Angélique non udiva alcun pericolo, solo i loro respiri affannosi che si confondevano. Il corpo di Ori era leggero, combaciava perfettamente con il suo, come se le appartenesse.
Non riusciva a capire, da dove veniva quella strana sensazione di appartenenza... Perché si sentiva tanto rapita, consumata dall'estasi? Ori accennò a ritirarsi da lei.
No, subito le suggerì la voce, trattienilo, non lasciarlo andare, attenta, il pericolo non è finito, segui bene il piano...
Lo strinse forte tra le braccia.
Si addormentarono insieme, e quando un'ora dopo lei si svegliò, lo trovò ancora sdraiato accanto a sé.
Respirava dolcemente, il suo viso era giovane e sereno, con una mano stringeva il pugnale e con l'altra la croce che portava con tanta disinvoltura.
E stato il mio primo regalo, mi raccontava maman, me l'ha regalata il primo giorno della mia vita e da allora l'ho sempre portata, cambiando solo la catenina. E adesso è sua, mia o nostra?
Ori aprì gli occhi e lei fu percorsa da un fremito.
Per un attimo lui non capì dove si trovava, era come un sogno, poi la vide, sempre bella, desiderabile e ancora vicina a lui, con quel suo strano mezzo sorriso che lo inondava. Affascinato, allungò la mano e lei rispose.
Si congiunsero di nuovo, questa volta senza rabbia né fretta, cercando di prolungare l'unione.
Dopo, nel dormiveglia, lui avrebbe voluto dirle com'erano state belle le Nuvole e la Pioggia, esprimerle tutta la sua gratitudine e la sua ammirazione. L'idea di porre fine alla vita di lei, a quella vita, lo riempiva di tristezza. Che la sua morte fosse così vicina, invece, non lo preoccupava.
Perché grazie alla morte di Angélique lui sarebbe morto felice, rendendo pieno onore alla giusta causa di sonno-joi.
Ah, pensò travolto da un'improvvisa ondata di tenerezza, forse il suo dono va ricambiato con un dono altrettanto grande, con un dono da samurai, una morte da samurai: passare in un attimo dalla vita alla morte senza grida né terrore. Perché no?
In pace, con la mano sul pugnale, si lasciò trasportare nell'assenza di sogni.
Le dita di Angélique lo sfiorarono.
Si svegliò, subito vigile e strinse il pugnale.
Lei indicò la finestra chiusa da tende e imposte e si portò un dito sulle labbra. Dall'esterno si avvicinò il rumore di qualcuno che fischiettava, poi il suono si allontanò.
Lei sospirò, si chinò, si rannicchiò contro di lui, lo baciò sul petto e, allegra, indicò prima l'orologio sul comodino che segnava le 4 e 16, poi ancora la finestra. Scivolò fuori dal letto e a segni gli fece capire che doveva vestirsi, andar via e tornare la notte seguente, lei avrebbe lasciato le imposte aperte.
Ori scosse il capo fingendo di contraddirla. Lei corse di nuovo accanto al letto in un gioco di ombre che lo deliziò, si inginocchiò sussurrando: “Ti prego... ti prego...”.
Ori si commosse. Non aveva mai visto un'espressione simile sul viso di una donna, una passione così intensa, al di là della sua comprensione, ma non poteva definirla, perchè in giapponese la parola amore non esiste. Ne fu sommerso, ma non tornò sulla sua decisione.
Avrebbe solo finto di accettare e di andarsene per tornare all'imbrunire.
Mentre si vestiva lei gli stava accanto, lo aiutava e, dispiaciuta di separarsi da lui, lo tratteneva protettiva.
Con il dito sulle labbra come una bambina, scostò le tende, aprì silenziosamente la finestra, tolse le sbarre delle imposte e si sporse.
L'aria era tesa. L'alba prossima. Qualche nuvola in cielo. Il mare era calmo, nessun segno di pericolo, solo il sospiro delle onde sull'arenile.
