c'è alternativa, pensò lui, con una stretta allo stomaco. “Capitano Pallidar!”

“Sì, signore?” Pallidar lo raggiunse dal retro della sala con il cuore in gola, sapendo, come tutti coloro che in quel momento si trovavano davanti ai roju, che sir William era costretto a dare l'ordine di sparare i saluti con i cannoni a qualsiasi costo, altrimenti la stessa scusa sarebbe stata accampata per invalidare il loro accordo.

Mentre l'ufficiale eseguiva un bel saluto militare, “Sì, signore?”, Seratard si intromise con tono mellifluo: “Sir William, sono sicuro che questo accordo è genuino e verrà onorato, lo potete accettare. Vi raccomando, tutti noi vi raccomandiamo, di accettarlo, non è vero, signori?” disse rivolgendosi agli altri. Il sollievo generale per la via d'uscita era palpabile. “Vi raccomando anche, date le circostanze, di soprassedere ai saluti militari. Lo farete, sir William, a nome di tutti noi?”

Sir William esitò pensieroso.

Con sorpresa di tutti, in tono autorevole Seratard aggiunse: “André, dite loro che mi rendo garante della prima rata a nome della Francia.” Prima che sir William potesse aprire bocca André si inchinò: “Il mio padrone dice, onorati signori, che è felice che i roju consegnino il documento tra una settimana e diano in prestito a Satsuma il denaro della prima rata tra settanta giorni.

Dice anche che la Francia, in quanto amica del Giappone, è onorata di rendersi garante presso il ministro britannico del primo pagamento.

Sarà pure onorata di ricevere la visita di tutti i roju o di uno di loro in qualsiasi momento, sulle sue navi o in qualsiasi altro posto. Vi ringrazia umilmente, onorati signori”.

Socchiudendo gli occhi Yoshi rispose: “Ringraziate il vostro padrone.

La riunione è finita”.

Un ufficiale samurai gridò: “Kerei!” saluto, e tutti i samurai si inchinarono e rimasero immobili. I roju si alzarono e restituirono l'inchino con misurata cortesia. Sir William e gli altri furono costretti a seguire il medesimo rituale, mentre Yoshi e i roju si dileguavano oltre una porta invisibile accanto alla pedana. I samurai tornarono in posizione eretta a guardare gli stranieri con sospettosa ostilità.

“Molto soddisfacente, sir William” disse espansivo Seratard in francese, prendendolo sottobraccio. Voleva distrarre l'inglese ancora una volta.

“Ben fatto.”

“I vostri capi all'Eliseo saranno molto irritati con voi quando gli chiederemo diecimila sterline d'oro” commentò sir William. Era indispettito ma non troppo: a parte la questione del saluto regale, aveva fatto un gigantesco passo avanti. “Ma che si arrabbino o no, è stato un grande gesto da parte vostra, Henri, per quanto dispendioso.” Seratard rise. “Scommetto venti ghinee che pagheranno.”

“Accetto!

Cenerete con noi alla Legazione?” Si avviarono verso l'uscita incuranti degli sguardi ostili.

“Grazie ma non posso accettare. Dato che abbiamo concluso i nostri affari penso di tornare a Yokohama oggi stesso anziché domani: il tempo non manca e il mare è calmo. Perché non tornate con noi sulla nostra ammiraglia, invece di aspettare la Pearl? Potremmo cenare en route, eh?”

“Grazie, ma preferisco aspettare fino a domani. Voglio assicurarmi che tutti gli uomini facciano un ritorno tranquillo alle navi.”

Dietro di loro, confuso nella folla, Tyrer si era fermato ad aspettare André, che si era chinato per allacciare una scarpa.

Senza accorgersi di essere osservato da Tyrer, André parlava in sordina con l'interprete giapponese. Dopo un'esitazione, l'uomo annuì e si inchinò. “Domo.” André si accorse dello sguardo di Phillip. Superò un attimo di imbarazzo, sorrise e lo raggiunse. “Bene, Phillip, è andato tutto molto bene vero? Siete stato bravissimo, e abbiamo sicuramente colpito nel segno.”

“E' merito vostro se la situazione si è salvata. E anche la mia faccia, vi ringrazio molto.” Tyrer si accigliò, confuso, seguendo il corteo, con gli occhi. “E però, pur avendo risolto brillantemente l'impasse, quello che avete detto in inglese era diverso da quello che avete detto in giapponese, vero?”

“Non così diverso, mon ami, niente di rilevante.”

“Non credo che sir William la penserebbe allo stesso modo.”

“Forse sì, forse no. Forse vi siete sbagliato.” André forzò una risata.

“Non è mai saggio mettere in ansia un ministro, vero? Una bocca chiusa non attira guai.”

“Generalmente è così. Cos'avete detto a quell'interprete?”

“L'ho ringraziato. Mon Dieu, la mia vescica mi sta uccidendo. E la vostra?”

“Certo” disse Tyrer, sicuro che André mentisse a proposito dell'interprete. Ma perchè non dovrebbe? pensava dal suo nuovo punto di vista. André è un nemico, e se non proprio un nemico, un oppositore; ha usato quelle sfumature nella traduzione per favorire Seratard, la Francia e se stesso.

