Gai-Jin (97 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Comunque non mi sarei fidato di quei cani, pensò con il cuore che adesso palpitava anche per la vicinanza di Angélique.

Era distante solo venti metri.

Quanti la incontravano si toglievano il cappello mormorando saluti che lei restituiva distrattamente. Ori avrebbe potuto riparare in un posto più sicuro ma non lo fece, si tolse il cappello come gli altri e rimase a guardare. Aveva la barba corta, un viso duro, lo sguardo intenso e i capelli corti ma curati.

Gli occhi di Angélique si posarono su di lui senza vederlo, né lo vide Vervene, intento a conversare amabilmente in francese.

Gli passarono davanti, a pochi metri di distanza. Ori aspettò che fossero entrati nella Legazione francese mancavano le sentinelle, allontanatesi tutte per spegnere l'incendio, poi si avviò con passo pesante nel vicolo. Appena fu certo di non essere osservato, scalò il recinto come già una volta aveva fatto e ritrovò il nascondiglio sotto la finestra.

Quella sera le finestre erano aperte e così la porta interna. Attraverso la stanza vide il corridoio e scorse Angélique e il suo accompagnatore che entravano in una camera dirimpetto lasciando la porta socchiusa.

Inosservato e al sicuro, Ori controllò il Derringer e si accertò che il pugnale nel fodero fosse libero.

Si accucciò sui talloni, respirò a fondo e cominciò a pensare. Dal momento in cui aveva visto Hiraga e, quasi contemporaneamente, l'incendio del palazzo Struan, si era lasciato guidare dall'istinto. Adesso devo pensare, si disse.

Adesso c'è bisogno di un piano. E in fretta.

Le imposte aperte erano come una calamita.

Scavalcò il davanzale e scivolò nella stanza.

Capitolo 26


 

“Mademoiselle, monsieur Struan, perchè non vi fermate a dormire qui questa notte? Non manca il posto” disse Vervene.

Era quasi l'ora di cena e stavano bevendo champagne nel salone dei ricevimenti della Legazione francese.

Jamie li aveva da poco raggiunti con la notizia che l'incendio era stato domato e non aveva causato gravi danni, solo qualche leggera infiltrazione d'acqua nella suite di Angélique e, più lieve ancora, in quella di Struan.

“Se desiderate, posso lasciarvi le mie stanze, tai-pan” si offrì Jamie.

“Io dormirò altrove, la signorina Angélique può sistemarsi nella camera di Vargas.”

“Non ce n'è bisogno, Jamie” rispose Angélique.

“Ci fermeremo qui, così non disturbiamo nessuno. Avevo comunque deciso di trasferirmi qui, domani. Si, chéri?”

“Credo che starò più comodo nella mia suite. E' possibile, Jamie?”

“Oh sì, è praticamente intatta. Signorina Angélique, volete le mie stanze?”

“No, Jamie, preferisco fermarmi alla Legazione, questa notte.”

“Bene, la questione è sistemata” disse Struan. Aveva un'espressione strana negli occhi e si sentiva molto stanco, l'oppio aveva sedato quasi del tutto il dolore fisico, ma non la rabbia profonda nei confronti di Norbert Greyforth.

“Monsieur Struan, ospitiamo volentieri anche voi” intervenne Vervene.

“Le stanze non mancano, perchè il ministro e i suoi assistenti sono a Edo per qualche giorno.”

“Oh!” esclamò Angélique con palese disappunto. André avrebbe dovuto ritirare la medicina l'indomani. Gli altri la fissarono. “André mi ha detto... che sarebbero tornati al più tardi domani mattina, dopo l'incontro di oggi con lo shògun.”

“Dipenderà dalla puntualità dello shògun e da come va l'incontro. I giapponesi non si possono certo assumere a modello internazionale di puntualità, vero?” Vervene sorrise della propria battuta e aggiunse solenne: “Non si sa mai quanto durano questi incontri di stato, potrebbe essere un giorno come una settimana. Un altro cognac, monsieur Struan?”.

