“Non affaticare la tua bella testolina.”
“Sono molto preoccupata per te, Malcolm, non voglio interferire con le tue scelte, ma sono in ansia per te. E di una cosa sento di doverti parlare” disse cauta. “Il dissidio tra te e Jamie. Posso in qualche modo...” Malcolm sorrise.
“Con Jamie va tutto bene ora. E' la buona notizia di oggi. L'ho mandato a chiamare questo pomeriggio e mi ha chiesto scusa per avermi creato delle difficoltà. Ha rinnovato il giuramento di sostenermi in tutto. In tutto.”
“Oh, è magnifico, ne sono felice.” Qualche ora prima Jamie McFay aveva chiesto di vederlo. “Scusate se vi disturbo, ma desideravo dissipare le nuvole tra noi, tentare di fare la pace e convincervi ancora una volta a rinunciare al duello: Norbert farà di tutto per uccidervi.”
“Spiacente, ma la questione non vi riguarda, anch'io farò di tutto per uccidere lui. Concordo con voi sulla necessità di fare chiarezza una volta per tutte: Jamie, avete intenzione di considerarmi il tai-pan e di ubbidirmi o vi rimangiate il vostro sacro giuramento?”
“Sì, ubbidirò al tai-pan come ho giurato.”
“Bene. Dopo l'incontro di domani con Zia Willie, chiederete in segreto a Norbert se mercoledì gli sta bene.
Certo, Jamie, so che mercoledì è il suo compleanno. All'ippodromo, dietro ai recinti, alle prime luci dell'alba.
E non fatene parola con nessuno, nemmeno con Dmitri.
“Se lo ucciderete dovrete lasciare subito il Giappone.”
“Ci ho già pensato. Daremo disposizioni all'equipaggio della Storming Cloud di tenersi pronto e salperemo immediatamente per Hong Kong. E una volta là sarò in grado di sistemare tutto, comunque vada a finire. “
“L'intera faccenda mi sembra un errore.”
“Non preoccupatevi. Manterrete fede al vostro giuramento?”
“Sì.”
“Grazie, Jamie. Siamo di nuovo amici...” La voce di Angélique dissipò la sua esaltazione. “Ne sono felice.” Malcolm si trattenne a stento dal confessarle di aver fissato la data del duello che finalmente avrebbe dato inizio alla sua rivincita sulla Casa dei Brock. Tanto Angel presto saprà tutto e sarà fiera di me, pensò fiducioso.
“Non devi preoccuparti di Jamie, amore mio, e neppure di Hong Kong. Non devi preoccuparti di nulla.”
“Malcolm, caro, mi consentì di scrivere a tua madre?” chiese lei, consapevole che fosse venuto il momento di chiamare il nemico a battaglia.
André l'aveva avvisata del potere immenso di Tess Struan all'interno della compagnia e della sua grande influenza su Malcolm, il fratello e le sorelle; le aveva ricordato che Malcolm era minorenne e che se la madre non avesse concesso la sua approvazione avrebbero dovuto aspettare mesi prima di celebrare il matrimonio, e che senza la sua benevolenza quel matrimonio rischiava di non essere celebrato affatto.
Come se già non lo sapessi, pensò. “Vorrei comunicarle il mio infinito affetto e prometterle che sarò la migliore nuora del mondo.”
Malcolm si illuminò.
“Fantastico! Le scriverò anch'io e spediremo le nostre lettere insieme.” Le afferrò una mano. “Sei bellissima, e anche premurosa e dolce. Sono certo che mia madre si innamorerà di te come è accaduto a me.”
“Quando gai-jin scappati” ripeté agitato Hiraga, “shoya ha detto a me di scappare veloce, lui molta paura di samurai, molta paura.”
“Non ne dubito.”
Tyrer, seduto di fronte a Hiraga e non meno turbato di lui, cambiò posizione. Il salotto che divideva con Babcott al piano terreno della Legazione era arredato con poche sedie, due scrivanie e uno scaffale pieno di vasi di medicinali che diffondevano nell'aria un acre odore di balsami e unguenti. Le finestre erano aperte sulla notte e, benché non facesse freddo, Hiraga rabbrividì, ancora turbato dal rischio appena corso.
