“Mi piacerebbe saperlo, Otami-sama. Forse parlare a Taira delle truppe potrebbe aiutarci a scoprire i piani dei gai-jin.”
“Cannoneggeranno Edo, lo sanno anche gli stupidi.”
Hiraga era disgustato al pensiero dell'inevitabile vittoria gai-jin, sebbene la causa di sonno-joi ne avrebbe tratto grande vantaggio. “Non c'è niente che il tairò potrebbe fare per prevenire...” Gli sembrò che il suo cuore si fermasse e smise di colpo di parlare.
“Eccetto, Otami-sama?”
“Eccetto la risposta della storia, la solita risposta: un improvviso brutale attacco a sorpresa che distrugga la flotta.”
Hiraga non riusciva a credere di aver diviso quel pensiero con lo shoya e di aver parlato tanto apertamente con una persona di così infima estrazione, benché intelligente, alleato prezioso e ben presto socio d'affari.
Eeeh, si disse malgrado l'emicrania, ci sono tante cose che non capisco, il mondo sta girando al contrario, tutto è diverso, io sono diverso, non più samurai eppure completamente samurai.
Sono questi luridi gai-jin con le loro idee seduttive, nauseanti, spaventose e avide.
Devono essere scacciati dal paese, sonno-joi, ma non è ancora giunto il momento. Prima la produzione in serie, dobbiamo essere i primi a produrre fucili.
“Shoya, mandate tutte le vostre spie a scoprire qual è il piano di Anjo.”
“Le mie spie, Otami-sama?”
Hiraga disse: E' giunto il momento di smetterla con i giochetti, shoya, non lo capite? Basta coi giochetti!”.
“Io vi obbedisco in tutto, Otami-sama. Come sempre io...”
“Questa sera vi siete comportato molto bene, shoya. Appena sentite qualcosa sul conto di Yoshi o degli shishi mandatemi a chiamare, prego.” Hiraga aggiunse il “prego” come si trattasse di una grande concessione.
“Fulmineo come un uccello marino in caccia, signore.”
“Buonanotte allora... e, spiacente, dimenticavo, c'è la ricompensa del gai-jin. Mi ha chiesto di ricordarvelo.”
Lo stomaco dello shoya si contrasse. Estrasse dalla manica una piccola borsa. D'altro canto sarebbe stato molto scortese darla direttamente a Jami-sama.
“Qui c'è l'equivalente in oban d'oro di un koku e mezzo, Otami-sama; riceverete il resto fra tre giorni.”
Hiraga si strinse nelle spalle con aria disinvolta; ripose la piccola borsa nella manica e sentendone il peso provò una gioia che fece fatica a nascondere.
“Glielo dirò e farò in modo che torni fra tre giorni.”
“Vi ringrazio, Otami-sama. Questi movimenti di truppe sono terribilmente preoccupanti. La guerra si avvicina. I miei padroni dicono che se potessero conoscere in anticipo i piani gai-jin... apprezzerebbero enormemente qualsiasi aiuto. Magari il vostro Taira-sama...”
Lasciò la frase in sospeso, speranzoso.
Quel giorno era arrivato un altro messaggio dalla direzione di Osaka, ancora più urgente dell'ultimo. Come se non sapessi leggere, pensò iroso lo shoya, come se fossi disattento e infedele. Faccio tutto quello che posso. Sono quelle due dannate mama-san che se ne stanno con le mani in mano. Sono passati due giorni e non ho ancora avuto notizie!
Prima di lasciare Raiko e Meikin aveva spiegato loro senza possibilità d'errore l'urgente necessità di conoscere, e al più presto, qualsiasi informazione.
La sua irritazione cominciava ad aumentare, non soltanto perchè le due donne avevano finto di non sapere niente, e lui era invece sicuro che avessero già qualche contatto, ma anche perchè i suoi preziosi oban d'oro erano finiti nella rapace manica di quel samurai, una ricompensa forse ben guadagnata per un non meno rapace gai-jin. E dove finiranno i miei adorati oban?
