Ritual (14 page)

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Authors: William Heffernan

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Ritual
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Quel quartiere era ancora una strana mescolanza, sebbene fosse cambiato moltissimo da quando lui ci si era trasferito, sedici anni prima. Agli eleganti condomini ben tenuti se ne mescolavano altri in cui affrettati lavori di restauro autorizzavano l'esosità degli affitti. Le botteghe e i bar frequentati un tempo dagli operai erano scomparsi, sostituiti da piccole boutique e ristoranti alla moda. Il vecchio incanto di una volta aveva lasciato il posto al prestigio e alla ricchezza e Rolk si chiese dove vivessero ora gli irlandesi, i polacchi e gli italiani che prima affollavano quelle strade. Ma certe cose non erano mutate. A un isolato di distanza c'era ancora un postribolo e i crimini erano più che sufficienti a tenere occupato il locale distretto di polizia. Ma quella era New York, e Rolk dubitava che sarebbe mai cambiata. E, per certi versi si augurava che così fosse.

Al semaforo di Amsterdam Avenue notò un nero che bighellonava sul marciapiede opposto. Stava attraversando la strada quando una BMW rossa sbucò da dietro l'angolo puntando verso l'uomo di colore. L'autista si sporse dal finestrino e guardò il nero, toccandosi il naso con un dito. Lo spacciatore era a pochi passi dalla macchina quando la voce di Rolk lo fermò.

«Vendi a quello yuppy anche un solo grammo di coca e ti ritrovi in galera.»

Il nero si voltò di scatto, sbirciò il distintivo che Rolk teneva in mano, poi sorrise e alzò le mani in un gesto di difesa. «Non sto vendendo niente, amico.»

Anche Rolk sorrise. «Non ho intenzione di ripetermi, quindi ascolta bene. Vivo in questa zona e se rivedo quella tua brutta faccia sogghignante nel raggio di cinque isolati ti scoprirai a desiderare che tua madre non avesse perso l'indirizzo di quella clinica per aborti dove stava andando quando sei nato. Mi hai capito?»

«Afferrato, fratello. Come se fossi già andato.»

«Allora muoviti.»

Poi Rolk si accostò alla BMW, posò una mano sul tettuccio e si chinò a guardare il guidatore, un tizio azzimato tipo Ivy League, con gilè e occhiali cerchiati di corno. «Documenti,» intimò.

«Senta, agente, stavo solo chiedendo la strada per...»

«Se preferisce identificarsi al distretto, per me non cambia,» tagliò corto Rolk.

L'uomo estrasse dal portafoglio la patente e la tese a Rolk, che prima di restituirgliela scarabocchiò nome e indirizzo sul suo taccuino. «Ora apra le orecchie. A me non frega niente di quello che si ficca su per il naso, ma
so
che non lo farà in questo quartiere, perché la prima volta che rivedo questo suo gioiellino di macchina in giro farò in modo di scoprire dove lavora, dopodiché le manderò in ufficio due agenti a interrogarla per un caso di droga. Ora, non so se al suo capo farà o no piacere, ma scommetto una ventiquattrore nuova che sul prossimo elenco delle promozioni il suo nome non ci sarà.»

Il giovane fissava il vuoto davanti a sé con il viso paonazzo, la bocca stretta in una linea sottile. «Adesso credo che farebbe meglio a tornarsene a casa,» continuò Rolk, «e appena lì, si faccia una buona Perrier. Anzi, se ne faccia una doppia.»

Si allontanò di qualche passo e rimase a guardare l'auto svoltare al primo angolo e scomparire. Scosse la testa, ancora una volta meravigliato dalla stupidità che a volte mostravano anche le persone più intelligenti. Quello spacciatore era il tipo da tagliare la cocaina con polvere di marmo senza pensarci un attimo. Riprese la sua strada ed entrò nel cancello di un anonimo edificio di arenaria.

La porta che dava sul giardino fu aperta quasi subito da un nero grosso, ben vestito. «Buonasera, Richard.»

