Purgatorio (47 page)

Read Purgatorio Online

Authors: Dante

BOOK: Purgatorio
4.95Mb size Format: txt, pdf, ePub

               
vedrai come a costui convien che vada

               
da l’un, quando a colui da l’altro fianco,

75
           
se lo ’ntelletto tuo ben chiaro bada.”

               
“Certo, maestro mio,” diss’ io, “unquanco   

               
non vid’ io chiaro sì com’ io discerno

78
           
là dove mio ingegno parea manco,

               
che ’l mezzo cerchio del moto superno,

               
che si chiama Equatore in alcun’ arte,

81
           
e che sempre riman tra ’l sole e ’l verno,

               
per la ragion che di’, quinci si parte

               
verso settentrïon, quanto li Ebrei   

84
           
vedevan lui verso la calda parte.

               
Ma se a te piace, volontier saprei   

               
quanto avemo ad andar; ché ’l poggio sale

87
           
più che salir non posson li occhi miei.”

               
Ed elli a me: “Questa montagna è tale,

               
che sempre al cominciar di sotto è grave;

90
           
e quant’ om più va sù, e men fa male.

               
Però, quand’ ella ti parrà soave

               
tanto, che sù andar ti fia leggero

93
           
com’ a seconda giù andar per nave,

               
allor sarai al fin d’esto sentiero;

               
quivi di riposar l’affanno aspetta.

96
           
Più non rispondo, e questo so per vero.”

               
E com’ elli ebbe sua parola detta,

               
una voce di presso sonò: “Forse   

99
           
che di sedere in pria avrai distretta!”

               
Al suon di lei ciascun di noi si torse,

               
e vedemmo a mancina un gran petrone,

102
         
del qual né io né ei prima s’accorse.

               
Là ci traemmo; e ivi eran persone

               
che si stavano a l’ombra dietro al sasso

105
         
come l’uom per negghienza a star si pone.   

               
E un di lor, che mi sembiava lasso,

               
sedeva e abbracciava le ginocchia,

108
         
tenendo ’l viso giù tra esse basso.

               
“O dolce segnor mio,” diss’ io, “adocchia

               
colui che mostra sé più negligente

111
         
che se pigrizia fosse sua serocchia.”

               
Allor si volse a noi e puose mente,

               
movendo ’l viso pur su per la coscia

114
         
e disse: “Or va tu sù, che se’ valente!”

               
Conobbi allor chi era, e quella angoscia   

               
che m’avacciava un poco ancor la lena,

117
         
non m’impedì l’andare a lui; e poscia

               
ch’a lui fu’ giunto, alzò la testa a pena,

               
dicendo: “Hai ben veduto come ’l sole

120
         
da l’omero sinistro il carro mena?”

               
Li atti suoi pigri e le corte parole   

               
mosser le labbra mie un poco a riso;   

123
         
poi cominciai: “Belacqua, a me non dole

               
di te omai; ma dimmi: perché assiso   

               
quiritto se’? attendi tu iscorta,

126
         
o pur lo modo usato t’ha’ ripriso?”

               
Ed elli: “O frate, andar in sù che porta?   

   

               
ché non mi lascerebbe ire a’ martìri

129
         
l’angel di Dio che siede in su la porta.

               
Prima convien che tanto il ciel m’aggiri   

               
di fuor da essa, quanto fece in vita,

132
         
perch’io ’ndugiai al fine i buon sospiri,   

               
se orazïone in prima non m’aita   

               
che surga sù di cuor che in grazia viva;

135
         
l’altra che val, che ’n ciel non è udita?”

               
E già il poeta innanzi mi saliva,   

               
e dicea: “Vienne omai; vedi ch’è tocco

               
meridïan dal sole, e a la riva

139
         
cuopre la notte già col piè Morrocco.”

PURGATORIO V

               
Io era già da quell’ ombre partito,   

               
e seguitava l’orme del mio duca,

3
             
quando di retro a me, drizzando ’l dito,

               
una gridò: “Ve’ che non par che luca   

               
lo raggio da sinistra a quel di sotto,

6
             
e come vivo par che si conduca!”

               
Li occhi rivolsi al suon di questo motto,   

               
e vidile guardar per maraviglia

9
             
pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto.   