Lungo High Street qualche sottile colonna di fumo si alzava ancora dalle macerie dopo gli incendi. Deserto intorno, l'Insediamento era tranquillo, addormentato.
Ori, fermo accanto a lei, capì che era giunto il momento. La sua mano afferrò il coltello con una stretta così forte che le nocche diventarono bianche. Ma quando Angélique si voltò, la tenerezza e la preoccupazione nel suo sguardo, insieme al desiderio che ancora lo attanagliava, dissolsero la sua determinazione. Dopo un rapido bacio, lei si sporse nuovamente e guardò da entrambi i lati per essere certa che non arrivasse nessuno.
“No, non ancora” sussurrò ansiosa, trattenendolo con il braccio intorno alla vita.
Quando fu sicura, si voltò verso di lui, lo baciò, gli fece segno di affrettarsi e lo osservò scavalcare silenziosamente il davanzale. Quando Ori toccò terra Angélique richiuse con forza le imposte, le sbarrò e le sue grida squarciarono la notte. “Aiuto...”
Per un istante Ori rimase paralizzato.
Poi, in preda a una furia cieca per quelle grida e per la consapevolezza di essere stato giocato, si lanciò contro le imposte. Le sue unghie, come artigli, divelsero un'imposta strappandola quasi dai cardini. In quell'attimo, la prima delle guardie francesi girò l'angolo, con il fucile carico e puntato.
Ori la vide, estrasse veloce il suo Derringer e premette il grilletto ma entrambi i colpi che aveva in canna rimbalzarono sul muro di mattoni sibilando, perchè era la prima volta che usava una pistola.
La guardia non mancò né il primo, né il secondo, né il terzo colpo.
Nella stanza Angélique, accovacciata con le mani sulle orecchie, esultò disperata, non sapendo che cosa pensare, né cosa fare, né se stesse piangendo o ridendo: era solo sicura di aver vinto e di essere stata vendicata.
La voce dentro di lei trionfò: Hai vinto, brava, sei stata magnifica, hai seguito il piano alla perfezione, ora sei al sicuro, e per sempre!
“Davvero?” piagnucolò.
Oh sì, sei al sicuro, lui è morto, naturalmente c'è sempre un prezzo da pagare, ma non aver paura...
Quale prezzo? Cosa... Dio mio, ho dimenticato la croce, ce l'ha ancora lui!
Mentre fuori la confusione cresceva e già qualcuno bussava alla sua porta, cominciò a tremare.
Con violenza.
Capitolo 27
†
Venerdì, 7 novembre
Quel pomeriggio la Pearl tornò da Edo a vele spiegate e si diresse verso l'abituale ormeggio nel movimentato porto di Yokohama.
Sull'albero maestro sventolava la bandiera di sir William e altre bandierine erano state issate per chiamare subito la lancia che li aspettava già in rada, affiancata dalla lancia a vapore della Struan.
Jamie, a poppa, era impaziente.
A riva, tutti quelli che stavano osservando l'arrivo della Pearl si chiedevano se il capitano sarebbe stato in grado di controllare un attracco così impetuoso, perchè con quel vento vivace sotto vela la manovra si preannunciava difficile.
L'onda di prua era alta sul mare calmo. All'ultimo la nave virò e si fermò vibrando, il bompresso perfettamente allineato sopra il gavitello sottovento. Subito i marinai dalle uniformi linde lanciarono le gomene e le avvolsero intorno alla bitta per assicurare la nave mentre altri si arrampicarono sull'alberatura per ammainare le vele.
Niente male, pensò fiero Jamie, poi gridò: “Avanti tutta, affiancate”.
Per ordine di Struan doveva essere il primo a salire sulla plancia per incontrare sir William. “Tinker, sbrigati, per Dio!”