«Buonasera, tenente.» L'uomo si fece da parte per lasciarlo entrare. «Miss Rose è in cucina.»

«Grazie.»

Rose Delacroix era una donna piccola sui quarantacinque anni, con i capelli rossi tinti ad arte e occhi acuti e disincantati sopra una bocca sorridente e generosa.

«Rolk,» lo salutò vedendolo entrare in cucina. «Sono mesi che non ti vedo, probabilmente dall'ultima volta che hai fatto stirare quell'orrendo vestito. Siediti, ti verso qualcosa da bere.»

Mentre Rolk sedeva al tavolo rotondo, lei gli versò una dose generosa di Jack Daniel's, il suo whisky preferito. «Allora, come mai qui? Certo non sei venuto per esibire il tuo elegante tre pezzi nuovo.»

«Non fare la furba, Rose, o chiederò all'Investigativa di venire a farti una visitina.»

Rose ridacchiò. Conosceva Rolk da più di dieci anni ormai, da quando suo marito era stato ucciso e lei aveva preso in mano la sua attività di allibratore. Rolk non aveva mai fatto commenti in proposito ed erano diventati amici, in alcune occasioni perfino qualcosa di più. Ma lui aveva ancora la capacità di innervosirla e non a causa della sua professione. Intuiva in Rolk una tenacia che rasentava il fanatismo. Il modo in cui affrontava l'omicidio, per esempio. Sempre a leggere libri sull'argomento, ad ascoltare conferenze. E poi c'era la figlia. Chi diavolo si preoccupava ancora di cercare una persona scomparsa da quindici anni? Tuttavia, lui non aveva mai cercato di fregarla o di costringerla a qualche scomodo compromesso. E questo era insolito per un poliziotto.

«Allora, come mai qui?» ripeté.

«Hai visto il notiziario delle sei? Quell'omicidio vicino al Metropolitan?»

Rose annuì.

«Davvero terribile. Te ne occupi tu?»

«Sì.» Rolk bevve un lungo sorso di Jack Daniel's. «Sta' attenta quando esci, d'accordo? Fatti accompagnare da Richard. Ho l'impressione che non resterà un omicidio isolato.»

«D'accordo.» Rose lo fissava con curiosità. «Hai un aspetto orrendo, Rolk. Sei stato malato?»

«Sono solo stufo di questo lavoro. Sto cominciando a odiare le cose a cui mi costringe a pensare.»

«È sempre stato così, per te.» Rose gli riempì di nuovo il bicchiere. Ne avevano già parlato in precedenza, durante i lunghi momenti di tranquillità sdraiati l'uno accanto all'altra. Lui le aveva spiegato come i poliziotti tentassero di allontanare dalla loro mente gli orrori che dovevano affrontare ogni giorno e di come a volte i loro sforzi fallissero. Era per questo, le aveva spiegato, che molti finivano per uccidersi. O a volte per uccidere altra gente.

«Hai mai preso in considerazione l'idea di andare in pensione?» gli chiese ora. «Ormai dovresti avere quasi trent'anni di servizio.»

«Oh, solo un paio di volte al giorno,» sospirò Rolk. «Ma che cosa farei, dopo?»

«Potresti trovare tua figlia. Potresti davvero, lo sai.»

Ma Rolk pensava all'inutile conversazione avuta con l'amico di Princetown. «Ormai ho quasi rinunciato alla speranza di riuscirci. Forse un giorno sarà lei a trovare me.»

«Forse,» assentì Rose. «Forse lo farà.»

«E tu, come te la passi?» domandò lui in tono brusco. «Hai messo su un paio di chili, mi sembra.»

«Non imparerai mai, vero, Rolk?»

«Imparare che cosa?»

«Ci sono quattro cose che non bisogna mai discutere con una donna.»

«Oh? E sarebbero?»

