Ritual (38 page)

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Authors: William Heffernan

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Ritual
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... Uno degli agenti investigativi che si occupano del caso ha descritto il killer come un «pazzo demente, ossessionato da una religione che per le sue atrocità si colloca tra le più barbariche e crudeli della storia dell'umanità». Ha aggiunto che il numero degli indiziati si è ulteriormente ridotto e che la polizia prevede di effettuare un arresto prima che l'assassino possa portare a termine l'insano rito che sta tentando di riportare in vita.

 

Due mani afferrarono il primo giornale, lacerandolo in mille pezzi, e poi gli altri, finché il pavimento non fu cosparso di minuti pezzetti di carta.

«Ma il rito verrà portato a termine,» sibilò la voce. «E presto.»

Ma che cosa fare di coloro che ti hanno offeso, che hanno diffamato la tua religione? Che cosa fare di loro?

«Verranno puniti. Anche loro assaggeranno la spada di Quetzalcoatl, il serpente piumato, stella mattutina e stella del vespro. E le loro parole verranno lavate nel sangue di uno di loro e l'universo tornerà puro.»

Starò a vedere
,
disse la voce senza suono.

 

James Dunne entrò nell'ufficio di Rolk senza bussare, un'espressione di arroganza mista a collera sul viso.

«Hai fatto un gran bel lavoretto con la stampa, Rolk,» disse lasciandosi cadere sulla sedia riservata ai visitatori, il cappello floscio ancora in testa, il corpo sottile avviluppato nel soprabito beige.

«Lieto che ti sia piaciuto, ispettore.» Come sempre, a Rolk bastava vederlo per sentirsi irritato.

«Oh, mi è piaciuto, puoi scommetterci il culo che mi è piaciuto.» Gli occhi di Dunne si indurirono, ma senza perdere la loro espressione compiaciuta. «Era proprio quello di cui avevo bisogno per toglierti dalle mani questo caso. E tanto per non perdere tempo, consideralo cosa già fatta. Sei fuori. Da questo preciso momento.»

Rolk annuì e allungò la mano verso il telefono.

«Che cosa vuoi fare?» saltò su Dunne.

«Pensavo di cominciare con un mio amico che lavora al
Daily News.
E di passare poi al
Times
e al
Post.
Dopodiché potrei dedicarmi alle stazioni radiotelevisive.»

«Non lo farai, Rolk. Perché in caso contrario finirai nei guai.» Ora gli occhi di Dunne erano come carboni che bruciavano di una gioia tutta privata, personale. «La donna che è morta ieri notte è stata uccisa per colpa della tua chiacchierata con la stampa. Hai sfidato il killer, lo hai irritato. La tua è stata una violazione della politica del dipartimento e lo sapevi.» Tacque, esibendosi in un ghigno da furetto. «Ricorrere di nuovo ai media non ti servirà. Noi sosterremo che hai commesso un errore di valutazione e che poi hai cercato di coprire i tuoi sbagli seminando qua e là accuse in malafede.»

Rolk, con il ricevitore ancora all'orecchio, si limitò a sbuffare. «Non funzionerà. Proprio non funzionerà.»

«Perché no?»

«Perché la prima edizione del
Daily News
non viene distribuita prima delle nove di sera. E ieri era addirittura in ritardo. Capisci, ero preoccupato, così mi sono preso la briga di controllare. A quanto pare avevano dei problemi in tipografia e il giornale è uscito con mezz'ora di ritardo.» Parlando, non staccava gli occhi dalla faccia di Dunne, ora vagamente incerta. «E secondo Jerry Feldman, la dottoressa Mallory a quell'ora era già morta da un pezzo. L'assassino non ha avuto la possibilità di leggere il giornale prima di fare la sua mossa. Semplicemente non ne ha avuto il tempo.»

«Non contare sull'appoggio di Feldman,» scattò Dunne. «Lui dirà quello che gli verrà ordinato di dire.»

«Forse, e forse no,» replicò Rolk stringendosi nelle spalle. «Per quanto mi riguarda, credo di poter contare su di lui. Non devi fare altro che aspettare e vedere, giusto, Jim?»

Poi cominciò a premere i tasti del telefono.

«Dimenticati la pensione,» gridò Dunne. «Se fai quella telefonata puoi scordartela.» Lo vide esitare e quella vista parve dargli coraggio perché sogghignò con aria maligna. «Oh, sì, ho controllato tutto. Ventiquattro bigliettoni all'anno. Ecco che cosa beccheresti. Ventiquattromila dollari se te ne andassi domani. E ti dico una cosa, sbirro da quattro soldi. Se informi la stampa, non vedrai una lira.»