“Sapete quello che accadrà se mi troveranno qui!” aveva detto allo shoya e all'ashigaru non appena i rivoltosi erano scappati lasciandogli via libera sul vicolo posteriore. “Vi conviene tacere. Tacete e prendete un pò di botte che subito dimenticherete. Diversamente verremo tutti trascinati in una prigione dalla quale nessuno di noi, e neppure vostra moglie e i vostri figli, avrà la possibilità di uscire vivo. Sonno-joi.” Tyrer gli stava facendo una domanda: “Vorrei che tu mi spiegassi il comportamento dell'ufficiale. Prima era perfettamente calmo, poi si è scatenato come un bruto e subito dopo è tornato normale, e tutti fingevano che non fosse successo niente”.
Hiraga sospirò. “Molto semplice, Taira-san. Il capitano sicuro ashigam mentiva... sicuro non diceva verità, shoya non diceva verità, altri non dicevano verità, così capitano li picchiava per salvare faccia. Non dire verità a un samurai molto male, contro la legge, molto male. Punizione giusta così tutti contenti, problemi finiti.”
“Forse per loro” commentò Tyrer cupo, “noi continuiamo ad avere molti problemi. Sir William non è affatto contento, né di quella canaglia che è stata ammazzata, né di te.”
“Io non sono problema, io non ho attaccato, loro attaccato me.”
“Scusa, Nakama, ma non è questo il punto. Sir William dice che tu sei un'inutile complicazione, scusa, ma ha ragione. Le autorità verranno presto a sapere che sei qui, se già non lo sanno. Se ci chiederanno di consegnarti, e verosimilmente lo faranno, dovremo acconsentire.”
“Come? Non capisco.” Tyrer spiegò il concetto diverse volte usando parole più semplici, poi aggiunse: “Sir William mi ha incaricato di suggerirti di scappare, di sparire finché sei in tempo”.
Il cuore di Hiraga quasi si fermò. Da quando era sfuggito all'accerchiamento nel villaggio non aveva smesso un istante di cercare uno stratagemma per contrastare l'inevitabile esito della sommossa. Era stato visto, il samurai aveva sicuramente capito che uno shishi girava nell'Insediamento. Non aveva trovato altra soluzione che continuare a nascondersi lì. Cercare di scappare adesso sarebbe stato ancora più pericoloso.
Con ogni probabilità i samurai avrebbero aumentato la vigilanza, e se avessero scoperto che era lui l'uomo, del manifesto, Hiraga...
Stava quasi per mettersi a gridare, provato dal precipitare degli eventi e dallo sforzo di contrastare il profondo panico che lo attanagliava da quando aveva scoperto il tradimento di Ori.
Ma riuscì di nuovo a controllarsi e dal confuso discorso di Tyrer, che ripeteva quanto gli dispiacesse perdere un alleato molto prezioso per la sua comprensione del Giappone, gli giunse una frase chiave.
La sua mente tornò lucida.
“Ho un'idea” bisbigliò.
“Se vado adesso muoio di sicuro. Voglio aiutare amici inglesi, voglio essere alleato molto prezioso. Conosco molte cose su daimyo Satsuma, conosco segreti Satsuma. Lo shoya mi ha dare... scusa, mi ha dato molte informazioni. Posso spiegare come costringere Satsuma a ubbidire, forse anche Bakufu ubbidire.
Voglio aiutare. Chiedi a sir William: io do a voi informazioni così gai-jin sicuri, voi tenete me sicuro e mi date informazioni, buono scambio.
Amici, neh?” Elettrizzato, Tyrer valutò la proposta: sir William accetterà di certo, se le informazioni si riveleranno veramente utili e se sarà lui stesso a interrogare Nakama. Questo significa... Dio mio, non posso! “Dovrei confessare a Willie che parli inglese. Non c'è modo di evitarlo e se gli spiattello che ho taciuto una cosa così importante, mi licenzia di sicuro.
Non posso correre questo rischio, non adesso che Willie è di pessimo umore!” Meglio che Nakama se ne vada prima che mettano a me la corda intorno al collo perchè lui ha fatto scoppiare un incidente internazionale.