Ovviamente nel Burrone d'Oro di qualche puttana.
“Vi ringrazio molto, Otami-sama” disse lo shoya in tono servile mentre Hiraga usciva; e tenne il capo appoggiato al tatami per nascondere i pochi denti rotti rimastigli che altrimenti avrebbe mostrato nella smorfia. Desiderava umiliare Hiraga, voleva vederlo sudare, voleva dirgli, benché non fosse affatto dispiaciuto: oh molto spiacente, la tua ex puttana Koiko era implicata nel complotto come la tua assassina e futura moglie Sumomo, a cui è stata staccata la testa, e la tua sostenitrice Meikin, mama-san dei più importanti uomini di Edo, persino capi del Gyokoyama, non apparterrà a questa terra ancora a lungo perchè riteniamo che anche Yoshi sia al corrente di tutto.
E sebbene tu sia il samurai più intelligente che io abbia mai conosciuto, sei condannato, condannato, condannato. Eppure i miei illustri superiori pretendono che ti tratti come un tesoro nazionale e che ti mantenga nel lusso.
Oh ko!
Stasera mi ubriacherò, ma non prima di essermi congratulato con me stesso per l'imminente nascita della società Ryoshi joint Venture!
Eeeh, un'idea davvero degna degli dei!
Tornando a casa Jamie si slacciò il cappotto nonostante l'aria fredda della sera.
Era accaldato.
Le informazioni acquisite erano fondamentali e concentrarsi sugli affari aveva sortito l'effetto di allontanare tutte le sue pene. Tutto molto interessante, pensò, ma nessuno di quei due ha un'idea dei costi iniziali di una fabbrica. Tuttavia il modo in cui Nakama ha detto che il Gyokoyama potrebbe comprare e vendere Edo se lo desiderasse per un momento mi ha spinto a credergli. Lo shoya preferirà una joint venture, ne sono sicuro.
Camminava a passo svelto salutando quelli che incontrava su High Street e infine imboccò la scalinata della Struan, entrando nel suo regno.
Per stasera è tutto mio, pensò con orgoglio. Magari Tess adesso cambierà idea... non è una sciocca e stasera ho fatto un buon lavoro.
Vargas lo stava aspettando.
“'Sera, Vargas, è ora di chiudere?”
“Sì. Ma prima, senhor, scusate ma queste sono arrivate con la posta di ieri e non so come mai siano finite nel vassoio della mia corrispondenza.” Entrambe le lettere recavano il timbro “personale e confidenziale” ed erano indirizzate a lui. La prima era di Tess Struan. L'altra di Maureen Ross, la sua ex fidanzata. Il disagio fu doppio.
“Grazie” disse, e contravvenendo alla decisione di aspettare aprì subito la sera la lettera di Tess. Con la presente vi informo che il signor Albert MacStruan verrà trasferito da Shanghai e arriverà con il vapore Waylong il giorno 17. Vi prego di metterlo al corrente di tutte le operazioni commerciali giapponesi.
In seguito all'inosservanza delle mie precedenti lettere il signor MacStruan assumerà il controllo di tutto alla fine di dicembre.
Adesso che era diventato una realtà, il suo licenziamento dalla Nobil Casa non lo faceva arrabbiare come avrebbe immaginato. In effetti ne era addirittura sollevato. Strano, solo pochi minuti fa pensavo che fosse ancora il mio dominio...
Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo attento di Vargas. “Che altro c'è, Vargas?” Ripiegò la lettera e la appoggiò insieme all'altra sulla scrivania.
“La signora Angélique è nell'ufficio del tai-pan. Ha chiesto di vedervi per un momento, se potete.”
“Che cosa succede ora?”
“Niente che io sappia, senhor. E' stata una serata tranquilla. E' arrivato un messaggio dalla vostra Nemi: chiede se più tardi andrete da lei.
C'è un'altra piccola faccenda: il capitano Strongbow chiede ancora quali sono i nuovi ordini. Gli ho risposto come al solito di avere pazienza.
