Ritual (19 page)

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Authors: William Heffernan

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Ritual
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«In realtà pensavo di poter tralasciare le sale aperte al pubblico,» confessò Rolk. «Mentre mi piacerebbe visitare i depositi e i laboratori.»

«Naturalmente. Ne parlerò al più presto alla dottoressa.» Kate esitò. «Non mi dispiacerà avere un poliziotto vicino oggi.» C'era un lieve tremito nella sua voce.

 

16

 

Il sacerdote era stato lasciato solo per due ore buone in una sala riunioni del primo piano. L'agente che ve lo aveva accompagnato era rimasto all'esterno per ordine espresso di Rolk: «Lascialo solo. Voglio che sudi e si tormenti. Voglio che abbia il tempo di infuriarsi.»

Quando comparvero Rolk e Devlin erano quasi le tre del pomeriggio, ma padre Lopato non sembrava né sudato né furioso. Pareva semplicemente stanco e sollevato nel vederli.

«Mi spiace di averla fatta aspettare,» esordì Rolk, sedendosi di fronte a lui, mentre Devlin si fermava accanto alla porta.

Il sacerdote salutò entrambi con un cenno. «Immagino che avrei dovuto accettare di vederla domattina alle nove nel suo ufficio,» osservò. «Ma il parroco è ammalato e l'altro curato non è ancora in grado di servire messa da solo.»

«La mia era una proposta dettata dalla cortesia, padre. In realtà non potevo permettermi di aspettare fino ad allora.» Rolk tacque, in attesa, poi, vedendo che l'altro non accennava a parlare, riprese. «Vorrei che mi informasse dei suoi movimenti di ieri sera.»

Per un istante sembrò che il religioso volesse contestare la domanda, ma dopo una breve esitazione si accontentò di appoggiarsi allo schienale della sedia.

«Ho concluso il lavoro che stavo sbrigando. Poi, come ho già raccontato all'altro agente, sono andato a vedere un film presso la St. Gregory's School. C'è in corso una rassegna di film a soggetto religioso... il genere di pellicole che evidentemente a Hollywood non si girano più.»

«Non ha cenato?» chiese Rolk, rendendosi conto di colpo che lui stesso aveva saltato la cena.

«Mi sono fermato in un ristorantino sulla Amsterdam, non lontano dal museo.»

«Come si chiama?»

«Non ricordo. Sa, è uno di quei posticini senza pretese e io mi sono limitato a consumare qualcosa al banco.» Gli indirizzò un sorriso vago. «Il cibo non ha mai avuto grande importanza per me.» E aprì il soprabito rivelando il corpo ossuto. «Come può constatare.»

«Che film ha visto, padre?»

«Un documentario su Madre Teresa. È una religiosa che...»

«So chi è. A che ora è finito?»

«Verso le undici, o poco prima. In realtà non ho fatto molto caso all'ora.»

«Ha incontrato qualcuno di sua conoscenza?»

«No, temo di no.»

«Non c'erano altri religiosi?»

«Oh, sì. Ma io sono tornato in America da poco e non ho avuto la possibilità di conoscerne molti.» Comparve di nuovo il sorriso vago. «Il lavoro occupa gran parte del mio tempo, temo, e in ogni caso non sono un individuo particolarmente socievole.»

«Ha preso un taxi per tornare in parrocchia? Perché immagino che sia tornato direttamente là.» La voce del poliziotto era piatta, quasi annoiata.

«In realtà ho camminato. O meglio, ho vagabondato, mi sono goduto un po' la serata. Era circa mezzanotte quando sono arrivato a casa.»

«E per tutta la sera non ha visto nessuno che conoscesse.» Rolk pronunciò quelle parole come una constatazione di fatto.

«No. Tenente, perché queste domande? L'ho chiesto al suo agente, ma mi ha risposto che sarebbe stato lei a spiegarmelo.»

«C'è stato un altro omicidio ieri sera... vicino al Metropolitan.»

«Oh, Signore.»

Dal suo punto di osservazione, Devlin si concentrò sul viso del prete. Gli parve che si sgretolasse, frantumandosi in frammenti minutissimi; come se quel po' di fede a cui ancora si aggrappava gli fosse stata brutalmente portata via.

«È accaduto come... come la prima volta?» sussurrò il sacerdote, lottando con le parole.

«Temo di sì, padre.» Rolk fece una pausa; voleva ottenere il massimo dalle informazioni che stava per dare. «Una donna. Credo che la conoscesse, perché lavorava al Metropolitan. Si chiamava Alexandra Ross.»

Padre Lopato chinò la testa. «Che Dio abbia pietà di lei,» sussurrò con voce appena percettibile. Poi sollevò gli occhi su Rolk. «In effetti ci siamo incontrati parecchie volte. L'ultima, il giorno in cui ho portato quei pezzi della mia collezione al museo. Lei avrebbe voluto inserire il mio nome nel catalogo e non riusciva a capire perché io fossi contrario.»