“Certo, signore!” rispose con un sorriso sdentato Tinker, il timoniere di Struan, che già aveva messo a tutta velocità le macchine. Il vecchio marinaio tatuato e con il codino grigio, un tempo aiuto nostromo su una delle loro golette, superò la lancia di sir William lasciando gli otto rematori di stucco, sputò con bonomia liquido marrone di tabacco e con un gestaccio al loro indirizzo si impossessò della traversina. Jamie saltò sulla passerella.
Giunto sul ponte principale sollevò il cilindro per salutare l'ufficiale addetto al ponte, un guardiamarina dal volto cordiale. “Chiedo il permesso di salire a bordo, ho un messaggio per sir William.”
“Permesso accordato, signore.”
“Che diavolo è successo, Jamie?” gridò sir William affacciandosi dal ponte di comando, affiancato da Phillip Tyrer e dal capitano Marlowe.
“Spiacente, signore, l'Insediamento è sottosopra per un grave incidente, il signor Struan mi ha incaricato di fornirvene i dettagli.”
“Potete andare nella mia cabina, sir William” disse Marlowe.
“Grazie. Meglio che siate presente anche voi, dopo tutto siete “ammiraglio in carica della Difesa navale”, anche se solo temporaneamente.” Marlowe rise. “Almeno temporaneamente, signore, non mi dispiacerebbe godere di quello stipendio, poco m'importa del grado.”
“Non dispiacerebbe a nessuno di noi! Phillip, venite anche voi.” Lo seguirono. Prima di lasciare il ponte Marlowe chiamò il suo numero uno.
“Aumentate la pressione in sala macchine, pulite e lubrificate tutti i cannoni. L'equipaggio della nave si prepari a prendere i posti di combattimento.”
La cabina di poppa, piccola e austera, era composta di una cuccetta, un gabinetto privato e un tavolo per le mappe. “Allora, Jamie?” chiese sir William non appena ebbero preso tutti posto.
“Prima di tutto, sir William, il tai-pan e tutti i mercanti vi porgono le loro congratulazioni per il successo dell'incontro.”
“Grazie. Ditemi subito dell'incidente.”
“Questa notte un giapponese ha tentato di entrare nella camera da letto di Angélique alla Legazione francese, le guardie gli hanno sparato e lo hanno ucciso. Il dottor Hoag e il dottor Babcott...”
“Cristo santo, le ha fatto del male? L'ha toccata?” Jamie scosse il capo, “No, signore, Angélique ha raccontato di averlo sentito armeggiare con le imposte, di essersi subito messa a gridare per avere aiuto...”
“Allora qualcuno è salito fin lassù, come l'altra volta!” sbottò Tyrer.
“Non era stato il vento a sbattere le imposte!”
“Siamo arrivati a questa conclusione” proseguì Jamie velocemente, “Babcott e Hoag si sono precipitati subito sul posto. Lei era in stato di shock, come ho già detto, non le è stato fatto del male, ma tremava.
Hanno dato un'occhiata al morto e Hoag l'ha immediatamente riconosciuto: era la canaglia che aveva operato a Kanagawa...” Phillip Tyrer sobbalzò e Marlowe si voltò subito verso di lui. “E' riteniamo che l'uomo fosse uno dei due assassini di Canterbury e probabilmente anche lo stesso che il capitano Marlowe e Pallidar avevano tentato di acciuffare nella nostra Legazione di Kanagawa.”
“Mi venisse un colpo!” sir William notò che Tyrer era sbiancato.
“Phillip, sareste in grado di identificarlo?”
“Chissà, non credo. Forse Malcolm si, ma non ne sono sicuro.”
Sir William si mise a considerare le conseguenze: Se si tratta dello stesso uomo e dunque i due probabili assassini della Tokaidò sono morti, che ne sarà della nostra richiesta di indennizzo? “Alla Legazione francese, avete detto? Mi stupisce che abbiano ucciso quella canaglia, il loro sistema di difesa è abominevole anche nelle migliori circostanze e non sanno tirare.
Ma perchè quell'uomo si trovava li, era lei che voleva o cos'altro?”