               
“Perché l’animo tuo tanto s’impiglia,”   

               
disse ’l maestro, “che l’andare allenti?

12
           
che ti fa ciò che quivi si pispiglia?

               
Vien dietro a me, e lascia dir le genti:

               
sta come torre ferma, che non crolla

15
           
già mai la cima per soffiar di venti;

               
ché sempre l’omo in cui pensier rampolla

               
sovra pensier, da sé dilunga il segno,

18
           
perché la foga l’un de l’altro insolla.”

               
Che potea io ridir, se non “Io vegno”?   

               
Dissilo, alquanto del color consperso

21
           
che fa l’uom di perdon talvolta degno.

               
E ’ntanto per la costa di traverso

               
venivan genti innanzi a noi un poco,   

24
           
cantando
“Miserere”
a verso a verso.

               
Quando s’accorser ch’i’ non dava loco   

               
per lo mio corpo al trapassar d’i raggi,

27
           
mutar lor canto in un “oh!” lungo e roco;

               
e due di loro, in forma di messaggi,   

               
corsero incontr’ a noi e dimandarne:

30
           
“Di vostra condizion fatene saggi.”

               
E ’l mio maestro: “Voi potete andarne   

               
e ritrarre a color che vi mandaro

33
           
che ’l corpo di costui è vera carne.

               
Se per veder la sua ombra restaro,

               
com’ io avviso, assai è lor risposto:

36
           
fàccianli onore, ed esser può lor caro.”

               
Vapori accesi non vid’ io sì tosto   

               
di prima notte mai fender sereno,

39
           
né, sol calando, nuvole d’agosto,

               
che color non tornasser suso in meno;

               
e, giunti là, con li altri a noi dier volta,

42
           
come schiera che scorre sanza freno.

               
“Questa gente che preme a noi è molta,

               
e vegnonti a pregar,” disse ’l poeta:

45
           
“però pur va, e in andando ascolta.”   

               
“O anima che vai per esser lieta

               
con quelle membra con le quai nascesti,”

48
           
venian gridando, “un poco il passo queta.

               
Guarda s’alcun di noi unqua vedesti,

               
sì che di lui di là novella porti:

51
           
deh, perché vai? deh, perché non t’arresti?

               
Noi fummo tutti già per forza morti,

               
e peccatori infino a l’ultima ora;   

54
           
quivi lume del ciel ne fece accorti,

               
sì che, pentendo e perdonando, fora   

               
di vita uscimmo a Dio pacificati,

57
           
che del disio di sé veder n’accora.”

               
E io: “Perché ne’ vostri visi guati,   

               
non riconosco alcun; ma s’a voi piace

60
           
cosa ch’io possa, spiriti ben nati,

               
voi dite, e io farò per quella pace

               
che, dietro a’ piedi di sì fatta guida,

63
           
di mondo in mondo cercar mi si face.”

               
E uno incominciò: “Ciascun si fida   

               
del beneficio tuo sanza giurarlo,

66
           
pur che ’l voler nonpossa non ricida.

               
Ond’ io, che solo innanzi a li altri parlo,

               
ti priego, se mai vedi quel paese

69
           
che siede tra Romagna e quel di Carlo,   

               
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese

               
in Fano, sì che ben per me s’adori   

72
           
pur ch’i’ possa purgar le gravi offese.

               
Quindi fu’ io; ma li profondi fóri

               
ond’ uscì ’l sangue in sul quale io sedea,   

75
           
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,

               
là dov’ io più sicuro esser credea:

               
quel da Esti il fé far, che m’avea in ira   

78
           
assai più là che dritto non volea.

               
Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira,   

               
quando fu’ sovragiunto ad Orïaco,

81
           
ancor sarei di là dove si spira.

               
Corsi al palude, e le cannucce e ’l braco

               
m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’ io   

84
           
de le mie vene farsi in terra laco.”

Other books

Held by Edeet Ravel
Irontown 1: Student Maids by Adriana Arden
Hamish Macbeth 13 (1997) - Death of a Dentist by M.C. Beaton, Prefers to remain anonymous
War Weapons by Craig Sargent
Entice by Ella Frank
The Chateau d'Argol by Julien Gracq
Batteries Not Required by Linda Lael Miller
A Match Made in High School by Kristin Walker
Country Heaven by Miles, Ava