«Perché era contrario?» s'intromise Devlin.

Ancora una volta Lopato tentò di sorridere, ma inutilmente. «Ci viene insegnato a evitare le tentazioni dell'orgoglio. Fare una buona azione senza pretenderne un riconoscimento la rende più meritevole.»

«Ha litigato con lei a questo proposito?» volle sapere Rolk.

«Naturalmente no. Era molto affabile, anche se stupita. Per lei si trattava semplicemente di un atto di cortesia e non capiva il mio rifiuto. Ma di certo non abbiamo litigato per questo.»

Per qualche minuto nella stanza regnò il silenzio. Poi, finalmente, il sacerdote cominciò a capire.

«Mi sta facendo queste domande perché pensa che alcune delle persone che sto cercando di aiutare siano coinvolte negli omicidi? E che io a mia volta possa essere coinvolto con loro?» domandò.

«Stiamo semplicemente reinterrogando tutti quelli con cui abbiamo parlato dopo il primo assassinio,» spiegò Rolk. «Per il momento non c'è altro.»

Di nuovo il silenzio. Rolk si alzò e andò alla porta, poi tornò a voltarsi verso il prete. «Padre,» disse, strascicando a lungo la parola, «quando ci siamo parlati ieri, lei mi ha raccontato che i maya tra cui lavorava nello Yucatán mescolavano spesso al cristianesimo elementi tipici della loro antica religione. Mi ha anche posto domande notevolmente specifiche sulle mutilazioni eventualmente riscontrate sulla prima vittima.» S'interruppe, come per raccogliere i pensieri, ma in realtà stava studiando gli occhi e la bocca di Lopato, perché erano sempre quelli i tratti del viso a mostrare per ' primi sintomi di disagio. «Quando era nello Yucatán, si è per caso trovato davanti a episodi simili a quelli che si stanno verificando qui? Per questo aveva previsto la possibilità che il cadavere fosse stato in qualche modo mutilato?»

Lo vide portarsi una mano tremante alla fronte. «In realtà i miei studi sarebbero sufficienti a rendermi edotto su certe cose,» sussurrò Lopato. «Ma sì. Qualcosa del genere è accaduto anche là.» Sollevò gli occhi su Rolk e Devlin, e ancora una volta il suo viso parve sul punto di disintegrarsi. «Erano ripresi i sacrifici di sangue... Molte persone, soprattutto giovani donne, erano scomparse.» La sua espressione si fece implorante. «E, capite, in parte fu colpa mia. Colpa della mia curiosità intellettuale. Andavo in giro a fare domande sul passato così come loro lo vedevano, e in seguito ho temuto di averli involontariamente incoraggiati. Vedete, il fatto è che non li ho allontanati da quegli orrori. Non li ho guidati verso Cristo. Ero affascinato, totalmente affascinato; mi sembrava di vivere una realtà che per tanti anni mi ero limitato a studiare sui testi. E non capivo dove conducesse quella malsana curiosità. Mi proibivo di capire.»

«Quanta gente scomparve?» mormorò Devlin.

«Non lo so, non ricordo.» Il sacerdote cominciò a detergersi la fronte con un fazzoletto. «In seguito ho avuto un collasso nervoso e molti dei miei ricordi sono terribilmente vaghi.»

«Hanno mai arrestato nessuno?» Era stato Rolk a parlare.

«Che io sappia no. Ma, d'altro canto, me ne sono andato in tutta fretta. Il mio Ordine riteneva che fosse la cosa più consigliabile, e non appena sono stato in grado di viaggiare, mi hanno mandato qui.»

«Lei sa chi era il responsabile, padre? Chi officiava i cerimoniali... i riti di sangue?»

L'altro scosse con violenza la testa. «No. No. Erano tutti così innocenti, come fanciulli. Gli abitanti del villaggio vivevano come se appartenessero a un secolo diverso. Perfino i responsabili di quelle atrocità, perfino loro, le compivano ignari di essere nel torto. Mettevano le maschere di cui le ho parlato... e così divenivano dei... Per questo non avevano la sensazione di essere
loro
gli autori dei sacrifici.» Si nascose il viso tra le mani. «Oh, Signore Iddio, non è possibile che stia accadendo anche qui. Non è possibile.»

«Qual è il nome del villaggio, padre?»

Ora c'era un'espressione confusa sul viso di Lopato. Scosse la testa, come per schiarirsi le idee. «Chetulak. Si trova nella giungla, a circa trenta chilometri, in direzione della costa, da Chichén Itzá.»

«Quanti dei suoi abitanti ha condotto qui a New York?» Gli occhi di Rolk sembravano scrutarlo fin dentro l'anima.

«Le due famiglie di cui le ho parlato. Le sole altre persone che conosco da quei tempi sono la dottoressa Mallory e il dottor Sousi.»