Normale. Che favore stava chiedendo di soppiatto all'interprete? Di inoltrare un messaggio; si, ma quale?

Quale messaggio segreto? Cosa chiederei io in segreto? “Gli avete chiesto un incontro privato con Yoshi, vero?” azzardò. “Per voi e monsieur Seratard.” L'espressione di André Poncin non mutò ma Tyrer notò che le nocche della sua mano destra appoggiata sulla spada cerimoniale erano sbiancate. “Phillip” rispose André in tono piatto, “Sono stato vostro buon amico fin dal momento in cui siete arrivato, vi ho aiutato a cominciare lo studio del giapponese, vi ho presentato in giro, eh? Non mi sono intromesso tra voi e il vostro samurai privato, Nakama, vero? Anche se mi è giunta voce che abbia altri nomi. Non ho forse...”

“Quali altri nomi?” chiese Tyrer improvvisamente nervoso, senza sapere perchè. “Cosa sapete di lui?”

André proseguì come se non avesse sentito: “Non ho domandato niente a lui né a voi, pur consigliandovi di stare attento a tutti i giapponesi, perchè aspettavo che me ne parlaste spontaneamente, da amico.

Ricordate che stiamo dalla stessa parte, Phillip, siamo servi, non padroni, siamo amici, e siamo in Giappone, dove i gai-jin devono davvero aiutarsi l'uno con l'altro. Come io vi ho aiutato presentandovi a Raiko, che vi ha poi presentato Fujiko, vero? Carina, Fujiko. Meglio avere un pò di realismo gallico, Phillip, meglio tenere per sé le informazioni riservate, e meglio anche che stiate attento al vostro Nakama. Ve l'ho detto decine di volte: in Giappone ci sono solo soluzioni giapponesi.”

Verso l'ora del tramonto, quel giorno stesso, Yoshi percorreva di fretta un buio e ventoso corridoio di pietra del castello.

Portava le due spade e sopra il kimono indossava un mantello da cavallo con cappuccio.

Il corridoio era illuminato da lampade a olio ondeggianti posate a ogni ventina di passi sulle mensole di ferro, ai lati delle feritoie che fungevano da finestre. L'aria fuori era fresca. In fondo, una scala a chiocciola portava alle scuderie. Scese di corsa i gradini.

“Alt! Chi... ah, molto spiacente, signore!” La sentinella si inchinò.

Yoshi rispose con un cenno del capo e proseguì. I soldati del castello, gli stallieri e gli inservienti si stavano preparando ad andare a letto o a svolgere i loro doveri notturni, secondo il costume di coricarsi all'imbrunire diffuso in tutto il mondo, perchè solo i benestanti disponevano di luce per vedere di notte, per leggere o giocare.

“Alt! Ah, molto spiacente, signore.”

Tutte le sentinelle si inchinarono.

Nel cortile della scuderia lo attendeva una scorta di venti uomini raggruppata davanti ai cavalli. Tra di loro Misamoto, il pescatore, finto samurai e Anziano. Ora, senza armi e vestito miseramente come un qualsiasi fante, sembrava spaventato. Attendevano due palanchini chiusi, molto leggeri, costruiti per il trasporto rapido e provvisti di aste che si incastravano nei finimenti di due cavalli da sella, uno davanti e uno dietro.

Gli zoccoli dei cavalli, per ordine di Yoshi, erano stati fasciati per non fare rumore e tutto corrispondeva perfettamente al piano da lui messo a punto con Hosaki giorni prima.

La finestrella di un palanchino si scostò, Koiko guardò fuori, sorrise, accennò un saluto e la richiuse. Con una mano ben stretta sulla spada, Yoshi socchiuse la porta quanto bastava per assicurarsi che lei fosse davvero lei e che fosse sola.

Quand'era ancora molto giovane, suo padre gli aveva inculcato con molta durezza la prima regola di sopravvivenza, usando parole che lo aveva costretto a imparare a memoria: “Se verrai colto di sorpresa, tradito a sorpresa, ucciso a sorpresa, avrai mancato al tuo dovere verso di me e verso te stesso.

L'errore sarà solo tuo, per non aver controllato di persona e previsto ogni eventualità. Non esiste altra giustificazione per un fallimento che il karma. Gli dei non esistono.

La rassicurò con un sorriso veloce. Riaccostò la porta e controllò che l'altro palanchino fosse vuoto, pronto per l'uso in caso di bisogno.

Soddisfatto, diede l'ordine di montare a cavallo. Tutto avveniva in un silenzio quasi perfetto. Se ne rallegrò, perchè aveva ordinato che anche le armature e i finimenti fossero fasciati. Un ultimo sguardo di controllo non rivelò segni di pericolo. Il suo fucile nuovo era ben infilato nella fondina della sella, la sacca delle munizioni era piena e gli altri quattro fucili erano a tracolla dei suoi uomini più fidati. Senza far rumore montò in sella e diede l'ordine di partire.

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