“Non ne abbiamo idea, signore.
Sappiamo però che era un cattolico, o perlomeno che portava una croce...”
“Curioso! Ma... un attimo, perchè Angélique era alla Legazione?
Non si era trasferita da Struan?”
“Infatti, ma il suo appartamento è stato danneggiato dall'incendio.
Dimenticavo di dire, signore, dopo il terremoto abbiamo avuto un piccolo incendio, noi e Norbert...”
“Feriti?”
“No, signore, grazie a Dio, e per quanto ne sappiamo neppure in altre zone dell'Insediamento. I francesi le hanno offerto ospitalità e...”
“C'era anche Malcolm Struan?” Jamie sospirò, irritato per le continue interruzioni. “No, signore, era nel nostro palazzo.”
“Dunque non avete subito danni gravi.”
“No, signore, fortunatamente, nell'Insediamento l'unico a essere realmente danneggiato è stato Norbert, che ha perso gran parte del piano superiore.”
“Bene, questo dovrebbe farvi piacere. Se la ragazza è incolume e l'assalitore è stato ucciso, che cosa vi preoccupa tanto?”
“Stavo tentando di dirvelo, signore” disse Jamie, poi proseguì tutto d'un fiato per evitare di essere interrotto da altre domande. “Alcuni imbecilli della Città Ubriaca, con l'aiuto purtroppo di qualche stupido mercante dei nostri, hanno dato la colpa della tentata aggressione a tutti i giapponesi del villaggio e due ore fa un gruppo di loro si è messo a picchiare chiunque incontrasse, così sono scesi in campo i samurai, i nostri della marina e dell'esercito si sono radunati per contrastarli e ora le due parti si stanno fronteggiando.
Stanno affluendo sempre più uomini armati e l'atmosfera si è fatta rovente, è coinvolta anche la cavalleria e il generale non vede l'ora di mandarli alla carica come la Brigata Leggera a Balaclava.” Fottuto imbecille, pensò sir William. “Scendo subito a terra.”
“Vi faccio accompagnare da un distaccamento di fucilieri, signore.
Attendente!” La porta della cabina si spalancò. “Sì, signore?”
“Il capitano della fanteria di marina, dieci uomini e un segnalatore si portino di corsa sulla passerella del ponte principale!” ordinò Marlowe.
Poi si rivolse a Jamie.
“Dove sono i disordini, esattamente?”
“Al confine meridionale del villaggio, vicino alla Terra di Nessuno.”
“Sir William, mi terrò in rada, vicino. Se sorgeranno problemi, date ordine tramite il mio segnalatore di aprire il fuoco.”
“Grazie, ma dubito che avremo bisogno di aiuto dal mare.”
“Un altro problema...” tentò di dire Jamie.
“Me lo comunicherete sulla lancia.” Sir William già si avviava verso il ponte principale. “Useremo la vostra, è più veloce. Puntate la prua verso il molo della Città Ubriaca.” Dopo pochi minuti la lancia della Struan navigava a tutta velocità, con i marinai a poppa e sir William, Jamie e Tyrer nella relativa comodità della cabina centrale. “Dunque, Jamie, qual è l'altro problema?”
“Riguarda il non tanto addomesticato samurai di Tyrer, Nakama” Jamie lanciò un'occhiata a Phillip. “Un gruppetto di riottosi lo ha assalito, lui ha reagito e servendosi di spade trovate chissà dove ha ferito un ubriaco, un australiano, non in modo grave, e li avrebbe ammazzati tutti se non fossero scappati. Alcuni di loro si sono armati di pistole, sono tornati a cercarlo e lo avrebbero fatto secco se non si fosse rifugiato in un negozio del villaggio.
Probabilmente con lui adesso ci sono altri samurai, e il locale è circondato da una dozzina di pazzi che lo vogliono linciare.” Sir William trasecolò. “Un linciaggio, nella mia giurisdizione?”