“Grazie, sì...”

“Ma André mi ha detto che la riunione era fissata per questa mattina e che al più tardi sarebbero stati di ritorno domani.” Angélique represse le lacrime che minacciavano di rigarle le guance.

“Cosa diavolo ti succede, Angel?” chiese Struan irritato. “Che ti importa quando torneranno?”

“E' che... no, non è niente, ma detesto che mi si diano informazioni sbagliate.”

“Forse hai capito male. E' ridicolo prendersela per una questione del genere.” Struan bevve un lungo sorso del suo secondo brandy. “Per l'amor di Dio, Angel!”

“Probabilmente torneranno domani, mademoiselle” la rassicurò Vervene, diplomatico come sempre. Nonostante il suo seno delizioso e le labbra invitanti, è pur sempre una stupida gallina, pensò. “Non ha importanza” proseguì con il suo sorriso più accattivante, “la cena sarà servita tra poco. Monsieur McFay, vi fermerete con noi, bien sùr?”

“Grazie, ma è meglio che vada.” Sulla soglia McFay esitò. “Tai-pan, devo... tornare a prendervi?”

“Sono in grado di camminare per duecento metri da solo” sbottò Struan. “Perfettamente in grado!” E anche di premere un fottuto grilletto, questa sera e in qualsiasi momento, voleva gridare.

Poco prima che Struan si recasse alla Legazione francese, quando ormai l'incendio alla Brock era stato domato, Norbert Greyforth si era concesso una pausa e senza che lui lo avesse notato era uscito in strada.

Poco lontano da Struan, Jamie dirigeva Vargas e i vigili del fuoco e il dottor Hoag e il dottor Babcott medicavano bruciature e steccavano qualche osso rotto.

L'elisir di Ah Tok aveva sortito come di consueto il suo effetto magico, Struan si sentiva bene, sicuro di sé, ma era anche alterato e aveva un grande desiderio di dormire, di sognare. Vorrei sognare di fare l'amore, di congiungermi con sempre maggiore passione con la ragazza giapponese o con Angélique, sentirle possedute da una brama ancora più ardente della mia, da un erotismo crescente. Poi, di colpo, fu riportato alla sgradevole realtà.

“Buonasera, Jamie. Un bel disastro, vero?”

“Ah, Norbert” disse Struan, a cui l'euforia dell'oppio consentiva modi cortesi. “Sono dispiaciuto per...” Norbert lo ignorò con ostentazione. “Per fortuna, Jamie, ti farà piacere saperlo, gli uffici, i magazzini, le merci e le camere blindate non sono stati affatto danneggiati dall'incendio, le fiamme hanno colpito solo le camere da letto.”

Poi, fingendo di vederlo solo in quel momento, si rivolse a Struan a voce alta affinché tutti sentissero. “Bene, bene, il cosiddetto giovane tai-pan della Nobilissima Casa in persona. Vi auguro un'ottima serata, ragazzo, ma non avete una bella cera, siete rimasto senza latte?” La bonarietà di Struan svanì. Attraverso lo schermo dell'oppio realizzò di avere di fronte il nemico, il male in carne e ossa. “No, ma in compenso voi avete perso ogni educazione.”

“Non siete un'autorità in fatto di buona educazione, ragazzo.” Norbert rise.

“E' vero, non abbiamo subito danni, ragazzo. Anzi, grazie alla nostra nuova impresa mineraria siamo diventati la Nobil Casa del Giappone ed entro Natale lo saremo anche di Hong Kong. Meglio che ve ne torniate a casa, Malcolm.”

“Mi chiamo Struan” ribatté lui, che si sentiva forte, coraggioso e onnipotente e non si accorgeva quasi degli altri intorno, né che Jamie e Babcott stavano tentando di zittirli. “Struan!”

“Preferisco dire giovane Malcolm, giovane Malcolm.”

