Authors: Dante
Perché ’l turbar che sotto da sé fanno
l’essalazion de l’acqua e de la terra,
99
che quanto posson dietro al calor vanno,
a l’uomo non facesse alcuna guerra,
questo monte salìo verso ’l ciel tanto,
102
e libero n’è d’indi ove si serra.
Or perché in circuito tutto quanto
→
l’aere si volge con la prima volta,
105
se non li è rotto il cerchio d’alcun canto,
in questa altezza ch’è tutta disciolta
ne l’aere vivo, tal moto percuote,
108
e fa sonar la selva perch’ è folta;
e la percossa pianta tanto puote,
che de la sua virtute l’aura impregna
111
e quella poi, girando, intorno scuote;
e l’altra terra, secondo ch’è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
114
di diverse virtù diverse legna.
Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta
117
sanza seme palese vi s’appiglia.
E saper dei che la campagna santa
dove tu se’, d’ogne semenza è piena,
120
e frutto ha in sé che di là non si schianta.
L’acqua che vedi non surge di vena
→
che ristori vapor che gel converta,
123
come fiume ch’acquista e perde lena;
ma esce di fontana salda e certa,
che tanto dal voler di Dio riprende,
126
quant’ ella versa da due parti aperta.
Da questa parte con virtù discende
→
che toglie altrui memoria del peccato;
129
da l’altra d’ogne ben fatto la rende.
Quinci Letè; così da l’altro lato
Eünoè si chiama, e non adopra
132
se quinci e quindi pria non è gustato:
a tutti altri sapori esto è di sopra.
→
E avvegna ch’assai possa esser sazia
135
la sete tua perch’ io più non ti scuopra,
darotti un corollario ancor per grazia;
→
né credo che ’l mio dir ti sia men caro,
138
se oltre promession teco si spazia.
Quelli ch’anticamente poetaro
→
l’età de l’oro e suo stato felice,
141
forse in Parnaso esto loco sognaro.
Qui fu innocente l’umana radice;
→
qui primavera sempre e ogne frutto;
144
nettare è questo di che ciascun dice.”
Io mi rivolsi ’n dietro allora tutto
a’ miei poeti, e vidi che con riso
→
udito avëan l’ultimo costrutto;
148
poi a la bella donna torna’ il viso.
Cantando come donna innamorata,
→
continüò col fin di sue parole:
3
“Beati quorum tecta sunt peccata!”
E come ninfe che si givan sole
→
per le salvatiche ombre, disïando
6
qual di veder, qual di fuggir lo sole,
allor si mosse contra ’l fiume, andando
→
su per la riva; e io pari di lei,
9
picciol passo con picciol seguitando.
Non eran cento tra ’ suoi passi e ’ miei,
quando le ripe igualmente dier volta,
12
per modo ch’a levante mi rendei.
Né ancor fu così nostra via molta,
quando la donna tutta a me si torse,
Ed ecco un lustro sùbito trascorse
→
da tutte parti per la gran foresta,
18
tal che di balenar mi mise in forse.
Ma perché ’l balenar, come vien, resta,
e quel, durando, più e più splendeva,
21
nel mio pensier dicea: “Che cosa è questa?”
E una melodia dolce correva
→
per l’aere luminoso; onde buon zelo
24
mi fé riprender l’ardimento d’Eva,
che là dove ubidia la terra e ’l cielo,
femmina, sola e pur testé formata,
27
non sofferse di star sotto alcun velo;
sotto ’l qual se divota fosse stata,
avrei quelle ineffabili delizie
30
sentite prima e più lunga fïata.
Mentr’ io m’andava tra tante primizie
→
de l’etterno piacer tutto sospeso,
33
e disïoso ancora a più letizie,
dinanzi a noi, tal quale un foco acceso,
ci si fé l’aere sotto i verdi rami;
O sacrosante Vergini, se fami,
→
freddi o vigilie mai per voi soffersi,
39
cagion mi sprona ch’io mercé vi chiami.
Or convien che Elicona per me versi,
e Uranìe m’aiuti col suo coro
Poco più oltre, sette alberi d’oro
→
falsava nel parere il lungo tratto
45
del mezzo ch’era ancor tra noi e loro;
ma quand’ i’ fui sì presso di lor fatto,
che l’obietto comun, che ’l senso inganna,
→
48
non perdea per distanza alcun suo atto,
la virtù ch’a ragion discorso ammanna,
sì com’ elli eran candelabri apprese,
51
e ne le voci del cantare
“Osanna.”
Di sopra fiammeggiava il bello arnese
→
più chiaro assai che luna per sereno
54
di mezza notte nel suo mezzo mese.
Io mi rivolsi d’ammirazion pieno
→
al buon Virgilio, ed esso mi rispuose
57
con vista carca di stupor non meno.
Indi rendei l’aspetto a l’alte cose
che si movieno incontr’ a noi sì tardi,
La donna mi sgridò: “Perché pur ardi
→
sì ne l’affetto de le vive luci,
63
e ciò che vien di retro a lor non guardi?”
Genti vid’ io allor, come a lor duci,
→
venire appresso, vestite di bianco;
66
e tal candor di qua già mai non fuci.
L’acqua imprendëa dal sinistro fianco,
→
e rendea me la mia sinistra costa,
69
s’io riguardava in lei, come specchio anco.
Quand’ io da la mia riva ebbi tal posta,
che solo il fiume mi facea distante,
72
per veder meglio ai passi diedi sosta,
e vidi le fiammelle andar davante,
→
lasciando dietro a sé l’aere dipinto,
75
e di tratti pennelli avean sembiante;
sì che lì sopra rimanea distinto
di sette liste, tutte in quei colori
78
onde fa l’arco il Sole e Delia il cinto.
Questi ostendali in dietro eran maggiori
→
che la mia vista; e, quanto a mio avviso,
81
diece passi distavan quei di fori.
Sotto così bel ciel com’ io diviso,
ventiquattro seniori, a due a due,
→
84
coronati venien di fiordaliso.
Tutti cantavan: “
Benedicta
tue
→
ne le figlie d’Adamo, e benedette
87
sieno in etterno le bellezze tue!”
Poscia che i fiori e l’altre fresche erbette
a rimpetto di me da l’altra sponda
90
libere fuor da quelle genti elette,
sì come luce luce in ciel seconda,
vennero appresso lor quattro animali,
→
93
coronati ciascun di verde fronda.