Partirà con la marea della sera?”
“Sì. Credo di sì. Mandate una risposta a Nemi: forse.”
“Subito, senhor.
Allora è deciso? Il corpo del tai-pan partirà con la Cloud? E anche la senhora, naturalmente?”
“O con la Cloud o con il postale, uno o l'altro” rispose, e si allontanò lungo il corridoio. Bussò alla porta dell'ufficio ed entrò. Angélique era rannicchiata sulla poltrona di Malcolm e leggeva il “Guardian” alla luce della lampada a olio. “Salve, Jamie.”
“'Sera. Ho deciso di partire con voi e il postale” disse cercando invano di non sembrare troppo brusco. “E' compito mio spiegare l'accaduto a Tess Struan.” Il fatto di averlo detto lo fece sentire meglio. “E' compito mio e credo che Malcolm... sarebbe contento di sapere che sarò io a farlo, e potrebbe anche risparmiare qualche sofferenza a voi.”
“Sì” rispose lei con un sorriso dolce, “ne sono certa. Chiudete la porta, Jamie, e sedete un momento.” Quando lui ebbe obbedito lei abbassò la voce e lo mise al corrente del piano di Hoag. “Potete portare la lancia a Kanagawa con tutti noi domani sera?” McFay la fissava sconcertato, confuso. “Siete pazza. Il piano è una follia.”
“No, niente affatto. Il dottor Hoag ritiene che...”
“Ha perso la testa... non ce la farete mai.”
“Perché?” domandò lei con calma.
“Per almeno cinquanta ragioni. Così tante ragioni che non incomincerò nemmeno a elencarle. Tutta l'idea è ridicola, folle, sir William vi farà arrestare.”
“Non esiste una legge contro quello che faremo, dice il signor Skye.
Il funerale sarà perfettamente legale secondo lui.”
“Ah, dice così quel piccolo saccente? E cos'altro intende fare?” chiese. “Mettere il colletto al contrario e leggere il servizio funebre?”
“Il signor Skye ritiene di poter convincere il reverendo Tweet a fare la sua parte” rispose lei come se parlasse a un bambino capriccioso.
Lui alzò le braccia al cielo. “Siete impazziti tutti e due e Hoag è uno stupido ad avervi suggerito una cosa simile. Partiremo tutti col postale, voi, io e lui.” Si avviò a grandi passi verso la porta.
“Jamie, riuscite a manovrare la lancia da solo o avete bisogno di un marinaio?” Lui si voltò a fissarla.
Angélique gli sorrise, con grazia ma anche con determinazione. “Abbiamo bisogno di un equipaggio?”
“Almeno di due uomini: il nostromo e un macchinista.”
“Grazie. Se non volete darci una mano, posso interpellare il nostromo?”
“A quanto pare non volete capire. E' un'idea temeraria, molto azzardata.” Lei annuì con aria afflitta. “E probabile che abbiate ragione e che non saremo in grado di portare a termine l'impresa ma intendo provare e riprovare fino a quando ci riuscirò. A quanto pare neanch'io riesco a farlo capire a voi, caro Jamie. Ho promesso di amare, onorare e obbedire mio marito, che era anche vostro amico e ancora non mi sento separata da lui, non ancora, come del resto voi.
Tess Struan non esaudirà il suo desiderio, vero?” Mentre parlava Jamie McFay l'aveva fissata senza vederla e al tempo stesso notandone ogni particolare. Ricordava tutti gli anni al servizio di Tess Struan e ciò che lei e Culum avevano significato per lui, e ciò che avevano significato Malcolm Struan e Dirk Struan e la Nobil Casa. Tutto era finito e sprecato per sempre, la nostra Nobil Casa non è più nobile, non è più la prima compagnia dell'Asia.
Be', non proprio tutto sprecato e non tutto finito ma la sua gloria è perduta per sempre e il mio amico è morto e questa è la realtà. Io gli ero amico, ma lui?