“La prossima volta che mi chiamerete in quel modo, vi darò del bastardo e vi farò saltare la testa senza aspettare i padrini, per Dio.” Scese il silenzio, solo accentuato dal crepitio delle fiamme e dal sibilo leggero e tormentoso del vento.

La notizia della sfida che i due si erano lanciati a pranzo si era diffusa immediatamente e tutti attendevano la prossima mossa di quel gioco rimasto in sospeso da quando il nonno di Malcolm, Dirk Struan, era morto prima di poter uccidere Tyler Brock, come aveva giurato di fare.

Norbert Greyforth faceva un calcolo veloce.

Valutò ancora una volta le circostanze, la sua posizione nella Brock e le prospettive. La posta in gioco era altissima. Il suo lavoro era ben pagato, purché ubbidisse agli ordini. Una porta verso il paradiso gli era stata aperta dall'ultima lettera di Tyler Brock, che senza mezzi termini diceva: “Devi mettere Malcolm Struan alle corde, ora che è malato, ferito e lontano dalla protezione di quella maledetta strega di mia figlia, che Dio la mandi all'inferno! Per te ci saranno cinquemila ghinee all'anno per dieci anni se riuscirai a distruggere il ragazzo mentre è in Giappone. Usa i mezzi che vuoi”.

Norbert avrebbe compiuto trentun anni entro quella settimana. A quarant'anni, l'età in cui di solito si andava in pensione, chi faceva il mercante in Cina era già vecchio.

Cinquemila ghinee per dieci anni rappresentavano una somma davvero principesca che sarebbe bastata a lui e ai suoi discendenti, gli avrebbe consentito di comprare un seggio in Parlamento, di accedere alla buona società, come signore di una casa padronale in campagna con a fianco una giovane moglie che gli avrebbe portato in dote un bel terreno nel Surrey.

Non gli fu difficile prendere una decisione.

Di statura uguale al rivale, ora che Struan si appoggiava curvo sui bastoni, avvicinò il viso a quello di lui e notò con piacere quanto dolore serpeggiasse sotto la pelle tesa.

“Sentite, giovane Malcolm, visto che mi avete tirato addosso del brandy a pranzo, a cena mi potreste baciare il culo.”

“Signore voi siete un fottuto bastardo!” Greyforth rispose con una crudele risata di scherno. “E voi siete un bastardo ancora più grande, infatti...” Babcott si frappose, sovrastando entrambi con la propria mole.

“Smettetela, voi due. Tutti e due! Siamo in un luogo pubblico e questi dissidi si risolvono in privato, da gentiluomini.

“Lui non è un fottuto gentiluomo...”

“In privato, Malcolm, da gentiluomo” ripeté Babcott più forte.

“Norbert, cosa volete?”

“Non sono stato io a chiedere il duello, ma se questo bastardo lo vuole, duello sia! Questa sera, o domani, prima possibile.”

“Né questa sera, né domani, né mai, perchè i duelli sono contro la legge. Ma sarò nel vostro ufficio alle undici.” Babcott, consapevole che nessuno all'Insediamento sarebbe stato in grado di impedire un duello se le due parti lo volevano, fissò Struan. Vide che aveva le pupille dilatate. Provò per lui pena e rabbia insieme.

Babcott e Hoag avevano diagnosticato da molto tempo la tossicodipendenza di Struan, ma nessun avvertimento e nessuna rimostranza avevano sortito alcun effetto, né potevano impedirgli di procurarsi tutta la droga che voleva.

“Sarò da voi a mezzogiorno, Malcolm. Nel frattempo, in qualità di massima autorità britannica presente in questo momento a Yokohama, ordino a entrambi di non rivolgervi la parola e di non aggredirvi né in privato né in pubblico...”

Non preoccuparti di quel maledetto Babcott, pensò Struan sempre più sicuro di sé grazie alla mistura di brandy e oppio. Domani o dopodomani manderai Jamie, no, manderai Dmitri da Norbert. Non Jamie, perchè di lui non ci si può più fidare. Si farà il duello vicino all'ippodromo e la Nobil Casa offrirà a Norbert delle nobili esequie. E le offrirà anche al maledetto Brock, se dovesse mai azzardarsi a venire qui, per Dio!