Rose piegò la testa di lato e cominciò a contare sulla punta delle dita. «La sua età, il suo peso, il colore dei capelli e il numero degli amanti che ha avuto.»

«Cercherò di ricordarmene.»

«No, che non lo farai. Comunque, io te l'ho detto.»

Rolk stirò le labbra in una vaga imitazione di un sorriso. «Sei un tipo duro, Rose. Forse è per questo che sto bene con te.»

«Hai voglia di parlare del caso?»

«Non credo che ti farebbe piacere ascoltare i dettagli. Non piacerebbe a nessuno che fosse sano di mente.» Con un sorso vuotò per metà il bicchiere. «Il fatto è che mi sta tirando scemo. C'è qualcosa, un pensiero che continua a tormentarmi, ma che non riesco a mettere a fuoco.» Tacque e la guardò scuotendo la testa. «Di indiziati ne ho tanti per le mani, ma nessuno mi intriga particolarmente.»

«E allora?»

«Quel tizio è un fottutissimo prete.»

Rose gli riempì ancora una volta il bicchiere. «Be', non escluderlo dalla lista solo per questo.» Si chinò in avanti, i gomiti sul tavolo. «Un paio di anni fa Maggie aveva un cliente regolare, un vero atleta del sesso che voleva sempre due o tre ragazze per volta.» Ridacchiò. «Lei credeva che fosse un uomo d'affari insoddisfatto la cui moglie aveva ripescato la cintura di castità. Poi una domenica va alla messa e chi c'è sul pulpito se non il vecchio porco? Era un monsignore, proprio così.

«Oh, si comportava in modo molto discreto e arrivava sempre con addosso abiti secolari. Non mancava mai al suo appuntamento una volta la settimana, regolare come un orologio.»

Rolk sogghignò. «C'è una bella differenza tra un prete con qualche prurito sessuale e uno che si diverte a collezionare teste umane.»

«Hai paura di come potrebbero reagire i tuoi capi se tu cominciassi a indagare su un religioso?»

Rolk si lasciò sfuggire una risata tonante. «Sai come chiamano l'arcidiocesi di New York?
I
miei capi e tutti quanti i politici?»

«Lo so. La Casa del Potere.»

«E lo pensano sul serio,» rise ancora il poliziotto. «C'è un vicecomandante che avrebbe un attacco di cuore se solo gli prospettassi un simile passo.» Il suo sorriso sbiadì. «Ma non è questa la ragione, Rose. Come ti ho detto, c'è qualcosa che mi tormenta e non riesco a capire che cos'è. Qualcosa che non riesco a ricordare, forse. E so che se ci riuscissi saprei quale direzione prendere.»

La donna allungò un braccio e gli strinse la mano. «Arriverà, Rolk. Non arriva sempre?»

«Sì. Proprio così.»

 

Roberto Caliento era piccolo e largo ed era un osso duro e, a differenza di Domingo, sembrava che ben poco di quello che Devlin e Lopez dicevano potesse innervosirlo. L'appartamento in cui viveva, a Brooklyn, era malconcio e squallido, ma si vedeva che era stato fatto il possibile per renderlo pulito e abitabile. Caliento, che era solo, spiegò loro che la moglie e il figlio erano andati a trovare degli amici, amici di cui rifiutò di fare il nome, e Devlin sospettò che qualcuno lo avesse avvertito dell'arrivo della polizia.

Lopez cominciò a interrogarlo con gentilezza, nel tentativo di accattivarsi quell'ometto piccolo dal viso duro, ma la sua cordialità sfumò in fretta davanti alle risposte secche, indifferenti di Caliento. Alla fine Lopez si ritrovò a quasi ringhiargli contro, a minacciare di spedirlo da quelli dell'Immigrazione, a martellarlo per sapere per quanto tempo aveva partecipato ai riti religiosi toltechi.

Caliento si limitava a stringersi nelle spalle, rispondendo sempre e solo in spagnolo e insistendo con l'affermare che certi rituali erano affatto sconosciuti nel suo paese e che a praticarli erano gli abitanti della giungla, gente di cui lui sapeva solo per sentito dire.