“Spiacente” concluse disperato, “non è possibile.”
“Ah, per favore, forse ho il modo” disse Hiraga ricorrendo a uno stratagemma per prendere tempo. “Ho un messaggio di Fujiko. Eeeh, Taira-san, hai fatto colpo su lei, ora pensa tu sei suo migliore amico.
Mama-san dice, molto spiacente ma Fujiko ieri ha iniziato male delle donne, male del mese, e non può ricevervi per uno o due giorni.” Notò lo sconcerto di Tyrer, subito seguito da un moto di rassegnazione e di desiderio.
Si rilassò un pò, abbandonandosi ai sollievo, nuovamente stupito all'idea che un uomo, soprattutto un ufficiale importante come Taira, potesse concedersi di rivelare i propri sentimenti più riposti a chicchessia, e per di più a un nemico. Questi barbari sono davvero incredibili.
“Ecco” proseguì porgendogli il ventaglio con gli ideogrammi che aveva fatto preparare. “E una poesia.
Fujiko scrive: “Conto le ore, triste.
Quando il tuo sole brilla su di me, non sono triste, il tempo si ferma”.” Mentre Tyrer prendeva il ventaglio con riverenza, Hiraga si compiacque con se stesso per la scelta di quelle parole che Fujiko aveva poi scritto in modo tanto maldestro. Nonostante sembrino scritte coi piedi, pensò, hanno funzionato. “Ho un piano per il capo gai-jin, ma prima, Taira-san, l'incontro con lo shògun è andato bene sì?”
Akimoto scoppiò in una sonora risata che contagiò Hiraga. “Eeeh, Hiraga-san, hai manipolato il gai-jin in modo geniale! Geniale! Sakè, portate dell'altro sakè!” Erano sdraiati nella loro camera isolata, a pianterreno alle Tre Carpe, con le finestre di shoji chiuse per tenere lontani gli insetti notturni.
La stanza, illuminata da lampade a olio, era rallegrata dalle foglie autunnali di un acero posto in un vaso verde. Le spade riposavano su una rastrelliera alle loro spalle. Uscita la cameriera, riempirono di nuovo le tazze e tracannarono il sakè. “Poi cos'è successo?” chiese Akimoto.
“Dopo che quel pesciolino di Taira ha abboccato all'amo, siamo andati a riverire il Grande Pesce che ci ha divorati entrambi. Gli ho detto che all'insaputa di Taira parlo un pò d'inglese, l'ho imparato dagli olandesi a Deshima...”
“E' la verità.” Akimoto riempì ancora le tazze.
Anche lui aveva frequentato la scuola per samurai promettenti a Shimonoseki, ma non era stato accettato nel corso di lingue straniere, gli avevano imposto lo studio dei traffici marittimi occidentali, impartito da un olandese, un capitano di lungo corso in pensione. “Baka che io non sia mai riuscito a imparare l'olandese o l'inglese. Cos'ha detto il capo dei gai-jin?”
“Non molto. Come eravamo d'accordo, Taira ha finto di cascare dalle nuvole. Poi non mi è stato difficile intrattenere il capo con informazioni irrilevanti su Satsuma, Sanjiro e le sue fortificazioni a Kagoshima, un pò della loro storia e cose di questo tipo” raccontò disinvolto Hiraga.
L'incontro era stato tutt'altro che facile. Sir William lo aveva sottoposto a una raffica di domande incalzanti e lui aveva faticato a convincerlo della sua sincerità. Spinto dall'ansia di ottenere il permesso di fermarsi aveva detto più di quanto avrebbe voluto, e non solo della situazione politica dei regni esterni di Satsuma e Tosa, ma anche del suo feudo, Choshu, e persino degli shishi.
Gli si strinse di nuovo lo stomaco al ricordo di quegli occhi azzurri, gelidi come quelli di un pesce, che lo fissavano estorcendogli informazioni, e della frase perentoria con cui sir William aveva concluso l'incontro: “Forse ti terrò qui ancora qualche giorno. Ne riparleremo domani. Nel frattempo, per maggiore sicurezza, ti trasferirai alla Legazione”.