Devono essersi dimenticati che eri il migliore tiratore di pistola di Eton, che hai affrontato in duello quel bastardo di Percy Quill perchè ti ha dato del cinese, che lo hai ucciso e sei persino stato espulso per averlo fatto, anche se la questione è stata poi messa a tacere da papà con poche migliaia di ghinee. Norbert avrà quel che si merita...

Fu distratto dai suoi pensieri da un improvviso movimento nella stanza. Era appena entrato Seratard, accompagnato da André, e tutti gli si erano stretti intorno per salutarlo.

Un pò ottenebrato sentì Seratard raccontare che l'incontro di Edo si era concluso in fretta: “Abbiamo superato l'impasse e sono state accettate le condizioni di compromesso presentate da noi francesi. Non era necessario rimanere...”.

Struan mise a fuoco André e non riuscì più ad ascoltare: il francese, con il suo portamento severo ed elegante, sorrideva ad Angélique e lei gli rispondeva più raggiante che mai. Fu assalito da un moto di gelosia ma lo scacciò. Non è colpa sua, pensò stanco, e nemmeno di André, lei merita i sorrisi e io non sono una buona compagnia, io non sono più io, sono solo stanco da morire di soffrire in questo modo e di essere così debole. Dio, quanto amo questa donna, quanto ne ho bisogno.

Si alzò a fatica, si congedò e li ringraziò dell'ospitalità. “Davvero non vi volete fermare?” chiese Seratard con la sua abituale disinvoltura.

“Mi dispiace per l'incendio. In mare non abbiamo avvertito il terremoto, neanche un'onda. Non vi preoccupate per la vostra fidanzata, monsieur, la sua compagnia ci è molto gradita, potrà fermarsi tutto il tempo necessario a sistemare i vostri appartamenti e, naturalmente, anche voi siete sempre il benvenuto.” Li scortò fin sulla soglia. Angélique insisteva per accompagnare il fidanzato a casa.

“Sto bene, Angel” la tranquillizzò Struan, colmo d'amore per lei.

“Lo so, tesoro, è solo per il piacere di stare ancora un pò con te” disse Angélique, esultante di gioia per il ritorno di André.

Ancora poche ore e sarò libera.

 

La cena fu magnifica, Angélique era radiosa, Seratard, molto soddisfatto del successo conseguito a Edo, li allietava con il racconto delle sue avventure ad Algeri, dove era stato ufficiale prima di essere inviato in Giappone, con il compito di reprimere le ribellioni.

Vervene gareggiava con lui per conquistarsi l'attenzione di Angélique raccontando delle sue imprese passate e tutti erano inebriati dalla presenza della giovane e dalle abbondanti libagioni, una bottiglia di Bourgogne a testa, più lo champagne bevuto prima del pasto per stimolare le papille gustative e quello che bevevano ora per facilitare la digestione.

Poi André Poncin scivolò su aneddoti piccanti, raccontò che di quando in quando i contadini di Hong Kong, Shanghai e Kowloon venivano assaliti dal timore che tornasse una certa Epidemia del Pene che causava il risucchiamento del membro all'interno del corpo, cosicché gli uomini se lo legavano con una benda che fissavano al collo per prevenire la catastrofe.

“Non è possibile, André, come siete cattivo!” esclamò lei agitando il ventaglio e suscitando una risata generale e le proteste di André.

Consapevole che fosse giunto il momento di ritirarsi, finì la seconda coppa di champagne, che andò ad accompagnarsi piacevolmente ai tre bicchieri di Cháteau d'Arcins che già aveva bevuto. Il sollievo per il puntuale ritorno di André e la gioia di aver parlato francese tutta la sera avevano incrinato il suo abituale autocontrollo e ora anche lei era un pò brilla. “E' tempo che vi lasci ai vostri sigari, al brandy e alle vostre barzellette sporche!”

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