Rolk si appoggiò allo schienale della sedia, il ricevitore ancora in mano. «Sai, Jim,» cominciò, «tu sei proprio come tutti gli altri stronzi avidi che ho conosciuto in vita mia. Guardi solo alla superficie delle cose. Riesci a vedere soltanto quello che una persona
avrà
se fa una certa cosa, o quello che
perderà
se non la fa. Ma lascia che ti spieghi un paio di cosette sul conto di Stanislaus Rolk. Tanto per schiarirti le idee. Primo, ha, diciamo, un piccolo problema di salute. Non un problema che quegli imbecilli che assumi come chirurghi del dipartimento sarebbero mai in grado di diagnosticare, ma c'è, e prima o poi finirà per ucciderlo. Oh, se avrà buona cura di sé potrà durare un po' di più, ma non abbastanza da dover fare affidamento sulla pensione.»

Fece una pausa e gli angoli della bocca si piegarono lievemente all'insù. «Secondo, anche se così non fosse, non avrebbe ugualmente di che preoccuparsi. Vedi, circa sedici, diciassette anni fa, pensò di acquistare uno di quei palazzi di arenaria nell'Upper West Side. Lo prese per due soldi, in effetti, perché allora la zona era valutata molto poco. Ma ci ha investito un po' di denaro, l'ha rimesso a posto e ne ha tirato fuori un paio di graziosi appartamenti da affittare. Attualmente, senza voler esagerare, potrebbe ricavarne almeno mezzo milione. Forse di più.» S'interruppe e tornò ad accostare il ricevitore all'orecchio. «E ti dirò un'altra cosa su quel vecchio polacco. Non ci penserebbe un momento a spendere buona parte di quei soldi portando questa storia in tribunale, se fosse costretto a farlo. Merda, potrebbe perfino prendersi un agente pubblicitario, tanto per essere sicuro che ai ragazzi della stampa non sfugga nulla delle porcherie che accadono in questo dipartimento. E se lo fa, non credo che quelli del municipio dimenticheranno con tanta facilità l'ispettore che ha dato il via a tutta la faccenda. E ora che cosa ne dici, razza di verme schifoso?»

Dunne era impallidito, come raggelato. Solo gli occhi parevano ancora vivi e sputavano odio.

Rolk allungò una mano e ricominciò a premere i tasti del telefono.

«Hai ventiquattr'ore di tempo,» sibilò Dunne. «Il comandante della polizia lo annuncerà oggi pomeriggio. Se il killer non è in carcere entro quarantott'ore, verrà formata una nuova task force e tu non potrai farci un fottutissimo niente.»

Rolk riattaccò, guardò l'ispettore, annuì. Ecco allora il vero messaggio che Dunne era stato incaricato di riferirgli. Tutto il resto erano stronzate, una specie di saltafosso che quel bastardo aveva escogitato nella speranza di costringerlo a mollare. E quarantott'ore era tutto quello che meritava, considerando quanto era accaduto. Sperava solo che fossero sufficienti.

«Grazie per avermelo detto, Jim,» sospirò. «Cercheremo di rispettare la scadenza del comandante.»

 

Kate camminava su e giù davanti alla scrivania di Sousi. Discutevano ormai da più di mezz'ora e la pazienza della giovane donna si stava esaurendo.

«Mi sembra che tu ancora non abbia capito, Malcolm. Non cambierai un solo punto della mostra, non hai l'autorità per farlo. Ormai sono due anni che è in allestimento e l'impostazione culturale che le abbiamo dato è più che valida. Tutto verrà realizzato secondo gli orientamenti dati da Grace.»

«Questa è la tua opinione,» replicò Sousi.

Kate si voltò di scatto a guardarlo. «E al momento è anche
l'
unica
opinione che conti.»

«Al momento,» rimarcò l'altro in tono di sfida.

Kate provò un improvviso, violento disgusto per l'uomo che le stava davanti. «Io so che cosa vuoi, Malcolm. Lo so con esattezza. Credi che, con Grace morta, non ti sarà difficile farti avanti e rubare il suo lavoro. Probabilmente è l'unico modo per te di ottenere questo tipo di riconoscimento, perché non hai né il talento né la pazienza per riuscirci con le tue sole forze.» Lo fissò, gli occhi scintillanti di collera. «Perfino le tue proposte di cambiamento sono ridicole. Vuoi prendere lo splendore creativo di un'antica civiltà e trasformarlo in uno spettacolino da due soldi. Vuoi sfruttare l'aspetto religioso sottolineandone la brutalità invece del misticismo che sta al centro di tutto quello che ogni vero studioso si sforza di penetrare. Ma non lo farai, non qui!»

Sousi tremava di rabbia. «Tu... tu...» Respirava con affanno e quasi non riusciva a parlare. «Come osi parlarmi così?» riuscì finalmente a dire. «Tu, piccola stupida bagascia. Non sei che un cervello di second'ordine che viene da un'università di second'ordine, e non sai nulla dell'essenza della civiltà di cui pretendi di essere un'esperta.» Afferrò un tagliacarte e lo puntò contro di lei. «Ti ho osservata durante gli scavi a Chetulak. Non riuscivi neppure a concepire l'importanza di quello che abbiamo scoperto là; ti perdevi dietro inezie, dietro informazioni oscure e prive di importanza.»