Dio del cielo, che cosa non si fa in nome dell'amicizia.
Disse: “Tess non lo seppellirebbe mai come lui avrebbe voluto. Suppongo che questo sia il minimo che si possa fare per un amico. Della lancia mi occuperò io”.
Uscì.
Nella ritrovata quiete della stanza Angélique sospirò, riaprì il giornale e ricominciò a leggere.
Quella notte quando il dottor Hoag arrivò alla Legazione di Kanagawa, dentro il tempio buddista, Towery, il sergente in carica, elegante nella sua uniforme delle guardie, il cappello alto, la tunica scarlatta, i pantaloni bianchi e gli stivali neri, lo accolse. “Non vi aspettavo fino a domattina, dottore.”
“Volevo soltanto accertarmi che fosse tutto pronto. Intendiamo partire presto.” Scortandolo nella zona del tempio usata come camera mortuaria Towery rise.
“Se quando l'avete lasciato era pronto, dottore, lo sarà ancora perchè non è certo andato a farsi una passeggiata.” Aprì la porta su un'ampia stanza con il pavimento di terra battuta e un accesso diretto al cortile attraverso una porta finestra. Annusò l'aria. “Ancora non puzzano.
I cadaveri non mi sono mai piaciuti. Volete una mano?”
“No, grazie.” Le due bare vuote erano appoggiate sui cavalletti, con i coperchi accanto e altre erano appoggiate contro una parete. I corpi giacevano sui lastroni di marmo, coperti da lenzuola.
All'estremità opposta vi erano grandi botti piene di ghiaccio da cui gocciolava dell'acqua che scolorava la terra battuta del pavimento. “Cosa ne facciamo dell'indigeno? Per quanto lo dobbiamo tenere qui?”
“Fino a domani.”
Hoag si sentì venir meno quando all'improvviso capì che il corpo sarebbe stato reclamato per la cremazione secondo il tradizionale rituale shintoista e che a quel punto non ci sarebbe più stato un corpo...
“Cosa succede, dottore?”
“Niente, solo che... grazie, sergente.” Ritrovò le forze ricordando che l'uomo era coreano, un pescatore vittima di un naufragio che aveva concluso su quella riva la sua triste esistenza, incapace di tornare a casa, indesiderato e disprezzato dai giapponesi. Babcott si era accordato con i monaci perchè il suo corpo fosse cremato nel tempio. “In effetti qualcosa potete fare, sergente.” Dopo l'autopsia il corpo di Malcolm era stato ripulito e vestito dal loro assistente giapponese. Con l'aiuto del sergente, che lo prese per i piedi, lo sistemarono dentro la bara. “Non ha un brutto aspetto per essere un cadavere.”
Il volto di Malcolm era sereno. “Spostiamo anche l'altro, dottore, non fatevi venire l'ernia, anche se questa piccola carogna non peserà più di una ventina di chili.”
“Avvolgiamolo prima nel lenzuolo.” Il coreano in effetti era tutto pelle e ossa. L'aveva ucciso la dissenteria.
Lo misero dentro la bara.
“Grazie, adesso sistemo un pò le cose e poi vado a dormire.”
“D'accordo, dottore. Controllo che la vostra stanza sia pronta.” Una volta rimasto solo, Hoag chiuse la porta con il chiavistello.
Aveva deciso con Angélique che non vi sarebbe stata la tradizionale esposizione, con la bara aperta e la gente che si avvicendava a rendere l'ultimo omaggio al defunto. Con attenzione sistemò il coperchio sulla bara. Inchiodarla richiese qualche attimo.
Adesso l'altro. Ci sarebbe stata una grande differenza di peso. Che cosa poteva metterci? Della terra.
C'era una pala che apparteneva sicuramente a uno dei becchini, non tutti i corpi venivano cremati. Nel giardino la terra era soffice, la notte fredda, con un venticello che faceva stormire le foglie. Scavò in gran fretta e riportò dentro palate di terra che spargeva sul corpo e tutt'intorno, schiacciandola bene.