Quando se ne andarono li salutò con un sorriso e Devlin dovette trattenere il collega per impedirgli di strangolare l'indiziato.

«Quel bastardello sa qualcosa,» ringhiò Lopez quando furono in macchina. «Ma è convinto che non possiamo toccarlo a causa di quel fottutissimo prete.»

«Gli daremo un po' di corda e staremo vedere,» replicò Devlin.

«Quello che dovremmo fare è sbatterlo nelle braccia di quelli dell'Immigrazione. Qualche giorno in una delle loro celle puzzolenti gli farebbe venire la voglia di parlare.»

«No, non è così che vuole muoversi Rolk.» Devlin lanciò un'occhiata al compagno e sogghignò.

«Merda,» borbottò Lopez. «Così non possiamo fare altro che mettergli qualcuno alle calcagna, giusto?»

«Giusto,» assentì l'altro. «Almeno per ora.»

 

11

 

Il dottor Nathan Greenspan era basso, baffuto e calvo, a parte qualche ciuffo di capelli proprio sopra le orecchie, e aveva un viso rotondo con l'espressione di chi ha ascoltato troppe miserie per troppi anni.

Seduto accanto a Paul Devlin nel disordinato ufficio di Rolk, Greenspan sembrava molto più stanco di quanto sarebbe stato normale aspettarsi alle otto del mattino. Al suo arrivo Rolk si era scusato per averlo fatto aspettare, ma il dottore aveva troncato le sue scuse con un gesto della mano, come se il suo lavoro di psichiatra presso la polizia l'avesse reso incapace di nutrire aspettative di qualunque genere.

Greespan ascoltò il resoconto dei due agenti, poi si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, fu per puntarli dritto in faccia a Rolk. «Se,» cominciò, «... e attualmente è un grosso 'se', il nostro omicida non ha deliberatamente tentato di far passare il suo lavoretto per quello di un fanatico religioso o di un pazzo, allora temo che il dottor Feldman abbia ragione. L'assassinio non sarà che il primo di una lunga serie.»

«Quando dovrebbe avere luogo il prossimo?» volle sapere Rolk.

Lo psichiatra gli indirizzò un sorrisetto e si strinse nelle spalle. «Se fossi in grado di rispondere, mi candiderei per il suo lavoro. Tenga presente che quasi tutto quello che credevamo di sapere sugli omicidi in serie è stato sistematicamente contraddetto dai casi che abbiamo trattato negli ultimi dieci anni o giù di lì.»

«Una considerazione che non ci è precisamente d'aiuto,» borbottò Rolk, lasciando affiorare la sua poca simpatia per gli psichiatri.

«Be', quello che sappiamo per certo è che di solito il modus operandi rimane identico, e così l'arma usata.» Parlando, Greenspan cominciò a riempire il fornelletto della pipa, che poi accese con un lungo fiammifero da cucina. «C'
era
una teoria,» riprese poi, avvolto in una nube di fumo azzurrino, «secondo cui l'intervallo tra i vari omicidi diminuiva progressivamente, come se l'assassino sperimentasse una sorta di frenetico crescendo. Ma ci sono anche stati casi in cui tra un omicidio e l'altro passavano mesi, perfino anni. A volte ci persuadevamo che uno degli elementi principali fosse la località, per poi scoprire invece che si trattava di assassini che si spostavano nel paese e che uccidevano nel corso dei loro viaggi.» Ammiccò parecchie volte, come infastidito dal fumo. «Ma posso dirle una cosa: le serie di omicidi di questo tipo sono quasi esclusivamente opera di uomini. Inevitabilmente le donne, quando si rendono responsabili di più assassinii, lo fanno per trarne un guadagno di qualche tipo. Per gli uomini è quasi sempre una questione di follia, di possessività esasperata, di desideri irrefrenabili.»

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