«Sousi e la Mallory?» ripeté Rolk.

Il sacerdote annuì con lentezza. «Ma sì, certo. Credevo che lo sapeste. È là che li ho conosciuti. Grace e Malcolm lavoravano a degli scavi nella zona, circa un anno fa.» Guardò a turno i due agenti. «Mi dispiace. Credevo che lo sapeste,» ripeté.

 

«Ecco come, da un unico, solido sospetto, si arriva improvvisamente ad averne tre.» Parlando, Devlin scuoteva scoraggiato la testa.

«Meglio che nessuno, non ti pare?» replicò Rolk. «Almeno abbiamo delle persone su cui indagare. E considerato quello che ti ha detto Kate Silverman, non è escluso che abbiamo anche un movente.»

Erano nell'ufficio di Rolk e Devlin si chinò in avanti, posando i gomiti sulla scrivania. «Mi riesce ancora difficile credere che qualcuno del museo abbia deciso un'orgia di sangue all'unico scopo di fare pubblicità a una mostra.»

«Certo, a una persona sana di mente non verrebbe mai in mente. Ma una persona sana di mente non uccide comunque.» Rolk si passò la mano sul viso e sotto il mento già ispido. «Non sono neppure sicuro che non abbia ragione il prete.»

«Riguardo a che cosa?»

«Alla possibilità che il nostro assassino possa non essere consapevole di quello che fa.» Fece una pausa, poi si corresse: «Il nostro assassino, o
la nostra assassina.
Cristo, ci troviamo davanti a qualcuno che
crede
in quei riti.»

«Non sappiamo però fino a che punto questi omicidi siano simili a quelli avvenuti in Messico,» obiettò Devlin. «Potrebbero anche essere diversissimi. Oppure, nel caso di un'effettiva analogia, potrebbe trattarsi di una coincidenza.»

«Non credo nelle coincidenze. E se ripenso alla reazione di Lopato, sono pronto a scommettere quello che vuoi che le analogie ci sono, e molto significative.» Rolk si strinse nelle spalle. «Comunque, per scoprirlo basta una telefonata. E allora sapremo se vale davvero la pena che io vada nello Yucatán.»

«Pensi sul serio di andarci?»

«Sì. Il che significa che il comando delle operazioni passerà a te per un paio di giorni.»

Devlin parve stordito. «Non capisco se hai appena deciso di farmi un grosso favore o di fottermi alla grande,» borbottò.

«Probabilmente entrambe le cose. Ma, chissà, se risolverai il caso durante la mia assenza, forse toccherà a me stare ai tuoi ordini, quando tornerò.»

Devlin guardò per terra, scosse la testa, poi tornò a fissare Rolk. «Che cosa ti aspetti dalla visita al museo?»

«Di scoprire possibili nascondigli.»

«Nascondigli per che cosa?»

«Teste tagliate, per esempio.»

Lo squillo del telefono interruppe la conversazione. Rolk sollevò il ricevitore, ascoltò, poi pronunciò un grazie asciutto. «L'ispettore Dunne sull'altra linea,» disse. «A quanto pare, in questi giorni, l'ufficio reclami dell'arcidiocesi apre di buon'ora.»

 

17

 

Curva sulla sua scrivania, Grace Mallory osservava con una lente d'ingrandimento i particolari della maschera che stava esaminando.

Si trattava di un'effigie in ceramica del dio dei mercanti, Ek Chuah, e raffigurava un viso stretto, caratterizzato da un naso lungo e bulboso, denti che sporgevano dagli angoli della bocca e bende colorate sugli occhi.

«Un pezzo straordinario,» commentò. «Voglio che venga collocato in bella evidenza tra gli altri reperti del tardo postclassico.»

Malcolm Sousi, in piedi dietro di lei, si chinò sulla sua spalla per vedere meglio, notando, al tempo stesso, la forfora che impolverava i capelli grigi e arruffati di lei. Arricciò il naso, desiderando ardentemente che la Mallory facesse qualcosa per rendersi un po' meno disgustosa.

«Il nostro problema,» disse poi, «è che di pezzi eccezionali ne abbiamo parecchi. E ce n'è sempre uno che sembra più importante degli altri.» Si rialzò, le mani infilate nelle tasche del camice bianco, in un'inconscia imitazione di Grace.

«Ecco perché la collocazione di ogni pezzo è così importante, Malcolm.» La dottoressa posò la lente e girò la sedia. «Sono gli errori nella disposizione a pregiudicare il successo di tante mostre.»

Teneva gli occhi fissi sul bel viso del collaboratore. Tu stesso, Malcolm, saresti stato uno splendido maya, pensò. Quel naso lungo, affilato, la fronte stretta, il modo in cui il labbro inferiore si piega lievemente all'ingiù. Quasi mi sembra di vederti con indosso la veste cerimoniale, mentre ti prepari a partecipare a qualche rito.

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