“Meglio se sto da shoya, sir William-sama.”
“Ti trasferirai alla Legazione questa sera stessa, presso il signor Tyrer, e uscirai solo quando lui o io te ne concederemo il permesso. In strada, dovrai assolutamente evitare di provocare chiunque dei nostri. Se non ubbidirai senza protestare ti spediremo alla porta Nord... subito!
Hiraga mantenne un comportamento umile prodigandosi in miti ringraziamenti, ma in segreto ribolliva per l'assenza di cortesia di quell'uomo ed era sempre più determinato a mettere in atto il piano di Ori di bruciare l'Insediamento. Ma quando lo deciderò io, pensò. Che gli dei, se mai esistono, maledicano tutti i gai-jin.
“Sakè?” chiese Akimoto. Una goccia di liquore gli scivolava sul mento.
“Sì, grazie.” Il viso di Hiraga era sconvolto dalla rabbia. “Ori! Baka che sia morto, dovevo essere io a ucciderlo.”
“Sì, ma adesso è morto, come Shorin. Quei due non ci hanno causato che guai, come tutti i satsuma. Gli uomini” aggiunse subito ricordandosi della sorella di Shorin, Sumomo, “non le donne.”
“I satsuma sono una fonte di guai, sono d'accordo” disse Hiraga cupo.
“Quanto a Sumomo, non so come avere sue notizie, dove sia o se sia riuscita a tornare a casa. Solo il viaggio potrebbe richiedere parecchie settimane, poi prima che mi giunga il messaggio di suo padre ne passeranno altre. Forse dovrò aspettare anche due o tre mesi.”
“Hai chiesto a Katsumata di proteggerla.
Lui ha spie ovunque tra qui e Kyòto. E Sumomo sa come badare a se stessa. Avrai presto sue notizie.” Akimoto si grattò nervosamente l'inguine. Lo preoccupava vedere Hiraga così turbato. “Sai, siamo praticamente prigionieri in questo posto. La Bakufu ha inviato rinforzi ai posti di blocco e le milizie rastrellano di continuo la zona. Le mama-san hanno paura e dopo la sommossa di oggi, Raiko... non ci consentirà di fermarci oltre.”
“Pagando ci fermeremo quanto vogliamo. E finché non scoprono il cunicolo, possiamo sempre scappare via mare, in caso di necessità. Maledetto Ori!”
“Dimenticalo” disse impaziente Akimoto. “Cosa facciamo?”
“Aspetteremo. I gai-jin ci proteggeranno, ci penserà Taira.”
“Per amore di Fujiko? Eeeh, è proprio matto. Cosa ci trova in quella puttana? Non riesco a capirlo. E' solo una puttana.” Akimoto rise e si passò le mani tra i capelli ispidi. “Voglio provarla una di queste sere, per vedere se ha qualcosa di speciale, anche se ormai è impura.”
“Provaci questa notte se vuoi, Taira non la userà.”
“Raiko le avrà di sicuro trovato altri clienti, rapace com'è.”
“E', vero, ma ha già ricevuto i soldi per Fujiko.”
“Cosa?”
“Abbiamo concordato che Raiko non offrirà Fujiko ad altri senza il mio consenso.
Così la ragazza sarà a disposizione di Taira in qualsiasi momento io voglia. Provala se credi, non ti costerà niente.”
“Bene, ho bisogno di risparmiare. Raiko mi ha strappato un acconto lamentandosi del mio debito ormai alle stelle.” Akimoto rise e si versò l'ultimo sakè della fiaschetta. “Ho intenzione di pagare un pescatore perchè mi porti sulla fregata. Forse, se fingo di essere un pescivendolo, mi faranno salire a bordo.
Prima o poi devo vedere com'è la sala macchine di una nave da guerra.” Lo stomaco di Hiraga si strinse al ricordo della sua visita. “Potrei convincere Taira a portarmici di nuovo, e questa volta con te. Gli racconterò che sei il figlio di un importante mercante choshu, un costruttore di navi, ansioso di fare affari con loro, ma in segreto, perchè non vuole che la Bakufu lo sappia.”