D'impulso Kate si chinò su di lui, quasi a sfidare la lama del tagliacarte, che subito lui si affrettò a posare. «Ecco il tuo problema, Malcolm,» lo aggredì. «Le informazioni che tu reputi oscure, prive d'importanza. Sei deciso a vedere la verità solo dove
vuoi
vederla e rifiuti perfino la ricerca di nuovi significati, di nuovi strumenti di comprensione. Intellettualmente sei uno zelota, Malcolm. Il tuo è proprio quel genere di erudizione che non ha spazio in una scienza che cresce e si evolve. E io non ti permetterò di imporre le tue mezze verità in un'occasione come questa.»

«Vedremo,» ribatté l'altro, brusco.

«Sì, vedremo,» replicò Kate con enfasi. «Ma fino a quel momento farai come ti viene ordinato.»

Girò bruscamente sui tacchi per lasciare l'ufficio e andò quasi a sbattere contro padre Lopato.

«Mi dispiace,» si scusò, recuperando a fatica l'equilibrio.

Il sacerdote, che ovviamente li aveva sentiti litigare, sembrava agitato e balbettò nel dirle: «Mi... mi dispiace di avervi interrotto. Ma la stavo cercando, Kate.»

«Non ha interrotto nulla, padre. Proprio nulla.» Kate gli indirizzò un sorriso rassegnato. «È semplicemente inciampato in un disaccordo professionale. Che cosa posso fare per lei?»

Lopato si torceva nervosamente le mani. «Stavo pensando al vasellame che Grace progettava di ricostruire appena prima che...» Non riuscì a terminare la frase, così passò oltre. «Be', come sa, quei reperti provengono dalla mia collezione. Così ho pensato che potrei occuparmi io della ricostruzione, se questo potesse essere in qualche modo di aiuto.» Tacque, incerto. «Voglio dire, se vuole ancora utilizzarli per la mostra.»

Kate annuì. «Certo che voglio farlo,» dichiarò, e le sue parole erano rivolte più a Sousi, ancora seduto alla scrivania, che al prete. «E apprezzo moltissimo la sua offerta.»

«Non credo che quei manufatti ci serviranno,» osservò Sousi alle sue spalle.

«E a me non importa quello che pensi tu, Malcolm,» fu la pronta risposta di lei. «Ti avverto, se non la pianti di cercare di imporre le tue idee, penserò io a porre fine a queste assurde ingerenze.»

Senza parole, Lopato la guardò marciare fuori della stanza; lanciò un'occhiata a Sousi, poi guardò di nuovo la schiena di Kate che si allontanava. Stava accadendo, pensò. Proprio come aveva temuto. La mostra era in pericolo. Tutti quegli anni di lavoro per allestirla, e adesso che erano così vicini a rivelarne tutta la bellezza, a diffondere le stupefacenti scoperte sul conto di quell'antica civiltà... No, non poteva permettere che accadesse. Non poteva. Si voltò verso Sousi e fece per parlare, ma ci ripensò e tacque.

 

Kate entrò nel suo ufficio e si fermò di colpo vedendo Rolk che la aspettava vicino alla scrivania.

Fece un passo indietro e la collera scatenata da Sousi si rinfocolò, ma questa volta diretta contro il poliziotto. «Credevo di essere stata chiara,» disse.

Lui andò a chiudere la porta, poi l'attirò a sé. «Ti amo. Questa è la cosa principale. Tutto il resto non conta.» E la baciò, impedendole di protestare. «Finirà presto, sai. Probabilmente nelle prossime quarantott'ore.»

Kate lo fissò. «Vuoi dire che sai chi è il colpevole?»

«L'ho sempre saputo,» rispose Rolk. «Ma la cosa importante siamo noi due.»

Lei sollevò una mano in un gesto di protesta. «Non dovresti essere qui,» osservò. «Paul Devlin me l'ha spiegato con molta chiarezza questa mattina.»

Lo vide arrossire di rabbia. «Che cos'ha detto?» volle sapere.

«Soltanto che la nostra relazione avrebbe potuto danneggiarti professionalmente. Ed è così, non è vero? Potrebbe avere ripercussioni negative sul tuo lavoro.»

Rolk digrignò i denti. «Questo non può impedirmi di vegliare su di te. Fa parte del mio lavoro.»

«Sì, hai ragione,» mormorò Kate appoggiandosi a lui. «E ne sono felice.» Chiuse gli occhi per un momento. «Mi dispiace, ma sono un po' tesa. Ho appena avuto una brutta discussione con Malcolm.»

Rolk le posò le mani sulle spalle. «Voglio che tu stia il più possibile lontana da lui.»

«Non c'è niente che farei più volentieri,» rise lei. «Credimi. Sfortunatamente non è possibile.»

«Allora fai in modo che ci sia sempre, qualcuno con voi, quando lo vedrai. E non parlo solo di lui, ma di tutti quelli coinvolti nel caso.»

«Ma...»

«Voglio che tu stia molto attenta,» insistette Rolk, tagliando corto alle sue obiezioni. «Siamo al capolinea ormai e ho la sensazione che il finale sarà maledettamente brutto.»

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